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Dopo di aver analizzato come i contratti possono formarsi, analizziamo ora la loro

struttura e gli elementi essenziali che li compongono. L’art. 1325 del Codice civile li

chiama “requisiti” del contratto, e ne indica quattro: l’accordo, la causa, l’oggetto e

la forma. Dell’accordo si è già detto, parlando del contratto come atto bilaterale, e

anche della forma, parlando di contratti formali, contratti informale e contratti

conclusi per via informatica.

L’oggetto del contratto è costituito dalle prestazioni contrattuali, che indicano gli

impegni che il contratto mette a carico delle parti, e quindi può prescindere da

un’obbligazione in senso proprio (in una contratto di compravendita la prestazione

del compratore sarà il pagamento del prezzo, mentre la corrispettiva prestazione del

venditore sarà quella di trasferimento della proprietà; l’oggetto del contratto in questo

caso sarà quindi la prestazione che entrambe le parti devono rispettare, e non quindi

la cosa frutto di tale prestazione, l’immobile in compravendita). Spesso quindi le

prestazioni contrattuali riguardano un determinato bene (casa locata ad esempio), e

allora è forte la tentazione di dire che tali beni possono essere gli oggetti del

contratto, ma in realtà l’oggetto del contratto è esclusivamente la prestazione prevista

da esso.

Il codice indica poi i requisiti dell’oggetto contrattuale, stabilendo che dev’essere:

possibile/fattibile, lecito, determinato o almeno determinabile. Il requisito della

possibilità significa che il contratto non può prevedere prestazioni irrealizzabili: sia

dal punto di vista materiale che dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista

giuridico (divieto ad esempio di stipulare un contratto che preveda la vendita ad un

privato di un’opera pubblica quale ad esempio la fontana di Trevi). Il requisito della

liceità invece significa che il contratto non può prevedere prestazioni disapprovate

dall’ordinamento giuridico, perché contrastanti con interessi o valori che

all’ordinamento stanno particolarmente a cuore. Illiceità significa allora contrarietà a

norme imperative, oppure all’ordine pubblico (valori e principi che informano

l’organizzazione politica ed economica della società), oppure al buon costume

(insieme delle regole di comportamento non scritte, ma riconosciute come vincolanti

secondo la coscienza etica diffusa nella società e che riguardano prima di tutto la

morale sessuale, ad esempio un contratto stipulato per elargire prestazioni sessuali, e

poi l’etica professionale quale, ad esempio, quella dei sportivi impegnati a perdere

per favorire una scommessa). Le norme imperative limitano la libertà contrattuale

delle parti: vietano di fare determinati contratti o impongono che il contratto abbia

determinati contenuti; il loro obiettivo è quindi quello di proteggere valori

fondamentali o interessi generali, che sarebbe minacciati o lesi dal contratto che la

norma proibisce, o dal contratto con i contenuti vietati (non potrò ad esempio

stipulare un contratto con una controparte per lo scambio di una partita di droga). Le

norme imperative sono dettagliate e specifiche, nel senso che individuano i contratti o

contenuti contrattuali vietati con precisione, e questo è una loro forza, poiché

permettono di colpirli.

Il requisito della determinatezza significa che il contratto non può prevedere

prestazioni che attribuiscono a una parte vantaggi indefiniti, e all’altra parte,

correlativamente, altrettanti sacrifici indefiniti (della stoffa, degli alberi, delle azioni).

La mancanza del requisito di determinatezza, che quindi specifica in dettaglio quali

sono i vantaggi e/o i sacrifici da sostenere previsti da tale accordo e in che misura,

rende allora dubbia la serietà dell’accordo, e rende impossibile applicare al contratto

rimedi diretti ad attuare i diritti alle parti, nel caso che fra esse sorga controversia. C’è

tuttavia la possibilità che il contratto abbia un oggetto non determinato, purché questo

sia almeno determinabile. L’oggetto è determinabile quando c’è la possibilità di

riferirsi a criteri o elementi esterni al contratto stesso, che permettono di determinare

la prestazione: il fenomeno è descritto come “contratto per relationem” (ad es. 50.000

azioni della società i cui titoli avranno registrato il maggiore incremento nel primo

trimestre dell’anno). Ciò può avvenire o quando le parti hanno preso previsto tali

criteri di determinazione dell’oggetto estranei al contratto stesso (1474 c.c.), o

quando tali criteri vengono individuati direttamene dalla legge, o quando le suddette

parti rimettono la determinazione dell’oggetto ad un terzo, detto arbitratore.

Un caso particolare di contratto per relationem è quindi quella in cui la

determinazione del contratto avviene ad opera di un terzo soggetto a cui si affidano

le parti. Questo terzo si chiama arbitratore, e l’operazione che gli viene affidata si

chiama arbitraggio. Essa può seguire due schemi: il terzo deve procedere con equo

apprezzamento, cioè decidere in modo ragionevole; in tal caso la sua valutazione può

essere impugnata (cioè contestata) se risulta manifestamente iniqua o erronea: la parte

può quindi chiedere al giudice che l’oggetto del contratto venga rideterminato dal

giudice. La disciplina è invece diversa quando risulta che le parti si sono rimesse al

mero arbitrio del terzo, cioè gli hanno dato carta bianca: la decisione del terzo si può

impugnare allora, solo provando la sua mala fede; e se il terzo non decide, e le parti

non si accordano per sostituirlo, il contratto è nullo (sarà quindi l’arbitratore ha

decidere in quale misura A dovrà rifornire di seta B, e quanto B dovrà consegnare in

denaro ad A per la sua precedente prestazione).

