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Matrimonio, donne e schiavitù; Il Corano ammette la poligamia con la restrizione
• di quattro mogli per uomo. Il matrimonio, che non è un sacramento islamico, è
giuridicamente un contratto, che avviene di fronte ad un giudice (qaadii), fra lo sposo
e il walii (rappresentante) legale della sposa, della quale è obbligatorio il consenso. Il
divorzio avviene oltre che per decesso anche per:
Talaaq ripudio della moglie da parte del marito;
Hul’ riscatto della moglie dal marito previo pagamento di una cifra concordata;
Fash dichiarazione di nullità da parte del giudice;
La posizione della donna islamica è resa peggiore, di quanto in realtà non sia nel Corano,
da tradizioni sociali e pregiudizi esterni alla Legge religiosa. Un esempio è riscontrabile
nell’uso del velo, assolutamente non prescritto dal Corano, e che è entrano nell’Islam per
influenze cristiano-orientali.
La schiavitù è riconosciuta nel Corano come un dato di fatto sociale, tuttavia viene qui
mitigata, tanto che riscattare schiavi è considerata un’opera degna di merito. Si è schiavi
quando si nasce da una donna già schiavizzata, o quando un non musulmano viene fatto
prigioniero di guerra da un musulmano; in questo caso, la successiva conversione non
comporta la libertà dello schiavo. Secondo la legge, gli schiavi devono essere mantenuti
ed eventualmente curati; hanno diritto al riposo e ad un proprio peculio e schiavi propri.
È legittimo il matrimonio fra schiavi e liberi e i figli che ne nascono sono considerati
liberi.
Morte; a seguito della morte di un credente, per Legge è necessario compiere tali
• atti:
Abluzione completa del cadavere;
Avvolgimento del cadavere in sudari (kafan);
Preghiera dei morti (salaat ak-ginaaza);
Il seppellimento vero e proprio secondo cui il cadavere è posto sul lato destro con
viso verso la qibla.
Si ricordano inoltre alcune prescrizioni e proibizioni legate alla religione:
È proibito l’uso di vasi d’oro e d’argento per banchetti. È inoltre proibito l’uso della
• seta.
È proibito riprodurre, possedere o usare immagini di essere viventi.
• È proibito il gioco d’azzardo e il prestito ad interesse.
• Sono limitate la musica e il canto.
• È proibito mangiare carne di porco, sangue e animali non macellati ritualmente. La
• macellazione rituale islamica consiste nel tagliare di netto la gola dell’animale,
facendo uscire tutto il sangue, mentre si pronuncia Bismillah.
Sono proibite le bevande alcoliche. La scuola hanafita, basandosi sulla lettera del
• Corano, proibisce il vino e raccomanda un uso limitato di tutte le altre bevande
alcoliche.
La Mistica
Il termine sufismo deriva da suuf, lana, materiale con cui erano fatte le tuniche indossate dai
primi mistici. In arabo, suufii è mistico; tasawwuf è misticismo.
La mistica trovo nel sunnismo i suoi più alti rappresentanti, mentre lo sciismo l’ha sempre
considerata con sospetto. Il motivo per cui la mistica riuscì ad aderire meglio al sunnismo è
perché quest’ultimo, regolando in ogni minimo dettaglio gli aspetti esterni della vita del
musulmano, lascia massima libertà a quelli interni. Inoltre, ricordiamo, che il misticismo
consiste in un contatto personale e diretto con Dio. Di fatto, non essendoci sacerdoti o
sacramenti, il musulmano che adempie tutti i suoi obblighi legali è libero di parlare come
meglio crede con Dio.
Nel sufismo si trova un’accentuazione dell’unicità e trascendenza divina, tanto che solo
l’annullamento e l’annientamento di tutto ciò che non è Dio, può salvarla.
Vi sono diverse tendenze nel sufismo:
Dio è l’unico e il solo ad essere degno di esistere. Affermare la minima autonomia di
• altri esseri viventi è bestemmia.
Oltre alla trascendenza divina, si accentua la trascendenza morale di Dio, il quale
• viene collocato al di là del bene e del male. Alcuni mistici, tuttavia, cominciano
spesso a sentirsi essi stessi al di là del bene e del male, al pari con Dio.
Mentre secondo l’ortodossia il Profeta è l’unico e legittimo intermediario fra Dio e
• l’uomo e colui il quale è in grado di ricevere rivelazioni, il mistico è convinto di
essere in grado di avere rivelazioni da Dio e si pone oltre il Profeta stesso.
Nel Corano vi sono tre forme di rivelazione di Dio alle creature:
Per wahy, cioè ispirazione;
1. Per sogni o visioni allusive;
2. Per wahy matluuw, cioè la rivelazione recitata a parole mediante un angelo
3. che rivela alcuni dettami di legge ad un Profeta. Quest’ultima è riservata al
messaggero di Dio.
L’idea di santo costituisce un pericolo per l’ortodossia poiché spesso essa, nel
• misticismo popolare, viene degenerata in adorazione e devozione completa per
l’uomo.
Ta’wiil, trasposizione spirituale.
•
Nella dimensione etica, il sufismo si fa portatore di un raffinamento dei costumi e
ingentilimento della vita individuale e sociale degli ambienti islamici. L’etica suufii parte da
quella islamica generale, fondata sul senso di totale sottomissione dell’uomo a Dio, dalla
quale, se realizzata con profondità, nasce la suprema libertà (hurriiya) del mistico. Appunto,
per il mistico, la vera libertà consiste nella assoluta servitù nei confronti di Dio.
