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Riassunto esame Diritti umani ed etica pubblica, prof. Vincenti Umberto, libro consigliato Etica per una Repubblica, autore Umberto Vincenti Pag. 1 Riassunto esame Diritti umani ed etica pubblica, prof. Vincenti Umberto, libro consigliato Etica per una Repubblica, autore Umberto Vincenti Pag. 2
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Prendendo ad esempio l'evoluzione legislativa italiana in tema di programmi didattici, ne emerge

che l'obiettivo dell'educazione del buon cittadino nel contesto della nostra tradizione umanistica

e cristiana scompare ed è sostituito da un obiettivo formativo che si design con la nuova

espressione di 'convivenza civile'. La condotta retta nello spazio pubblico è avvertita come meno

urgente e meno importante, mentre oggi sarebbe più urgente formare delle persone capaci di

comportarsi correttamente innanzitutto nella sfera privata, persone attente e vigilanti nella cura

della salute, nell'alimentazione, nel comportamento affettivo sessuale. Decisiva sarebbe la

capacità di modulare opportunatamente la propria condotta nelle micro-relazioni prima che nelle

macro, queste ultime afferenti allo spazio pubblico in cui agisce il cittadino.

Il buon governante

Il buon governante deve essere innanzitutto una persona virtuosa, cioè una persona onesta,

diligente, previdente, dedita esclusivamente alla cura del bene pubblico. In una Repubblica, la

persona a cui viene consegnato il potere deve avere un certo carattere, esporre requisiti morali

comunemente apprezzati; nei regimi assoluti o dispotici, invece, conta di più la capacità di

incutere timore o anche terrore, l'essere pronti alla spietatezza. Infatti, Montesquieu scrive che

ad un governo monarchico o ad uno dispotico non occorre molta probità per mantenersi o

sostenersi, ma in una Repubblica il conseguimento dell'obiettivo di disporre di buoni governanti

dipende da una pluralità di fattori. Gli elettori devono essere sensibilizzati ed educati a compiere

scelte consapevoli e devono scegliere conoscendo bene il candidato, che deve presentarsi in modo

trasparente.

Il candidato ideale non può essere uno che fa politica perché incapace di svolgere un'altra attività

o perché mosso dal desiderio di facili guadagni. Plutarco, nel trattato di precettistica per il buon

politico, raccomanda che vi sia un sistema di educazione e di addestramento di coloro che si

preparano a candidarsi: il buon candidato deve essere espressione di una buona scuola politica,

virtuoso e mai geloso della propria posizione e deve favorire il ricambio.

Il buon candidato, inoltre, è un buon governante quando si sia impegnato con merito si livelli

meno elevati (richiamo al cursus honorum come elemento di valutazione per l'elettorato). Deve

parlare in modo schietto, dicendo ciò che effettivamente pensa e i cittadini dovranno di

conseguenza valutare con severità il difetto di sincerità di chi aspira al potere o di chi il potere ce

l'abbia già. Il potere rende l'uomo insolente, prepotente, fa limitare le ambizioni ed esalta il

narcisismo. Per questo motivo, il politico migliore sarà l'uomo semplice, moderato, disposto e

disponibile ad essere avvicinato da tutti. È affidabile quel politico che ami sul serio la Repubblica e

la ponga sopra tutto, a cominciare dalla propria carriera e dal desiderio di non dispiacere ai

cittadini, specie a parte a quella parte che lo abbia sostenuto. Per questo si deve diffidare di quel

governante che cerchi di corrompere i cittadini; Plutarco scrive che "tali tentativi in nulla

differiscono dalla caccia e dal pascolo delle bestie senza ragione". Il successo di un uomo politico

dipende anche dalla sua disponibilità di avvalersi di collaboratori competenti ed indipendenti nel

loro giudizio, che vigilino sul suo operato evidenziandone anche gli errori o le deviazioni, e se

necessario ne prendano le distanze. Infine, deve conoscere la Repubblica, le istituzioni e i suoi

cittadini, avendo come unico obiettivo il bene pubblico. Poiché corre il rischio di sentirsi

superiore a seguito del potere conseguito, questo deve essere contenuto in durata, per difendere

la Repubblica dal pericolo di abusi commessi dai governanti e dai loro collaboratori.

Il buon giudice

La nostra idea di giustizia terrena è affidata a quell'uomo che, professionalmente o

occasionalmente, si configura come giudice in una contesa tra uomini che invochino il diritto o la

legge. Montesquieu nel suo "La bouche de la loi" afferma che i giudizi non devono essere altro che

un testo preciso della legge. Obiettivo che si sarebbe dovuto perseguire non soltanto rafforzando

le prerogative della legge che imponeva un protocollo di chiarezza e semplicità, ma anche

infondendo ai cittadini amministrati sentimenti di fiducia verso il giudice amministratore. Costui

è un funzionario dello Stato ed è titolare di un potere invisibile o, anzi, di un non potere, ossia

applicare semplicemente nella contesa quanto prescrive la legge, senza che vi sia la possibilità per

il giudice di contribuire al contenuto decisorio della sentenza, di interpretare la legge ed adattarla

al caso concreto e alle sue circostanze.

È però un'utopia, perché il giudice non può sottrarsi all'ufficio della comprensione del significato

del messaggio normativo. Anche la Costituzione all'articolo 101 recita "i giudici sono soggetti

soltanto alla legge"; nei fatti però, i giudici interpretano la legge, ricavano messaggi e talvolta

forzano il dato letterale (importazione dalle strutture di common law, dove l'evoluzione

normativa è affidata ai giudici attraverso le sentenze).

