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MILANO-PARIGI-MILANO: LA CONSACRAZIONE
Lontano da Roma, rinegozia il significato della Bassvilliana sul «Termometro politico» del 1797 scrivendo a
Francesco Saffi e spiegando le ragioni della composizione, ragioni di cautela politica volta a occultare le sue
relazioni di amicizia con Bassville e dunque di adesione alla causa rivoluzionario: la sua giustificazione è
quella di non aver avuto libertà di parola in passato. Rientrano in questo progetto voltafaccia le cantiche
anticlericali in terzine Il Fanatismo e La superstizione (1797) nonché Il pericolo, sui rischi di una reazione
monarchica in Francia, ma soprattutto Il Prometeo (1797), poemetto in endecasillabi sciolti che attribuisce
a Napoleone la missione civilizzatrice incarnata dall’eroe simbolo del progresso umano. In Musogonia
(1797-1826), erudito esercizio in ottave di contaminazione classica, è un classico esempio di
rifunzionalizzamento. Lo pubblica, poi elimina i passaggi antifrancesi e sostituisce all’esaltazione finale
all’imperatore austriaco, quella di Bonaparte; successivamente per ragioni di convenienza politica
ripubblica l’opera con ampi rimaneggiamenti volti a occultare l’inclinazione filofrancese.
→
A PARIGI Alla figura di Lorenzo Mascherano dedica la Mascheroniana cantata in terzine dantesche che
celebra i protagonisti dell’Illuminismo lombardo settecentesco e depreca gli eccessi del terrore. C’è, infatti,
un ulteriore voltafaccia: dopo Marengo, Monti vuole ascrivere tutte le sue opere in una polemica definita
nell’avversione al radicalismo. →
NELLA MILANO NAPOLEONICA Inizia a interessarsi alla tradizione linguistico-letteraria italiana in senso
patriottico come dimostrano le sue lezioni all’Università di Pavia, per poi dedicarsi esclusivamente al ruolo
di poeta di governo e istoriografo del Regno D’Italia, e sotto Napoleone scrive componimenti celebrativi
come Bardo della Selva Nera (1806), un interessante esperimento di commistione di diverse soluzioni
formali: nell’incompiuto poema, convivono endecasillabi sciolti, strofe chiuse e ottave. Lo sperimentalismo
metrico fa da pendant a quello delle immagini: le imprese napoleoniche calate in un’atmosfera brumosa e
sublime, punteggiata di riferimenti alla mitologia germanica.
Anticipata dall’Esperimento di traduzione dell’Iliade (1806), singolare accostamento delle tre traduzioni del
primo canto svolte da Monti, Foscolo e Bettinelli, traduce l’Iliade in endecasillabi sciolti con l’intenzione di
cantare epicamente il bellicismo napoleonico secondo la grammatica del neoclassicismo. Il trattamento
degli epiteti formulari resi quasi espressioni perifrastiche, i frequentissimi iperbati e l’aggettivazione
deonomastica sono la cifra stilistica di questa versione. Essa non offre sempre un'immagine fedele del testo
omerico, ma un suo travestimento in equilibrate forme neoclassiche. Il mondo eroico è rappresentato con
continui effetti trionfali, i sentimenti dei personaggi si arricchiscono di sfumature intimiste e malinconiche.
Una traduzione che pare costruita sulla misura dell'Italia napoleonica, tra gli echi delle guerre europee e lo
spirito militare che penetrava anche nell'Italia prerisorgimentale.
IL PERIODO ASBURGICO: TRA LINGUISTICA, FILOLOGIA E POESIA
Dopo la Restaurazione, Monti riesce a far riconfermare le proprie prerogative di poeta sotto la dominazione
austriaca nel Regno Lombardo-Veneto componendo Il mistico omaggio (1815) e Il ritorno di Astrea (1816).
Nel frattempo sviluppa un sodalizio con il marchese liberare Gian Giacomo Trivulzio, conoscendo nella sua
cerchia molti poeti e dove vengono formati dei veri e propri laboratori di filologia sulle opere più importanti
di Dante etc.… Il percorso poetico di Monti si conclude con il Sermone sulla lingua (1825), poemetto in
endecasillabi sciolti dove ribadisce la propria fedeltà al serbatoio di temi e immagini offerto dalla mitologia,
lamentandosi dei colpevoli che hanno sottratto alla poesia i suoi tradizionali materiali costitutivi a favore
dell’austero genio nordico nella consapevolezza della fine di un intero sistema culturale. Muore a Milano
nel 1828.
MONTI E LA QUESTIONE DELLA LINGUA
Tra il 1806 e il 1811 Antonio Cesari ristampa Vocabolario della Crusca, il canone di riferimento è
rappresentato da qualsiasi testo scritto nel Trecento. Lo stesso Cesari esplicita l’assioma teorica del proprio
operato nella Dissertazione sopra lo stato presente della lingua italiana: il vocabolario deve offrire elementi
legittimi per un arricchimento della lingua, affermando tuttavia l’insostituibilità della lezione degli scrittori e
proclamando il primato della fase antica e originario della tradizione tosco-fiorentina. Il movimento purista
vuole ripristinare una puritas linguistica, una proposta anacronistica che va letta come reazione alla
diffusione dei forestierismi. Un’altra dottrina si sviluppa nella questione linguistica ottocentesca
intercettando sentimenti di impronta nazionalistica, filopopolare e moralistica proponendo una purezza
linguistica che deriva dai comportamenti propri del popolo. Monti è di questa fazione e su «Il Poligrafo»
scrive una serie di dialoghi a riguardo che insistono su una particolare assenza di distinzione all’interno
della Crusca tra arcaismi e lessico dell’uso, assenza che ne fa di fatto uno strumento inservibile.
