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Grotowski e la differenza tra recitare e fare acting

Grotowski fa una lunga pausa. "Jouer" non si tradurrà più "recitare" ma "fare acting". "Se non avete la parola giusta per dire <>, ogni volta che dite <> captate un'associazione falsa: inevitabilmente intendete <>". È proprio dalla scissione tra parola e gesto che nasce il cliché. Quando un contadino dà la mano a qualcuno vediamo un'azione fisica, quando è un signore di città, magari particolarmente educato, a dare la mano a qualcuno, quello è un gesto. Il contadino inizia l'impulso da dentro il corpo, fa partire il movimento dall'interno, da dentro al busto, poi dal busto passa alla spalla, percorre il gomito, il polso e solo allora arriva alla mano. L'uomo di città, il signore educato, fa partire il movimento dall'estremità, dalle dita della mano.

dalla periferia. L'azione fisica del contadino inizia con l'impulso dentro al corpo e solo alla fine articola come gesto, mentre un movimento che parte dalla periferia è sempre un cliché, un gesto. "Il gesto è il più grande avversario dell'attore, bisogna dimenticare il gesto". Ma per dimenticare qualcosa bisogna conoscerlo, risolvere il suo segreto. Cercare gesti da produrre come cliché per poi farli evolvere in azioni fisiche è un processo di conoscenza che potremmo chiamare "in parallelo". Produrre nuovi cliché permetteva di riconoscere i vecchi, ed è più facile liberarsi di qualcosa che si conosce. Nel frattempo c'era bisogno di formare il corpo per poter eseguire quei nuovi gesti, perché serviva un corpo diverso da quello abituato ai vecchi cliché. Un'azione fisica non deve mai iniziare dalla periferia. Non si può fare un movimento del braccio senza che a quel

Il movimento particolare coinvolge tutto il corpo. Il segreto sta nella colonna vertebrale: bisogna che tutto cominci da essa, l'agilità della colonna vertebrale è la chiave. François Delsarte era un maestro di canto, un teorico della recitazione e della danza vissuto nel diciannovesimo secolo, che ha elaborato un metodo di analisi del movimento umano. Delsarte analizza il movimento, le reazioni del corpo, e arriva a definire una specie di principio che potremmo chiamare "principio delle tre possibilità": le reazioni del corpo sono estroverse quando si rivolgono all'esterno, introverse quando sono rivolte verso se stessi, oppure neutre. Quindi gli esercizi non possono mai essere eseguiti nella vacuità, devono servire a uno spettacolo. Questo non significa che gli esercizi devono apparire nello spettacolo, anzi, all'inizio non si devono assolutamente vedere esercizi nello spettacolo. Gli esercizi servono a superare le difficoltà.

che lo spettacolo pone all'attore, ma mostrare l'esercizio è solo narcisismo. Gli esercizi devono essere pensati per ogni attore, per affrontare i limiti specifici di quell'attore, ma non sono fine a se stessi. "In ogni lavoro non bisogna dimenticare la <>." "La legge della discesa! In fisica si chiama <>, nel linguaggio corrente è l'inerzia". "Se scopriamo qualcosa di sottile, quel qualcosa richiede uno sforzo di vigilanza". E' questo sforzo di vigilanza che ti sfianca: "Perché la tendenza naturale della gente è di renderlo più facile, la tendenza è dissolvere quella cosa sottile che si è trovata sotto il peso della distrazione. Ma la mancanza di vigilanza trasforma tutto in zuppa, un minestrone in cui tutto perde la sua specificità, il suo senso". L'apprendimento degli esercizi avviene per dettagli, il

Il pericolo è che questi dettagli siano periferici, cioè riguardino le estremità: mani, piedi, testa. Invece bisogna che l'impulso parta sempre "dedans le corps". Bisogna sempre che l'impulso parta "dadentro" il corpo. E per far uscire da dentro il corpo un impulso vivente bisogna avere un'associazione. Un'associazione è il rimando a un ricordo preciso. Attenzione: non un ricordo intellettuale. Non sono associazioni a sentimenti: le associazioni sono ricordi di sensazioni. Bisogna apprendere esattamente gli esercizi attraverso la conoscenza perfetta dei dettagli che li compongono, poi però bisogna sostenerli attraverso le associazioni. Sono le associazioni che suggeriscono il dettaglio successivo. È il flusso delle associazioni che libera l'impulso al movimento. Quindi è necessario imparare a liberare l'accesso ai ricordi, in modo che questi possano affluire in sequenza rapida. In tempo reale.

