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IL POSSESSO
La nozione del possesso.
Definizione di possesso: potere sulla cosa che si manifesta in un’attività
corrispondente all’esercizio della proprietà o di un altro diritto reale.
Nel suo significato tecnico-giuridico il possesso è un concetto nettamente
distinto da quello di proprietà, perché non indica l’appartenenza giuridica ad
avere la disponibilità, indipendentemente dalla circostanza che abbia o non
abbia il diritto di farlo.
Rilevanza e tutela del possesso.
Al possesso sono collegati due ordini di effetti:
- Un sistema di protezione dello stato di fatto esistente contro spoliazioni,
turbative e molestie;
- La possibilità di trasformare la situazione di possesso senza diritto nella
titolarità del diritto corrispondente.
La tutela giudiziale del possesso trova ragione nell’interesse generale a
conservare una pacifica convivenza. La protezione del possesso si prospetta
quindi come una “tecnica” di soluzione dei conflitti per la disponibilità delle
cose utili a chi sia titolare di un diritto.
Gli effetti sostanziali del possesso.
L’articolo 1153 prevede che la persona, a cui è alienato un bene mobile (non
registrato), ne acquisti la proprietà, anche se l’alienante non era proprietario
della cosa, purché ricorrano due condizioni:
- Che vi sia stato acquisto del possesso in buona fede;
- Sulla base di un titolo astrattamente idoneo.
La regola non si applica alle universalità e ai beni mobili registrati.
Inoltre, è possessore di buona fede colui che possiede ignorando di ledere
l’altrui diritto. Quanto all’espressione “titolo astrattamente idoneo”:
- Titolo significa atto giuridico;
- Astrattamente idoneo vuol dire che l’atto deve avere tutti i requisiti
necessari, in astratto, perché sia idoneo a trasferire la proprietà, cioè
deve essere valido.
L’AUTONOMIA CONTRATTUALE
Il contratto: realtà e definizione.
Definizione di contratto: accordo di due o più parti per costruire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. Perciò:
- Qualsiasi accordo è qualificabile come contratto se il rapporto su cui
verte ha carattere patrimoniale ogni volta che un accordo abbia ad
oggetto un bene in senso ampio: cose, denaro, diritti;
- Il contratto è lo strumento per avviare l’attività di ordine culturale,
politico, religioso (es: associazione, convenzione matrimoniale, divisione
ereditaria);
- Non è un contratto, ad esempio, il matrimonio, perché ha ad oggetto un
rapporto in cui gli aspetti personali sono assolutamente prevalenti. È un
contratto la convenzione matrimoniale, con cui si stabilisce il regime
patrimoniale della famiglia.
Funzione ed efficacia del contratto.
“Il contratto ha forza di legge tra le parti”. La formula dà il senso dell’esercizio
della auto-nomia, cioè della possibilità di darsi legge nei propri rapporti. Effetto
del contratto è dunque di regolare certi interessi patrimoniali e i rapporti
giuridici che li realizzano: di stabilire cioè un regolamento di interessi.
Il contratto in generale può essere considerato sotto vari punti di vista:
- Contratto-atto: se guardiamo all’accordo contrattuale, il contratto appare
come un atto giuridico, formato con il consenso di due o più parti;
- Contratto-rapporto: se guardiamo alle conseguenze giuridiche
dell’accordo, viene in evidenza il regolamento di interessi che ne nasce
quindi il rapporto contrattuale che si stabilisce fra le parti.
Il contratto come atto giuridico.
Il contratto è un accordo. Concludere un accordo significa manifestare una
volontà comune, quella di realizzare un certo regolamento di interessi.
L’accordo non è l’incontro di due interne volontà, ma la convergenza di
dichiarazioni o manifestazioni di volontà, i cui significati combaciano.
Il contratto è necessariamente un atto giuridico bi o plurilaterale, cioè si
compone di manifestazioni di volontà di due o più parti. È da sottolineare che la
distinzione poggia sull’idea di parte e non di persona o di soggetto. Si intende
quindi riferirsi alla dualità o pluralità di centri di interesse. Inoltre, le parti di
regola si presentano come controinteressati, cioè titolari di interesse in
conflitto, che nel contratto trovano la loro composizione.
Il principio di buona fede.
La buona fede è una regola fondamentale in tutte le fasi di realizzazione del
contratto. Nelle trattative e nella formazione dell’accordo, le parti sono tenute
a comportarsi secondo buona fede. È un dovere di correttezza (o buona fede
oggettiva) che la legge obbliga a tenere una condotta da persone oneste e
leali, in tutte le fasi del contratto.
La violazione del dovere di correttezza in sede di contrattazione non incide di
per sé sulla validità del contratto. La condotta di malafede è però fonte di una
particolare responsabilità per i danni cagionati all’altra parte.
L’autonomia contrattuale e i suoi limiti.
