Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La prosa tra le due guerre
Nel primo ventennio del '900 le maggiori opere narrativa erano venute per lo più da autori che continuavano precedenti esperienze: Fogazzaro, D'Annunzio, Deledda, o che restavano ai margini rispetto alle tendenze dominanti: Pirandello, Tozzi. Forme particolari e lontane dalla tradizione erano quelle della narrazione autobiografica dei vociani e del futurismo.
Importante la produzione rivolta al pubblico borghese di Alfredo Panzini, allievo di Carducci, che elaborò ritratti e divagazioni con una prosa cordiale e urbana. Verso il '20 si ha un rilancio della narrativa legato alla riscoperta di Verga e al diffondersi di un nuovo impegno di costruzione romanzesca. Ci fu una parziale ripresa di modelli veristici adatti alle contraddizioni sociali (es. Bruno Cicognani). Esperienze espressionistiche basate su un fondo linguistico vernacolare si svolsero in Toscana: importanti i racconti del pittore Lorenzo Viani "Gli ubriachi" (1923).
E “IVàgeri” (1926 > il titolo indica in dialetto vagabondi pronti a tutte e esperienze). Enrico Pea varicordato per in ciclo di romanzi raccolti nel 1944 in “Il romanzo di Moscardino”: “Moscardino”(1922), “Il volto santo” (1924), “Il servitore del diavolo” (1931), “Magoometto” (1942) > siintrecciano frammento lirico e costruzione narrativa, con alterazione dei piani temporali, deiconfini tra età della vita, tra ragione e follia.
Con la rivista romana “La Ronda” (19-22) la letteratura del dopoguerra va verso il ritornoall’ordine. Alcuni scrittori esprimono insoddisfazione per l’orizzonte sperimentale del decenniotrascorso, per il turbamento degli equilibri formali e dei modelli di comportamento intellettuale; iltitolo della rivista (=ronda militare) indica un proposito di riordinare la cultura contemporanea. 33Alla contestazione continua i rondisti oppongono
L'esigenza di maturità. Grazie a Cardarelli la rivista suggerirà un modello di classicismo moderno che voleva essere tutto italiano, saltando il passato più recente e rifacendosi a Leopardi e Manzoni. Il campo d'azione di ciò fu la prosa: rivolgendosi al Leopardi delle "Operette" la prosa rondista cercò un equilibrio formale, mirò a concentrare in un'eleganza il senso della coscienza intellettuale. Questo programma classicistico restò indeterminato, approdò a una nuova poetica del frammento. Il frammentarismo si appoggia su osservazioni e divagazioni intorno a temi marginali, su sguardi verso particolari di esistenza, letteratura, costume intellettuale. L'ordine resta così limitato: la rivendicazione di valori stabili accetta la marginalità e l'irrilevanza della letteratura. Le pagine della rivista furono aperte a esperienze di alto livello, fu notevole l'incontro con i
propositi di costruzione e rigore manifestati nelle arti figurative dalla rivista “Valori plastici”; qui importanti furono Carlo Carrà, Giorgio DeChirico, Alberto Savinio, anche collaboratori della “Ronda”.
Fra gli scrittori della “Ronda” in Vincenzo Cardarelli (87-59) si riassumono limiti e contraddizioni della rivista, di cui fu grande interprete; fu intellettuale dedito a una vita di occasioni letterarie, tra conversazioni, incontri nelle sale dei caffè, collaborazioni a giornali.
Nella “Voce” sviluppò una ricerca di analisi morale, attenta a ricavare da situazioni personali significati di più ampio orizzonte culturale e intellettuale. Il bisogno di ordine lo condusse a essere portabandiera del programma della “Ronda”; il suo è un classicismo metaforico, risultato di un’aspirazione astratta all’equilibrio.
Dopo l’intreccio prosa-poesia di “Prologhi” (1916) raccolse i
componimenti poetici in "Giorni inpiena" (1934) e poi in "Poesie" (1942). Ma la lirica ha i risultati migliori nell'intreccio con iframmenti in prosa; questa poesia è un'affermazione di maturità che si esprime in paesaggi naturali, linguaggio scandito e preciso. Un gusto astratto della parola perfetta vi si scontra con rivelazioni di malinconia. Il suo meglio va cercato nelle prose (ultima sistemazione: "Solitario in Arcadia", 1947) in una trama di frammenti autobiografici, descrittivi: si mescolano ambizione di fare di sé un modello culturale, piacere di ripercorrere paesaggi carichi di segni storici. Il fiorentino Emilio Cecchi (84-66) fissava sulla pagina con eleganza le avventure intellettuali più diverse, riducendone i caratteri più sconvolgenti, traducendole in gesti di cultura sapiente. Pieno di inquietudini romantiche si impegnò a controllarle entro misure di civile moderazione. Dallaculturainglese ricavò l'empirismo, che lo allontanò da schemi ideologici risolutivi. La sua critica letteraria è descrittiva ed è attenta alle movenze e alle pieghe nascoste, esplorando lo spessore umano dei testi, riassumendone i vari aspetti con intrecci di immagini. I suoi frammenti di prosa creativa furono raccolti in "Pesci rossi" (1920), "L'osteria del cattivo tempo" (1927), "Qualche cosa" (1931), "Corse al trotto" (1936). Le cose più marginali vengono descritte con un gusto prezioso della misura stilistica, fanno emergere segni segreti e risvolti inquietanti. Opposto al frammentismo della prosa d'arte fu il bolognese Riccardo Bacchelli (91-85), che si impegnò nel romanzo storico a partire da "Il diavolo al Pontelungo" (1927) a cui seguì una serie di romanzi culminata nel ciclo in tre parti "Il mulino del Po" (38-40). Dà prova di un corposorealismolinguistico e costruisce trame complesse.
