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P.A.

In Italia, i primi passi verso il riconoscimento di tutela verso gli amministrati, si è avuto

attraverso una legge del 1865, che prevedeva la tutela giurisdizionale sia per i diritti soggettivi (si

faceva riferimento a controversie nelle quali fossero presenti questioni di diritto civile), sia nei casi

“non compresi”.

Questa legge, tuttavia, non ebbe particolare efficacia, perché secondo la giurisprudenza, la P.A.

quando esercita il suo potere autoritativo si trova di fronte a situazioni non conformabili come

diritti soggettivi, ma quest’ultimi sussistono quando la P.A. e l’amministrato si trovano in una

situazione di parità (es. rapporto contrattuale).

Nel 1899 fu istituita la quarta sezione del Consiglio di Stato, che aveva il compito di giudicare i

ricorsi per vizi inerenti all’eccesso di potere, incompetenza e violazione di legge.

Anche se formalmente non riconosciuta come giudice, la quarta sezione del Consiglio di Stato

rappresentava un giudice speciale, un giudice amministrativo.

Questo permetteva la nascita della definizione di interesse legittimo, ovvero quell’interesse

dell’amministrato a che l’interesse pubblico fosse perseguito secondo legalità, e la sua distinzione

rispetto al diritto soggettivo. Infatti, la giurisdizione dell’interesse legittimo era in capo alla

quarta sezione del Consiglio di Stato, mentre quella del diritto soggettivo al giudice ordinario.

Nella seconda metà del ‘900, vi è stata un’ulteriore evoluzione dell’interesse legittimo come

situazione sostanziale, cioè che preesiste alla decisione amministrativa. Questo ha portato al

diritto al contradditorio, prima che la decisione venga presa dalla P.A.

Infine, vi è stata un’evoluzione anche nel risarcimento danni ingiusti causati dalla P.A. che erano

previsti solamente in presenza di lesione di diritti soggettivi e non di interessi legittimi. La piena

riconoscibilità si è avuta quando si è ammessa la tutela risarcitoria anche in assenza di un diritto

soggettivo pre-esistente (come nel caso di interesse legittimo oppositivo all’espropriazione, il

diritto soggettivo pre-esistente è il diritto di proprietà). E’ il caso degli interessi legittimi pretensivi,

come quelli che sorgono quando la P.A. nega un’autorizzazione.

La giurisprudenza ha riconosciuto la risarcibilità, ma deve emergere un illecito nella procedura

che l’amministrazione ha seguito.

6.9) Il diritto affievolito

La questione del diritto affievolito rientra nel caso in cui un diritto soggettivo, di cui un soggetto

privato è titolare, affievolisce di fronte al potere autoritativo della P.A.

Questo può avvenire nel caso di espropriazione per pubblico interesse, dove il diritto di proprietà

non è più un diritto soggettivo pieno, in quanto prevale l’interesse pubblico.

Il privato ha interesse affinché la procedura che l’Amministrazione segue, avvenga secondo

legalità.

6.10) Il riparto di competenza tra giudice ordinario e giudice amministrativo

La distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo, è stata possibile attraverso l’istituzione

della quarta sezione del Consiglio di Stato, che ha rappresentato un vero e proprio giudice

amministrativo. 22

Il giudice ordinario si occupava delle questioni di diritto soggettivo, mentre la quarta sezione del

Consiglio di Stato si occupava degli interessi legittimi, cioè quelli riguardanti l’interesse affinché

le procedure delle P.A. siano conformi alla legge.

Questa distinzione si è affievolita nel momento in cui è sorta la giurisdizione esclusiva. Infatti,

quando il giudice amministrativo agisce in giurisdizione esclusiva, ha anche competenze di diritti

soggettivi, quindi in questi casi giudica entrambi gli ambiti.

Recentemente, la Corte Costituzionale ha stabilito che la giurisdizione esclusiva può essere

affidata soltanto quando l’amministrazione che viene contestata agisce in veste di autorità.

Questo ha quindi limitato l’affidamento al giudice amministrativo di questioni di diritti

soggettivi.

La giurisprudenza costituzionale ha trovato fondamento nel Codice del processo amministrativo,

dove viene assunto come criterio generale per l’attribuzione della giurisdizione il potere

amministrativo autoritativo.

CAPITOLO 7 – Il procedimento amministrativo

7.1) Il procedimento amministrativo: i principi generali 23

Il procedimento amministrativo può definirsi come una sequenza di atti (adottati da P.A. e da

privati) che sfociano in un provvedimento amministrativo, o una misura sostitutiva consensuale.

I principi generali del procedimento amministrativo sono dettati dalle Legge 241/1990:

3) Principio di legalità: l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge. Oltre

ai fini, la legge può determinare anche forme, modalità, contenuti dell’azione

amministrativa;

4) Principi di economicità, efficacia ed efficienza: costituiscono corollari del principio di buon

andamento dell'azione amministrativa (dall'art. 97 Cost.), che impone alla p.a. il

conseguimento degli obiettivi legislativamente prefissati con il minor dispendio di mezzi;

5) Principio di imparzialità: la P.A. deve tenere conto di tutti gli interessi in gioco, soppesarli

nel prendere la decisione;

6) Principio di pubblicità e trasparenza: soddisfano l'esigenza di un controllo democratico da

parte dei cittadini sull'attività della P.A., stante l'obbligo ad essa imposto di pubblicare,

comunicare o rendere accessibili notizie, documenti, atti e procedure.

