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Pirandello dall’amara commedia borghese alla tragedia moderna dell’incomunicabilità e della
follia. Un altro esempio di questo genere è l’Enrico IV, la storia di un pazzo che, credutosi per
dodici anni l’imperatore Enrico IV, assecondato da tutti, rinsavisce di colpo e scoprendo la sua
donna nelle braccia di un altro decide di fingere la sua follia per altri otto anni finché non ammazza
il suo rivale ripiombando nella follia.
La dissoluzione del teatro borghese raggiunge i massimi livelli con Ciascuno a suo modo i cui due
personaggi (interpretati da due attori sulla scena) sono in realtà nascosti fra il pubblico in platea e
intervengono a sorpresa e infine in Questa sera si recita a soggetto, ironica memoria dell’antica
tradizione della Commedia dell’Arte, che giunge alla paradossale ribellione degli attori che stanno
recitando Leonora addio di Pirandello.
Si tratta di un teatro che annulla se stesso, come avveniva contemporaneamente nella cultura
europea con il surrealismo.
L’ultima grande stagione teatrale di Pirandello comincia con La nuova colonia strana utopia di
palingenesi e rinnovamento, simboleggiata dalla figura di una donna col suo bambino che si
salvano dal terribile terremoto che spazza via una società di contrabbandieri confinata su un’isola.
Un’utopia religiosa legata alle forme arcaiche e mitiche della natura affiora in Lazzaro, importante
anche per la critica al progresso della civiltà industriale che crea un mondo del tutto disumano e
innaturale.
Infine l’utopia poetica avrebbe voluto realizzarsi in I giganti della montagna, grande dramma
visionario che rimase incompiuto e che fu rappresentato solo dopo la morte dell’autore. La trama
racconta di una compagnia di comici guidati da Ilse, che giunge in una villa abbandonata per
provare La favola del figlio cambiato una favola in versi su uno scambio di bambini rapiti dalle
streghe. Tuttavia i comici non sanno di essere finiti nell’ultimo rifugio del Mago Cotrone, che offre
di far rappresentare la favola. Nel corso della festa scendono a valle i Giganti della montagna,
violenti e materialisti realizzatori di opere titaniche. Alla fine, alla favola assisteranno i servi dei
Giganti che, delusi, si rivolteranno contro Ilse uccidendola in un finale sacrificale e sanguinario.
Nell’ultima negativa visione di Pirandello, l’utopia della poesia e dell’arte sembra così travolta dai
feticci del superuomo moderno, della civiltà dell’Industria e della macchina.
2.5. Il cinema.
Per quanto riguarda le produzioni cinematografiche, il caso Pirandello è il primo della nostra storia
letteraria nazionale di immediata fortuna nell’immaginario collettivo, e in questo giocò un ruolo
fondamentale l’industria cinematografica italiana che nei primi due decenni del Novecento
raggiunse alti livelli qualitativi e di diffusione, inventando addirittura il kolossal, prima di essere
sorpassata da Hollywood.
La fortuna cinematografica di Pirandello inizia dopo la guerra con Ma non è una cosa seria diretto
da Mario Camerini che ne dirigerà una nuova versione sonora nel 1936 con protagonista Vittorio
De Sica.
Negli anni seguenti si susseguono altre opere pirandelliane fra cui Il Viaggio, La rosa, Lo scaldino,
Il fu Mattia Pascal, L’Enrico IV e Come tu mi vuoi.
Con l’arrivo del sonoro vengono prodotte anche le versioni di Sogno (ma forse no), Pensavi
Giacomino, e una nuova versione de Il fu Mattia Pascal. Pirandello si ostina a seguirne le riprese e
sul set si ammala di polmonite morendo poco tempo dopo.
3. IL PRIMO NOVECENTO
3.1. Imperialismi e totalitarismi.
Il Novecento è un secolo segnato dalle atrocità di ben due guerre mondiali, generate dallo scontro
fra paesi imperialisti allo scopo di conquistare il dominio delle risorse e dei mercati, nonché dalla
crudeltà disumana della pulizia etnica promossa dai totalitarismi come il nazismo e il fascismo.
L’uomo del tempo vive in un clima di disperazione ed inquietudine che si riflette nelle scuole
filosofiche e nei movimenti artistici a lui contemporanei.
In ambito filosofico, l’esistenzialismo di Heidegger torna ad affermare la centralità dell’esistenza
umana e la necessità di recuperare il suo rapporto con l’essere, spostando l’attenzione dall’inconscio
individuale all’inconscio collettivo mentre la sociologia mediante la scuola di Francoforte e
l’opera di Walter Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica sottolinea i
cambiamenti radicali di produzione e fruizione dell’arte e della letteratura in un mondo dominato
dai meccanismi di ricezione di massa (l’opera d’arte non è più unica ed irripetibile, ma può essere
copiata e fruita in qualsiasi parte del mondo senza necessariamente recarsi nel luogo dove giace
l’originale. Questo fa sì che essa perda quell’aura che da sempre l’aveva accompagnata).
In ambito letterario si assiste all’abbandono del decadentismo e del superomismo per intraprende un
viaggio tutto interiore alla ricerca delle ragioni della crisi.
Ne è un esempio lampante il capolavoro di Marcel Proust La recherche du temps perdu, un’opera
di analisi psicologica che l’autore compie grazie ad un attento lavoro stilistico, alla creazione di una
prosa che segua i movimenti del pensiero e del ricordo colti nei meccanismi profondi della
memoria involontaria.
