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PIANIFICAZIONE
Programmazione e pianificazione
La programmazione e la pianificazione sono funzioni strettamente correlate ma distinte, che condu-
cono l’una alla definizione di politiche e programmi e l’altra alla predisposizione di piani e bilanci
di previsione; più precisamente, per programma si intende “lo strumento atto alla rappresentazione
delle operazioni necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo di produzione”, mentre per piano si
intende “lo strumento atto alla rappresentazione dei valori relativi alle operazioni contenute nel pro-
gramma”. In sostanza, mentre la programmazione indirizza e guida il futuro delle Amministrazioni
Pubbliche Territoriali con gradi di dettaglio diversi, la pianificazione traduce invece orientamenti e
indirizzi futuri in termini economici e finanziari; entrambe le funzioni quindi servono a definire
l’ipotesi di futuro a breve, a media e a lunga scadenza che le Amministrazioni Pubbliche Territoriali
si impegnano a realizzare e per le quali sono chiamate a rispondere in termini di valore pubblico ri-
conosciuto. Spetta invece alla funzione controllo il compito di verificare, già mentre la gestione si
svolge, se e in quale misura si manifestano scostamenti tra quanto ipotizzato e quanto effettivamen-
te si va concretizzando, motivando le ragioni dell’eventuale mancato successo e assumendo le deci-
sioni conseguenti anche in termini di valutazione della performance dirigenziale.
Si è soliti poi distinguere tra:
programmazione e pianificazione strategica, le cui decisioni riguardano i valori, gli orien-
• tamenti di fondo e gli indirizzi dell’Amministrazione Pubblica Territoriale in un dato oriz-
zonte spazio-tempo. Più precisamente, i pilastri sui quali poggia la definizione delle scelte
strategiche sono tre, ossia la missione (esplicitazione del finalismo aziendale e della natura
delle attività svolte dall’Amministrazione Pubblica Territoriale), la visione (esplicitazione
del successo aziendale, ossia del modo in cui sarà verificabile la generazione di valore pub-
blico riconosciuto) e i valori (principi irrinunciabili ai quali dichiaratamente si ispira la cul-
tura organizzativa dell’Amministrazione Pubblica Territoriale);
programmazione e pianificazione operativa, le cui decisioni attengono alla traduzione in
• concreti atti di gestione degli orientamenti strategici assunti.
Il ciclo di programmazione e pianificazione nelle Amministrazioni Pubbliche Terri-
toriali
In particolare, il ciclo della programmazione e pianificazione economica e finanziaria
dell’Amministrazione Pubblica Territoriale Statale si articola in sette fasi che, in ordine temporale,
richiedono l’adozione di altrettanti provvedimenti normativi, ossia:
la Relazione sull’economia e la finanza pubblica, che il ministro dell’economia e delle fi-
• nanze deve presentare alle Camere entro il 15 aprile. Essa contiene l’analisi dell’andamento
del conto economico e del conto di cassa delle Amministrazioni Pubbliche nell’anno prece-
dente, l’aggiornamento del conto economico e del saldo di cassa delle Amministrazioni
Pubbliche per il periodo di previsione e le indicazioni sul saldo di cassa del settore statale e
sulle correlate modalità di copertura;
il rendiconto e assestamento del bilancio, che deve essere approvato entro il 30 giugno;
• le linee guida per la ripartizione degli obiettivi programmatici (o linee guida per la decisio-
• ne di finanza pubblica), che il Governo deve trasmettere alle Camere e alla Conferenza per-
manente per il coordinamento della finanza pubblica entro il 15 luglio. Esse riguardano
l’indebitamento netto, il saldo di cassa e il debito delle Amministrazioni Pubbliche;
lo schema di Decisione di finanza pubblica, che il Governo, su proposta del ministro
• dell’economia e delle finanze, deve presentare alle Camere entro il 15 settembre. Esso con-
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tiene gli obiettivi di politica economica e il quadro delle previsioni economiche e di finanza
pubblica almeno per il triennio successivo, nonché gli obiettivi programmatici riguardanti
l’indebitamento netto, il saldo di cassa e il debito delle Amministrazioni Pubbliche;
la manovra triennale di finanza pubblica, che il Governo, su proposta del ministro
• dell’economia e delle finanze, deve presentare alle Camere entro il 15 ottobre. Essa contiene
le misure qualitative e quantitative necessarie a realizzare gli obiettivi programmatici indica-
ti dalla Decisione di finanza pubblica ed è a sua volta composta dalla legge di stabilità e dal-
la legge di bilancio dello Stato; la prima, in particolare, individua il livello massimo del sal-
do netto da finanziare e del ricorso al mercato, la variazione delle aliquote delle imposte,
l’importo complessivo destinato al rinnovo dei contratti pubblici, le misure correttive delle
leggi che comportano oneri superiori a quelli previsti e le eventuali norme necessarie a ga-
rantire l’attuazione del patto di stabilità interno. Alla legge di stabilità è inoltre allegata una
nota tecnico-illustrativa che espone i contenuti della manovra, i relativi effetti sui saldi di
finanza pubblica e i criteri utilizzati per la quantificazione degli stessi;
il bilancio di previsione, che deve essere approvato entro il 31 dicembre;
• i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, che devono essere approvati
• entro il 28 febbraio dell’anno successivo.