Un altro aspetto, quello emozionale, del sufismo, si concretizza in una nuova liturgia. Essa
infatti ha lo scopo di creare lo stadio supremo dell’annientamento in Dio, dell’estasi,
dell’unione. Un atto liturgico fra i più importanti è il dhikr, letteralmente menzione di uno
dei nomi di Dio.
La scuola (tariiqa, via, mistica) guidata dal maestro è un elemento fondamentale per il
mistico che vuole raggiungere Dio attraverso una ‘via’ dritta e sicura. Solo dopo aver
percorso tutta la via, il novizio è in grado di giungere allo stadio della realtà. Si distinguono
tre stadi: sharii’a (legge canonica); tariiqa (rito e regola di confraternita); haqiiqa
(realizzazione dell’assoluto). Il Maestro viene spesso identificato con il santo. I sufi hanno
costruito una gerarchia di santi al cui vertice sta il polo (qutb); essi governano il mondo e le
loro tombe sono venerate e luogo di pellegrinaggio. La concentrazione del divino nella
figura di Allah è così divisa nelle misteriose gerarchie di sani nei quali sembrerebbe
incarnarsi l’Uomo Perfetto.
La Shii’a e le comunità non sunnite
L’Islam sunnita è di coloro che chiamano sé stessi ‘la gente della tradizione e della
comunità’, dove jamaa’a sta ad indicare che per i sunniti l’autorità religiosa non è
concentrata in persone, ma in un Libro e nell’interpretazione ‘comunitaria’ di esso data da
generazioni di dotti e giuristi.
Invece, gli sciiti, oltre a venerare le tradizioni del Profeta, credono fortemente nella
concentrazione della autorità religiosa in persone, a differenza dei Sunniti. All’apice vi è
Dio, poi il Profeta e dopo di lui vari successori (imaam).
La scii’a teologicamente organizzata nasce dopo la morte di tutti gli imaam e va considerata
come la creazione di movimenti fin troppo entusiasti attorno a personalità discendenti di
‘Alii, che giungevano anche alla divinizzazione della persona venerata. Il più importante di
questi movimenti è quello ismailita.
Il termine shii’a significa fazione, partito.
Fin dalla morte del Profeta, molti credevano che ‘Alii, in quanto uno dei parenti più stretti e
uno dei credenti più pii, fosse il suo legittimo successore, parlando in termini politici.
Recentemente si tende a dividere la shii’a di tipo politico, composta da partigiani di ‘Alii, da
quella di tipo religioso, il cui centro fu Kufa e il cui rappresentante fu al-Muhtaar.
Gli sciiti non negano la profezia di Muhammad, e per questo potrebbero essere considerati
ortodossi; tuttavia l’elemento di eterodossia si insinua nel momento in cui essi non si
adattano all’ijmaa’, preferendo l’autorità personale di un imaam docente. L’eterodossia delle
varie comunità sciite è misurata in base al grado di ‘divinità’ attribuito alla persona
dell’imaam. Mentre questo per gli sciiti costituisce la norma, per i sunniti è suprema
bestemmia.
Vi sono tre categorie di shi’a, secondo il valore attribuito da ognuna di esse all’imaam:
Estrema; sono gli Ismailiti, secondo cui l’imaam è Dio o quasi Dio. Non superano qualche
centinaio di migliaia. Nasce dalla dinastia turca dei Safavidi. Fu introdotta in Persia
inizialmente in una forma entusiastica da Shaah Ismaa’iil Safavide, autore di poesie in cui si
dichiara Dio. Infatti, all’inizio, questa dinastia era una vera e propria tariiqa o confraternita
religiosa mistica, fortemente sciitizzata. I canti di Shaah Ismaa’iil furono poi sostituiti da
teologi e giuristi sciiti per i quali il misticismo è eresia.
Media; sono i Duodecimani, secondo i quali l’imaam è infallibile e impeccabile. E’ la
categoria più importante e comprende circa 50 milioni di musulmani.
Moderata; sono i Zaiditi, secondo cui l’imaam è ‘guidato rettamente’. Sono assimilati
spesso ai sunniti, da cui si distinguono per l’accentuazione della figura dell’imaam e per la
teologia mu’atazilita. Sono circa 6 milioni, concentrati nello Yemen, di cui costituiscono la
confessione ufficiale.
La teologia sciita è dotata di tre punti di contrasto con quella sunnita:
Il concetto di imaam. Per elezione a imaam o califfo, gli sciiti ritengono necessaria
1. la discendenza da ‘Alii e negano il principio di elezione. ‘Alii è chiamato walii
(amico di Dio) e wasii (esecutore testamentario, erede del profeta) ma soprattutto
‘principe dei credenti.’
Vi è poi il nass, atto con cui il padre designa il figlio che deve succedergli. Per gli
sciiti, l’imaam è colui il quale ha la conoscenza del senso intimo dell’Islam,
comunicato ad ‘Alii e ai suoi discendenti e ha l’autorità definitiva
nell’interpretazione del Corano e della Sunna. Inoltre, altra caratteristica tipica
dell’imaam è la ‘isma, infallibilità e impeccabilità.
Insieme ad ‘Alii, assumono carattere sacro i “cinque Puri”, cioè Muhammad, sua
figlia Fatima, suo cugino e genero ‘Alii e i due figli Hasan e Husain. Anch’essi sono
dotati della capacità di mediare presso Dio. I