Parallelamente alla ricerca di Proust si svolge quella di James Joyce che nel suo romanzo l’Ulisse
rappresenta l’Odissea dell’uomo moderno all’interno di se stesso per mezzo della registrazione
impersonale delle sensazioni dei pensieri nel flusso di coscienza del monologo interiore, che Joyce
cerca di rendere scardinando le regole della grammatica e dello stile.
La crisi della classe borghese e la decadenza della classe dirigente europea vengono raccontati dai
romanzi in parte autobiografici di Thomas Mann (I Buddenbrook) e Robert Musil (L’uomo senza
qualità) mentre l’allucinata follia e l’assurdità della vita contemporanea vengono illustrati dai
romanzi di Franz Kafka La metamorfosi, Il processo e Il castello.
Infine in America Ernest Hemingway elabora uno stile moderno ed essenziale, legato alla scrittura
giornalistica e alla velocizzazione del mondo della comunicazione.
Nella poesia, l’eredità del simbolismo europeo e l’ideale della poesia trovano ancora in Paul
Valéry una voce di grande e raffinata sensibilità, soprattutto in Cimitière marin mentre negli Stati
Uniti si afferma la poesia di Ezra Pound, grande sperimentatore e contaminatore di suggestioni
simboliste, decadenti, medievali, orientali che si trasforma in un Dante del XX secolo attraverso le
opere 117 cantos e Pisan cantos memoria recente della tragedia della guerra, vera discesa
dell’umanità all’inferno, dal quale il poeta riemerge con la speranza che, tra le rovine, resti almeno
ciò che si ha amato.
La linea poetica legata alla tradizione dei classici della letteratura occidentale fu continuata da
Thomas Stearns Eliot autore delle raccolte Love song of J. Alfred (espressione del disagio interiore
di un giovane del primo Novecento, sospeso tra mondi culturali ed epoche diverse in continua
trasformazione) The Waste Land (manifestazione di realtà interiori per mezzo di segni visibili o
comunicabili, definiti correlativo oggettivo) e Four Quartets (approfondimento dei temi della
solitudine esistenziale per mezzo di un nuovo classicismo basato sulla tecnica del ri-uso, del
montaggio, della citazione e dell’allusione).
Le stesse inquietudini della modernità sono espresse nelle arti figurative attraverso le
avanguardie, movimenti di rottura e superamento attraverso i quali passano gli stessi artisti
coinvolti in esperienze anche molto diverse fra loro.
Fra i più rilevanti si ricorda:
- il fauvismo che privilegia la ricerca coloristica pur conservando un aspetto onirico degli elementi
figurativi.
- il cubismo che attua una scomposizione delle forme del reale.
- il futurismo che esalta il movimento, la macchina e la velocità tentando di raggiungere una
rappresentazione dinamica;
- il dadaismo che mette in scena la dissacrazione e la negazione dell’arte al suono del motto “l’arte
non è una cosa seria”;
- il surrealismo basato sul primato della dimensione onirica e simbolica;
- l’espressionismo capace di una sorprendente forza di penetrazione sociale e di rinnovamento
morale.
Proprio la satira espressionista anticapitalista e antiborghese influenzò direttamente il cinema la
musica e il teatro tedesco, in particolare il teatro di Bertolt Brecht autore di opere come La
resistibile ascesa di Arturo Ui, allegoria dell’ascesa di Hitler che prende le difese della libertà
intellettuale e Madre Coraggio e i suoi figli.
La nuova grande arte del Novecento è il cinema il quale si sviluppa rapidamente come forma di
produzione industriale. In un primo tempo il primato di questa nuova arte è europeo e soprattutto
italiano, poi, con la fondazione degli Studios a Hollywood i cui margini di profitto attraggono
grandi attori e registi europei come Chaplin e Hitchcock, il primato passa agli Stati Uniti.
I primi film sono muti e solo qualche decennio più tardi si assiste all’arrivo del cinema sonoro
dopo il quale comincia a codificarsi un vero e proprio sistema dei generi cinematografici,
parallelo a quello della letteratura di consumo. Nascono così i film western, i gialli, i film storici, i
film di guerra, la commedia rosa, i kolossal di ambientazione greco-romana e infine, il cinema
d’animazione di Walt Disney.
3.2. Società e cultura in Italia nel primo Novecento.
Da un punto di vista culturale, il Novecento italiano era cominciato con un grande entusiasmo. Un
gruppo di giovani intellettuali aveva fondato a Firenze una serie di riviste che diffusero una nuova
mentalità irrazionalistica e antidemocratica nelle classi medie.
La prima rivista fu Il Leonardo fondata da Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini che si faceva
promotrice del mito superomistico del genio universale di Leonardo Da Vinci.
Su una linea parallela si muoveva la rivista Il Regno di Enrico Corradini mentre ad un livello
estetizzante col motto “aristocratici in arte, individualisti nella vita” si manteneva la dannunziana
Hermes di Giuseppe Antonio Borghese.
Maggiore serietà e impegno offrì invece La Voce diretta da Giuseppe Prezzolini e Gaetano
Salvemini la quale si impegnava sulla concreta realtà sociale dell’Italia contemporanea, impegno
che venne interrotto dall’abbandono di Salvemini che, critico contro l’impresa di Libia (appoggiata
da Prezzolini) fondò un nuovo periodico: L’Unità.
Dopo diversi cambi di testimone, la dir