I processi pubblici decisionali
Programmare e pianificare significa quindi decidere per il futuro in base a possibili modelli decisio-
nali, che possono essere normativi o descrittivi. I primi (detti anche prescrittivi) definiscono sistemi
di regole formali (modelli logici e matematici) che, una volta seguiti, dovrebbero portare a scelte
vantaggiose e razionali; i secondi invece (detti anche esplicativi) spiegano come, nella pratica, gli
individui e i gruppi assumono le loro decisioni.
In particolare, i modelli decisionali proposti per le Amministrazioni Pubbliche Territoriali sono stati
sostanzialmente tre, ossia:
il modello razionale, che è di tipo prescrittivo e presuppone che il decisore sia unico e co-
• scientemente razionale (ossia consapevolmente orientato verso gli obiettivi che ha scelto di
perseguire) nonché in grado di scegliere sempre la migliore alternativa mediante un calcolo
ottimizzante, ossia valutando i costi e i benefici e le conseguenze di tutte le alternative pos-
sibili. Tale modello ha dominato la scena teorica fino a quando, nella seconda metà degli
anni Cinquanta, fu chiaramente dimostrata la sua concreta inapplicabilità per due fondamen-
tali ragioni, ossia per l’impossibilità di individuare, valutare e mettere a confronto tutte le al-
ternative possibili in termini di costi e benefici, e per l’irrealistica pratica di valutare e sce-
gliere i mezzi in funzione dei fini. Una variante comunque significativa del modello raziona-
le è quella della cosiddetta razionalità limitata, proposta dall’economista Simon, secondo
cui il decisore non sceglie la migliore fra tutte le alternative possibili ma, nei limiti delle sue
capacità computazionali, svolge l’analisi delle opzioni fino a quando non ne individua una
che soddisfi i suoi fini e le sue aspirazioni;
il modello per successivi confronti limitati (o incrementalismo), che è di tipo esplicativo ed è
• stato messo a punto dal politologo Lindblom. Secondo tale approccio, il processo decisiona-
le riguarda solo mutamenti al margine, ossia cambiamenti incrementali rispetto alla politica
esistente, e discende da confronti successivi limitati nell’ambito di un ridotto numero di al-
ternative, implicando quindi il raggiungimento di un accordo tra gruppi che esprimono inte-
ressi di parte; l’incrementalismo è infatti policentrico ed è considerato efficiente, da chi lo
sostiene, perché fa risparmiare risorse e tensioni. Tuttavia, molti Autori attribuiscono a tale
approccio gravi difetti in quanto, promuovendo solo i mutamenti di breve termine, blocca
innanzitutto l’innovazione, dà inoltre più forza ai gruppi che hanno maggiore potere, la-
sciando potenzialmente fuori gli interessi che sono poco o nulla rappresentati, e porta a de-
cidere solo su temi non fondamentali, dove il conflitto valoriale è minimo; 23
il modello misto (o mixed scanning), che è stato proposto negli anni Sessanta dal sociologo
• Etzioni per tentare di recuperare i pregi degli altri due modelli, abbandonandone i difetti.
Etzioni sostiene, in sostanza, che per le decisioni non fondamentali (incrementali) è effetti-
vamente appropriata l’adozione di un approccio per successivi confronti limitati, mentre per
quelle fondamentali è necessaria l’adozione del modello razionale in quanto occorre avere
un orizzonte decisionale molto più ampio per meglio valutare le conseguenze delle scelte da
assumere. Evidentemente però, questo modello lascia irrisolto il problema del come stabilire
se una decisione sia fondamentale o meno, visto che decisori diversi, essendo di solito porta-
tori di sistemi di valori differenti, potrebbero facilmente esprimere opinioni discordanti.
I bilanci di previsione
Ad ogni modo, al fine di realizzare le finalità prestabilite, le Amministrazioni Pubbliche Territoriali
redigono i cosiddetti bilanci di previsione, ossia documenti contabili che esprimono la quantifica-
zione monetaria dei probabili effetti di un piano di condotta aziendale che implica la realizzazione
di operazioni di gestione finalizzate al perseguimento di specifici obiettivi programmati; come in un
qualsiasi bilancio, infatti, anche in quelli di previsione sono contrapposte due serie di valori fra loro
correlate, la cui differenza individua il risultato (o saldo) delle relative operazioni di gestione.
Più precisamente, in base alla natura dei valori contabili contenuti si è soliti distinguere tra:
bilancio di previsione finanziaria, che accoglie da un lato le entrate previste, ossia i mezzi
• finanziari che si renderanno disponibili, e dall’altro le uscite (o spese) previste, ossia le ri-
sorse finanziarie che saranno utilizzate. Il risultato che scaturisce dal confronto algebrico tra
queste due serie di valori può consistere quindi in un avanzo, in un pareggio o in un disa-
vanzo finanziario previsto. Il primo individua una sovrabbondanza di mezzi finanziari ri-
spetto alle necessità della gestione aziendale, che quindi rende disponibile un certo quantita-
tivo di risorse per un possibile impiego futuro; nonostante però tale situazione prospettica
può generalmente considerarsi favorevole per le aziende, nelle Amministrazioni Pubbliche
Territoriali potrebbe invece essere interpretata come l’effetto probabile di una pressione tri-
butaria eccessiva rispetto alle finalità da perseguire e/o come un’ingiustificata