Altro elemento fondamentale del contratto è la sua causa. Il contratto trasferisce

diritti, e fa nascere debiti e crediti: determina quindi spostamenti di ricchezza; la

legge prevede però che qualsiasi spostamento di ricchezza dev’essere giustificato,

poiché se risulta ingiustificato, si dovrà ripristinare l’assetto precedente. Il concetto di

causa di contratto si lega proprio a questo principio: causa è la ragione giustificativa

degli spostamenti patrimoniali realizzati con il contratto; la causa è quindi elemento

essenziale del contratto (oltre che a ricoprire la funzione economica sociale del

contratto stesso, intesa come causa tipica), poiché un contratto senza causa darebbe

luogo, come già detto, al fenomeno inammissibile di spostamenti patrimoniali non

giustificati. Il compratore fa il contratto perché questo gli dà la proprietà della cosa,

ed è disposto, in cambio, a cedere la cosa; il compratore e il venditore fanno il

contratto perché questo realizza lo scambio della cosa contro il prezzo (la proprietà

della cosa passa dal venditore al compratore, che a sua volta deve pagare il prezzo al

venditore). Lo scambio fra cosa e prezzo è la causa della compravendita: è il perché

del contratto, la ragione che giustifica i conseguenti trasferimenti di ricchezza. Se un

contratto è privo di causa, esso non può restare in piedi e non può produrre effetti: va

cancellato con il rimedio della nullità.

Alla nozione di causa si contrappone la nozione di motivi del contratto. I motivi,

sono i particolari interessi soggettivi (bisogni, desideri, aspettative) che spingono

ciascun contraente a fare il contratto, ma restano estranei alla ragione giustificativa

del contratto stesso, oggettivamente considerata. Per questo si distinguono dalla

causa, che invece è un elemento oggettivo del contratto, e quindi appartiene a

entrambi i contraenti; in una compravendita infatti, la funzione di scambiare cosa

contro prezzo caratterizza unitariamente il contratto, invece i motivi possono variare

enormemente, poiché sono qualcosa che non accomuna le parti, bensì resta chiuso

nella sfera psichica di una persona. Ciascun contraente può decidere di fare il

contratto per mille motivi suoi, ed è per ciò che allora si spiega così la formula:

“rilevanza della causa, irrilevanza dei motivi”.

Analizziamo ora quelle tipologie di contratti che sorgono grazie ad una

classificazione che riguarda il modo in cui il contratto organizza sacrifici e vantaggi

da economico-giuridici per le parti. I contratti onerosi sono quelli in cui entrambe le

parti sostengono un sacrificio per avere in cambio un vantaggio, come nel caso della

compravendita, dove la causa è “dare per avere” o “pagare per ricevere”, o viceversa

(“avere per dare” o “ricevere per pagare”, scambio fra cosa e prezzo), e quindi la

prestazione patrimoniale, ossia l’oggetto, prevede che entrambe le parti adempiano ai

loro compiti di compratore e venditore di dare per avere, o ancora meglio pagare per

ricevere; entrambe le parti avranno così sostenuto un sacrificio per avere in cambio

un vantaggio, poiché il compratore spenderà una somma di denaro, ma avrà in

cambio una proprietà, mentre il venditore non avrà più tale proprietà, ma guadagnerà

in cambio i soldi del compratore (l’utilità di scambiare cose contro denaro giustifica,

in generale, tutte le compravendite). I contratti gratuiti invece, sono quelli in cui

solo una parte sostiene un sacrificio, mentre l’altra parte ne consegue il vantaggio

corrispondente senza affrontare alcun sacrificio; ovvero la prestazione contrattuale è

prevista solo a carico di una sola parte, a vantaggio dell’altra, che ottiene vantaggi

senza corrispettivo sacrificio. Questo risultato economico può realizzarsi con

modalità giuridiche diverse: o con il trasferimento e il correlativo acquisto di un

diritto come nella donazione, o ancora con l’assunzione di un obbligo di prestazione e

l’acquisto del credito corrispondente, o con la rinuncia di un credito e la correlativa

liberazione dal debito etc. Anche i contratti gratuiti in più, hanno una causa: la

ragione per cui la parte sacrificata accetta di affrontare il sacrificio; può consistere in

un gesto di generosità, o magari di aspettative future di vantaggi indiretti o eventuali.

Alcuni tipi di contratto sono invece essenzialmente gratuiti, ovvero non possono

non esserlo, come la donazione (dare beni in regalo gratuitamente) o il comodato,

mediante il quale una parte (comodante) consegna ad un'altra (comodatario) una cosa

mobile o un immobile affinché se ne serva per un tempo o per un uso d

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A.A. 2019-2020
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Federico19997 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Bargelli Elena.