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AGIRE CON GENEROSITÀ

L’AZIONE DONATIVA

SIMONE WEIL (1909-1943) “generosità e compassione sono inseparabili”. Aver cura è sempre dare TEMPO e poiché il tempo®è vita dare tempo è GENEROSITÀ.

Lavoro di cura risulta essenziale non solo per chi riceve cura ma anche per chi ha cura nel dedicare tempo ed energie alla®cura per gli altri si verifica un guadagno d’essere come conseguenza del sapere che quanto si fa procura beneficio all’altro.

GRATUITÀ l’aver cura per l’altro si concretizza nel produrre una forma di BENEFICIO = beneficium, dare qualcosa a un altro®senza cercare dall’altro nulla per sé.

Il dono del prendersi a cuore l’altro chiede qualcosa in cambio chiede all’altro di rispondere positivamente alle azioni di®cura.

Il guadagno dell’azione di cura sta nel pensare di aver fatto ciò che è necessario fare.

L’agire con cura

però è tale solo se avviene nella GIUSTA MISURA – giusta misura del tempo e delle energie da renderedisponibili.Il BENE richiede sempre misura. Non c’è allora opposizione fra etica della cura ed etica della giustizia, perché sia l’agire congiustizia sia l’agire con cura richiedono di trovare la giusta misura dell’esserci.

PULCINI “passione per l’altro” – nelle esperienze più intensive della cura si può parlare di passione per il bene dell’altro.

MURDOCH auspica per la filosofia morale un recupero dell’idea di bene come oggetto primario di attenzione.

SENZA PRETESE

JACQUES DERRIDA (1930-2004) sostiene che c’è il DONO quando un’azione non appare come dono né al donatore né al donatario. Definito un AGIRE DONATIVO perché al di fuori di ogni logica di scambio.Il DONO è qualcosa che qualcuno fa sentendosi chiamato a essere

responsivo rispetto a una necessità ontologicamente essenziale che si avverte nell'altro. Senza atti gratuiti la via non troverebbe modi di fiorire nelle sue possibilità. LÉVINAS solo nel dono c'è la possibilità che si generi un'autentica comunità - "necessario per la nascita di una comunità" - riconoscere l'altro e riconoscere l'altro significa donare. CAILLÉ (1944) preoccupato di stabilire gerarchie di importanza fra sociologi ed etnologi - invece l'impegno di disegnare una filosofia della cura ha come unica intenzione quella di comprendere la qualità dell'esperienza e cercare di evidenziare quegli atti che sono del più alto valore esistenziale. Centrale nella formulazione del dono l'idea che "la società debba essere concepita come una realtà di ordine simbolico, una totalità legata da simboli". Mentre la teoria

La cura mette al centro gli atti - gesti concreti che agiscono nell'esperienza. 14MUSS simboli e doni sono identici, il dono è inscrivibile nella logica circolare del dare-ricevere-ricambiare, dall'analisi delle pratiche di cura emerge che il dono è un gesto concreto che si compie tangibilmente e trova il suo senso compiuto nel fare qualcosa.

Nella cura il DONO rientra nella FENOMICITÀ della CONCRETEZZA - donare è un gesto che risponde a una necessità vitale.

UNA STRAORDINARIA ORDINARIETÀ

Dedicare TEMPO significa donare ciò che nella vita è essenziale il tempo appunto, perché la materia della vita è il tempo.

DONARE inteso come dedicare all'altro pensieri ed emozioni è l'essenza della cura.

ESSERE EFFICIENTI richiesto dall'imperativo dichiarato e tacito, cioè non perdere tempo.

LOST CARE un fare che smarrisce la pratica dell'aver cura

– tenere il tempo per sé non è un guadagno MA un consumo®entropico che non restituisce alcun guadagno di senso.
ARISTOTELE due differenti tipologie di BENI:
®- STRUMENTALI funzionali a qualcosa di altro
- BENI in sÉ si scelgono per sé stessi quindi hanno valore in sé
L’AGIRE DONATIVO della cura trova il suo senso in un PIACERE ETICO il piacere che viene dal sapere di fare ciò che è®essenziale fare. È un vissuto della coscienza che sembra essenziale esperire perché si possa trovare la forza vitale per farel’essenziale del necessario.
Chi agisce in modo donativo ragiona secondo una grammatica etica che disordina il modo ordinario di pensare, proprio perché nel donare non sente di fare qualcosa di eccezionale, ma semplicemente ciò che è necessario.
KANT pensava all’IMPERATIVO in etica – l’assenza dei pensieri che generano l’agire etico. MA è diverso

Dal senso di®IMPERATIVITÀ dell’etica della cura – per chi ha cura l’imperativo viene dall’altro che incontriamo, dal bisogno che sentiamonel suo sguardo e nelle sue parole di quel buono che è per la vita di ciascuno qualcosa di irrinunciabile.

LA NECESSITÀ VITALE DEL DONO

Ci sono momenti e situazioni della vita in cui l’atto donativo della cura è assolutamente necessario. Ricevere il dono di atti di cura fa sentire di avere valore ed è sentendo il proprio valore che si trova la forza di esserci consenso. Quando invece questo dono di attenzione è mancante, il senso di privazione di qualcosa di essenziale si patisce nelprofondo dell’anima.

