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IL CICLO DEL RE
LA CHANSON DE ROLAND:
Ovviamente il re in questione sarà Carlo Magno, zio di Rolando (la leggenda narra che però sia il
figlio avuto dal rapporto incestuoso con la sorella). Si canta del ritorno in patria da parte di Carlo
Magno dopo una sconfitta subita da parte dei saraceni che avevano attaccato la sua retroguardia
ed ucciso Rolando. La canzone parte da un evento storico accertato (La Battaglia di Roncisvalle
dell’778). Gano (patrigno di Rolando e cognato di Carlo) rappresenta Giuda perché fu colui che
fece uccidere Rolando tradendo il re, mentre Carlo ha una funzione sacramentale e sacerdotale,
ha infatti 200 anni ed è aiutato da Dio che “blocca il sole” per un giorno dandogli la possibilità di
vendicarsi e ciò rappresenterà il trionfo della Cristianità. Rolando orgoglioso resisterà fino all’ultimo
ai Saraceni e non suonò l’olifante, per questo la sua morte risultò eroica. I temi amorosi sono
assenti eccetto nel punto in cui Alda muore di dolore, poiché in punto di morte l’amato Rolando
volgerà un commovente addio alla sua spada (Durlindana) e non a lei.
Altre canzoni del ciclo del re:
- Berte au grand pie ( Rinvenutaci anche in versione italiana Berta da li piè grandi) Berta è la
madre di Carlo che dopo il matrimonio viene sostituita da una falsa Berta, dopo anni però
l’arcano si risolve e la vera Berta concepirà con Carlo Martello, Carlo Magno.
- Mainet ( qui Carlo da straccione attraversa tutte e tre le funzioni dumeliziane di ricchezza e
nutrimento ( funzione 1), forza in battaglia (funzione 2) e sapienza ( funzione 3).
IL CICLO DEI NARBONESI
Qui troviamo
Girart de Vienne, Aymeri di Narbonne, Moniage ma la più importante è:
LA CHANSON DE GUILLAME:
Somiglia molto alla precedente ma qui i personaggi sono Aymeri (re di Narbonne) e suo figlio
Guglielmo ( il secondo di sette figli).
Le canzoni di questo gruppo sono 24 e copriranno 6 generazioni. La più importante è dunque la
Chanson de Guillaume in cui Vivien morirà allo stesso modo di Rolando, ovvero ucciso
brutalmente dai baschi, ma a questo punto la tradizione si interrompe e avremo due versioni che
chiameremo G1 e G2.
Nella G2 Non siamo più a Barcellona ma ad Orange, Vivien non muore e Guglielmo attraverso
l’acqua santa lo salverà, inoltre grazie ad un’armatura cucitagli ad oc dalla moglie, riuscirà a
vincere sui saraceni.
LA LETTERATURA DI CORTE
(L’origine)
L’amore cortese sorge al sud della Francia, ove risuonano i canti in volgare, presso la corte di
Guglielmo IX che è lui stesso poeta. Probabilmente nasce per glorificare la casata dei
Plantageneti, quindi come disegno politico. Essa ha origine da due materie preponderanti a
quel tempo: la materia arturiana e quella classica.
La materia arturiana prende corpo dall’Historia regum Britanniae di Goffredo di Monmouth e da
Wace (autore anglo-normanno) che scrive il Brut e che scrive di un tale Myrridin riprendendo
l’Ambrosius goffrediano creandone l’immagine di Merlino. Essi furono i primi a destare interesse
verso la materia arturiana. Wace è famoso per aver inventato la Tavola Rotonda, con la quale
designa un rapporto tra Artù e i suoi cavalieri, come un rapporto di primus inter pares.
La materia classica invece trae origine chiaramente dai romanzi antichi:
Le roman d’Eneas o le roman de Troie ad esempio in cui l’amore cortese viene estratto in quelle
coppie che sono dilaniate dalla politica ( Achille-Partenope) o in cui addirittura l’avventura con
Didone ( ne Le Roman d’Enea) rappresenta la crisi politica, la decadenza nella lussuria. Enea
deve trovare una nuova donna con cui costruire un nuovo regno.
Ma la prima testimonianza di materia antica appare nel 1130 con Alexandre di Alexandre de
Picancon.
Il tema centrale è Alessandro Magno che però non viene dipinto come re ( come accadeva per
Carlo Magno) ma come un vero e proprio eroe che combatte in mondi magici ( sfondi orientali
come Persia, Egitto…) e che sfida il fato ai confini dell’universo.
Alexandre de Bernay decise di raccogliere, rimaneggiare e ordinare cronologicamente tutto il
materiale pervenutogli su questo personaggio, sicché crea l’opera “Le Roman d’Alexandre” che
divide in 4 parti partendo da les enfances e arrivando alla morte e alla costruzione del mausoleo
ad Alessandria d’Egitto.
LA LEGGENDA DI TRISTANO E ISOTTA
Leggermente posteriore a quegli anni è la materia tristaniana. Difatti, la leggenda era già famosa
nell’ambito celtico. Nelle Triadi Gallesi appare un tale Drystan o Trystan, lo sfondo celtico è la
Cornovaglia e la Bretagna Francese.
Molti scrissero di questa coppia, ma i maggiori poemi a noi giunti sono:
Tristan di Thomas (1550 c.ca)
Tristan di Beroul (1160-70).
La differenza tra le due versioni si palesa innanzitutto nello stile:
In Thomas avremo un’attenzione volta all’appassionato incontro tra gli amanti, al tono languido e
lamentoso, ai commenti filosofici - caratterizzarti dalla presenza del narratore che inserisce i propri
pensieri circa la concezione del mondo e dell’uomo. Per Thomas l’essere umano è eternamente
instabile ed incontentabile. Qui il filtro d’amore durerà in eterno e alla fine ci sarà Isotta che in una
visione delirante vedrà lei e Tristano inghiottiti da un enorme pesce.
