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Il DDC è comunemente considerato come strettamente collegato al DOC ed è pertanto ritenuto
un disturbo dello spettro ossessivo-compulsivo, perché ne condivide diverse caratteristiche
–
(come paure ossessive compulsive e rituali compulsivi). Inoltre il DDC condivide col DOC
una similare suddivisione legata al genere, un precoce età di esordio e uno sviluppo cronico
del disturbo. Oltretutto, va considerato che il DDC risponde farmacologicamente agli stessi
tipi di trattamenti impiegati nel DOC: inibitori della ricaptazione della serotonina; il fatto che
tutti i disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo rispondano al trattamento con i
serotoninergici, non è un argomento potente di somiglianza tra tutti questi disturbi, poiché
questi farmaci vengono impiegati nel trattamento di altri disturbi.
Il DOC sembra essere il disturbo più comune nei parenti di pazienti con DDC e comunque una
somiglianza tra i due disturbi. Per quanto riguarda il funzionamento psicosociale, DDC e DOC
presentano livelli di alterazione in tutte le aree di funzionamento, specie se i due disturbi sono
in comorbilità. Tuttavia sono presenti alcune differenze:
1) Il primo aspetto che differenzia il DDC dal DOC, anche se in modo non del tutto
dicotomico, è il fatto che il DDC sembra fondarsi soprattutto sulle emozioni negative del
disgusto e della vergogna (presenti anche nel DOC), piuttosto che l'ansia caratteristica del
DOC. Il legame di comorbilità tra DDC e fobia sociale costituisce un'ulteriore
dimostrazione della base socialfobica caratterizzante il DDC, che appare essere una
peculiarità tipica del disturbo sebbene altrove sia stato rilevato che anche il DOC abbia
strette associazioni con aspetti socialfobici in tutte le sue modalità di presentazione.
2) Il secondo elemento caratterizzante il DDC è lo scarso insight rispetto al DOC, in quanto
il disturbo può raggiungere un carattere delirante più spesso che nel DOC. lo scarso insight
quindi, appare tipico del DDC e probabilmente è connesso alla sua eziologia, anche se può
arrivare ad intensità deliranti (ciò è dimostrato a maggior ragione dal fatto che gli SSRI
sono funzionali sia in casi di DDC psicotico che DDC non psicotico).
I soggetti DDC sono meno accurati nel riconoscimento di espressioni del volto, tendendo a
costituire bias di erronea interpretazione; lo scarso insight e le idee di riferimento comuni nel
DDC potrebbero spiegare i bias di riconoscimento delle emozioni rispetto alle espressioni di
rabbia.
La centralità degli elementi socialfobici e delle emozioni del disgusto-vergogna può
indirizzare verso l'elaborazione di trattamenti più specifici al DDC. Da un lato infatti, possono
e devono essere presi in considerazione gli interventi miranti a rinforzare l'immagine e la stima
di sé in generale, oltre ad incrementare le capacità sociali, superando tramite esposizione
eventuali fobie più specifiche di tipo interpersonale.
Cap. 4 Teorie eziopatogenetiche
L'emisfero destro appare dominante nella regolazione delle emozioni e dell'immagine
corporea, com'è dimostrato dai casi di DDC secondario a lesioni del lobo temporale destro. A
ciò si può aggiungere uno squilibrio emisferico nelle reti di elaborazione dei volti, in seguito
ad una attenuazione sul lato sinistro delle regioni prefrontali e latero-temporali che potrebbe
portare a bias nella percezione di particolari visivi. Non va trascurata un'attività dell'insula,
dell'amigdala e del giro frontale superiore che mediano reazioni di disgusto e di avversione
nelle percezioni visive. Alterazioni anche nei circuiti fronto-striati sembrano essere forse
presenti, in base agli studi derivanti dalla fenomenologia ossessivo-compulsiva, dai deficit
neurocognitivi, dagli studi di neuroimmagini e da esiti di interventi neurochirurgici in pazienti
refrattari ai trattamenti consueti. Eventuali disfunzioni nella corteccia dorso-occipitale, nella
giunzione temporo- parieto-occipitale destra, nel giro fusiforme, nel lobulo parietale inferiore,
nel giro inferiore frontale destro e/o nella corteccia prefrontale dorso-laterale potrebbero far
sorgere delle distorsioni, tipiche dei soggetti DDC, nella percezione dei volti e del corpo.
L'alterato funzionamento della corteccia prefrontale dorso-laterale potrebbe contribuire
all'incapacità di correggere le distorsioni percettive, generate da altri sistemi mal funzionanti,
mantenendo un circolo vizioso di continui fraintendimenti. Inoltre problemi nella corteccia
prefrontale ventro- mediale, responsabile dell'inibizione delle risposte limbiche a stimoli
avversivi, potrebbe dare conto dell'incapacità dei pazienti DDC di inibire le loro reazioni di
disgusto e ansia innescate dai difetti corporei percepiti ed eventualmente anche tramite la
mediazione dell'amigdala.
Quando i soggetti DDC pensano al proprio corpo e aspetto, un'insufficienza del giro
paraippocampico destro potrebbe far sorgere autovalutazioni negative circa il proprio aspetto,
distorsioni interpretative negative e idee di riferimento. I circuiti fronto-occipito-temporali,
maggiormente attivati sul lato sinistro, potrebbero mediare la tendenza distorta
a un'elaborazione visiva mirata ai particolari, piuttosto che globale e olistica. Le anomalie nel
fronto-striato potrebbero contribuire alla disfunzione esecutiva e alla natura intrusiva e
ripetitiva dei pensieri ossessivi e dei comportamenti compulsivi nel DDC.
