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Es. sulla TV. Contadini la vedono come un bene che consente di conoscere il
mondo, di articolare i propri pensieri, esplicitare i bisogni, chiamare le cose col
proprio nome. Inoltre, il continuo dialogo in merito alle trasmissioni più diffuse
stimola la comunicazione e nuove forme di socialità tra spettatori. Infine, il
divertimento è centrale: riflette una nuova valorizzazione dell’individuo.
Nuova cultura del consumo (nata da nuovi oggetti, investe famiglie ed
individui) spiega perché gli italiani si buttino sui beni di consumo, seguendo i
Paesi più ricchi.
Sulla carta, il tono prevalente è quello di critica. In realtà il “consumismo” è in
grado di risolvere diversi problemi: migliori standard di vita quindi meno
tensioni sociali, compatta la società.
Già il fascismo aveva portato la sfera dei consumi all’interno della sfera
politica. Esigenze di redistribuzione del reddito e di giustizia sociale portano
welfare state.
alla nascita di un 3 aspetti:
1) Continuità coi periodi precedenti. Italia repubblicana eredita dal fascismo
diverse istituzioni (cambia solo il nome, levando la “F” di “fascismo”;
infps inps). MA ora i benefici sono per tutti, non mirati ad alcune
categorie. Politica inclusiva.
welfare
2) Warfare VS Welfare. Il è tipico della democrazia del dopoguerra.
Nasce ufficialmente dal rapporto del 1942 di Beveridge, in cui egli
(warfare state)
contrapponeva lo stato di guerra in cui si trovavano con
(welfare state),
un futuro di pace e benessere che liberasse dalle 5 grandi
schiavitù: bisogno, malattia, ignoranza, miseria, ozio.
Pochi anni dopo Marshall in proposito 3 fasi della costruzione della
cittadinanza: Riconoscimento dei diritti civili (‘700); Ottenimento dei
diritti politici (‘800); Diritti sociali di cittadinanza (‘900). Solo il godimento
di tutte e 3 garantisce appartenenza alla comunità.
welfare
3) Il si costruisce entro chiari riferimenti internazionali. Sia l’Italia
che altri paesi europei fanno riferimento allo stato sociale per la struttura
delle spese assistenziali. Le risorse derivanti dal miracolo economico
vengono impiegate dai governi per compensare nei settori indietro
rispetto ad altri Paesi EU: si gettano le basi per l’integrazione europea.
Welfare italiano edificato tra 1950–1973. Meno spese istituzionali, più spese per
istruzione e sanità.
Per la 1° volta: spese istruzione > spese per opere pubbliche, per motivi di
equità sociale e pratici: contrastare analfabetismo e abbandono scolastico &
creare manodopera qualificata (istruzione base tecnica è prerequisito per una
maggiore occupazione).
Scuole elementari (5 anni più esamone finale) + scuola media unica, divenuta
obbligatoria (1962). Studi obbligatori di 8 anni facilitano l’accesso alle superiori.
Riforma che avviene in un periodo di espansione economica istruzione =
mobilità sociale. Manifestazioni per scuola e università: diritto allo studio,
lezioni meno nozionistiche. Si emanano piccole leggi provvisorie, mai riforme.
L’università era ancora pensata per l’élite, quindi aule piccole, laboratori scarsi,
docenti con assistenti sottopagati. L’ambiente è stimolante, ma inizia a sorgere
il dubbio che la laurea non porti necessariamente alla mobilità sociale: il n° di
abbandoni/fuori corso è > di quello dei laureati.
Sanità. Il malato era iscritto a casse mutue pubbliche/professionali; per le
prime diagnosi si recava dal medico convenzionato, se più grave negli ospedali
(metà mutua, metà pubblico).
Sistema basato sull’intreccio di privato e pubblico (il ministero della Sanità
nascerà solo nel ’58).
Son cambiate le patologie: niente più malattie infettive/parassitarie, ci sono
nuovi farmaci.
1968: gli ospedali diventano enti pubblici; 10 anni dopo la riforma sanitaria
complessiva (1978, Servizio Sanitario Nazionale, creazione delle USL - unità
sanitarie territoriali - per i servizi di assistenza).
Spesa principale del periodo è quella redistributiva. Spesa “esaustiva”
diminuisce (realizzazioni dirette di beni per la collettività), aumenta quella per
le redistribuzioni monetarie (pensioni, assegni familiari) ritorno alla
privatizzazione: meglio dare i soldi alle famiglie (li spendono) che fornire servizi
collettivi direttamente dallo Stato.
Anche qua retaggio del fascismo: assistenza affidata a diversi enti (“giungla
assistenziale”).
Previdenza grandi enti parastatali.
- Sistema contributivo sistema retributivo.
- Pensione di anzianità (dopo 35 anni di contributi).
- Pensione sociale (per gli over 65 senza reddito).
- Assistenza viene estesa a diverse categorie se hanno contribuzioni basse.
- Gestione speciale per alcune categorie.
- Sussidi per disoccupati / sospesi dal lavoro.
-
Bilancio dell’Inps comincia a traballare. Si faceva tutto questo per attenuare
tensioni sociali ma anche per motivi politici (acquisire consensi). MA gestione
clientelare degli enti previdenziali, veri e propri centri di potere. Assistenza si è
allargata, è diventata inclusiva, ma è selettiva.
Buona parte di tutto questo è pagata dal cittadino (contributi; crescono nel
dopoguerra).