Il tono angoscioso verrà spazzato via da Beroul che nella sua versione lascia ampio spazio
all’azione ed ai personaggi. L’autore si firma due volte per rivendicare la paternità dell’estoire e per
distinguersi dagli altri contor. Beroul volge la sua attenzione al tema amoroso, si scaglia sempre
contro i nemici che sono rappresentati dai baroni. E’ importante sottolineare come la dimensione
politica si intrecci con quella amorosa come per esempio il fatto stesso che i baroni cerchino di
distogliere Re Marco è indice dell’invida che essi nutrivano per Tristano, così facendo il re sarebbe
rimasto senza il suo cavaliere più valoroso e si sarebbe difatti indebolito. Nella scena
“L’appuntamento spiato” troviamo il re che spia un incontro tra i due amanti, ma Isotta riesce a
captare il messaggio ed inscena un monologo contro Tristano dimostrando di essere coraggiosa.
Un’altra scena da segnalare è “La sorpresa”: qui il Re va nella foresta e si imbatte nei corpi
dormienti degli amanti. Questa scena è ricca di elementi simbolici, poiché i corpi sono separati
dalla spada ( che Re Marco aveva regalato a suo nipote Tristano), Isotta aveva al dito l’anello che
il re le regalò come segno del suo amore per lei ed infine il Re alla vista di quella scena scende da
cavallo, si riprende la spada e l’anello e coprirà il viso della bella Isotta con i suoi guanti, come a
proteggerla dai raggi del sole.
In questa versione il filtro d’amore dura tre anni e allo scadere dell’effetto i due amanti si trovano
nella foresta a voler ritornare agli agi di corte per questo si parla di “patto” tra civilizzazione e
barbarie.
Nell’ultima scena del “Giuramento ambiguo” Isotta dovrà giurare la sua fedeltà a Re Marco
dinnanzi la corte di Artù, per farlo dovrà attraversare un fiume ed uno straccione si offrirà di
portarla in groppa. Si scoprirà essere Trsitano travestito, così quando lei giurerà di non essere mai
stata toccata da nessuno, all’infuori di re Marco e di “questo pezzente” la sua parole risulterà
intrisa di verità.
Le altre opere su Trsitano e Isotta sono:
Le FOLIE TRISTAN di Berna e di Oxford:
Le versioni prendono il nome dal luogo in cui si conservano i ms, sono anonime e caratterizzate da
un’atmosfera preziosa e rarefatta. La versione di Berna si concentra maggiormente sul
personaggio di Tristano.
Il “Chievrefoil” di Maria di Francia. E’ uno dei 12 lai, nel quale l’argomento si squarcia
direttamente nella scena in cui Isotta sta attraversando la foresta di Morrois e si imbatte in una
bacchetta di nocciolo, qui in runico vi era incisa l’iniziale del suo amato così capisce e si fa lasciare
sola. In quel momento arriva Tristano, finisce così quasi a voler anche presagire un lieto fine, se
vogliamo.
La carica simbolica del nocciolo indica la sua unione con il caprifoglio dal quale morirà una volta
staccato, essi sono fatti per stare insieme così come gli amanti.
CHRETIEN DE TROYES
Anche lui scrisse di re Marco e Isotta la bionda ma il suo testo è andato perduto. Inseriamo questo
autore oltre che nella materia tristaniana anche e soprattutto nella materia arturiana. E’ un cantore
strettamente legato alla corte dei Plantageneti, difatti dedicherà “Le chevalier de la charrette” a
Maria di Champagne e “Le cont du Graal” a Filippo conte di Fiandra. La sua arte fu quella di
trasporre la dimensione cronachista di Wace ad esempio in una dimensione più originale.
- Erec et Enide:
In questo testo troviamo due usanze: quella del cervo bianco e quella dello sparviero, (la prima
legata al mondo arturiano, la seconda di tradizione celtica).
Secondo la prima l’uccisore del cervo bianco poteva scegliere a piacimento una dama da
proclamare come “la più bella”, secondo la seconda usanza invece lo sparviero verrà offerto alla
dama e chi vorrà rivendicarlo dovrò sfidarsi a duello. Proprio Erec si riprende con coraggio lo
sparviero strappatogli dal cavaliere che lo aveva umiliato il giorno prima e rivendicatosi lo offre ad
Enide. I due si promettono amore eterno e seguirono così 15 giorni di festeggiamenti sin quando
non sarà la stessa Enide a ricordare ad Erec i suoi doveri di cavaliere passando dunque
dall’essere moglie ad amie rompendo il silenzio che Erec le aveva imposto. Nella scena con il
conte Caloin finge di compiacerlo per salvare la vita al suo amato e così passa dall’essere timida
ad astuta e fredda. Nell’ultima scena “La gioia della corte” Erec vince il duello con Maboagrain
graziandolo e sottraendolo dall’incantesimo della dama del giardino. Nella scena finale Erec viene
incoronato da quattro fate: aritmetica, geometria, musica e astronomia. In quest’opera si evince
l’autorità patriarcale e maritale ( Enide passa dal padre - valvassore povero - al marito, entrambi la
tengono lontana dallo zio materno che - ricco - avrebbe potuto renderla più potente).
Ci sono accenni alla materia trsitaniana nel vs 424.
- Cligès:
E’ l’opera più costruita di CdT appartenente al 1176, è una risposta al mito tristaniano di Thomas,
ne riprende il motivo del filtro. Fen