Il buono può arrivare in ogni momento – non ha bisogno di molto, sta nel poco.

AVVICINARE L’ALTRO CON REVERENZA

RESPONSABILITÀ e GENEROSITÀ strutturano una buona cura se sono intimamente connesse alla capacità di avere rispetto

perl’altro – quel rispetto che è REVERENZA.AVERE RISPETTO consentire all’altro di esserci a partire da sé e secondo il suo modo di essere.®LÉVINAS “la collettività nella quale dico ‘tu’ o ‘noi’ non è un plurale di ‘io’” – necessità di salvare le differenze, di saper®vedere l’altro nel suo profilo originale per poi lasciare spazio alla sua alterità.INUMANITÀ accade ogni volta che all’altro viene negata la possibilità di esserci secondo il suo proprio desiderio.®L’ESSENZA DEL RISPETTORISPETTO si esprime nei GESTI e nelle PAROLE – si manifesta nell’avvicinare l’altro con delicatezza e nel sapere essere ospitali®della soggettività dell’altro. È OSPITALITÀ lasciare che l’essere dell’altro mi parli e che sporga sui modi del mio pensare.®VIOLENZA CONCRETA toglie

spazio vitale all'altro o che ferisce il suo corpo.

VIOLENZA INTANGIBILE quando con il mio linguaggio impedisco all'altro la sporgenza del suo essere sul mio pensiero che pretende di contenerlo dentro le mie teorie o dentro i miei schemi interpretativi.

AVERE RISPETTO per il CORPO dell'ALTRO esercitare la cura con una vicinanza partecipe ma allo stesso tempo discreta. Il modo d'esserci dell'incontro fra corpi con accoglienza e rispetto è simboleggiata dalla CAREZZA attestazione di una prossimità piena di premuta, che sa testimoniare un'attenzione sensibile all'altro senza nulla cercare e nulla pretendere.

Il difficile da parte di chi ha cura è tenere la relazione nella giusta misura fra il rispondere attivamente alla bisognosità dell'altro e l'agire senza diminuire la sua posizione di soggetto, la sua sfera di autonomia, la sua possibilità di fare da sé.

RELAZIONALITÀ

GENERATIVA quando chi-ha-cura è capace di un'apertura all'altro libera da modi di appropriazione dei suoi spazi esperienziali e da quelle forme di intrusività che arrivano a spodestare l'altro di quella responsabilità di sé che gli/le appartiene intimamente. RELAZIONE di RISPETTO ha bisogno anche della capacità da parte di chi-ha-cura di sottrarsi all'eventuale tendenza ad annullare la propria identità nell'altro attraverso una disponibilità smisurata, che in quanto tale non è giusta. Buona azione di cura capace di fecondare l'essere dell'altro ha necessità in primis del rispetto per sé. EQUILIBRIO si concretizza nel sapere stabilire la giusta distanza o la giusta vicinanza. RISPETTO è operazione del PENSARE operazione che consiste nel non assimilare la singolarità dell'altro dentro concettualizzazioni generali in cui la sua unicità diventain cui si nega la specificità e l'autonomia dell'altro. Questo atteggiamento impedisce una vera relazione di cura, in cui si riconosce e si rispetta l'unicità dell'altro. L'etica di Lévinas si basa sulla relazione "faccia a faccia", in cui si cerca di mantenere la differenza dell'altro. Questo può essere difficile, poiché spesso ci affidiamo a conoscenze generali e non dedichiamo tempo ed energia a comprendere l'essenza individuale dell'altro. Tuttavia, è importante cercare di conoscere l'altro in modo personalizzato e modulare il nostro agire di conseguenza. Se non si cerca di incontrare l'altro nella sua singolarità, non si può avere una vera cura, poiché si nega la sua alterità. La relazione di cura implica un'interazione autentica tra le persone, in cui si riconosce e si rispetta la diversità dell'altro.

cioè un togliere all'altro quello che è suo proprio. Prima forma di rispetto si realizza in quel PENSARE al SINGOLARE. Per interpretare la declinazione del rispetto come accoglienza dell'altro nella sua singolarità si dovrebbe riuscire a pensare l'altro a partire dall'idea di infinito – cioè concepire l'altro e tenerlo trascendente, salvaguardarlo dall'essere afferrato dentro i propri dispositivi epistemici. Pensare l'altro a partire dall'idea di infinito significa prendere atto del limite di ogni conoscenza e quindi dell'obbligo a pensare sempre daccapo, evitando di intrappolare il processo di comprensione dell'altro nelle maglie omogeneizzanti delle teorie già date.

LA RADICE DEL RISPETTO

Alla radice della CAPACITÀ di AVERE RISPETTO c'è l'idea dell'altro come ente intrinsecamente di valore con il sentire l'imperativo della "inviolabilità".

dell'altro che obbliga al massimo rispetto. L'altro come avente valore. Sentire

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Publisher
A.A. 2021-2022
21 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Marydf00 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia morale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Grion Luca.