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3.4. LA CADUTA DEL DIVIETO DI RICONOSCIMENTO DEI FIGLI NATI DA PERSONE LEGATE DA VINCOLO DI PARENTELA O DI AFFINITÀ

L'art. 251 c.c., nella vecchia formulazione stabiliva il divieto del riconoscimento dei figli nati da persone tra le quali esistesse un vincolo di parentela, anche naturale, in linea retta all'infinito oppure in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta.

L'originaria formulazione della norma escludeva l'operatività del divieto in due casi:

  1. qualora i genitori all'epoca del concepimento, ignorando il vincolo che intercorreva tra loro, fossero in buona fede;
  2. qualora fosse stato dichiarato nullo il matrimonio dal quale derivava l'affinità.

Quando uno dei genitori era in buona fede, il riconoscimento del figlio poteva essere fatto solo da lui. Tuttavia, in tutti questi casi, il riconoscimento avrebbe dovuto essere autorizzato dal giudice, avuto riguardo all'interesse del.

figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Tradizionalmente, questo divieto veniva associato al disvalore, sul piano morale e sociale, che accompagna le relazioni tra consanguinei. L'interesse del figlio al conseguimento dello status di figlio riconosciuto rilevava solo in via subordinata, ossia ove il comportamento dei genitori, in quanto in buona fede, non fosse sanzionabile: solo in detta ipotesi, il giudice avrebbe potuto autorizzare il riconoscimento valutandone la convenienza per il minore.

La vecchia formulazione nel definire "incestuosi" i figli in questione, appariva inopportuna, in quanto attribuiva loro una caratteristica disonorevole, da riferirsi semmai ai genitori. Ma soprattutto l'originario assetto codicistico poneva il figlio incestuoso in una condizione di grave discriminazione rispetto agli altri figli, perché non solo non era consentito al genitore procedere al riconoscimento, ma nemmeno era possibile, per il figlio,

giungere ad un accertamento giudiziale della paternità o maternità ex art. 269 c.c., in quanto vigeva la previsione di cui all'art. 278.1 c.c., che vietava le indagini sullamaternità e paternità nei casi in cui, a norma dell'art. 251 c.c., il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato. I figli "incestuosi" erano, dunque, totalmente impossibilitati a vedere riconosciuta la filiazione, anche se, ovviamente, erano incolpevoli rispetto alla condotta dei genitori, con evidente disparità di trattamento rispetto a tutti gli altri. L'unica forma di tutela a questi riconosciuta era quella di cui all'art. 279 c.c., che consentiva di agire per ottenere i mezzi necessari al mantenimento, all'istruzione e all'educazione ovvero, in caso di maggiore età e qualora il figlio versasse in stato di bisogno, per ottenere gli alimenti. La questione di costituzionalità del divieto di riconoscimento dei figli

“incestuosi” fu sollevata davantialla Consulta; l’ordinanza di rimessione della Suprema Corte aveva posto la questione di costituzionalitàdell’art. 251 c.c. e della norma di cui all’art. 278.1 c.c.. La Corte costituzionale limitò il suo interventoall’art. 278 c.c., dichiarandone il contrasto con gli artt. 2-3-30 cost. nella parte in cui escludeval’ammissibilità dell’azione di dichiarazione giudiziale di paternità e maternità nei casi in cui non eraammesso il riconoscimento. Venne ammessa la dichiarazione giudiziale di maternità e paternità delfiglio concepito con rapporto incestuoso, ma, assai contraddittoriamente, restò in vigore il divieto diriconoscimento.Oggi l’art. 251 c.c. prevede la riconoscibilità, previa autorizzazione del giudice, del figlio nato da personetra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all’infinito o in linea collaterale nel

secondo gravo, ovvero un vincolo di affinità in linea retta. L'autorizzazione deve essere concessa o negata, avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare a costui qualsiasi pregiudizio, e si configura quale presupposto necessario affinché l'ufficiale di stato civile possa raccogliere la dichiarazione di riconoscimento del genitore. Di norma, non si porrà un problema di autorizzazione in occasione del primo riconoscimento, stante il divieto per chi lo compie di dare indicazioni indicative all'altro genitore; la relazione incestuosa si manifesta solo con il secondo riconoscimento, da cui risulta il vincolo di parentela tra i genitori. In questo caso, il secondo riconoscimento è autorizzazione dal giudice, ed in mancanza di autorizzazione il primo potrà essere impugnato con l'azione disciplinata dall'art. 263 c.c. sul presupposto della sua contrarietà a norme imperativa. Il nuovo art. 251 c.c.

non rispetterebbe la verità biologica e potrebbe causare confusione e pregiudizio per il figlio.si porrebbe incontrasto con le risultanze dell'atto di nascita. Tale prescrizione, che va coordinata con quanto esposto in precedenza in ordine all'acquisizione dello stato di filiazione, che presuppone la formazione di un titolo dello stato, comporta che l'inammissibilità operi esclusivamente qualora il figlio che si intende riconoscere risulti nato nel matrimonio oppure sia stato riconosciuto o giudizialmente dichiarato, perché dotato del corrispondente titolo di stato. Qualora venga effettuato un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio nato nel matrimonio, riconosciuto o giudizialmente dichiarato, di cui è titolare il figlio, il riconoscimento non è efficace; peraltro, il successivo venir meno del titolo dello stato di cui era titolare il figlio, ad esempio a seguito di un disconoscimento di paternità, consente al riconoscimento di acquistare effetti, stante il carattere retroattivo della sentenza che fa venir meno.

