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Critica Boiardo e Ariosto perché si rifacevano a un meraviglioso senza giustificazioni: per
Tasso la sceinza del magico deve basarsi sull’opinione della moltitudine (il lettore cristiano
crede ai miracoli, a Dio e a Satana).
Unico modo per garantire la verosimiglianza è scegliere una materia storica di stampo
cristiano o ebreo. La religione cristiana ha temi che permettono la realizzazione del
sublime epico. Inoltre la materia cristiana mostra esemplarità morale.
3 motivi a favole del tema cristiano:
- Verosimiglianza garantita
- Sublime epico
- Esemplarità morale
3. La materia deve essere sacra ma non così venerabile da non essere malleabile (se si
inserisce la finzione in una materia sacra si rischia un atto di empietà).
4. La materia migliore per un poema riguarda tempi né troppo moderni né troppo antichi,
perché:
- Materia antica: cfr con usi e costumi troppo diversi
- Materia recente: il lettore si identifica eccessivamente
- Materia attuale: si toglie la licenza di fingere
5. Chiosa Aristotele: ci sono 3 tipi di illustre:
- Illustre epico: deve suscitare ammirazione del lettore. È rivolta o al massimo della virtù o
al massimo del vizio. I personaggi epici sono assoluti
- Illustre tragico: porta pietà e misericordia. I personaggi tragici sono sospesi tra il bene e
il male.
In alcuni episodi epici però, si possono inserire elementi tragici bisogna adottare il
massimo grado di nobiltà per arrivare a un poema epico con azioni illustri che devono
suscitare meraviglia (= stato di adesione emotiva del lettore).
6. Chiusa: attenzione a non scegliere una materia troppo grande (come ha fatto Trissino),
perché si rischia di cadere in 2 vizi:
- Poema eccessivamente lungo
- Lasciare da parte orpelli necessari
I due modelli a cui far riferimento Virgilio e Omero: hanno scelto la materia di ampiezza
perfetta. L’Eneide è divisa in una prima parte odissiaca e una seconda iliadica la Liberata
è uguale: poema d’assedio+ piccola Odissea (Ubaldo va a riprendere Rinaldo).
Virgilio e Omero sono modelli virtuosi ma differenti tra loro:
- Virgilio brevitas come Demostene
- Omero abbondanza come Cicerone
Fa un omaggio al suo maestro padovano, Sperone ( righe finali fanno riferimento al II
soggiorno padovano, quindi dopo il ’62).
Riepilogando: autorità della storia, verità della religione, licenza di fingere, tempi né moderni né
antichi, grandezza e nobiltà degli avvenimenti.
Discorso 2: si occupa della dispositio. È nella dispositio che si manifesta l’arte del poetare. Il
discorso è diviso in tre sezioni:
a) Distinzione tra vero storico e verosimile poetico: Il vero storico è degli storici come Livio,
il verosimile è dei poeti come Virgilio. Il poeta può alterare la storia senza cambiarne l’esito
(limite della licenza di fingere). La poesia dice la verità attraverso il falso. L’essenza della
poesia per Tasso è il vero alterato poeticamente e mescolato con finzioni.
Cita un passo del canto XXXIV dell’Orlando Furioso nel cielo della luna, in cui S.
Giovanni parla di poesia come “storia del falso” ( si mettono così in crisi gli encomi ai
grandi protettori, il discorso risulta ironico). Tasso prosegue dicendo che lo storico narra le
vicende come vere e il poeta le imita come verisimili; critica Lucano in quanto tratta la sua
materia storica in maniera troppo aderente al vero.
b) Si occupa della fabula (muthos) e ne indica i 3 criteri: interezza, grandezza e unità. Poi
illustra 4 ragioni a difesa dell’unità e 4 a difesa della moltitudine d’azione.
Interezza: per Tasso la fabula è l’intreccio. La fabula deve contenere tutto ciò che è
necessario alla sua comprensione (inizio, snodo, fine). Entelechia fine che ogni ente porta
al proprio interno. L’interezza stimola l’intelligenza del lettore. Indica:
I. Come modelli negativi Ariosto e Boiardo perché le fabule dei due poemi sono
incomplete (avremmo interezza solo se fossero un unico poema).
II. Come modello positivo l’Iliade di Omero perché si propone di raccontare l’ira di
Achille e non l’intera guerra.
Grandezza: il poema epico per Tasso deve avere una propria grandezza, data anche dagli
episodi. T. contesta le forme brevi. Un poema è grande se la memoria del lettore non si
perde, ma comprende tutto e riconosce che le parti fra loro sono dipendenti e formano il
tutto. I poemi di Ariosto e Boiardo non stimolano la memoria del lettore.
Unità: non parla male di Ariosto, ma dice che non ha rispettato l’unità d’azione. Epica e
romano per Tasso sono la stessa cosa, il Furioso lo definisce un “poema epico corrotto”.
Indica 4 ragioni a favore dell’unità:
- L’unità porta perfezione
- Molte favole e quindi molti fini
- Indeterminazione e finitezza
- Molte favole creano poemi di diversi generi
Indica 4 ragioni in difesa della moltitudine d’azione:
- Il romanzo è diverso dall’epica conosciuta da Aristotele
- Ogni lingua ha alcune peculiarità e la lingua italiana sarebbe per natura incapace di
tollerare l’unità d’azione
- Bisogna seguire l’uso comune della poesia
- Le poesie migliori seguono il fine del diletto. A dilettare è la moltitudine d’azione.