Affermare il principio dell’autonomia contrattuale significa, in qualche misura,
accogliere l’idea che gli interessi economici (la circolazione delle ricchezze, la
produzione di beni e servizi, ecc) siano un terreno lasciato alla auto-
regolamentazione dei privati: il diritto non impone soluzioni, ma stabilisce le
regole del gioco.
Oggi, come in passato, l’idea dell’assoluta signoria del privato sulle risorse
economiche e sul loro impiego cede alla necessità di realizzare e garantire
interessi generali o collettivi, imponendo i tre limiti dell’autonomia contrattuale:
- Tutela di interessi ritenuti prevalenti rispetto alla libertà di mercato. La
libertà di iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità
sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana;
- Tutela della libertà concorrenza. In un mercato senza altra regola che la
libertà di concorrenza, si sviluppa un fenomeno di concentrazione di
imprese nelle mani di pochi soggetti economici;
- Tutela delle parti deboli del mercato. Nel mercato si affrontano soggetti
più forti e soggetti più deboli. Esistono strumenti di controllo del mercato,
ad esempio, riguardo a particolari beni (prezzi di vendita, tariffe di
servizi).
GLI ELEMENTI DEL CONTRATTO
I requisiti del contratto. L’accordo.
La definizione di contratto indica quattro requisiti: l’accordo tra le parti, la
causa, l’oggetto e la forma.
L’accordo è la sostanza stessa del contratto. Indicandolo come uno dei
requisiti, lo si intende come il nucleo del fenomeno, cioè lo scambio e la
convergenza di manifestazioni di volontà tra due o più ponti: i soggetti che
concludono il contratto e la volontà da essi manifestata.
I soggetti che assumono il ruolo di parte contrattuale devono essere dotati di
capacità giuridica generale o specifica, per assumere su di sé gli effetti del
contratto, e della capacità di agire, per poter validamente manifestare la
volontà di contrarre.
Il secondo aspetto dell’accordo è la volontà manifestata in tutti i modi previsti
dalla legge. Lo strumento di cui ci si serve per manifestare la volontà è la forma
che il contratto assume. Si ha una manifestazione espressa quando la volontà è
esplicitamente dichiarata, mentre si ha una manifestazione tacita quando,
senza dichiarare esplicitamente una volontà, ci si comporta in modo che
implica la volontà di contrarre.
La conclusione del contratto.
Esiste uno schema costante per affrontare i problemi relativi alla conclusione
del contratto: si distinguono due ruoli delle parti, quello del proponente e
dell’accettante e si considera l’accordo come uno scambio di due dichiarazioni
di volontà, la proposta e l’accettazione.
La proposta è la dichiarazione con cui la parte, che assume l’iniziativa, offre
all’altra la conclusione del contratto. L’accettazione è la dichiarazione con cui la
parte, che riceve la proposta, dà il suo consenso al contratto così come risulta
dall’offerta.
La proposta ha l’effetto di esporre il proponente all’accettazione dall’altra
parte. Per valere come proposta, la dichiarazione deve contenere tutti gli
elementi essenziali del contratto che si vuole concludere e manifestare una
volontà attuale di contrarre. Altrimenti non si tratta di proposta, ma di invito a
proporre. L’accettazione, a sua volta, deve corrispondere esattamente alla
proposta. Se è anche in parte diversa, non vale come accettazione, ma come
nuova proposta (controproposta): i ruoli si scambiano, e il contratto non è
concluso finché una proposta non è accettata.
Il contratto è concluso nel momento in cui ha fatto la proposta ha conoscenza
dell’accettazione dell’altra parte. Si afferma così un principio generale, detto
principio di cognizione, per il quale un atto diretto a una persona determinata
ha effetto nel momento in cui quest’ultima ne ha conoscenza. Poiché il
contratto richiede l’accordo delle parti, l’accettazione, anche se tacita,
dev’essere manifestata. Di regola, perciò, il silenzio non vale come
accettazione.
Le trattative e la responsabilità precontrattuale.
Molti contratti si concludono, nelle società evolute, in modo rapido e senza
negoziazioni, ma contratti più importanti sono il risultato di una contrattazione
o trattativa più o meno difficile.
Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto,
hanno il dovere di comportarsi secondo buona fede, ossia con correttezza e
lealtà reciproca. La violazione di questi obblighi costituisce un illecito, le cui
conseguenze, il risarcimento del danno, sono indicate come responsabilità
precontrattuale.
L’oggetto.
Il terzo degli elementi del contratto è l’oggetto. Per oggetto del contratto si
intende la prestazione o le prestazioni su cui verte l’accordo tra le parti.
L’oggetto del contratto dev’essere possibile, lecito, determinato o
determinabile.
La possibilità dell’oggetto equivale alla possibilità delle prestazioni. È
impossibile, infatti, il trasferimento di una cosa inesistente. Il contratto, però,
può avere ad oggetto il trasferimento della proprietà di cose future o la
cessione di diritti futuri.
L’oggetto è lecito quando la prestazione n