vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Tornando al cinema, possiamo dire che questo sia strettamente connesso all’eccitazione dei sensi,
non a caso il cinema delle origini fu chiamato “cinema delle attrazioni”, ma ciò poi venne esteso
anche al cinema successivo. Questa folla di stimoli ci restituisce il senso di una società
caratterizzata dall’intensificazione della vita nervosa, dove percepire significa esporsi a degli shock
ma anche inevitabilmente cercare un riparo da essi. Il cinema fa entrambe le cose: da un lato
eccita il pubblico destabilizzandolo, ma non lo fa mai in modo tale che lo spettatore si senta
completamente perduto. Uno sguardo eccitato ma anche riparatore.
5.2 Correre contro il tempo
Un tratto significativo dell’Otto e poi del Novecento è la velocità, l’ebbrezza che questa comporta e
le sue mille facce. Un esempio è la scena finale dell’inseguimento della locomotiva del treno da
parte dell’automobile nel film “Intolerance” di Griffith. Si fa testimone della “Modern Story”, le storie
che si muovono a passo di carica, dove ci sono questi inseguimenti adrenalinici, dove si eleva la
forza e la potenza della velocità e quindi dei macchinari moderni che la possono mettere in pratica
(automobili, treni…). La velocità dei macchinari che ci rimanda inevitabilmente alla loro produzione
sempre più celere, ma che corrisponde anche all’inseguirsi degli eventi, come ricambio continuo di
situazioni, accavallarsi di fatti. La velocità però non è sempre positiva, può essere anche sinonimo
di pericolo, la modernità è punteggiata da incidenti dovuti alla velocità; offusca l’esatta percezione
delle cose. Rischia di portarci fuori dal mondo: l’eccitazione altera i sensi, potremmo finire col
perderci. Tornando ad “Intolerance”, il film si svolge a rotta di collo: noi godiamo, ma voliamo verso
la tragedia. Il film presenta una grande ricchezza di movimenti di macchina, un vero e proprio
catalogo dei modi in cui si può far propria la dinamica dei corpi. Ma uno sguardo che si misura con
la velocità non può accontentarsi di rincorrere un singolo evento: ecco perché con Griffith la
tecnica del cross-cutting, in questo film trova il suo apice. In poche parole, la macchina inquadra
una situazione, poi si sposta su un’altra, poi ritorna alla precedente, e così via, facendoci assistere
a due eventi in contemporanea, trasportandoci attraverso lo spazio davvero rapidamente. Il cross-
cutting, Griffith però non lo usa solo attraverso lo spazio, ma anche attraverso il tempo: il film è
composto da 4 storie, che avvengono in epoche diverse e lui salta da un’epoca all’altra, oltre da un
evento all’altro (cinematic fugue), senza mai farci perdere il senso della nostra collocazione. Ci
troviamo quindi in una sorta di vortice che però ci impedisce comunque di smarrirci. Ma oltre ad
uno sguardo rapido, che abolisce anche gli intervalli, quello del cinema è anche uno sguardo
preveggente. La struttura della suspense serve appunto a proiettare ben al dilà del momento a cui
stiamo assistendo: serve a percepire quello che stiamo vedendo e insieme a immaginare quello
che potrà succedere. Inoltre, ciò che lo sguardo cinematografico, come “Intolerance” illustra bene,
è l’assicurare un esito positivo: la sua capacità di muoversi con gli eventi, di saltare tra più luoghi e
di proiettarsi verso il punto fatale fanno sì che l’occhio arrivi sul luogo della tragedia prima che
questa si compia: con il batticuore, ma con la salvezza assicurata. In questi tipi di film c’è
sicuramente il fattore attesa, durante la quale il tempo seppur scorra veloce, sembra non passare
mai. Di qui una forma particolare di eccitazione: un’angoscia che mangia l’anima che solo la gioia
finale saprà sciogliere (last second rescue). Un altro atteggiamento che la corsa contro il tempo
porta con sé è la tentazione della fuga: se il mondo corre, non è necessario riacchiapparlo. L’ultimo
atteggiamento che la velocità fa sorgere è la tentazione di fermarsi: si tratta sempre della
tentazione di sottrarsi al correre delle cose, ma questa volta attraverso una sorta di indifferenza
che porta a non dover fare i conti con ciò che ci circonda. Ciò significa porre fine all’eccitazione e
aprire le porte alla noia. La noia è un sentimento strano, uno spazio vuoto, una rinuncia
nell’esistenza, la coscienza della morte ma anche rifugio in cui trovare consolazione.
