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Italia:i codici eliminarono il particolarismo giuridico della tradizione dello ius commune. L’organizzazione
delle istituzioni giudiziarie e il reclutamento dei magistrati dei dipartimenti italiani fu,in generale, realizzato
da autorità provvisorie stabilite dal governo imperiale.
Questi organi erano composti da personalità francesi e italiane e diretti da autorità militari francesi.
Capitolo III
Il ruolo del giudice e l’interpretazione del code civil
1. Le disposizioni preliminari del codice civile
Le regole atte a disciplinare la produzione e l’applicazione delle norme giuridiche sono collocate nei titoli
preliminari dei codici civili. Fu il codice civile francese del 1804 a inaugurare la tradizione delle Preleggi
con i Titolo preliminare di 6 articoli.
2. La teoria dell’interpretazione nel periodo rivoluzionario e il référé législatif
Le dottrine dell’Illuminismo,sulla base dei principi della separazione dei poteri e del primato della legge
sulle altre fonti del diritto,avevano teorizzato le realizzazione di un sistema normativo che consentisse
l’applicazione della norme senza <<interpretazione>>. Ciò prevedeva per il giudice un’attività
meramente meccanica di applicazione della norma al caso oggetto del giudizio,con l’esclusione di
qualunque attività interpretativa. Unica interpretazione ammessa era l’interpretazione autentica,perché
fornita dal legista ore stesso.
Principale frutto di tale orientamento in materia d’interpretazione della legge fu il sistema del c.d. référé
législatif. Tale istituto vietava al giudice l’interpretazione della legge,imponendogli di rivolgersi al
legislatore per la soluzione dei dubbi interpretativi o in seguito all’individuazione di una lacuna legislativa.
Il legislatore avrebbe fornito un’interpretazione autentica,attraverso l’emanazione di una legge
interpretativa che il giudice a quo avrebbe applicato alla controversia oggetto del giudizio. Il sistema si
articolava in un référé al legislatore <<obbligatorio>>,richiesto dal Tribunale di cassazione nel caso di
conflitto con il giudice di rinvio provocato dal suo mancato adeguamento al pronunciamento della
Cassazione,e in un référé <<facoltativo>>,che aveva origine invece da un dubbio interpretativo
individuato dal giudice di merito. L’attuazione del sistema del référé législatif provocò una situazione di
paralisi della giustizia. Ciò in quanto i giudici avevano frequentemente fatto ricorso alla procedura del
référé interrompendo i giudizi,mentre il legislatore non riusciva a rispondere tempestivamente alle
crescenti richieste di soluzioni di dubbi interpretativi. L’istituto del référé législatif poneva inoltre una
grave questione di principio,poiché la richiesta dell’emanazione di una legge interpretativa in pendenza di
lite,rischiava di trasformare il legislatore in giudice. Si trattava di una forma di ingerenza del legislativo
nell’amministrazione della giustizia e dunque di una violazione del principio di separazione dei poteri.
3. Il libro preliminare del progetto del codice civile
Allo scopo di pervenire rapidamente alla codificazione del diritto civile,dopo i tentativi non riusciti del
periodo rivoluzionario il 12 agosto del 1800 fu incaricata una nuova Commissione,composta da
Tronchet,Portalis,Préameneu,Maleville. La Commissione preparò un progetto di codice che si apriva con
un Libro preliminare,intitolato Del diritto e delle leggi in generale,composto da 39 articoli,divisi in 6 titoli.
Il titolo V conteneva una vera e propria disciplina dell’interpretazione della legge. Si distinguevano due
forme d’interpretazione:quella giudiziale (o <<in concreto>>),originata da una fattispecie concreta
sottoposta a giudizio,e quella autentica (o <<in astratto>>),efficacia erga omnes. Particolarmente
importanti erano le disposizioni che stabilivano:
- Il divieto per il giudice di emanare disposizioni di carattere generale (art.3);
- L’obbligo per il giudice di giudicare in ogni caso le controversie a lui sottoposte (art. 12);
- La possibilità per il giudice di far ricorso in materia civile all’equità e alla consuetudine, in presenza di
una lacuna legislativa (art. 11).
4. Portalis e il Discours préliminaire sul progetto del codice civile
Il Discours préliminaire del Portalis,che accompagna il progetto di codice civile del 21 gennaio 1801,è un
testo di grande rilievo perché rappresenta una sorta di manifesto programmatico della codificazione
napoleonica,non solo civilistica. Nel testo il Portalis ricorda come l’istituto del référé facultatif avesse
rallentato il corso della giustizia. Secondo il Portalis,il ricorso al référé in pendenza di lite aveva affidato
al legislatore funzioni giurisdizionali,con evidenti rischi per l’imparzialità e la correttezza
nell’amministrazione della giustizia. Un codice – proseguiva il Portalis – non può disciplinare tutte le
fattispecie e non può definirsi completo. Il compito della legge è quello di <<fissare,a grandi linee,le
massime generali del diritto>>,mentre spetta alla giurisprudenza e alla dottrina dirigerne l’applicazione.
