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T
P
Figura 1: T
toscana P pisa
Il problema che si pone Kant è quello dell’imputabilità. Abbiamo una persona che ha compiuto un
atto, nel senso giuridico, atto quindi oggetto di una scelta libera, allora la domanda è: una volta che
io ho compiuto un atto quale delle conseguenze possono essere imputate oggettivamente? Di quale
delle conseguenze del mio atto io posso essere considerato responsabile?
Deduzione: si va da una premessa universale e si ricava qualche cosa di particolare.
Modus ponens: modo dell’affermare affermando.
Ecco un esempio di deduzione corretta con il modus ponens:
A. antecedente: La premessa di questa deduzione viene chiamata antecedente; es. “se sono a Pisa
sono in Toscana”, pone un nesso tra due situazioni. P implica Q;
B. Conseguente: P. Ci dice un fatto; es. che io in questo momento “sono a Pisa”; posso dedurre
che sono in Toscana, lo posso dedurre grazie all’antecedente.
C. Conclusione: Q. “Sono in Toscana”.
Deduzione Fallacia:
a. antecedente: “se sono a Pisa, sono in Toscana”
b. conseguente “sono in Toscana”
c. conclusione errata “sono a Pisa”.
Kant prende questa regola modus ponens e lo trasforma in modus imputationenis ponens per
affermare che le conseguenze buone delle azioni meritorie e quelle cattive delle azioni colpevoli
possono essere imputate al soggetto agente. Infatti, in entrambi i casi, io non sono obbligato a
compiere P o mi è addirittura vietato farlo. Se invece faccio P, Q è una conseguenza non solo di P,
ma anche della mia scelta di fare P: mi sarà dunque imputabile perché proprio la mia scelta non
obbligata ha provocato P che è condizione di Q. 26
Schema:
A. Antecedente P implica Q
B. Conseguente P (io scelgo di fare P)
C. Conclusione Q (quindi Q mi è imputabile).
Es. incidente ferroviari a Viareggio: le conseguenze cattive devono essere imputati a coloro che
erano responsabili all’interno dell’ente ferroviario italiano. Fare la scelta di fare P, quindi omettere
le misure di sicurezza, tipo non diminuire la velocità dei treni, ha fatto verificare Q, la strage, quindi
chi ha scelto di fare P (omette le misure di sicurezza) è imputabile di Q, la strage.
Modus tollens: modo del negare negando;
Ecco un esempio di deduzione corretta con il modus tollens:
A. Antecedente: P implica Q (se sono a Pisa, sono in Toscana) (come prima, pone
semplicemente un nesso)
B. Conseguente: non Q (non sono in Toscana) (mi dice uno stato di fatto)
C. Conclusione: non P (non sono a Pisa)
Ed ecco un esempio di deduzione con il modus tollens che contiene una famosa fallacia formale, la
negazione dell’antecedente:
A. Antecedente: P implica Q (se sono a Pisa, sono in Toscana)
B. Conseguente: non P (non sono a Pisa)
C. Conclusione errata: non Q (non sono in Toscana).
Perché facciamo questo errore? C’è una unidirezionalità del nesso fra P e Q: P è una condizione di
Q; se non c’è Q (non sono in Toscana) allora manca anche la sua condizione P (non possono essere
a Pisa se non sono in Toscana). Però P non è l’unica condizione possibile di Q: per essere in
toscana, non è necessario essere a Pisa perché posso essere anche a Lucca, Firenze ecc.
Questa famosa fallacia ci è utile per capire il senso del modus imputationes tollens che è una
trasformazione del modus tollens. Cosa dice il modus imputationes tollnes: Le conseguenze delle
azioni dovute e delle omissioni di azioni meritorie non possono essere imputate al soggetto agente.
Io non ho compiuto P o perché una norma di diritto me lo proibiva o perché nessuna legge mi
obbligava a farlo: ma addossarmi la responsabilità della conseguenza negativa “non Q” sarebbe un
errore di deduzione, e precisamente una negazione dell’antecedente. Da “non P”, infatti, non segue
necessariamente “non Q” perché Q può scaturire da numerose altre condizioni che nulla a che
vedere con la mia azione o omissione. Schema:
A. Antecedente: P implica Q;
B. Conseguente: non P (non facendo p perché o è proibito o non sono tenuto a farlo);
C. Conclusione errata: non Q, non mi è imputabile perché non segue necessariamente da non p, non
si può dunque dire che l’esito di una scelta mia. 27
Queste conseguenze negative mi sono imputabili oppure no? No in questo caso le conseguenze non
possono essere imputate all’agente.
Es. bambino che sta affogando e una persona non cerca di salvarlo oppure l’ambulazione in
situazione di emergenza che va in una strada dove non può andare e il vigile lo ferma facendo così
morire la persona sull’ambulanza che doveva andare d’urgenza all’ospedale. Il mancato salvatore o
il vigile non sono colpevoli della morte del bambino o del paziente. Queste sono due situazioni in
cui io non ho compiuto P o perché una norma di diritto me lo proibiva o perché non c’era nessuna
legge che lo obbligava a farlo.
E’ facile dire è morto per colpa del vigile o del mancato salvataggio dell’uomo; Non faccio non q
segue il fatto che io non ho fatto p; ma non è colpa mia se il bimbo è morto perché la sua morte non
è necessariamente colpa mia. La sua morte è un elemento dell’insieme T.
