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A tal proposito nella 2° domanda retorica Giordani cita Macchiavelli il quale insegna che
il potere di chi regna si misura sulla paura dei suoi sudditi.
Giordani strumentalizza tale assunto per conferire maggiore evidenza del suo pensiero.
Il proemio canoviano rivela l’esistenza di precise influenze intertestuali responsabili dei tratti
e delle argomentazioni su cui poggia l’opera.
Ad esempio, l’orazione napoleonica era stata fatta oggetto di giudizi controversi sia per la
formulazione retorica sia per l’effusione encomiastica di Giordani nei confronti di
Napoleone, giusto nel momento in cui la politica iniziava a mostrare i risvolti deludenti per
le speranza italiane.
Tuttavia si può notare che alla genialità artistica di Canova presentata nel proemio
corrisponde una speculare genialità militare di Napoleone, alla quale però Giordani
sorvola in quanto intende fare argomento dell’encomio, mentre intende celebrare
l’esemplarità del grande scultore.
Ciò che cambia è la consapevolezza della durata nella storia dei 2 grandi uomini: l’uno
diventato divinità auto-incoronatasi tale, l’altro dono immortale del cielo più del secolo
che l’ha avuto in sorte.
<Biblioteca italiana> Proemio inaugurale
Acerbi-Monti-Giordani furono i prescelti per la stesura del Proemio inaugurale della
<Biblioteca italiana> sorto per divenire all’inizio pacifico e ben accetto per poi diventare
propganda culturale e civile presso la Milano degli intellettuali ancora inconsapevoli delle
necessità di affermare un’identità nazionale comune a tutti i cittadini e individuale rispetto
alla conquista di altre nazioni.
La biblioteca italiana doveva presentarsi come un punto d’unione offerto dai letterari
italiani al pubblico per comunicarsi le idee e scoperte e impedire che rimangano
sconosciute negli Stati stranieri.
Il 1° numero della biblioteca italiana uscì dopo un anno travagliato nel 1816 da Stella e le
cui sezioni tematiche furono:
1. Parte I: Letteratura ed arti liberali
2. Parte II: Scienze ed arti meccaniche
3. Appendice Parte I: Scienze, lettere ed arti straniere
4. Appendice Parte II: Sceinze, lettere ed arti italiane
Le quali rimarrano inalterate e le cui uniche variazioni riguarderanno la loro ampiezza.
Negli anni della direzione di Acerbi la trattazione è tendente verso argomenti di carattere
scientifico rispetto a quella di argomenti letterari.
Il proemio inaugurale della rivista - quello in cui si poteva parlare di una collaborazione
pacifica tra gli intellettuali di 1° fondazione - non fa che confermare l’intento già palesato
da Acerbi di coinvolgere il maggior numero possibile di scrittori, di professione e non.
Significativo dell’atteggiamento poliedrico e aperto al confronto che la rivista intese
assumere è un passo successivo del Proemio inaugurale, in cui i fondatori manifestano
l’intenzione di fare della loro rivista un foglio di respiro europeo.
Il loro intento era quello di conferire una prospettiva europeo alla rivista e all’intero sistema
di conoscenze e studi dell’Italia ancora disunita.
Berchet “Lettera semiseria”
Nel 1816 il conte di Breme organizzò un pranzo con amici e letterari milaniesi per festeggiare
l’arrivo a Milando di lord Byron.
In una lettera sempre dello stesso anno, di Breme raccontava proprio di quel pranzo alla
povera Madame de Stael – povera perché messa a dura prova dalle accuse - di coloro
che avevano frainteso le intenzioni del pamphlet sull’utilità delle traduzioni di Berchet – di
aver scritto parole ingiuste contro gli italiani.
Nella lettera di Breme utilizza il termine convertito riferendosi al milanese Berchet di origine
svizzera. La conversione di cui parlava aveva a che fare con l’interesse manifestato da
Berchet per gli intenti di rinnovamento della cultura italiana perseguiti dagli intellettuali del
Romanticismo lombardo-piemontese nel noto scritto Sul "Cacciatore feroce" e sulla
"Eleonora" di Goffredo Augusto Bürger. Lettera semiseria di Grisostomo al suo figlioulo.
La lettera semiseria di Berchet rivela una maggiore incisività polemica e un intento
militante.
In questa operetta in forma epistolare, l'autore, che si cela dietro lo pseudonimo di
Giovanni Grisostomo, finge di scrivere al proprio figlio in collegio, fornendogli una serie di
consigli letterari. Questa è per il padre una buona occasione per esaltare la nuova
letteratura romantica, di cui Berchet riporta come esempio la traduzione di due ballate del
poeta tedesco Bürger, "Il cacciatore feroce" ed "Eleonora", ispirate a leggende
popolari germaniche.
La lettera viene detta “semiseria” perché verso la fine dell'opera Grisostomo finge di aver
scherzato ed esorta il figlio a seguire fedelmente le regole della poesia classica, che egli
espone in forma di parodia.
Pertanto, secondo Berchet la "Lettera" ha come funzione principale quella di indicare
come nuovo percorso compositivo la poesia popolare (e quindi romantica),
abbandonando così quella d'ispirazione classica e mitologica.
Viene posta la questione spinosa della traduciblità in lingua italiana di opere in versi.
Berchet dichiarò che le ragioni che devono muovere il traduttore si trovano nel testo e
variano a seconda della sua indole e provenienza; proprio sull’ultima va posta l’attenzione.
