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I VARI MODELLI COMUNICATIVI:

A. Modello comunicativo standard: comunicare = trasmettere un messaggio ad altri

  • Concetto unilaterale: il messaggio deve arrivare dal mittente al destinatario ed essere da egli compreso.
  • Importante è il TRASPORTO di questo messaggio, attraverso l'attivazione di un CANALE e l'uso di un CODICE (la lingua), tenendo in considerazione il CONTESTO in cui avviene la comunicazione.
  • Si rifà al paradigma utilitaristico; contano l'efficacia (che a volte si scontra con la morale) e i numeri che porta (es. pubblicità, politica...)

B. Modello relazionale; Comunicazione come spazio comune: comunicare = creare uno spazio comune tra due interlocutori

  • Non più solo "informare" ma anche "condividere"; non c'è più la distinzione tra mittente e destinatario ma simultaneità tra interlocutori.
  • Si rifà al paradigma del contrattualismo: dà peso al
dialogo e ai contenuti di esso
  • Approccio deontologico:
    • Impone dei limiti precisi nelle attività che compiamo, che non possono essere imposti dall'esterno ma autoregolamentati ed autoimposti da ognuno di noi
    • La critica a questo modello è che questi limiti autoimposti (o codici di autoregolamentazione) non possono essere definiti universali (ognuno crea i propri per la propria categoria lavorativa)
    • Ci sono casi in cui CONTROLLATO (chi compie l'azione, il professionista in questione) e CONTROLLORE (colui che pone i codici) coincidono; in questi casi entra in gioco il concetto di responsabilità.
  • Responsabilità: dal verbo "rispondere"; diversi significati:
    • Rispondere PER qualcuno o qualcosa (es. rispondere per gli atti fatti da qualcuno, nel rapporto genitore-figlio)
    • Rispondere A qualcuno o qualcosa: legato al modello relazionale; domanda e risposta; instaurazione di un
  • rapporto; io rispondo a chi mi chiama in causa ( )
    • Rispondere DI qualcuno o qualcosa: nel momento in cui veniamo “giudicati” per le nostre azioni; non replico a un’iniziativa altrui, ma sono io che mi faccio carico di un potere esercitato nei confronti di qualcuno o qualcosa
    Quattro prospettive differenti per Aristotele:
    1. “Ciò di cui” qualcosa è fatto
    2. Ciò che propriamente lo contraddistingue per quello che è
    3. Ciò che ne determina il movimento o la quiete in virtù di un impulso antecedente;
    4. “Ciò per cui” qualcosa è, “ciò verso cui” è orientato
    Delle quattro prospettive quella considerata migliore in età moderna è la “causa efficiente”: qualcosa crea effetti su qualcos’altro.
    Uno dei suoi sostenitori è Hans Jonas: dice che siamo responsabili nella misura in cui siamo in grado di dare avvio a un processo, nella misura in

    cui siamo liberi di farlo(legame tra libertà e responsabilità). Quindi io non sono responsabile sono dell’avvio di questo processo ma anche di ciò che ne consegue. Solo quando io, prima di fare una scelta, sono consapevole della mia libertà di compierla e delle sue conseguenze, posso comprendere ed esercitare a fondo la mia responsabilità morale. In questo frangente, io accetto liberamente di rispondere a *qualcosa che non dipende da me; rispondo quindi a qualcun altro o alle sue azioni ( ).

    II. ETICA DELLA COMUNICAZIONE PROPRIAMENTE DETTA:

    • Non basta far riferimento alla nozione di “responsabilità” per definire il concetto di etica della comunicazione, perché chi agisce in maniera responsabile deve avere inizialmente un’idea chiara di cosa sia “buono”. Bisogna quindi prima definire quali siano i modelli di comunicazione efficace.
    • Quest’etica, partendo dall’approccio deontologico, cerca
    di una società democratica un fondamento etico che consenta una comunicazione libera e responsabile. Per fare ciò, propongono l'etica del discorso e l'etica della comunicazione come strumenti per analizzare e valutare le pratiche comunicative. L'etica del discorso si basa sull'idea che la comunicazione debba essere basata su norme di razionalità e reciprocità. Questo significa che le persone coinvolte nel discorso devono essere in grado di argomentare in modo razionale e di ascoltare gli altri in modo aperto e rispettoso. L'etica della comunicazione, invece, si concentra sulle condizioni sociali e istituzionali che favoriscono una comunicazione libera e responsabile. Questo implica la creazione di spazi pubblici in cui le persone possano esprimere le proprie opinioni senza timore di repressione o censura. Entrambe le teorie si basano sull'idea che la comunicazione sia un processo fondamentale per la costruzione di una società democratica e che debba essere guidata da principi etici. In conclusione, l'etica nella comunicazione cerca di fornire un quadro teorico e pratico per promuovere una comunicazione libera, responsabile e etica all'interno della società.dell'ambito comunicativo i criteri e principi etici che pretendono di avere una validità universale, ovvero trovare quelle regole, quei principi di validità universale che assumono l'aspetto di obbligo morale. Apel: Sostiene che, essendo tutti comunicatori, siamo tutti membri di una comunità della comunicazione nella quale mettiamo in opera tre principi: 1. Giustizia: uguale diritto per tutti i partner di impiegare ogni atto linguistico che possa servire ad articolare ciò che stanno dicendo per ottenere il consenso degli altri interlocutori; 2. Solidarietà: riguarda il reciproco appoggio e dipendenza, da tutti i membri, nell'intento comune di trovare la soluzione a un problema; 3. Co-responsabilità: vincola i partner della comunicazione a sforzarsi per aiutare a risolvere il problema; Questi tre principi perché, secondo Apel, ognuno di noi è agente morale. Habermas: Distingue due tipi di agire: ▪ Comunicativo: aspirazionealla realizzazione di un'intesa comunicativa tramite il linguaggio. ▪ Strategico: mira ad affermare la propria tesi (es. politico) Secondo lui vige il principio di universalizzazione, secondo cui ogni norma di comunicazione avrà delle conseguenze negative (non condivisibili da qualcuno che la pensa diversamente), per le quali non devono comunque nascere conflitti tra gli interlocutori. A questo principio si collega l'etica del discorso, secondo cui bisognerebbe trovare il consenso di tutti gli interessati; questo solo se tutti i partecipanti partecipano ad un discorso pratico, cercando quindi di trovare un punto di accordo su quale sia la norma più valida. Entrambi questi autori ricevono critiche perché non danno una risposta al senso del nostro agire morale (il perché del nostro voler essere buoni) ma ci forniscono solo deboli giustificazioni al riguardo. Si presenta quindi il problema di come realizzare effettivamente i principi delineati da entrambi edel