Il modus imputations tollens serve, negativamente, per discolpare chi ha omesso di compiere
un’azione che non era tenuto a fare, o perché proibita o perché non imposta dal diritto.
Ora si guarda il grado di imputabilità da un punto di vista soggettivo; si basa sul criterio dei vincoli
naturali (sensibili) e morali (del dovere):
Vincoli naturali > le condizioni personali date nei miei caratteri naturali che hanno influenza
- sulla mia decisione di adottare una certa azione;
Vincoli morali > la doverosità dell’azione.
-
• Il merito aumenta in modo direttamente proporzionale all’entità dei vincoli naturali: E’
altamente meritorio l’atto di chi, mettendo a repentaglio la propria vita, salva quella di una
persona a lui completamente estranea senza essere obbligato a farlo: il mare era tempestoso
e io avevo paura dell’acqua ma ho salvato lo stesso il bambino estraneo che stava affogando;
• Il merito aumenta in modo inversamente proporzionale all’intensità dei vincoli morali: i
vincoli naturali si abbassano per esempio se sono una campionessa di nuoto quindi so
nuotare oppure il bambino è mio figlio, il merito c’è ma diminuisce perché da un punto di
vista naturalistico mi è possibile (anche facilmente) salvare il bambino.
• La colpa funziona in maniera opposta; direttamente proporzionale ai vincoli morali e
inversamente proporzionale ai vincoli naturali. E’ più colpevole un omicidio premeditato
con freddezza rispetto a un compiuto in un impeto di rabbia: (fino 1980 c’era in Italia il
vincolo d’onore) caso vero: marito che aveva scoperto di essere tradito dalla moglie quindi
aveva organizzato un viaggio di affari e poi era tornato a casa, con porto d’armi e arma,
appositamente per sorprenderla con l’amante e ucciderlo. Si costituisce dicendo che ha
sorpreso la moglie con l’amante quando in realtà aveva fatto il viaggio apposta per scoprirla
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con l’amante. Il tribunale è riuscito a provare che i vincoli naturali non erano così alti come
aveva cercato di fare credere lui (perché appunto non è stato preso da un attacco di ira
improvviso, ma aveva premeditato tutto). Il vincolo morale è stato superiore: il suo omicidio
era un volontario e premeditarlo.
3. Introduzione alla dottrina del diritto (229-242)
A. Che cos’è la dottrina del diritto? Su moodle lettura consigliata
Per Kant la dottrina del diritto è il compendio, ovvero, costruzione sistematica riassuntiva, delle
leggi per le quali è possibile una legislazione esterna, ovvero una legislazione che ha ad oggetto
azioni esterne, di cui è possibile fare esperienza sensibile. Costruisce la dottrina del diritto sulla
base della geometria euclidea.
La dottrina del diritto si divide in:
• Dottrina di diritto positivo , quando ha un oggetto la legislazione effettiva. Questa dottrina
prende il nome di giurisprudenza (“prudenza del diritto”) quando il giurista (iurisconsultus)
è allo stesso tempo giurisperito, cioè conosce le leggi anche nella loro applicazione ai casi
empirici. “Prudenza del diritto” e non “sapienza del diritto” perché il giurista è un signore
che non si limita a conoscere il codice (iurisconsultus) ma lo sa applicare, sa con che
persone parlare, sa quali casi assumersi e quali casi no ecc., ovvero è una persona molto
prudente;
• Scienza del diritto , quanto non ha a oggetto né il diritto positivo né l’applicazione ai casi
empirici. Per il giusnaturalista la scienza del diritto è quello che Kant chiama conoscenza
sistematica, quindi organizzata secondo criteri in un intero, della dottrina del diritto naturale
(ius naturae) cioè diritto secondo ragione. La scienza del diritto costruisce le norme della
dottrina naturale.
La conoscenza sistematica della dottrina del diritto naturale rientra nella scienza del diritto,
sebbene debba fornire i principi immutabili per ogni legislazione positiva.
La scienza del diritto anche nella prospettiva giusnaturalista deve occuparsi del diritto
positivo. Il giuspositivismo stabilisce la sintassi del diritto.
B. Che cos’è il diritto?
Ma che cosa di preciso ho diviso in due parti? Per rispondere a ciò fa riferimento alla critica della
ragion pura; racconta che la domanda classica con cui si mettono i logici in difficoltà è “che cos’è la
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verità”; perché si mettono in difficoltà? Se io rispondo a questa domanda devo dare una definizione
vera, però quando rispondo, assumo che prima della mia definizione non si sappia che cos’è la
verità e che soltanto la mia definizione vera della verità introduca questo concetto. Però in questo
caso noi non abbiamo ad oggetto qualunque altra cosa. In questo caso l’oggetto di definizione è
diverso dalla verità stessa. Quando definisco la verità io devo presuppore per noto quello che sto
definendo quindi la definizione che produco è una definizione che è DIALLELE, cioè una
definizione che per essere vera deve presupporre che il suo oggetto sia già noto. Es. che cos’è un
ornitorinco? È un animale che assomiglia a un ornitorinco; definizione che non mi aiuta. Nel
momento in cui definisco la verità devo dare una definizione vera ma devo presuppore che, per
essere