Monti segue la pubblicazione della Proposta di alcune correzioni e aggiunte al Vocabolario della Crusca
(1818) in cui esprime la sua nozione di antimunicipalismo: i vocaboli devono essere universali perché
servono a esprimere concetti, e la lingua è la totalità delle voci di cui la nazione si serve per esprimere dei
concetti; se non è espresso da tutti e solo in toscana, ad esempio, si parla di vocabolo municipale. La
Proposta è un testo polifonico di linguistica militante in cui l’esame minuto dei lemmi del vocabolario è
intervallato da inserti dialogici.
CLASSICISMO E ROMANTICISMO
PRIMA DELLA POLEMICA CLASSICO-ROMANTICA: MELCHIORRE CESAROTTI
Melchiorre Cesarotti (1730-1808) diventa professore di retorica, greco ed ebraico dell'ateneo patavino. Da
questa posizione può esercitare un’influenza decisiva sui suoi allievi, come Foscolo. Nel Ragionamento
sopra l’origine e i progressi dell’arte poetica e nel Ragionamento sopra il diletto della tragedia getta le
basi della sua estetica letteraria, pur accogliendo il precetto imitativo proprio dell’estetica neoclassica,
pone l’accento sulla molteplicità delle forme della natura e quindi sulla conseguente infinita possibilità di
reinterpretazione creativa. Dando priorità alla forza dei miti e partendo da essi, autorizza la
sperimentazione di nuove forme di espressione cercando di svecchiare la cultura italiana (quindi anche di
nuovi tipi di miti).
→
OSSIAN Nel 1763 pubblica Poesie di Ossian, antico poeta celtico (1772-1800), una silloge di poemi epici
in endecasillabi sciolti e altri metri che lo impone come modello poetico per le generazioni a lui
contemporanee e per quelle immediatamente successive. Il testo si rifà a Fingal (1761) e Temora (1763) di
James Macpherson che sono due poemi epici che fingono di essere originali canti gaelici del III secolo d.C.
composti dal bardo Ossian, Omero nordico. A Cesarotti non interessa l’autenticità degli scritti, ma gli
interessa che indicano una nuova via all’epica, non più solo classicista, ma più primitiva, istintiva,
accordandosi a delle tonalità preromantiche con una relazione non mediata con la natura indomabile e
sublime. L’effetto dell’uscita di quest’opera è incredibile perché propone nuovi temi, situazioni e
atmosfere, con soluzioni linguistico-stilistiche nuove rispetto al paradigma neoclassico egemone.
La pagina ossianica è spesso sorretta da una sintassi nominale, specialmente nei passaggi dialogici e
descrittivi e caratterizzati da aggettivi composti neologici (occhi-azzurro, fosco rotante), da anglismi, calchi
semantici e strutturali dall’inglese che vivacizzano la lingua dall’interno a partire da una dominante lessicale
tradizionale in cui risuonano aulicismi, latinismi, toscanismi di Crusca, diminutivi e perifrasi di ascendenza
settecentesca. C’è una marca inclinazione antipuristica con un analogo gusto per la dissonanza degli
accostamenti.
Si impegna anche con le traduzioni componendo un Iliade in prosa e poi versi sciolti con il titolo La morte di
Ettore sottoponendo a una pressione sintattica e lessicale i mezzi espressivi messi a disposizione dalla
tradizione. Scrive un Saggio sulla filosofia delle lingue applicato alla lingua italiana (1788-1800) dove
sono le letture dei sensisti francesi a confluire nel sistema teorico coerente originale e chiaro di Cesarotti.
Parla dell’origine del linguaggio come una necessità naturale e sulla dicotomia poesia e retorica, ma
sgombra immediatamente il campo da qualsiasi obiezione in direzione puristica o protezionistica nei
confronti dell’italiano in quanto lingua storico-naturale, presentando otto punti cardine di ordine teorico
filosofico in merito al mutamento linguistico. Nessuna lingua è originariamente elegante o barbara e suona
ovviamente bene agli occhi del parlante. La competizione tra le varie lingue non è nient’altro che il gioco di
pure vanità pedantesche che vengono svuotate di senso partendo dal fatto che nessuna lingua è pura,
nessuna lingua è perfetta quindi non può migliorarsi, ma arricchirsi per questo autorizza il ricorso al
neologismo e al prelievo da altre lingue sfruttando l’intrinseca fecondità della lingua nonché la sua natura
continuamente modificabile e le differenti varietà del parlato a livello geografico e di classe socio-culturale.
Il linguaggio è nato per assolvere a necessità comunicative di base e si complica sia in forma orale che
scritta, quindi può essere arricchita da altre lingue, ma senza modificare la struttura profonda di matrice
logico-sintattica di ogni lingua, alias genio grammaticale. Rinnovamento di temi e di linguaggio della poesia
e attualizzazione illuministica del pensiero linguistico italiano: questi i lasciti di Cesarotti.
MILANO 1816 E OLTRE: M.ME DE STAËL VS. PIETRO GIORDANI
Il ritorno degli austriaci nel 1814 chiude la parentesi giacobina e napoleonica, con una forzata pax asburgica
che permette ai letterati di ingaggiarsi in una polemica tra:
• Pensiero classicista, legato alla tradizione e imitazione;
• Pensiero romantico, mirante all’originalità della creazione poetica e all’orientamento politico
liberale.
Lo spazio della polemica è prevalentemente quello messo a disposizione da due riviste milanesi: la
«Biblioteca Italiana» e «Il Conciliatore».
La «Biblioteca Italiana» è l’organo di stampo filoaustriac