Antonio Baldini (89-62) fu scrittore-giornalista, elaboratore di prose eleganti e leggere.
Bruno Barilli (80-52) fu musicista, critico musicale, giornalista, si staccò dal gusto del frammento per creare una prosa dove la passione per musica e colore si intreccia con una sensualità corposa.
Da ricordare: “Delirama” (1924); “Il sorcio nel violino” (1926); “Il paese del melodramma” (1930); i frammenti dei “Capricci di vegliardo” (1951).
Il regime sostenne orientamenti letterari vari e diversi purchè offrissero l’immagine di una vigorosa letteratura nazionale. Una battaglia per scelte letterarie più precise in rapporto alle tendenze del fascismo avvenne negli anni ’20 fra gli schieramenti del “populismo antiborghese” e del “novecentismo”. Espressione del primo fu “Il Selvaggio”, rivista nata nel 24 presso Siena grazie a Mino Maccari,
che voleva dare voce agli spiriti teppistici del fascismo, suggerendo la ripresa degli antichi modelli della cultura contadina. Maccari (Orco Bisorco), lanciò nel '26 il movimento "Strapaese", che esaltava i valori rivoluzionari dello spirito paesano e nazionale, opposto a "Stracittà", cioè lo spirito industriale e moderno. La proposta di attenzione alla modernità e di apertura della cultura legata a una visione del fascismo proiettata verso il futuro industriale fu della rivista "900" di Bontempelli, nata nel '26; collaborò anche Curzio Malaparte (Kurt Erich Suckert) che, dopo la militanza in "900", si impegnò dalla parte degli Strapaesani; anche nel dopoguerra prese posizioni politiche paradossali. Dalla parte dello Strapaese, con la rivista "L'italiano" nata nel '26, Leo Longanesi, fascista che criticava aspetti del regime. Si ebbero tentativi di definire unaLetteratura legata al fascismo in alcune riviste fiorentine, in particolare "L'Universale" di Berto Ricci e il settimanale della Federazione fascista fiorentina "Il Bargello". Vogliono appoggiarsi su un'ideologia che si qualifica come fascista. In "Primato", ultima rivista ufficiale del fascismo, si espresse una giovane cultura critica verso il regime.
Massimo Bontempelli nacque a Como nel 1878 e morì a Roma nel 1960; col programma di "900" e con la sua opera vuole introdurre e far circolare l'insegnamento delle avanguardie nella comunicazione sociale; cerca un'avanguardia con alto indice di socialità. È stretto il suo rapporto con l'attività degli artisti degli anni '20 e con i tentativi di imporre una razionalità moderna.
Vicini alla matrice futurista sono "La vita intensa. Romanzo dei romanzi" (1920, 10 brevi romanzi di avventura) e "La vita operosa" (1921).
vicende comiche nella Milano del dopoguerra). La comicità disti romanzi si appoggia a sorprese, incongruità, paradossi, scomposizioni che rivelano l'imprevedibilità della vita cittadina. Usa una prosa semplice. Migliori i successivi romanzi "Lascacchiera davanti allo specchio" (1922, vicenda di un viaggio attraverso le immagini di unospecchio), "Eva ultima" (1923, una marionetta si rivela più autentica di tanti personaggi reali). Si impegnò nel teatro, anche per il suo rapporto con Pirandello, che lo portò a tradurre composizioni einvenzioni del maestro nella chiave di una comicità esile. Importante risultato du "Nostra dea", dovec'è una figura femminile che cambia aspetto e carattere in base al vestito che indossa. Con "900" cercò di tradurre su un piano programmatico il suo gusto spontaneo, senza carica critica: la ricerca di un rapporto col mondo moderno metteva alcentro il rapporto col pubblico. Ciò si riassumeva in "realismo magico", che mirava a una narrativa che ricavasse prospettive magiche della realtà moderna. Bontempelli collegava questo programma a una concezione della storia che vedeva sorgere nella società moderna una terza età che cambiava le caratteristiche di tempo e spazio. Non riusciva a riempire di veri contenuti questo disegno: ma delle riflessioni furono raccolte in "L'avventura novecentista" (1938). Continuò a cercare congegni narrativi artificiosi, e interessano i romanzi in cui manipolò i motivi della narrativa popolare e d'appendice: "Il figlio di due madri" (29), "Vita e morte di Adria e dei suoi figli" (34), "Gente nel tempo" (37). Corrado Alvaro nacque in Calabria nel 1895 e morì a Roma nel 1956; la sua opera è manifestazione di un nuovo realismo che per lui ebbe un modello in Verga ma che, per lavicinanza con Pirandello ele prospettive di “900”, si allargò verso suggestioni fantastiche. Si era allontanato dalla sua terra e inquanto scrittore prendeva avvio dagli scontri tra realtà calabrese chiusa nei suoi valori e realtà del mondo industriale.