Riforma fiscale 1971-73: introduzione dell’IVA e nuove imposte progressive sul
reddito.
Da questo momento anche in Italia imposte dirette > imposte indirette MA
problema: evasione. Alcune categorie molto tassate, altre evadevano.
Espansione del welfare limitata: compaiono fenomeni di “illusione
finanziaria” (dubbi su chi davvero beneficiasse della redistribuzione). Punto
dolente: spesa complessiva nel 1970 in Italia è il 34% del PIL, di cui l’11%
andava a trasferimenti di denaro (mostly pensioni); in un decennio però l’Italia
passa al 51% sul PIL per la spesa e il 13% per le pensioni, ma queste appaiono
sempre appena sufficienti e ci sono problemi coi servizi.
3. Pubblicità e produzione
Crescita dei consumi + lancio di nuovi prodotti = maggior uso della pubblicità.
product-oriented market-oriented
Da una strategia industriale a una trionfo
marketing.
del
Modello di Tedlow per le strategie di marketing – 3 fasi del mercato:
1) Frammentazione geografica (fino al 1880): mancanza di mercato
unificato, prevalenza prodotti locali;
2) Unificazione (fine ‘800 – metà ‘900): sorge mercato nazionale, grandi
imprese e marche;
3) Mercato segmentato (fase matura, fine ‘900): consumatore più
esigente e differenziato, concorrenza spietata tra imprese, ruolo
fondamentale di media e pubblicità.
Anche in Italia si investe sulla pubblicità, che aumenta di visibilità grazie al
moltiplicarsi dei media.
Più studi per aumentarne l’efficacia. Foucault la definì un “campo letterario”, un
“discorso” storico e concreto attraverso cui la conoscenza è comunicata come
testo. Si costruisce nel tempo, ha strutture narrative, riferimenti nazionali e
internazionali (USA e una propria dimensione economica (investimenti che
riceve dall’industria).
Pubblicità = fondamentale per creare identità nella società contemporanea. È
una narrativa.
I vecchi manifesti pubblicitari realizzati per la Rinascente diventano obsoleti:
art
Per l’aspetto tecnico: ora si punta più ad una divisione del lavoro tra
- director copywriter
(si occupa dell’immagine) e (scrive slogan/testi
musicali). Prime agenzie italiane dei 30s (quella di Armando Testa a
Torino) + nuove agenzie dei 50s, succursali delle imprese anglosassoni.
Per l’aspetto scientifico. Prime teorie pubblicitarie: persuasione
- attraverso un messaggio forte e ripetuto continuamente (vedi
propaganda WWI). Ricerche USA, più sperimentali, dimostrarono che non
esiste un consumatore-tipo: egli filtra il messaggio – attraverso suo
gusto personale, suo status sociale, reddito, genere. Nascono istituti di
ricerca appositi (in Italia la Doxa, nata nel 1946 da P. Luzzatto Fegiz).
Per il loro linguaggio. Evoluzione dei media = ogni campagna deve
- funzionare per tv, radio, giornali. Ci sono anche collegamenti tra
pubblicità e politica: agenzia pubblicitaria Sipra concedeva un pacchetto
di spazi televisivi + spazi su giornali di partito finanziamenti.
Modello imprenditoriale UK: progressiva crescita DA settori “tradizionali”
(labour-intensive) (capital-intensive);
A settori “moderni” da piccole industrie a
imprese manageriali.
≠ Italia: la grande industria non ha quasi mai rilevanza assoluta – molte più
imprese medie. I settori tradizionali mantengono un ruolo importante nei 50s,
pur evolvendosi. La concentrazione produttiva nel triangolo industriale fa sì che
nel resto del Paese il lavoro sia organizzato in modo orizzontale: legami
familiari e col territorio. A ciò si somma l’apertura internazionale e gli scambi
con Francia e Germania: imprenditori italiani artefici della crescita dei beni di
consumo.
Settore della chimica: cresce soprattutto il settore detersivi, per ragioni
tecnologiche (diffusione detersivi sintetici) e commerciali (guerra internazionale
tra i principali gruppi per avere le quote di mercato – Procter&Gamble,
Unilever, Henkel ecc.). Perché questo boom del detersivo? Pur essendo un
prodotto “umile”, ha senso se collocato culturalmente – obiettivo è ottenere
oligopoli internazionali.
Settore della meccanica. Fiat soddisfa il mercato italiano: nel ’75 l’80% delle
auto circolanti è ita.
Stessa cosa per Vespa e Lambretta, vendono in Italia e all’estero; anche moto
più artigianali e performanti (Guzzi, Ducati), si fanno un nome nello sport.
Elettrodomestici: la Ignis di Giovanni Borghi, iniziata come fabbrichetta di
frigoriferi nel ’50, inizia ad utilizzare tecnologie di avanguardia – nel 1970
l’Italia diventa il primo produttore mondiale di frigoriferi insieme agli USA.
L’equivalente per le lavatrici è la Candy di Eden Fumagalli.
Queste imprese esportano metà della produzione e soddisfano ¾ del mercato
interno. Son tutte accomunate dall’estensivo ricorso alla pubblicità (lanciano e
spiegano i prodotti) e l’incapacità di consolidarsi sul mercato dopo l’exploit
iniziale – mercato diventa saturo e concorrenza più forte.
Settore alimentari. Pasta Barilla, Agnesi, Amato; pelati Cirio; maionese Calvé; dadi
Star.
Pasta e conserve = 1/10 del prodotto industriale l