Si crede che questa crisi derivi da più ragioni:

Suggestione derivante dal modello americano;

Incapacità del legislatore di scrivere regole chiare e coerenti;

Maggiore rapidità rispetto alla legge nell'attuare le riforme per la sentenza;

Accessibilità consentita a qualunque cittadino all'istituzione giudiziaria;

Non accettazione di sottoposizione alla legge da parte del ceto giudiziario.

Il dovere dei giudici è essenzialmente quello di non attentare alla struttura fondamentale

dell'ordinamento normativo in cui operano. Lo stesso vale per le associazioni di magistrati,

costituite per la tutela degli interessi del ceto, che hanno il dovere di rispettare il principio della

separazione dei poteri e non dovrebbero quindi proporsi pubblicamente a sostegno o in critica

del legislatore.

Il giudice deve essere rimanere indifferente rispetto alle parti in conflitto e all'oggetto del

conflitto, dovendo serbare un atteggiamento di equidistanza verso i litiganti e verso una certa

soluzione della lite, alla quale dovrà pervenire solo all'esito del giudizio. Perciò, dovrà rifuggire

anche la sua visibilità, tanto che Montesquieu scriveva che il potere giudiziario deve diventare un

potere quasi invisibile. Il giudice, quindi, non deve proporsi quale protagonista della vicenda

giudiziaria, non deve comunicare pubblicamente le proprie opinioni o il procedere delle indagini

sugli accertamenti, non deve nemmeno partecipare alla vita pubblica o mondana o sociale della

comunità in cui opera, perché la loro indifferenza o indipendenza troverebbe facili occasioni di

compromissioni. Inoltre, il giudice deve essere competente (dovere che incombe sullo Stato, che

dovrà organizzare un percorso educativo idoneo a costituire la miglior competenza possibile per i

futuri giudici), non deve atteggiarsi a dominus del processo, alieno dal procedere dogmatico e

deve seguire sempre il dubbio metodico. Infine, deve essere sempre umile rispetto alla legge, alle

parti ed al processo. In Italia il forte deficit di spirito pubblico fa apparire fittizia la responsabilità

dei giudici, poiché è una responsabilità in parte senza sanzioni e pertanto affidata ad un'etica

pubblica assente.

Etica della responsabilità versus etica dei diritti

Responsabilità significa essere responsabili. Vi sono almeno tre accezioni di questo termine:

Responsabilità-RISPOSTA (resposum): investe il soggetto agente chiamato a rispondere e

rendere conto delle proprie scelte operative. È valutativa e punitiva.

Responsabilità-QUALITÀ: valorizza l'attitudine, la serietà, la capacità dell'agente ed è meno

interessata alle conseguenze dell'azione. È persuasiva ed elogiativa.Viene evocata quando

si afferma di essere responsabili e volersi assumere le proprie responsabilità, la quale si può

risolvere in una dichiarazione di orgoglio, un'auto valutazione positiva che può anche

essere immotivata.

Responsabilità-LIBERTÀ: la libertà è limitata dalle regole giuridiche, etiche, morali che

orientano le scelte. Non si è responsabili se la propria condotta non abbia alternative in

quanto costretta da una necessità insuperabile. La categoria della necessità assoluta può

essere strumentalizzata al fine di negare una responsabilità: questo accade spesso nei

processi per legittima difesa dove si discute dell'effettiva ricorrenza di una necessità

assoluta ad agire senza alternative in una certa direzione. Ed è proprio dalla necessità

coartante che si sono fondate teorie giustificazioniste volte ad escludere o ad attenuare la

responsabilità.

Il principio di responsabilità fonda l'ordinamento giuridico sia civilistico che penalistico.

Nell'ordinamento privatistico laresponsabilità è quel del debitore, mentre nel nostro caso la

responsabilità è quella del cittadino-debitore che non adempie ad un obbligo che a ragione ci si

attendeva da lui. In una Repubblica il cittadino è libero di condursi come crede, ma con il limite

del rispetto degli altri, delle istituzioni e dei loro scopi. Tale limite è intrecciato dalla legge e

dall'etica, dunque il cittadino dovrà condursi responsabilmente. All'affermazione diresponsabilità

deve seguire la sanzione nel caso di comportamento irresponsabile, poiché l'impunità è un fattore

di corruzione e dissoluzione di una repubblica (Machiavelli).

Weber distingue tra:

Etica della convinzione o dell'intenzione: qui il soggetto è responsabile solo per la conformità

della sua azione all'ideale o al valore che occorre realizzare. Le conseguenze e i mezzi non

contano, ha rilevanza soltanto l'intenzione, la purezza dell'agire e la sua motivazione.

Etica della responsabilità: è quella dei cittadini di una repubblica ben ordinata. Tale

responsabilità sussiste sempre ed è ineludibile, anche per quegli uomini che si trovano al

comando. *HANS JONAS: “Agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano

compatibili con la permanenza di un'autentica vita umana sulla Terra”.

Talora i responsabili di gravi reati sono puniti mitemente o addirittura impuniti, possono anche

acquisire notorietà e profitti dalla situazione quando si tratta di personaggi di forte attrattiva

pubblica. In una repubblica ben ordinata la maggiore responsabilità grava sui titol

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Publisher
A.A. 2016-2017
15 pagine
3 download
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher apius14 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto umani ed etica pubblica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Vincenti Umberto.