7.2) Le fasi del procedimento amministrativo

Il procedimento si articola in diverse fasi:

1) Fase dell’iniziativa: comprende l’obbligo a procedere, ovvero l’amministrazione è tenuta ad

avviare il procedimento e a porre in essere tutte le attività necessarie; l’obbligo di provvedere,

la P.A. ha il dovere di portare a conclusione il procedimento attraverso l’emanazione di un

provvedimento, o consensualmente con un atto sostitutivo di provvedimento; l’obbligo di

comunicare l’avvio del procedimento al soggetto destinatario;

2) Fase dell’istruttoria: destinata all’accertamento dei fatti e all’acquisizione di tutti gli

interessi rilevanti ai fini della decisione. Retta dal principio inquisitorio (controllo

dell’identità dei soggetti intervenuti) e dal principio di partecipazione (tutti gli interessati

hanno diritto ad essere ascoltati);

3) Fase decisionale: si adotta il provvedimento, o l’accordo consensuale sostitutivo di

provvedimento;

4) Fase integrativa dell’efficacia: quando la misura decisoria è sottoposta a controlli, il cui

esito positivo rende operativa la misura;

5) Fase conclusiva: deve essere previsto un termine entro il quale l’amministrazione ha

l’obbligo di concludere il procedimento. Se questo termine non viene rispettato il

funzionario incorre nella responsabilità disciplinare (nei casi più gravi responsabilità

penale), con la valutazione negativa della retribuzione di risultato e a seconda della gravità

la sostituzione del dirigente.

7.3) L’avvio e la conclusione del procedimento: le caratteristiche

Il procedimento può essere avviato d’ufficio o su istanza di parte. Nel primo caso sono avviati

dalla stessa P.A. e riguardano per lo più poteri amministrativi in grado di restringere la sfera

giuridica di un soggetto. Nel secondo caso, l’istanza è presentata da un soggetto privato alla P.A.

con l’intento di veder emanato un provvedimento a lui favorevole.

L’amministrazione competente è tenuta a porre in essere tutte le attività necessarie nella sequenza

procedimentale, finalizzate all’emanazione del provvedimento finale/accordo sostitutivo (obbligo

di procedere). Una volta aperto, la P.A. è tenuta a concludere la procedura con l’emanazione di

un provvedimento/accordo sostitutivo (obbligo di provvedere). 24

L’amministrazione è tenuta a comunicare al soggetto destinatario (e a quelli interessati) l’avvio

della procedura (obbligo di comunicare l’avvio del procedimento).

Deve essere fissato il termine entro il quale la procedura deve concludersi e al quale

l’amministrazione è tenuta ad uniformarsi. Nel caso in cui non venga rispettato, il funzionario

incorre nella responsabilità disciplinare (nei casi più gravi responsabilità penale), con la valutazione

negativa della retribuzione di risultato e a seconda della gravità la sostituzione del dirigente.

Il procedimento si conclude con un provvedimento amministrativo, o con un accordo sostitutivo

consensuale tra le parti. Si può concludere anche con il silenzio, il quale ha valenza procedimentale

nei casi indicati dalla legge. Il silenzio è collegato all’inerzia della P.A. e può essere silenzio

inadempimento, nel caso assuma il significato di inadempimento dell’obbligo di provvedere,

silenzio assenso, se il procedimento si conclude con un provvedimento tacito di accoglimento o

silenzio rigetto se si conclude con un provvedimento tacito di rigetto.

7.4) Il silenzio della pubblica amministrazione

Il silenzio ricorre quando la P.A. è inerte di fronte ad un’istanza da parte di un privato. Può essere

silenzio assenso quando l’inerzia dell’amministrazione dopo il termine prefissato, è da intendere

come provvedimento di accoglimento della domanda. Inizialmente era uno strumento di carattere

eccezionale, per poi diventare di carattere generale previsto dalla legge. Sono però previste delle

eccezioni, che corrispondono al silenzio rigetto, ovvero casi in cui la legge prevede che il silenzio

dell’amministrazione corrisponda ad un provvedimento tacito di rigetto (es. richiesta di accesso

ai documenti amministrativi).

Al di fuori dei casi previsti dalla legge, il silenzio è da intendersi come silenzio inadempimento. La

P.A. è inadempiente in quanto non ha concluso il procedimento (obbligo di provvedere).

In questi casi è possibile presentare ricorso presso il giudice amministrativo, dove il ricorrente

richiede di accertare l’obbligo dell’amministrazione a provvedere. Il giudice può ordinare un

termine entro il quale l’amministrazione deve uniformarsi, o nei casi di attività vincolata, può

ordinare l’adozione di un determinato provvedimento (es. un’autorizzazione).

7.5) Le forme di tutela esperibili dal cittadino in caso di inerzia della P.A.

Nel caso di inerzia della pubblica amministrazione (silenzio inadempimento) il privato può

rivolgersi al giudice amministrativo, richiedendo che venga accertato l’obbligo

dell’amministrazione a provvedere. Il giudice può ordinare un termine entr

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A.A. 2017-2018
38 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Desmond00093 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Politecnica delle Marche - Ancona o del prof D'Alberti Marco.