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Estratto del documento

LF

ha affermato che tali diritti devono commisurarsi a situazioni in cui si ha una parità di trattamento, inoltre la

disciplina della liquidazione coatta amministrativa è tutelata per ragioni pubblicistiche.

A partire dal 79 e con la riforma del 99 si è introdotta una disciplina relativa alla procedura

dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, la quale ha inteso sottrarre alla procedura

fallimentare il debitore che non aveva la caratteristica di far riferimento a un settore sensibile ma di essere

un grande imprenditore e come tale idoneo, in caso di fallimento, a determinare danni socialmente rilevanti

in più settori economici ( ) e riflessi sociali molto consistenti (

per le imprese dipendenti quasi come quelli

). Nella riforma del 99 si era dato al

determinati dalle imprese sottoposte a liquidazione coatta amministrativa

giudice ( ) la possibilità di valutare la posizione di tali soggetti economicamente

per non camuffare aiuti di Stati

rilevanti e decidere in merito alla procedura da intraprendere:

- Se c’è situazione di insolvenza irreversibile, precedere al fallimento

- Se non c’è insolvenza irreversibile, l’autorità amministrativa andrà a protezione degli interessi sociali

coinvolti, con la possibilità di collocare rami d’azienda ed effettuare dismissioni, cessioni,

ridimensionamento, etc.

Dopo il 99 abbiamo avuti tanti crack come Parmalat, Alitalia, Ilva, Cirio, dove di fatto vengono riformate le

leggi in virtù della situazione ( ), dove anche in questi casi si è sottratto il dissesto

es. caso Ilva con legge Monti

perché avrebbe portato a seri disagi nel settore.

[

PER LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA SI PUO’ FAR RIFERIMENTO ALLE PARTI TRATTATE NEGLI

]

APPUNTI; MENTRE PER L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA GUARDARE LE ESERCITAZIONI

6/10/16

I presupposti del fallimento: la dimensione

Con rif. agli artt. 1 LF e 2221 cod. civ., manca da analizzare la dimensione di chi fallisce o meno. L’art. 1 LF

con la vecchia formulazione prevedeva l’esenzione dei piccoli imprenditori: “sono soggetti a fallimento gli

imprenditori commerciali, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori”; nella nuova riformulazione dell’art.

1 è stata eliminata la frase che riguarda l’esclusione dei piccoli imprenditori. La ragione di questa

esclusione risponde ad un requisito di economia giudiziaria: non facciamo procedure che non sia utili o

comunque tali da portare a un risultato utile; inoltre, tale esenzione era concepita per ragioni di privilegio e

di favore in modo da andare incontro alle piccole iniziative senza scoraggiarle attraverso una “minaccia di

tipo commerciale” ( ) che può

es. obbligo iscrizione registro imprese, obbligo alla tenuta delle scritture contabili

portare al fallimento, il quale può essere rappresentato come un deterrente alle piccole iniziative

imprenditoriali. Ma chi è il piccolo imprenditore? L’art. 2083 “Piccoli imprenditori” cod. civ. dà una

definizione “semplice” dando luogo a numerosi problemi interpretativi: “sono piccoli imprenditori i coltivatori

diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale

organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”. Notiamo che

nell’articolo troviamo una “congiunzione” delle tre categorie di piccoli imprenditori e coloro che esercitano

attività con il proprio lavoro e lavoro della famiglia, il problema interpretativo riguardava il fatto che per

arrivare alla qualificazione di piccolo imprenditore basta il fatto di essere qualificato come coltivatore,

artigiano e piccolo commerciante oppure è necessario anche, oltre a essere qualificato nominalmente

come coltivatore-artigiano-piccolo commerciante anche la presenza della prevalenza del proprio lavoro e

della famiglia ( )?

non più considerato come 4° categoria, ma ha una valenza generale

Dal punto di vista del coltivatore diretto del fondo non abbiamo problemi interpretativi in quanto tale lavoro

si svolge proprio sull’utilizzo del lavoro.

Per i piccoli commercianti, una definizione normativa a carattere generale volta a determinare

civilisticamente a tutti gli effetti il concetto di “piccolo commerciante” non esiste ancora adesso. Ne segue

che per il piccolo commerciante si può sostenere che il concetto di “piccolezza” sia ancorato ad

“intermediatore” alla circolazione di beni con una dimensione piccola ( ) – Tale interpretazione

es. ambulante

però non ha una definizione generale, è solo una descrizione dell’attività, cosa che è invece è presente per

gli artigiani.