A questa proposito Grisostomo per convincere il figlio della fondatezza della sua teoria si
rifà alla riflessione sulla peculiare individualità che ciascun popolo possiede.
L’accademia della Crusca non vide di buon occhio la traduzione e non accettava la prassi
del piegare le forme della sua purissima lingua italiana alla traduzione di concetti tedeschi.
Il sottoporre al lettore una traduzione in versi celerebbe un duplice rischio di lasciare largo
spazio all’arte di soppesare vizi, virtù e pregi e difetti del lavoro del traduttore, appannando
l’interesse per l’opera in sé.
Grisostomo richiamò nella lettera un esempio assai noto di una traduzione del teatro di
Shakespeare. Il traduttore aveva tutti i requisiti per essere un valente traduttore di
Shakespeare – erudito, acuto, disinvolto.
Tuttavia il traduttore l’ha sbagliata.
I suoi versi sono buoni versi italiani perché Shakespeare viene travisato.
Berchet non può non riconoscere la sua abilità di traduttore e ravvisa nel suo operato il
vizio di aver travisato e snaturato l’indole poetica di Shakespeare.
Madame de Stael analizzò entrambi i romanzi e secondo lei sarebbe molto difficile farli
piacere in Francia proprio perché è difficile tradurli in versi e poiché in Francia qualsiasi
cosa strana non è naturale.
Borsieri “Conciliatore”
“Il Conciliatore” fu fondato nel 1818 dai collaboratori liberali e romantici che si erano
distaccati dalla “Biblioteca italiana” ritenuta un organo di controllo sull’opinione pubblica
italiana da parte del governo asburgico. I più importanti protagonisti di questa rivista
furono: Giovanni Berchet Ludovico Di Brème e Pietro Borsieri i quali insieme a Silvio Pellico
collaborarono alla stesura. Il programma del Conciliatore fu steso da Borsieri e usci nel
primo numero della rivista il 3 settembre 1818. Con questa rivista si voleva conciliare la
ricerca tecnico-scientifica con la letteratura, il cattolicesimo con il pensiero laico, gli
illuministi con i romantici e l’Italia con l’Europa. Maestro indiscusso del Conciliatore fu
Alessandro Manzoni che non scrisse mai di persona articoli, ma molte volte dava degli
spunti ideologici ai redattori. Manzoni, infatti, scrisse nella “Lettera sul Romanticismo” che
la lettura romantica fosse :“ composta da tre ingredienti: il vero, l’interessante e l’utile” .
Prima di essere sottoposti alla censura gli articoli devono passare l’esame della società
stessa, che stabilisce anche la divisione delle materie da contenersi nel giornale, il formato
e le spese da sostenere per la sua pubblicazione.
E’ diviso in quattro sezioni: 1) scienze morali; 2) letteratura e critica; 3) statistica, economia,
manifatture, agricoltura, arti e scienze; 4) varietà.
Berchet faceva parte di un gruppo di letterati, tra i quali Silvio Pellico, Ermes Visconti e Pietro
Borsieri, che scrivevano su "La Biblioteca italiana", giornale sostenuto dall’Austria, la quale
vedeva di buon occhio che gli italiani impegnassero le energie intellettuali in questioni
esclusivamente letterarie.
Quando il governo austriaco si rese conto che il nuovo indirizzo delle discussioni letterarie
aveva invece un sostrato ideologico e politico pericoloso per la stabilità della presenza
austriaca in Italia, esaltando i valori della stirpe, diffondendo la religione dell’eroismo e
della immolazione per la patria, tentò di imprimere a quella pubblicazione una via affatto
diversa, rinsaldando le posizioni neoclassiche.
A questo punto i sostenitori della letteratura romantica fondarono "Il Conciliatore",
bisettimanale, un giornale che, secondo il programma, avrebbe dovuto trattare di
economia, di finanza, e quindi, per necessaria distensione dopo una lettura pesante,
anche di letteratura. In realtà la letteratura ebbe particolare rilievo, mentre i redattori
manifestavano tanto palesemente le loro posizioni tutt’altro che filoaustriache, che il
giornale fu condannato a brevissima vita.
La pubblicazione durò da settembre 1818 ad ottobre 1819.
Manzoni “Osservazioni sulla morale cattolica”
Manzoni scrive le Osservazioni a cavallo degli anni 1818‐19, interrompendo la stesura della
tragedia Il Conte di Carmagnola, iniziata nel 1816, dopo la pubblicazione degli Inni Sacri.
Lʹopera nasce su pressione del confessore e padre spirituale dello scrittore, don Luigi Tosi,
per confutare lʹaccusa lanciata contro la Chiesa cattolica dallo storico ed economista
ginevrino Jean‐Charles‐Léonard Simonde de Sismondi, che nel volume XVI della sua
importante Histoire des républiques italiennes du moyen âge (Storia delle repubbliche
italiane del Medioevo), apparsa nel 1818 a Parigi, il quale affermava che la ragione
principale della decadenza politica e civile degli italiani era stata lʹopera e la presenza
stessa della Chiesa cattolica, soprattutto successivamente al Concilio di Trento.
La decisione di intraprendere lʹopera fu assunta nellʹestate del 1818 e in un anno fu pronta
per le stampe la 1° parte, a cui secondo i progetti dello scrittore doveva seguire una
seconda parte, che in realtà non fu mai compiuta e della quale ci restano otto capitoli
abbozzati, non pubblicati
dallʹautore.
Lʹopera ebbe buona accoglienza e di