    perché sia corretto seguirli. Che cosa significa "comunicare bene"? 5 risposte; 5 MODELLI DI ETICA DELLA COMUNICAZIONE:

    1. ETICA CHE MUOVE DA UNA PRECISA CONCEZIONE DI UOMO; COLLEGAMENTO PRIVILEGIATO ALLA "NATURA" DELL'ESSERE UMANO
    2. DIMENSIONE DIALOGICA; IL DIALOGO QUALE MODELLO ETICO DI COMUNICAZIONE: dà importanza alla relazione tra i dialoganti; mette in luce le caratteristiche di un buono e autentico spazio comunicativo (quando davvero ci mettiamo in gioco nel dialogo, come negli autentici rapporti d'amicizia)
    3. MODELLO DELL'AUDIENCE; PARADIGMA RETORICO DEL RIFERIMENTO ALL'AUDIENCE: si preoccupa principalmente del destinatario e delle sue esigenze, cercando di raggiungere il maggior numero di persone (utilitarismo); è importante per questo conoscere, dal punto di vista razionale ed emotivo, il target di gente al quale voglio arrivare.

    Per capire come far arrivare il mio messaggio più efficacemente, è

    Necessario mettersi nei panni dell'interlocutore, cercando di evitare incomprensioni: il messaggio va per questo semplificato, ovvero ripulito dagli ostacoli che potrebbero causare il fraintendimento. Quando però il messaggio diviene troppo semplice e si ha una banalizzazione del linguaggio, significa che al mittente non interessa tanto come il messaggio arriva, piuttosto a quanta gente arriva; rischio della "dittatura dell'audience". Per poter capire se è stato preso a cuore l'interlocutore e si ha fatto un uso buono o meno degli strumenti usati per trasmettere il messaggio, bisogna capire innanzitutto se l'intento iniziale era buono o scorretto, subordinandoli all'etica.

    IV. CRITERIO DELL'UTILITÀ: mette l'ottenimento del consenso al centro. Bernard de Mandeville scrive "La favola delle api", una contrapposizione frontale rispetto all'etica delle virtù: ci sono due alveari, uno in cui le api

    vivono in armonia ma non generano ricchezza e vanno in malora; un altro florido e ricco, abitato però da api egoiste, viziose e presuntuose. Rappresenta ciò che da un punto di vista dei singoli può risultare egoista ma da un punto di vista collettivo è ricchezza. Seguendo questo egoismo individuale, la comunicazione diventa strumento per ottenere il miglior risultato possibile (sia individuale che collettivo). V. PRINCIPIO DELLA COMUNITÀ DELLA COMUNICAZIONE: dà importanza alla dimensione comunitaria e al dialogo che si sviluppa al suo interno; cerca ciò che rende possibile il crearsi di una comunità di parlanti, delle regole comunicative condivisibili da tutti. Si rifà al pensiero di Apel e Habermas. Non c'è comunicazione senza una forma di fiducia (anche nella comunicazione ingannevole); se non c'è comunicazione è unidirezionale. Valore etico della parola: non riusciamo a rapportarci e controllare una

    realtà (una cosa) senza prima averle dato un nome. Il modo in cui chiamiamo una cosa non comporta solo un suo etichettamento ma anche un cambiare la natura di quella cosa (“quelli sul barcone” non è come dire “migranti”). Quando la parola diventa pubblica necessità di responsabilità.

    VERITÀ → la parola dice come stanno le cose; la parola riflette la realtà delle cose, implica la corrispondenza tra parola e realtà

    VERIDICITÀ → sincerità, trasparenza nel parlare; rapporto tra parola e credenza di chi la dice

    OBIETTIVITÀ → ideale regolativo e di giustizia per descrivere in modo oggettivo la realtà

    ONESTÀ

    NEUTRALITÀ → non prendere parte rispetto a due posizioni in conflitto

    IMPARZIALITÀ → ritenere indifferenti le varie posizioni; nel dizionario è sinonimo di obiettività

    La vita è implicitamente e

    Dettagli
    A.A. 2019-2020
    11 pagine
    SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

    I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giadadadasalvador di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Etica della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Grion Luca.