Per gli artigiani, invece, troviamo la loro identificazione nella Legge Quadro del 1985 ( integrata

), così come già delineata dalla legge del 1956 nella quale venivano identificati “artigiani” i

recentemente

soggetti che in tale legge venivano identificati come tali. Ne segue che se interpretiamo l’art. 2083 come se

per considerare un artigiano piccolo imprenditore basta solo la qualificazione nominativa, allora basta la

semplice iscrizione all’albo secondo quanto previsto dalla Legge speciale del 1985; mentre, la sola

iscrizione all’albo non è rilevante se riteniamo valida la seconda interpretazione secondo cui per qualificarsi

piccolo imprenditore oltre alla qualificazione nominativa serve la prevalenza del lavoro personale e della

propria famiglia rispetto ai fattori della produzione. Da questa seconda interpretazione ne consegue un

limite dimensionale per relazione, dovendo individuare le singole attività e fare un discorso diversificato a

seconda del settore di cui si occupa, ma in ogni caso centrale ai fini della determinazione della fallibilità o

meno è il concetto della prevalenza. Ai fini dell’applicazione della procedura di fallimento bisogna rilevare il

criterio della prevalenza dove l’art. 4 “limiti dimensionali” della legge dell’Artigianato n. 443/1985

( ) qualifica come “impresa artigiana” la prestazione d’opera dell’imprenditore

successivamente ampliata

artigiano o dei soci con l’ausilio del personale dipendente, purché non si superino i seguenti limiti

dimensionali:

- Impresa che non lavora in serie un massimo di 18 dipendenti, elevabile fino a 22;

- Impresa che lavora in serie ( ) un massimo di 9 dipendenti elevabile a 12;

automatizzata ma non del tutto

- Impresa nel settore delle lavorazioni artistiche, tradizionali, un massimo di 32 dipendenti elevabile fino a

40;

- Impresa di trasporto un massimo di 8 dipendenti;

- Imprese costruzioni edili un massimo di 10 dipendenti elevabile fino a 14;

Da qui emerge che il novero degli artigiani è più ampio di quello che ci si aspetta, infatti in questo elenco

rientrano le imprese di trasporto, di costruzione, con lavorazione automatizzata… se scorriamo l’elenco

delle imprese nelle lavorazioni artistiche troviamo una serie di mestieri ( abbigliamento su misura, decorazioni,

) che

fotografia, legno, metalli, metalli pregiati, restauro, barbiere e parrucchiere, tessitura, vetro, ceramiche…

rientrano nel settore commerciale ( ) ma che danno rilievo

produzione di beni e servizi diversi dall’agricoltura

all’artigianalità del lavoro. Abbiamo già visto ad es. che l’art. 45 della Cost. riconosce e tutela le attività con

un fine mutualistico, possiamo ricondurre l’artigianato una funzione pubblica della sua attività, inoltre se

andiamo a vedere l’art. 3 “definizione di impresa artigiana” della L. Artigiano del 1985 troviamo che “è

artigiana l’impresa nei limiti dimensionali di cui alla presente legge, abbia per scopo prevalente lo

svolgimento di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, di prestazioni di servizi, escluse le

attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali ( )”; dove

rif. al mero commerciante che vende

ne segue che se l’esenzione dal fallimento dipende dalla mera nominazione di “artigiano” ( se rispettate le

) allora abbiamo una platea di imprenditori che sarebbero esclusi da

condizioni per l’iscrizione all’albo

fallimento in quanto tali ma che comunque fa riferimento anche ad imprese capaci di avere debiti ( giro di

), nel caso invece in cui

affari e di rapporti in termini assoluti valutabili in termini medi o anche di grandezza

interpretiamo l’art. 2083 cod. civ. nel senso che non basta l’iscrizione all’albo degli artigiani e il rispetto dei

limiti dimensionali dell’art. 4 L. Artigiani ma occorre anche la prevalenza del lavoro del titolare e/o dei suoi

famigliari sui fattori produttivi impiegati ( ) ecco che otteniamo un ridimensionamento. Ma

capitale, lavoro…

come valutiamo questa prevalenza del lavoro sugli altri fattori produttivi? Nei fattori produttivi non possiamo

considerare solamente il lavoro perché se considerassimo il lavoro è facile constatare se si impiega di più il

lavoro del titolare e dei famigliari o quello dei suoi dipendenti; ma in realtà la norma di legge parla di “fattori

produttivi” quindi bisogna includere anche il capitale e questo ha più senso in quanto ci sono artigiani

previsti dalla Legge sull’Artigianato che effettivamente hanno un capitale misero ( ) e altre

es. per il restauro

che hanno un capitale più consistente ( ). In realtà bisogna andare a trovare

es. pietre preziose, macchinari…

un criterio per determinare questa prevalenza, nel senso che comunque non sarebbe opportuno escludere

dal novero degli artigiani esenti da fallimento ad es. un orafo che lavora una materia alquanto costosa:

ecco perché i tribunali nazionali si sono sbizzarriti nell’identificare il parametro attraverso il quale poter

individuare la presunzione della piccolezza. La Cassazione, ad es., ha affermato per molti anni che la

prevalenza c’è sempreché il lucro dell’imprenditore considerato non sbordi in profitto: interpretabile nel

senso che non guadagni troppo – criterio non arbitrario, non formale; altri tribunali, invece, hanno fissato un

tetto massimo di guadagno ( ) o ancora dal numero dei dipendenti... – criteri del buon senso ma

es. 1 milione

non arbitrali in quanto non previsti dal legislatore.

Ecco che nella stessa legge del 1985 sull’Artigianato viene determinato un criterio per la determinazione

della prevalenza, dove il legislatore dà una definizione dell’imprenditore artigiano deontologica: “è

imprenditore artigiano chi svolge l’impresa artigiana personalmente, professionalmente, in qualità di

titolare, assumendo oneri e risc

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A.A. 2016-2017
90 pagine
7 download
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher elaisa1993 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto fallimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Cesqui Sante Maria.