vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Veniva mostrato un barattolo per conserve vuoto; dall’alto di uno schermo due insiemi di punti
andava a cadere sul barattolo posto in posizione verticale. I due insiemi di punti non comparivano
mai simultaneamente ma si seguivano immediatamente nel tempo. Dopo alla destra del barattolo
compariva un altro insieme di punti. I partecipanti dovevano indicare se si avevano più punti
dentro o fuori dal barattolo. Tutti i gruppi ottennero una buona prestazione. Detto ciò, possiamo
affermare che i Mundurucuru non hanno difficoltà ad addizionare e a confrontare quantità
approssimative, anzi posseggono la stessa precisione del gruppo di controllo occidentale. Ciò
dimostra che una competenza numerica sofisticata può esistere, benché approssimativa, anche in
assenza di un lessico numerico altamente sviluppato.
I Mundurucuru, non praticano il conteggio (così come i bambini). Quando gli elementi vengono
aggiunti uno per uno e il totale viene nascosto essi, non dovrebbero più essere capaci d’accedere a
questa numerosità se è maggiore di 4. Pica e colleghi utilizzarono un test: si mostravano due
barattoli; un primo insieme di punti veniva fatto cadere nel barattolo di destra, e un secondo
insieme di punti nel barattolo di sinistra. I punti venivano fatti apparire sia simultaneamente
(prestazione simultanea), sia mentre cadevano ad uno ad uno nel barattolo (prestazione
sequenziale). I dati interessavano 47 soggetti suddivisi in 5 gruppi. L’analisi rivelò un effetto del
tipo di prestazione: 78% di risposte corrette per gli stimoli presentati simultaneamente, 68% di
risposte corrette per gli stimoli sequenziali. Quindi, i bambini così come i Mundurucuru utilizzano
delle rappresentazione differenti a seconda se gli insiemi vengono presentanti in maniera
sequenziale o simultanea. Ma l’effetto è differente nei due casi perché: nei bambini si può
tradurre nell’impossibilità di passare da una rappresentazione all’altra, nei Mundurucuru l’effetto
osservato riflette diversi livelli di precisione delle rappresentazioni numeriche per degli insiemi
presentati simultaneamente o sequenzialmente.
L’ipotesi di un “senso del numero approssimativo” sostiene, infatti, che in assenza di simboli
parlati o scritti, un numero non può essere rappresentato che approssimativamente, con una
incertezza interna che aumenta con l’aumentare del numero (legge di Weber): dopo i numeri 3 o
4, questo sistema non è più in grado di distinguere, se non in maniera debole, un numero esatto n
dal suo successore n+1.Per testare quest’ultima ipotesi, gli studiosi hanno utilizzato un compito di
sottrazione esatta. All’inizio del test, veniva mostrato un barattolo vuoto: quindi alcuni punti
cadevano dall’alto dello schermo dentro il barattolo e dopo un certo lasso di tempo qualche punto
cadeva dal barattolo in fondo lo schermo. I partecipanti dovevano rispondere indicando il risultato
corretto. I risultati mostrarono come le prestazioni fossero leggermente migliori nei gruppi
bilingue e istruiti. Comunque, il fallimento dei Mundurucuru nel compito di sottrazione esatta, non
era dovuto ad una bassa istruzione, visto che, al contrario i Mundurucuru ebbero delle ottime
prestazioni quando la numerosità era inferiore a 4. Il loro successo con i numeri piccoli riflette
l’impiego di un codice preverbale o di un sistema d’individuazione parallelo degli oggetti, uguale a
quello che viene utilizzato dai bambini e dalle scimmie. Riassumendo: nelle culture occidentali è
stata avanzata l’ipotesi che i concetti nuovi compaiono nel momento in cui i bambini imparano ad
utilizzare il lessico numerico; i Mundurucuru quando vengono sottoposti a dei compiti aritmetici
che richiedono risultati esatti, continuano a dare risposte approssimative. L’ipotesi di un “senso
del numero” (un insieme di circuiti cerebrali che ci permettono di comprendere ciò che è il
cardinale di un insieme di oggetti) è compatibile con il modello di spiegazione chomskyano,
secondo cui le competenze cognitive umane poggiano su dei sistemi specializzati innati. La
capacità combinatoria del linguaggio infatti, gioca un ruolo fondamentale nell’emergere
dell’aritmetica. Tuttavia, questo legame tra linguaggio e calcolo esatto è certamente meno
fondamentale di quanto pensi Chomsky. Come abbiamo visto, senza il conteggio i Mundurucuru
sono capaci, utilizzando altre strategie, di distinguere grandi numerosità.
I risultati ottenuti contraddicono la conclusione di Gordon secondo il quale i concetti numerici dei
Pirahἆ (popolo della foresta amazzonica brasiliana la cui lingua è quasi sprovvista di nomi di
numeri) sono “incommensurabili” ai nostri.
4.Numeri e cervello
4.1 La cognizione numerica degli adulti
Ci si può chiedere: cosa succede ad un adulto occidentale quando gli vengono mostrati stimoli
identici a quelli mostrati ai bambini ed agli animali? I compiti di confronto sono stati al centro degli
studi di neuropsicologia negli anni 80 e 90, fornendo dettagliate informazioni sulla struttura delle
rappresentazioni della numerosità da parte degli adulti. Un primo tentativo in tal senso è stato
compiuto nel 1974. In questo studio si chiesero a degli adulti di confrontare diversi gruppi di punti.