Teorie psicosociali in linea generale, persone affette da questo disturbo riportano di avere
un background familiare non favorevole ed esperienze infantili non propizie che hanno
scatenato in loro insicurezza e rifiuto insieme alla paura di non essere amati. Vari autori
associano a questo quadro la nascita del disturbo, che ha portato i soggetti a sottolineare quanto
l'aspetto fisico fosse più rilevante al pari di tutti gli altri valori. È anche possibile che un
relativo ad una parte del corpo possa scatenare il disturbo (es. “somigli
particolare commento
a tua sorella”) se la persona è precedentemente stata ansiosa/preoccupata per il suo aspetto. Di
conseguenza il DDC avrà esordio tra i 12/14 anni ma può diventare patologica solo per un
limitato numero di soggetti.
Facendo riferimento alla teoria di Neisser, secondo cui l'individuo frammenta il sé in sé
percepito e sé ideale e avviene continuamente un processo di paragone tra le due componenti,
il risultato di tale processo in un soggetto DDC può portare ad una discrepanza tra i due che
porta ad un alto livello di insoddisfazione.
In definitiva, le persone frequentemente le persone si paragonano con i loro ideali di
riferimento arrivando a sentirsi poi inadeguati e conseguentemente insoddisfatti di sé. É anche
possibile che i soggetti DDC siano stati da bambini soggetti a numerosi lodi per il loro aspetto
fisico, così rinforzando l'idea che quest'ultimo abbia grande rilevanza.
È molto importante un'analisi approfondita dell'autostima, resa possibile con la cosiddetta
Teoria della Discrepanza del sé (Higgins), che prende in considerazione tre domini di base di
convinzioni relative al sé: il sé reale; il sé ideale; il sé normativo (attributi che una persona
dovrebbe avere) e a seconda di come si sviluppa la discrepanza fra i tre domini, si attivano
emozioni diverse. In questo contesto teorico, viene ripresa la distinzione di Gilbert fra
“vergogna interna” e “vergogna esterna” per riferirsi alle fenomenologie del DDC. Se prevale
Vergogna esterna: le preoccupazioni sono associate al proprio sé e sono relative a come si
crede che gli altri ci pensino.
Vergogna interna (più frequente): autosvalutazione e sensazione di essere personalmente
negativi.
In soggetti DDC sono preoccupati perché sentono di non soddisfare i propri standard estetici
interni. Ciò comporta una discrepanza tra sé reale e sé ideale, dove quest'ultimo è irrealistico
ed è accompagnato dalla paura di non raggiungere mai tali standard. Ci sono tre teorizzazioni
complessive del DDC.
1) Modello di Cash: in questo modello, si prevede che nella formazione della patologia ci
siano innanzitutto influenze storiche e di sviluppo che condizionano la formazione
dell'immagine corporea e inoltre anche tratti di personalità predisponenti, quali ad
esempio l'autostima, il bisogno di approvazione sociale, atteggiamenti, etc.
Secondariamente ci sono processi ed eventi prossimali che intervengono interagendo
con i precedenti fattori nei suoi aspetti di investimento ( importanza data al proprio
aspetto) e di valutazione (giudizi e convinzioni personali relativi al proprio aspetto).
Tali sistemi guidano l'attenzione che il soggetto pone su eventi attivanti esterni o interni
circa il proprio corpo, che a loro volta attivano dialoghi interni comprendenti pensieri
automatici e forti associazioni emotive, spesso caratterizzate dalle classiche distorsioni
e per fronteggiare tali situazioni attivanti, il soggetto pone in atto processi di
autoregolazione e aggiustamento, come l'evitamento o il mascheramento.
2) Modello di Neziroglu e collaboratori: si rifà ad un processo di innesco del tutto simile
a quello degli stati fobici, secondo cui in momenti di stress, ogni persona è
geneticamente predisposta a sviluppare un disturbo di una particolare classe e nella
fattispecie, i pazienti DDC sarebbero biologicamente vulnerabili ai disturbi d'ansia. Le
esperienze precoci focalizzate sul sesso (abuso, violenza, etc.) possono predisporre
l'individuo a provare emozioni negative quando osservano alcune parti del corpo. In
linea con la teoria bifattoriale dello sviluppo delle fobie, queste ultime si sviluppano
per condizionamento classico e si mantengono per condizionamento operante
(soprattutto per mezzi di rinforzo negativi): nel DDC, quando la persona viene
traumatizzata per il suo aspetto fisico, ciò porta a reazioni emotive sgradevoli (Stimolo
Incondizionato) che viene associato all'emozione negativa (Risposta Condizionata).
Inoltre il DDC viene mantenuto per condizionamento operante, in quanto le emozioni
negative sono ridotte mediante comportamenti impulsivi che indeboliscono le
emozioni negative. Dunque, il comportamento serve a ridurre l'ansia e diviene quindi
potente fonte di rinforzo di tali comportamenti.
3) Modello di Veale e collaboratori: preoccupazioni mantenute a causa della
considerazione del sé come “oggetto estetico”, nel senso di un'autoconcentrazione
estrema sull'immagine distorta. Il processo dell'attenzione selettiva dunque aumenta la
consapevolezza dell'immagine e di specifiche caratteristiche di questa, favorendo la
ruminazione e un conseguente umore alterato. Per fronteggiare ta