L'originario status del figlio.

3.6. LA FORMA DEL RICONOSCIMENTO

L'art. 254 c.c. dispone che il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti a un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo.

Alla forma pubblica dell'atto è sottesa l'esigenza di garantire la certezza in ordine al tempo e all'autore del riconoscimento.

L'accertamento della filiazione fuori dal matrimonio può essere contenuta nell'atto di nascita, se contestuale alla dichiarazione di nascita, ma può anche essere effettuato con dichiarazione successiva alla nascita, ovvero precedente ad essa purché successiva al concepimento. Dal disposto dell'art. 258.2 c.c., il quale vieta l'inserimento nell'atto di riconoscimento di indicazioni relative

all'altro genitore, si evince l'impossibilità per il padre di effettuare il riconoscimento del figlio nascituro qualora esso non sia stato riconosciuto anche dalla madre, in precedenza o contestualmente. L'atto di riconoscimento è pubblicizzato attraverso l'iscrizione nei registri dello stato civile, qualora sia ricevuto dall'ufficiale dello stato civile separatamente dalla dichiarazione di nascita, ovvero attraverso la trascrizione nei medesimi registri, nel caso in cui sia ricevuto da altro pubblico ufficiale. Quando la documentazione pubblica si realizza mediante atto separato dalla dichiarazione di nascita, alle predette formalità si accompagna l'annotazione nell'atto di nascita. Il carattere di irrevocabilità dell'atto di riconoscimento comporta che questo resti fermo nonostante l'intervenuta revoca del testamento in cui è contenuto ai sensi dell'art. 256 c.c.. 4. LE PROVE DELLA FILIAZIONE Incorrispondenza dell'unificazione dello status di filiazione, la l. 219/2012 ha previsto la ridefinizione della disciplina del possesso di stato e della prova della filiazione, in funzione di una parificazione dell'afiliazione fuori del matrimonio alla filiazione nel matrimonio. Sì che a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. 154/2013 agli artt. 236-237-241 c.c., la disciplina delle prove della filiazione, in origine "prove della filiazione legittima", deve ritenersi applicabile sia alla filiazione matrimoniale sia a quella non matrimoniale. L'art. 236.1 c.c. dispone che l'atto di nascita è formato e iscritto nei registri dello stato civile a seguito della dichiarazione della nascita proveniente dai soggetti indicati dall'art. 30.1 d.p.r. 396/2000. L'atto di nascita vale quale prova principale della filiazione anche ove avvenuta al di fuori del matrimonio. Tuttavia, ancorché il legislatore abbia inteso unificare il regime.della prova della filiazione, resta fermo che le diverse modalità di accertamento dello stato di figlio in dipendenza della sussistenza o meno del vincolo matrimoniale tra i genitori si riflettono anche sulla concreta attitudine probatoria dei rispettivi atti di nascita, nel senso che quello che attesta la nascita di figlio di donna non coniugata intanto sarà in grado di provare lo stato di filiazione in quanto in esso risulti il riconoscimento dei genitori. Mentre, per ciò che concerne la filiazione nel matrimonio, l'atto di nascita è di per sé idoneo a fornire la prova di tutti gli elementi che la costituiscono: maternità, matrimonio, concepimento in costanza di matrimonio e paternità. L'atto di nascita quale titolo dello stato di filiazione non ha carattere costitutivo, tanto che, in sua mancanza, la filiazione può essere provata con il possesso continuo dello stato di figlio, che risulta da una serie di fatti che nel loro.il richiedente sia stato riconosciuto come figlio da parte di uno o entrambi i genitori; 110• che il riconoscimento sia stato effettuato in conformità alle disposizioni di legge; 111• che il riconoscimento sia stato registrato presso l'ufficio di stato civile competente. Inoltre, l'art. 237.3 c.c. stabilisce che il riconoscimento può essere impugnato da chiunque abbia un interesse legittimo entro un anno dalla data della registrazione. È importante sottolineare che il riconoscimento di un figlio ha effetti giuridici significativi, come ad esempio il diritto all'assegno di mantenimento, l'eredità e la cittadinanza. Pertanto, è fondamentale che il riconoscimento sia effettuato correttamente e che vengano rispettate tutte le disposizioni di legge in materia.
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A.A. 2020-2021
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Nobody_scuola_1990 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto di famiglia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Al Mureden Enrico.