Queste 4 ragioni le contesta:
- Romanzo ed epica sono lo stesso genere, imitano le stesse azioni illustri, imitano
diegeticamente e usano lo stesso stile e ritmo (Di fatto Tasso in questo modo si
libera le mani per inglobare elementi romanzeschi nel suo poema epico.) Questa
concezione di romanzo=epica contrasta le teorie di Geraldi Cinzio e le successive di
Bachtin. Segue una lode ad Aristotele: è necessario conformarsi ai suoi principi,
perché egli ha visto in anticipo la natura della poesia (mimesis).
- Le lingue hanno si una loro particolarità, ma queste NON riguardano la fabula.
Secondo i fautori della moltitudine d’azione è la volgar lingua toscana a invitare alla
moltitudine, mentre l’unità è propria del greco e del latino.
- Le poesie migliori sono quelle approvate dall’uso, ma fa una distinzione tra gli usi
effimeri (quelli cioè soggetti al mutare storico come parole e moda) e virtù assolute
che attraverserebbero la storia senza mai mutare come vizio e virtù, le opere della
natura e i criteri universali tra cui l’unità. Le parole sono molto soggette all’uso
quindi il poeta deve rifarsi alla natura che sottende il criterio di unità. La poesia deve
dunque imitare la natura, deve rappresentare i costumi in termini assoluti.
- Il fine della poesia è il diletto ma contesta il fatto che esso derivi dalla moltitudine
d’azione. Il diletto deriva dalla varietà il fine di un poema è unire varierà e unità. Il
testo deve proporsi come un mondo variegato al cui interno ogni parte è
indispensabile per il tutto (teoria del “picciolo mondo”).
c) Illustra due tipi di fabula doppia:
I. Agnizione combinata con la peripezia (Aristotele): la fabula doppia è quella he vede
agnizione e peripezia come funzione strutturale (fabula doppia)
II. Contenente molti episodi (Tasso): la favola doppia è quella ricca di episodi. Sul
finale promette di spiegare come fare promessa non mantenuta, probabilmente per
l’assenza del discorso III non pervenuto (fabula composta o mista).
NB: Agnizioni e peripezie nella Gerusalemme Liberata ci sono, ma Tasso ci dice che non
hanno funzione strutturale perché si trovano negli episodi e non nella fabula.
Per ottemperare alla mancanza del III discorso:
- Lettera a Luca Scalabrino: amico di Tasso. Dice che Sperore Speroni pensa che
l’unità sia data dall’unità dell’eroe. Tasso invece sostiene che l’unità è “una di
molti”, cioè è data dalla varietà, dalla moltitudine di personaggi che cooperano per lo
stesso fine.
- Discorsi sul poema eroico (III libro): del 1544, in cui probabilmente ci sono pezzi
del III discorso. Gli episodi devono impedire o favorire l’azione principale.
Discorso 3: (sarebbe il 4) si occupa di elocutio. Struttura contorta, sembrano (e probabilmente
sono) appunti. Nel complesso è un abbozzo e c’è un insolito titolo interno. Inoltre soddisfa solo una
delle richieste che si propone. Dice che ci sono tre tipi di stili:
- Sublime: convenevole al poema eroico perché tratta argomenti alti e perché ogni parte opera
per il tutto e così fa anche lo stile. Il fine del poema eroico è la meraviglia e questa nasce
solo dalle cose sublimi e magnifiche
- Mediocre (medio)
- Umile (basso)
Ogni stile si può variegare nel senso che slitta verso gli altri a patto che il concetto resti quello
proprio dello stile di partenza. Inoltre gli stili possono cadere in vizi (lo dice su influenza di del
retore Demetrio, Sullo stile:
- Sublime gonfio
- Mediocre secco
- Umile vile e plebeo
Nell’ultima sezione fa una distinzione tra stile e genere: lo stile sublime non è lo stesso per tutti i
generi. È una distinzione fondamentale per dimostrare come romanzo e poema eroico siano la stessa
cosa. Critica Ariosto dal punto di vista dello stile: critica l’uso comico e volgare dello stile umile in
un poema eroico, ci sono “inconvenevoli popolareschi” .
Distingue poi:
- Stile eroico: deve essere complesso, fiorito vicino al lirico ma senza coincidervi. È meno
naturale ha per fine il commuovere
- Stile tragico: uso di parole più naturali (“proprie”) ha per fine l’insegnare
- Stile lirico: meno magnifico del sublime, ma più ornato e fiorito ha per fine il dilettare
Seguono poi le seguenti questioni:
1) Come si consegue lo stile magnifico e sublime: concetti, parole e composizione di parole. A
concetti grandi corrispondono cose grandi. Iperbole o reticenza sono due figure in grado di
esprimere tale grandezza. Cos’ anche la prosopopea (= far parlare oggetti o concetti
inanimati). Non si devono usare metafore si uso comune, bisogna far attenzione alle parole
straniere, vanno adattate alla lingua italiana. Periodi lunghi, il terzetto è il più efficace.
Apprezza il suono con il concorso di vocali (dialefe e sinalefe).Versi rotti (enjambement)
accrescono la magnificenza; così anche le consonanti nella rima, l’abbondanza di
congiunzioni coordinanti, l’uso di verbi in senso metaforico o uso dell’iperbole del verbo
(=tra i membri connessi c’è un elemento che turba l’ordine logico della frase. (vedi Questa
vita mortal di Della Casa)
2) Energia, qualit&ag