Da una parte abbiamo bisogno di esattezza in ogni più piccolo dettaglio dell'esercizio, la si può ottenere addestrandosi a superare i nostri limiti fisici; dall'altra parte però ci serve qualcosa che potremmo chiamare "un'improvvisazione permanente dei ricordi". I dettagli non si improvvisano, devono essere perfettamente conosciuti, quello che si improvvisa sono le associazioni. Ciò accade quando gli esercizi sono avanzati, quando chi li esegue conosce alla perfezione il proprio lavoro. Soltanto allora l'attore può cominciare a liberare, attraverso gli esercizi, un "fiume creativo". Grotowski non vuole che si dica che l'impulso parte "dall'interno" del corpo perché non vuole confusione con il flusso interiore, che è quello delle associazioni. Per questo pretende che si dica che l'impulso parte "da dentro" il corpo, mentre il flusso interiore è diordine mnemonico, riguarda l psiche, anchese i ricordi devono essere concreti. Questa differenza dev’esserchiara perché questo lavoro è teso a rendere organico il flussointeriore e gli impulsi che producono il movimento, ma è facileche le due cose entrino in conflitto. Quando il flusso dei ricordidiventa forte, impetuoso, è facile dimenticare la precisione deidettagli, allora si perde la forma. La precisione del dettaglio èil nostro aggancio alla forma, è l’argine del flusso interiore.Ecco perché diceva che nel tempo gli esercizi diventano un utilecontenitore del fiume creativo. Negli esercizi plastici, poi, c’èuna contraddizione fondamentale tra la forza della vita e ilrigore delle forme. E’ una contraddizione che incontricontinuamente mentre proci uno spettacolo: è il contrasto tra ilrigore e la spontaneità. Noi siamo abituati a pensare le due cosecontrapposte. Lui, invece, si sforza di

spiegare come una rafforzi l'altra. E man mano che vai avanti con la pratica del teatro, capisci quanto continuamente sia presente questo conflitto, è necessaria una forte pressione della vita per essere obbligati a rispondere con la più grande disciplina delle forme. E d'altra parte è necessario possedere una struttura rigorosa per poterla attaccare dal di dentro con la forza della vita. Per sentirsi libero, l'attore vuole essere "spontaneo", però così dissolve le forme, le strutture, il rigore del lavoro. È una spontaneità illusoria. Per sentirsi rassicurato, invece, l'attore si affida ai dettagli formali, alla struttura, e tutto diventa meccanico, arido. Un errore tipico è non prendersi il tempo che ci vuole, ma fuggire al tempo successivo, oppure ripetere meccanicamente un movimento, come quando si sega un tronco. È qui che servono le associazioni. Non sono ricordi precostituiti, semplicemente laprecisione nell'esecuzione del dettaglio fa affiorare un ricordo che modifica il corpo, e questa modificazione del corpo gli fa captare un altro ricordo che gli modifica il gesto che sta compiendo, è così che lo vediamo risalire la caduta, è così che tutto diventa vivente. Compie esercizi elaborati da qualcun altro, ma li riempie con il suo corpo-memoria, li fa vivere delle sue associazioni. Un buon istruttore non usa le parole per descrivere. Usa parole-azione che stimolano gli allievi. Perché non bisogna giocare con le emozioni? Perché le emozioni non dipendono dalla volontà. Se si presentano sono una grande ricchezza, ma se vogliamo farle produciamo solo menzogne. È sempre un'illusione, una fuga. Al contrario, se non le cerchiamo, ma cerchiamo piuttosto una linea precisa di piccole azioni che associamo alla linea dei ricordi, allora le emozioni si presentano da sole. Il ritmo dipende dalla volontà, con il ritmo si

Può giocare. È qui che si vede il grande istruttore: poche parole, parole-azione che indicano, spingono, conducono. In qualche modo è molto simile a quello che deve fare il regista. Il cattivo regista parla molto quando lavora con gli attori, descrive quello che bisogna fare. Il grande regista ha le parole-azione che aprono prospettive.

Domande:

  • Per fare "acting" è necessario prima di tutto eliminare le convenzioni gestuali, i cliché?
  • "Dipende. Sì, è bene eliminare tutti i cliché, ma a condizione che lasciamo all'attore qualche possibilità di movimento, a condizione di non paralizzarlo. Ci sono attori che fondano la loro presenza esclusivamente su convenzioni gestuali e verbali: se si pretende di levargliele tutte di colpo si paralizzano, non rimane loro nulla. In questi casi bisogna intervenire gradualmente. Più che levare, cancellare, spezzare i cliché, bisogna cercare di riconoscerli, aiutare"

l'arte, allora bisogna trovare un modo per farlo senza bloccare l'attore. Il regista deve essere flessibile, deve capire come agire con un attore e come agire con un altro. Ogni rigida impostazione è dannosa per un regista. L'imposizione è la morte dell'arte. Se liberarsi dai cliché diventa una regola, allora bisogna trovare un modo per farlo senza bloccare l'attore.
Dettagli
A.A. 2018-2019
62 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aurora.ferraro.af di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di regia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Vacis Gabriele.