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Il matrimonio come fonte di prova privilegiata dell'unione coniugale
Autore: Alessia Caputo (alessia_caputo@hotmail.it)
A norma dell'art. 130 c.c., l'atto estratto dai registri dello stato civile costituisce la fonte di prova privilegiata dell'unione coniugale. Attraverso tale documento, l'ufficiale di stato civile o il ministro di culto celebrante attestano che le nozze sono avvenute in sua presenza e con la sua partecipazione, nel luogo e nel tempo risultanti dall'atto stesso. Il conforme all'atto di matrimonio vale a sanare ogni difetto di forma dell'atto; i suoi elementi costitutivi sono: il consensus, ossia la circostanza che i coniugi si siano sempre identificati come tali e la moglie abbia portato il cognome del marito; il tractatus, ossia il fatto che essi abbiano sempre agito alla stregua di persone sposate; le fama, ossia la circostanza che la generalità dei consociati li abbia sempre considerati come marito e moglie.
L'art. 82 c.c. stabilisce che il matrimonio celebrato...
davanti a un ministro del culto cattolico e regolato inconformità del Concordato con la Santa Sede e delle leggi speciali sulla materia. Il matrimonio è infatti regolato dal diritto canonico quanto alla celebrazione ed ai requisiti di validità, ed acquista effetti civili dal momento della celebrazione delle nozze, a seguito della trascrizione nei registri dello stato civile. Sono riconosciuti effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico, a condizione che l'atto sia trascritto nei relativi registri dello stato civile. Subito dopo la celebrazione, il parroco o un suo delegato spiegherà ai contraenti gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi e redigerà quindi l'atto di matrimonio, nel quale potranno essere inserite le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile, cioè la dichiarazione diRiconoscimento di un figlio naturale oppure il regime patrimoniale della separazione dei beni. La trascrizione non può avere luogo quando gli sposi non rispondano ai requisiti stabiliti dalla legge civile. In tal modo si è realizzata una armonizzazione di fondo fra le due forme matrimoniali, in quanto l'efficacia civile del matrimonio canonico non è riconosciuta quando siano violate alcuni presupposti ritenuti fondamentali dall'ordinamento civile. La legge prevede che la trascrizione sia richiesta per iscritto dal parroco del luogo dove il matrimonio è stato celebrato entro 5 giorni dalla celebrazione e che l'ufficiale di stato civile vi provveda entro 24 ore, dandone poi notizia al parroco (c.d. trascrizione tempestiva). È però possibile la c.d. trascrizione tardiva, posteriormente su richiesta dei due contraenti, o anche di uno di essi, con la conoscenza e senza l'opposizione dell'altro.
Per quanto riguarda il riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche di nullità di matrimonio nel diritto interno, il procedimento non si instaura da ufficio, ma esige l'iniziativa di entrambi i coniugi o di uno di essi, in seguito alla quale la corte d'appello compie gli accertamenti di rito e di merito. Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, munite del decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo, sono su domanda di entrambe le parti o di una di esse, dichiarate efficaci nella Repubblica Italiana con sentenza della corte d'appello competente, che sarà quella della circoscrizione a cui appartiene il comune presso il quale fu trascritto l'atto di celebrazione del matrimonio. La Corte d'appello dichiara l'efficacia delle sentenze ecclesiastiche quando accerti la competenza del giudice ecclesiastico a conoscere della causa, ed inoltre che nel procedimento davanti
aitribunali ecclesiastici sia stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere i giudizio in modo nondifforme dai principi fondamentali dell'ordinamento italiano e che ricorrano le altre condizioni richiestedalla legge italiana per la dichiarazione di efficacia di sentenze straniere. Tra i requisiti richiesti, quello dimaggior rilevanza pratica è il rispetto dell'ordine pubblico. Per quanto riguarda i provvedimenti riguardantii figli, la giurisprudenza ha affermato che la deliberazione da parte della corte d'appello di una sentenzadichiarativa della nullità del matrimonio rende applicabili le norme dettate nel caso di matrimonio putativo.La disciplina applicabile ai è quella prevista dalmatrimoni celebrati davanti a ministri del culto ammessicodice civile per i matrimonio celebrati davanti all'ufficiale di stato civile. I cittadini italiano possono6
Autore: Alessia Caputo ( alessia_caputo@hotmail.it )celebrare il matrimonio in un
paese straniero secondo le forme ivi stabilite purché ricorrano le condizioni necessarie dettate dal c.c. Lo straniero può contrarre matrimonio in Italia ed in tal caso deve presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell'autorità competente del proprio Paese, dalla quale risulti che nulla osta al matrimonio. In mancanza di rilascio del nulla osta, è possibile rivolgersi al tribunale che potrà autorizzare la celebrazione qualora ritenga che il rifiuto o l'omissione delle autorità straniere costituiscano una lesione non giustificata della libertà matrimoniale ovvero si pongano in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento.
