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Gli illuministi riprendono la riflessione del giusnaturalismo ovvero quella teoria filosofico-
giuridica che affermava che l’uomo aveva dentro sé, già al momento della nascita dei diritti
“naturali” che però non erano garantiti nello “stato di natura” in cui si trovava, perciò
venivano poi garantiti con la nascita dello “stato civile” e questa nascita porta anche ad altri
diritti “positivi”, nati appunto con la nascita dello Stato vero e proprio.
Gli illuministi prendono questo pensiero e lo fanno “uscire dalle scuole” ovvero:
- Credono che debba diffondersi (aspetto culturale);
- E credono che debba essere applicato (aspetto politico).
Infatti la nascita di uno Stato “civile” si vede nell’avvento della Rivoluzione francese e
americana (aspetto politico) e nella creazione di un mercato librario non più riservato a
studiosi e al clero ma anche ad un nuovo pubblico, nasce infatti il genere del romanzo
(aspetto culturale).
Cenni storici per capire il testo:
Immanuel Kant (Königsberg, 22 aprile 1724 – Königsberg, 12 febbraio 1804) era prussiano;
La Prussia era governata in quel periodo da Federico II un despota illuminato, amante delle
arti e della letteratura, fu promotore della prima codificazione (codice civile). Suo padre
Federico I definito come “re generale” per la sua formazione militare, amministrò la Prussia
come una caserma militare e fu severo con il figlio tanto che questo cercò di fuggire con un
suo amico a 14 anni verso l’Inghilterra ma fu scoperto.
In questo articolo Kant si domanda: in questo Stato ben organizzato, che libertà hanno le
persone in ambito culturale e quali obblighi e doveri hanno come sudditi?
E’ una domanda da illuminista: come dobbiamo comportarci, che libertà abbiamo in un
mondo che non rispetta i principi illuministi? Che valore ha la libertà culturale (se è
presente)?
La minorità culturale
Kant inizia il testo così: L’illuminismo è l’uscita dell’essere umano dallo stato di minorità in
cui egli stesso è colpevole.
Minorità > incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro.
Kant non vuole parlare della minorità fisiologica perché è un difetto di intelligenza e quindi
non è colpa dell’individuo stesso, ma vuole parlare della minorità culturale quindi di quella
che dipende dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi della propria intelligenza
senza una guida.
Colui che è definito minorenne culturalmente, per Kant, è la persona che pur essendo dotata
di intelligenza e maggiore età, preferisce evitare di usare la propria intelligenza e lasciare che
un altro decida al suo posto e lo guidi. Quindi la minorità culturale non è un problema
fisiologico ma è un problema di carattere morale.
“Sapere aude!” è il motto dell’Illuminismo e significa “abbi il coraggio di usare la tua propria
intelligenza. 1
Dopo che le persone hanno raggiunto la maggiore età e quindi la natura li ha liberati
dall’altrui guida, rimangono volentieri minorenni culturalmente, perché sono pigri e hanno
mancanza di coraggio; perciò resta più facile ad altri diventare a loro tutori (a pagamento).
Ci sono degli esempi di saperi istituzionalizzati che creano questo stato di minorità:
1. “il libro che ha intelletto per me” > Kant non approva le persone che leggendo un
libro, lo prendono come verità assoluta, senza criticarlo o interrogarsi su quello che
hanno letto;
2. “il direttore spirituale che ha coscienza per me” > a quel tempo erano diffusi i
confessori personali ma per Kant, che era oltretutto protestante, la questione di
coscienza deve essere risolta dalla persona stessa e non da altre persone o perché il
confessore te lo dice;
3. “medico che fa la dieta per me” > con questo Kant intende il paziente che non si
domanda il perché della cura ma la fa semplicemente perché lo dice il medico.
Questi tre esempi rappresentano le persone minorenni culturalmente e fanno vedere come
le persone sono abituate a delegare commissioni ad altre persone.
La stragrande maggioranza degli esseri umani (soprattutto il genere femminile) ritiene che
il passaggio alla maggiorità è difficile e pericoloso; questo è detto anche dai tutori che li
sorvegliano e quindi li tengono lontani, scoraggiandoli, dal passaggio allo stato
maggioritario. Infatti, oltre a i precedenti detti saperi istituzionalizzati ci sono anche sistemi
istituzionali di tutela (tutori) che cercano di scoraggiare le persone ad uscire dalla minorità
dicendo che “pensare da sé è pericoloso”.
Fasi, svolte dai tutori, che fanno giungere alla minorità:
1 fase > istupidimento (processo di natura culturale) che consiste nel mettere a riparo le
persone da compiti difficili. Es. i genitori che tengono sempre in collo il bambino piccolo e
questo quindi non impara a camminare;
2 fase > fase in cui i tutori dicono che “pensare da sè è pericoloso”, descrivono alle persone
il pericolo che le minaccia qualora tentassero di pensare da sé, ragionare da sé; Es. i genitori
che oltre a tenere il bimbo in collo li dicono che se prova a camminare cade e si fa male:
questo pericolo non è così grande, poiché, con qualche caduta, essi alla fine imparerebbero
a camminare, ma un esempio di questo tipo rende tuttavia timorosi e, di solito, distoglie da
ogni ulteriore tentativo.