5.3 Il sesso di Marfa
Nel villaggio di Marfa Lapkina è in corso un violento contrasto tra i contadini: c’è chi si batte perché
sull’onda delle riforme introdotte dall’URSS si costituiscano delle cooperative agricole (colcos) e
chi invece resiste e cerca di andare avanti con i metodi produttivi di sempre. In questo film di
Ejzenstejn intitolato “Il vecchio e il nuovo – La linea generale”, si mette appunto a confronto la
differenza dei metodi di produzione, l’introduzione delle nuove macchine che sottolineano
l’avanzamento della tecnologia e del futuro anche nel campo agricolo. In una delle scene più
famose, “la sequenza della scrematrice”, vediamo da una parte i cittadini che vogliono riunirsi in
cooperazioni che presentano questo macchinario che dovrebbe scremare il burro in molto meno
tempo del solito, e dall’altra i cittadini perplessi legati alla tradizione. Man mano che la macchina
mostra il suo operato e la sua efficienza (in una scena che ha una declinazione erotica), i contadini
abbandonano la perplessità e iniziano a mostrare segni di coinvolgimento e gioia. Siamo di fronte
a un macchinario che è garanzia di progresso, essa segna l’avvento di un mondo contrassegnato
da una maggiore disponibilità di beni e soddisfazione sul lavoro. Si tratta di una rivoluzione, di un
cambiamento, di rinnovamento in un’epoca in cui vi giocano l’innovazione tecnologica, il cambio
delle idee, il succedersi delle mode etc.. C’è l’attenzione all’attualità come tempo in cui il possibile
si sta affacciando e attenzione al futuro, come tempo in cui il possibile troverà la sua piena
realizzazione. Con il progresso, l’attenzione al possibile diventa anche fiducia nella ragione:
bisogna che esse rendano il mondo più giusto e funzionale. Nella modernità ci sono molte
rivoluzioni: rivolgimenti sul piano economico-produttivo (rivoluzione industriale), su quello estetico-
espressivo (rivoluzione surrealista), su quello etico-culturale (rivoluzione nei costumi). Ciò che
contraddistingue di più la rivoluzione è la sua componente dialettica, ovvero l’apparizione del
nuovo è legata alla negazione del vecchio, ci vuole una messa a morte affinché ci sia la vita. Ciò
che domina la paura degli abitanti di Marfa è la paura dell’ignoto: una paura in qualche modo
giustificata, dato che la trasformazione del mondo spinge verso i tempi nei quali si rischia di non
sapersi ritrovare; il continuo cambiamento non consente più di appoggiarsi a qualcosa di
consolidato. La reazione è allora inevitabile: ecco il rifugio nei recinti della nostalgia, scetticismo
nei confronti del nuovo, sogno di restaurazione. Da un lato si cerca di affermare la necessità di un
ricambio, sul piano sociale, su quello politico e su quello estetico; dall’altro si interroga su come
evitare che il nuovo diventi irriconoscibile e dunque non riconosciuto. Ejzenstejn lavora a far
emergere strutture formali allo stato nascente; ma allo stesso tempo anche al recupero di materiali
consolidati. È il caso di tutti quei momenti in cui si attivano i riferimenti erotici all’interno del film
(scrematrice/eiaculazione. Accoppiamento toro e giovenca/matrimonio. Trattore in
panne/meccanico nel cofano con posizioni di kamasutra). Costruzione di nuove forme a partire da
quelle vecchie, sfruttandole, spremendole, cambiandone il senso, mettendole a morte solo dopo
averle utilizzate a pieno: ri-figurazione (organicità e pathos). Un’opera organica che presenta una
composizione coerente e compiuta mescolata all’estasi, l’opera raggiunge il vertice, uscendo da sé
e trasformando i propri connotati.
5.4 Ragioni e sensazioni
Sensazioni e significati sono uno degli snodi cruciali della modernità novecentesca. Da un lato
abbiamo uan crescente eccitazione dei seni e con essa la voglia di impadronirci di tutti gli stimoli
che ci provengono dal mondo esterno. Lo ritroviamo questo nella canzone iniziale e finale del film
“Gold diggers of 1933” (La danza delle luci) di LeRoy: nella canzone iniziale “We are in the money”
si ha una vera e propria ebbrezza sensoriale, un’ebbrezza ritmica, noi ci muoviamo a tempo con lui
(sensorialità); nella canzone finale, invece, “Remember my forgotten man”, abbiamo anche qui una
ricchezza di stimoli, ma con una memoria, una presa di coscienza (significato). Il film si muove su
due strade: da una parte abbiamo la storia d’amore del cantante e della ballerina, che portano il
pathos alla narrazione (sfidano mille peripezie, avendo come background quello del musical) e da
una parte abbiamo la Storia vera, la Grande Depressione che sfocerà nella canzone finale che,
appunto, mette in scena il disagio della popolazione di quel periodo. Le sensazioni in questo modo
assumono un significato, grazie a una narrazione che si fa avanti. Da un lato consente di disporre
gli avvenimenti in modo tale che possa venire alla luce il trauma che nascondono e dall’altro lato
permette di riportare il singolo caso a confronto con situazioni simili, permettendo così di astrarre e
generalizzare. Dunque il racconto è un punto di confluenza di sensibile e di sensato: come luogo di
una circolarità tra i due poli, sia in vista di una re-funzionalizzazione del sensibile, sia in vista di
una re-interrogazione del sensato. Al di là dell’esempio fornitoci da questo film, il genere del
musical è molto indicativo a tal proposito: i numeri che lo punteggiano fanno appello soprattutto
alla sensorialità ma sono anche pronti a rifluire in una narrazione che dà loro un senso.
5.5 Costruire emozioni
I tre film analizzati ruotano attorno a uno snodo essenziale nella modernità: il mondo diventa più
ricco di sollecitazioni e i suoi abitanti aumentano la loro sensibilità. Tutti e tre ci ha consentito di
mettere in luce una particolare forma di eccitazione sensoriale: l’ebbrezza del movimento, del
cambiamento e del ritmo; ma allo stesso tempo sono emersi anche i pericoli connessi: il rischio di
perdere l’orientamento, di non saper afferrare le nuove forme e quello di smarrire il senso delle
cose. Lo sguardo filmico in questo contesto non rimane indi