CAPITOLO TERZO – I RAPPORTI PERSONALI TRA CONIUGI
L'art. 143 c.c. stabilisce che con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Tale principio presuppone un'eguaglianza assoluta e perfetta.
intesa nel senso di identità di posizione fra il marito e la moglie, che hanno quindi le stesse prerogative personali e sono titolari del governo della famiglia, senza distinzione di poteri e di ruoli. I doveri coniugali, ossia quelli che derivano dal matrimonio, sono a norma dell'art. 143 c.c.: riveste una posizione preminente fra i doveri reciproci derivanti dal matrimonio, poiché: - fedeltà: riguarda la persona fisica e spirituale di entrambi i coniugi. La fedeltà va quindi interpretata in senso ampio come dedizione fisica e spirituale di un coniuge all'altro; in questa prospettiva la nozione di fedeltà finisce col coincidere con quella di lealtà. L'obbligo di fedeltà permane durante il temporaneo allontanamento di un coniuge dalla residenza familiare; - assistenza: quell'impegno di vita assieme che i coniugi devono prestarsi reciprocamente. L'obbligo dell'assistenza morale e materiale costituisce il necessario completamento diAssumono con il matrimonio. Può essere interpretato quale dovere dei coniugi di proteggersi a vicenda e di proteggere la prole. Nell'obbligo di assistenza rientrano il sostegno reciproco nell'ambito affettivo, psicologico e spirituale: secondo la morale, la Cassazione in suddetto obbligo si considera violato in presenza di un ingiustificato rifiuto di aiuto e conforto spirituale, accompagnato dalla volontaria aggressione della personalità dell'altro. L'assistenza riguarda invece l'aiuto che i coniugi debbono fornirsi reciprocamente: non solo si riferisce all'assistenza in caso di malattia, ma anche a quel sostegno di cui ciascun coniuge ha bisogno nell'attività di lavoro o di studio e nello svolgimento dei compiti che si è assunto nella ripartizione delle incombenze familiari; riguarda comportamenti necessari a soddisfare le esigenze del nucleo familiare nel suo complesso; si riferisce
abitare sotto lo stesso tetto. I coniugi fissano la residenza della famiglia utilizzando il tag <strong>coabitazione secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. La scelta della residenza della famiglia diviene problematica quando entrambi i coniugi svolgono il proprio lavoro in luoghi diversi, poiché è difficile in questo caso stabilire quale sia da considerare la dimora familiare. A riguardo l'art. 45 c.c. stabilisce che ciascuno dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo in cui ha stabilito la sede principale dei suoi interessi o affari, quindi ciascuno dei coniugi può avere un domicilio diverso. Tra i doveri che nascono dal matrimonio, quello di ha un riflesso di contribuzione ai bisogni della famiglia di carattere patrimoniale: la legge stabilisce che entrambi i coniugi sono tenuti a contribuire ai bisogni della famiglia ed a mantenere, istruire ed educare la prole in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di utilizzando il tag <strong>contribuire ai bisogni della famiglia.lavoro professionale o casalingo. Si parla in questo caso di regime patrimoniale primario imperativo che è volto a regolare l'obbligo di contribuzione. L'art. 143 c.c. enuncia espressamente il dovere dei coniugi di contribuire ai bisogni della famiglia in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo. La contribuzione assume pertanto una configurazione paritaria e reciproca e si identifica nell'obbligo di concorrere a soddisfare le necessità della famiglia, non più nel dovere di mantenimento. La dottrina ha sottolineato come il lavoro casalingo venga preso in considerazione alla stessa stregua del lavoro esterno, il che evidenzia il rapporto di parità morale e giuridica dei coniugi nell'assetto legislativo, nonché il contributo preminente della donna in ragione della sua essenziale funzione familiare. L'obbligo di contribuzione rappresenta quindi un elemento fondamentale nella regolamentazione del regime patrimoniale dei coniugi.contribuzione permane per tutta la durata della convivenza, e anche nel caso di allontanamento senza giusta causa. L'art. 143 c.c. stabilisce che la moglie aggiunge al proprio il cognome del marito. La norma in esame costituisce una deroga al principio di uguaglianza previsto dall'art. 29 Cost., ed appare ispirata dalla necessità di assicurare primarie esigenze di carattere collettivo che impongono l'esistenza di un nome familiare, a salvaguardia dell'unità della famiglia stessa. Per conseguire questo obiettivo, il legislatore della riforma ha rispettato la radicata tradizione sociale che, posta l'esigenza che la famiglia abbia un unico cognome, lo identifica in quello del marito; sarebbero possibili altre soluzioni, come la creazione di un cognome dato dalla somma di entrambi, o l'attribuzione ai coniugi della facoltà di determinare il cognome familiare. Tale sistema appare in via di superamento, in quanto è stato di recente.i residenza comune e che possono scegliere di utilizzare il cognome di uno dei due coniugi o entrambi i cognomi, in qualsiasi ordine. Il progetto di legge propone di modificare l'articolo 144 c.c. per garantire che ciascun coniuge possa conservare il proprio cognome anche dopo il matrimonio. Questa modifica mira a promuovere l'uguaglianza di genere e a rispettare la libertà individuale di scelta del cognome.