Per ogni individuo singolarmente preso, è difficile liberarsi dalla minorità divenutagli quasi
di natura (non è stupido di natura ma lo è diventato); ormai la ama quasi ed è anche
effettivamente incapace di servirsi della propria intelligenza, non essendogli mai stato
consentito di metterla alla prova.
Precetti e formule sono strumenti meccanici e razionali ma diventano che “catene” di una
permanente minorità quando le persone pensano che basta impararli, senza chiedersi poi il
“perché”. E anche chi si scrollasse di dosso questo giogo, farebbe solo un salto malsicuro,
non essendo abituato a muoversi così liberamente.
Quindi solo pochi ci riescono, lavorando sul proprio spirito. Se una persona sta in ambiente
che da minorità è scoraggiato ad uscirne; chi ci riesce e inizia a ragionare da sé però riesce a
farlo con difficoltà. (anche a causa della pigrizia e viltà).
Il “rischiaramento” individuale è difficile, mentre quello collettivo è più facile. Ma solo se a
questa collettività viene lasciata la libertà di farlo: libertà di parlare come studiosi davanti
ad un pubblico di lettori. (uso pubblico della ragione).
Kant scrive:
un pubblico che si rischiari da sé, è cosa più probabile, purchè li si lasci la libertà. Poiché, perfino fra
i tutori ufficiali della grande massa, ci sarà sempre qualche pensatore libero che, scrollatosi di dosso
il gioco della minorità, diffonderà lo spirito di una stima razionale del proprio valore e della
vocazione di ogni essere umano a pensare da sé.
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Fa riferimento ai tutori, ma chi sono? In Prussia sono gli ecclesiastici della religione di Stato
e tutte le figure che rappresentano un sapere istituzionalizzato > tutto ciò che è diventato
istituzione sociale e che ha l’appoggio del potere politico. Un ecclesiastico è colui che studia
le sacre scritture quindi sono studiosi e hanno gli strumenti per mettere in discussione quello
che sanno. Es. Lutero iniziò a dubitare della teologia della Chiesa cattolica romana quindi
era anche lui un tutore.
Nel momento in cui queste tesi di questi tutori circolano liberamente > è facile che si
diffondano tra il pubblico e questo pubblico segua queste nuove idee. (circolazione di idee)
Questi testi circolano grazie alla stampa e quindi arriva ad un pubblico più ampio nonostante
l’analfabetismo. Es. la riforma protestante di Lutero si diffonde grazie a questa nuova
mediazione nonostante il 5% delle persone alfabetizzate in tutta la Germania.
Stima razionale del proprio valore > si riprende il discorso del “tutore” che dice alla persona
di non fare cose difficili perché è pericoloso e non ci riuscirebbe. Poi arriva un tutore che
mette in discussione questa tesi e afferma che le persone non sono stupide e possono riuscire
a ragionare e pensare da sé. Questa tesi è portata avanti dagli illuministi.
- Anti illuministi > considera le persone stupide che non possono pensare da sé.
- Illuminismo > incentiva le persone a pensare da sé e li considera in grado di fare ciò.
Essere umano > “menche”.
Professione, vocazione > “beruf”; Weber raccontava come la parola “Beruf”, ovvero
professione, nasce in un contesto religioso ma viene poi spostata e usata in un contesto
economico (capitalismo). Lo stesso fa Kant con la parola “vocazione”:
Vocazione in senso religioso > chiamata personale che qualcuno riceve da parte della
Divinità. Rispondere alla vocazione però non è obbligatorio, rispondere è una scelta.
Kant usa questa parola per dire “autonomia della persona” ovvero la persona autonoma che
da leggi a sé stessa. Individua la vocazione di “pensare da sé” > l’autonomia di pensiero:
- non è qualcosa imposta dall’esterno;
- non può essere oggetto di calcolo (inizio a pensare da me perché ne ricavo qualcosa >
in questo caso non è una scelta dettata da me ma da qualcosa che mi dà un guadagno).
L’autonomia di pensiero è appunto una chiamata a ragionare e decidere da sé.
Quando qualche intellettuale inizia a parlare liberamente non obbliga gli altri a pensare da
sé ma: dice alla gente che non sono stupidi e possono ragionare liberamente e il suo stesso
atteggiamento di pensare e ragionare da sé fa sì che nelle persone si risvegli la vocazione a
pensare da sé (diffusione di una vocazione). Es. Lutero e la sua riforma protestante.
Quando le persone iniziano a pensare da sé ma in un ambiente che crea tutela e minorità,
che succede? I tutori cercano di mettere a tacere queste persone. Kant si sta riferendo ai
problemi che ha incontrato il dispotismo illuminato: quando i monarchi incontrano il
dispotismo illuminato cercano di migliorare la burocrazia e l’amministrazione ma il popolo
non lo accetta e crea difficoltà al re di fare queste riforme perciò il re utilizza la mano dura
mettendo a tacere le proteste e quindi si finis