Il Portalis si propone di definire il concetto di interpretazione della legge,distinguendo l’interpretazione
in concreto,consentita al giudice,da quella in astratto o autentica,di competenza del solo legislatore.
Dunque il Portalis intendeva superare l’accezione negativa del termine <<interpretazione>> e ne
evidenziava l’importanza e l’ineludibilità nell’attività giurisdizionale. La precisa distinzione tra
<<interpretazione in astratto>>,o autentica – emanata dal legislatore e vincolante erga omnes – e
<<interpretazione in concreto>>,o giudiziale – la cui efficacia è rigorosamente limitata alle parti in
giudizio – consentiva al Portalis di chiarire che soltanto la prima è vietata al giudice,mentre la seconda è
presupposto necessario dell’applicazione della legge alla fattispecie concreta.
5. Il Titolo preliminare
Il Libro preliminare fu considerato pericolosamente giusnaturalistico e,più in generale,troppo filosofico.
Del testo si stralciarono i titoli III,IV,V,e si ricavò un Titolo preliminare di soli 6 articoli. Nella
formulazione del testo definitivo del Titolo preliminare,le disposizioni relative all’interpretazione della
legge furono soltanto quelle contenute nell’art. 4:
il giudice che rifiuterà di giudicare con il pretesto del silenzio,dell’oscurità o dell’insufficienza della
legge,potrà essere perseguito come colpevole di diniego di giustizia;
e nell’art. 5 :
È proibito ai giudici di pronunciarsi in via di disposizione generale regolarmente nelle cause di loro
competenza.
Obbiettivo dichiarato dell’art. 4 fu dunque l’abrogazione de référé législatif facoltativo,attraverso
l’imposizione dell’obbligo per il giudice di pronunciarsi comunque sulla causa in giudizio,facendo ricorso
ai tradizionali strumenti interpretativi. Ciò avrebbe comportato,in caso di lacuna legislativa,in materia
civile, il ricorso all’equità e al diritto naturale mentre,nei giudizi penali, all’assoluzione dell’imputato.
6. L’art. 4 del Code civil
Il carattere <<giusnaturalistico>> del Titolo preliminare che il Portalis aveva desiderato,fu
considerevolmente attenuato dall’esclusione dell’art.11 del progetto. Senza quella disposizione che
assegnava al giudice il ruolo di <<ministro di equità>> nel caso di silenzio della legge e consentiva il
ricorso al diritto naturale e alle consuetudini,l’art.4 fu <<inquadrato entro una prospettiva squisitamente
<<legalistica>>.
La ratio dell’art.4 ,nell’intenzione dei suoi compilatori,era quella di evitare gli inconvenienti del référé
législatif. L’art.4 imponeva,infatti, al giudice di decidere in ogni caso,e l’art.11,indicava i criteri in base a
cui decidere nel silenzio o comunque nell’incertezza della legge. Eliminato il secondo articolo, il primo-
considerato isolatamente- venne inteso dai primi interpreti del codice in modo completamente
diverso:esso venne cioè interpretato nel senso che si dovesse sempre ricavare dalla legge stessa la norma
per risolvere qualsiasi controversia.
Tuttavia il significato profondamente innovativo dell’art.4 del Code civil è universalmente riconosciuto
in dottrina. L’art. 4 fa dunque del giudice un arbitro dello Stato,che dispone di un potere indefinito di
risolvere le liti,ma anche di creare del diritto giudiziario tutte le volte che è indispensabile supplire al
silenzio della legge.
In sintesi si può affermare che con l’art.4 del Code civil,si passò dall’imposizione al giudice del <<divieto
d’interpretazione>> -originata dal référé législatif – alla previsione dell’obbligo d’interpretazione>>.
L’emanazione del codice e il superamento della concezione della giurisdizione caratteristica
dell’ordinamento rivoluzionario,sono derivate importanti acquisizioni dottrinali,quali:
a) L’ineludibilità della funzione interpretativa del giudice ai fini dell’applicazione della legge;
b) La consapevolezza dell’insufficienza della legge e delle necessità di consentire al giudice di colmare le
lacune legislative,anche con il ricorso a fonti non – legislative (giurisprudenziali e consuetudinarie);
c) La precisa distinzione tra interpretazione giudiziale (o in concreto) e interpretazione autentica (o in
astratto);
d) La previsione per il giudice di funzioni interpretative differenti nei giudizi civili,rispetto a quelli
penali,ove la tipicità dei reati e l’irretroattività delle norme furono tassativamente ribadite.
È opportuno ricordare come la dottrina abbia individuato una certa ambiguità nella formulazione
dell’art.4:non appariva chiaro se il giudice potesse far ricorso alla eterointegrazione,ossia riferirsi a valori
e principi <<esterni>> rispetto al diritto legislativo,oppure si dovesse limitare alla sola autointegrazione.
Secondo quest’ultimo orientamento – che si affermò in Francia con la c.d. <<Scuola dell’Esegesi>> -
anche in presenza di lacuna legislativa,il giudice avrebbe dovuto rinvenire soltanto nella legge positiva la
disciplina necessaria per risolvere la controversia oggetto del giudizio. A prevalere,nel clima
giuspositivistico del XIX secolo,fu questa interpretazione stre