In qualsiasi modo venivano presentati gli stimoli, gli autori evidenziavano due errori: il tasso
d’errore aumentava quando la distanza tra le numerosità dei due insieme diminuiva (effetto
distanza) e continuava ad aumentare, quando le numerosità da confrontare erano minime
(effetto grandezze). Lo stesso risultato veniva raggiunto, qualche anno dopo, anche in questo caso
si notarono gli effetti della legge di Weber. In uno studio del 1977 venne formulata la seguente
legge matematica: E= aNk, in cui E sta per la stima da parte dei soggetti ed N il numero di elementi
dello stimolo.
A seguito di questi vari studi, si possono considerare due tipi di soggetti quelli che sopra-stimano
e quelli che sotto-stimano. La tendenza alla sotto-stima è modulata nel corso dell’esperimento: gli
stimoli sono sempre più sottostimati via via che i soggetti si abituano al compito. Per spiegare ciò
consideriamo alcune spiegazioni. La prima fa appello ad un principio generale, secondo cui la
risposta ad un compito, tende ad essere deviata nella direzione della risposta del compito
precedente. Ancora, i soggetti hanno, in generale, la tendenza ad evitare di produrre in
successione due risposte troppo differenti.
Si tende, inoltre, a giudicare che un gruppo contiene più elementi quando questi sono
regolarmente distribuiti nello spazio: più i punti sono vicini, più la numerosità dei gruppi è
sottostimata. Gli stimoli sono sopra-stimati se i punti compaiono in maniera regolare nello spazio e
nel tempo, essi risultano al contrario, sotto-stimati se formano degli ingranaggi (amalgami) spazio-
temporali (Allik e Tuulmets). Questi esperimenti, suggeriscono che il meccanismo di stima delle
numerosità degli adulti dipenda dagli stessi parametri riscontrati negli animali e nei bambini. Il
sistema approssimativo è, quindi, utilizzato anche dagli adulti occidentali per risolvere problemi
aritmetici come l’addizione e la sottrazione. In un esperimento, Sara Cordes domandava ai suoi
soggetti di stimare una somma o una differenza a partire da due sequenze di flash e di esprimere il
risultato sotto forma di una serie di appoggi, il tutto naturalmente senza contare. Sembra che gli
adulti estraggano informazioni riguardanti la numerosità dagli stimoli non simbolici (presentano le
stesse caratteristiche riscontrate nei bambini e negli animali ad esempio, la sensibilità al
quoziente). Ciò suggerisce che questo sistema, ereditato dal mondo animale, sviluppato nei
primi mesi di vita, continua ad essere utilizzato nell’età adulta.
4.2.Modelli cognitivi e patologie del calcolo
La perdita delle capacità di eseguire compiti di calcolo, derivante da una patologia cerebrale è nota
come “Acalculia” o “Discalculia acquisita”. Storicamente, prima dei recenti sviluppi della
neuropsicologia cognitiva, si potevano trovare in letteratura numerose citazioni riguardanti
disturbi del calcolo, anche se, molti di questi casi, sono stati interpretati come conseguenze di
deficit delle facoltà del linguaggio (afasia). Il primo rapporto dettagliato di un paziente sofferente
di disturbi del calcolo si ebbe nel 1908. Il paziente aveva difficoltà nella lettura dei simboli
aritmetici, nonostante sapesse ancora svolgere correttamente delle operazioni aritmetiche. Il
primo a proporre il termine acalculia fu Henschen, definendola come deficit specifico,
indipendente da altri tipi di disordini, anche se questa denominazione stava ad indicare qualsiasi
tipo di compromissione nell’uso dei numeri. Berger riprese tale concetto distinguendo due tipi di
acalculia:
Acalculia primaria o “pura”, corrispondeva alla perdita di concetti numerici ed
all’incapacità di capire o eseguire operazioni aritmetiche.
Acalculia secondaria, invece, si riferiva all’imperfezione del calcolo derivante da altri deficit
cognitivi (ad esempio, memoria, linguaggio…). Tra gli studiosi vi era accordo generale che i
disturbi di calcolo potessero essere associati ad altri deficit cognitivi come, ad esempio,
afasia, alessia e disgrafia.
Alexander Luria nel 1976 distinse tra acalculia ottica, acalculia frontale e acalculia primaria,
mettendo in rilievo che i disturbi del calcolo derivassero da diverse patologie cerebrali.
Sulla base di uno studio condotto su 183 pazienti, Greary distinse tre principali tipi di deficit
legati al calcolo:
1. Dislessia e disgrafia per i numeri (causerebbe evidentemente problemi di calcolo);
2. Acalculia spaziale (deficit di organizzazione spaziale in cui le regole per sistemare le
cifre scritte risultavano disorganizzate);
3. Anaritmetica o acalculia primaria (deficit fondamentale della capacità di calcolo quindi
incapacità nella comprensione delle quantità, difficoltà nell’uso delle regole sintattiche
del calcolo, deficit nella comprensione dei simboli aritmetici).
Il Disturbo Specifico del Calcolo (o Discalculia), secondo il DSM-IV, si manifesta quando un
bambino ottiene scarsi risultati ad un test standardizzato di matematica. È stato stimato che circa
il 6% della popolazione scolastica abbia qualche difficoltà in matematica e che circa il 70% di essi
sia costituito da maschi. Tuttavia le ricerche condotte, sino ad oggi, non hanno fornito una
modalità condivisa per analizzare le tipologie e le cause delle difficoltà connesse ai disturbi. I
disturbi delle abilità matematiche sono presenti raramente in forma pura. Cohn ha definito la
discalculia come un ritardo nell’acquisizione delle capacità num