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Il rapporto fra didattica e didattica delle discipline
La questione del rapporto fra didattica e didattica delle discipline è molto dibattuta e fonte di contrapposizioni radicali apparentemente inconciliabili. Da un lato si sostiene la supremazia della quale scienza in grado di delineare le condizioni didattiche generali, contestuali migliori e di individuare strategie, metodologie, strumenti idonei e assicurare che tutti gli allievi acquisiscano contenuti, abilità e competenze indispensabili per padroneggiare i diversi saperi. Le didattiche delle discipline, invece, non sarebbero altro che le applicazioni della didattica generale ai singoli casi concreti.
Sul fronte opposto, troviamo gli studiosi appartenenti ai diversi campi disciplinari che sostengono l'inconsistenza della didattica generale in sé che rischia di condurre a ragionamenti talmente privi di un qualsiasi aggancio con la realtà che si intende esplorare da risultare sterili. Questa
posizione sostiene che si insegna sempre qualcosa e chedunque la didatttica non può essere altro che la didattica di qualcosa. La didattica generale, che mette al centro il soggetto che apprende nella sua globalità in uno specifico contesto dato, può sostenere un suo autonomo campo di ricerca relativo sia ai modelli teorici di riferimento sia all'analisi di quella che Damiano definisce azione didattica. La didattica generale, infatti, individua e prende in esame le che caratterizzano il variabilicontesto di apprendimento-insegnamento e le loro possibili interconnessioni, facendo luce su:- le fra pari così come fra adulto e ragazzi;dinamiche relazionali,
- le che sostengono o ostacolano le azioni didattiche dinamiche comunicative
- la varietà di strutturati e non strutturati a cui allievi e insegnanti possono materialiricorrere e manipolare;
- le possibili connesse agli obiettivi che via via vengono prefissati;metodologie
apprendere solo perché l'insegnante glielo chiede, sono sempre di più le situazioni in cui risulta evidente la mancanza di senso di molte proposte scolastiche agli occhi delle nuove generazioni, a cui si aggiunge la perdita di prestigio della scuola e della figura dei docenti agli occhi della società.
Nel mondo non scolastico il successo di buone esperienze di divulgazione scientifica, ad esempio in ambito televisivo o musicale, ha portato alla ribalta l'importanza di riflettere sul modo in cui viene presentata una certa disciplina, sulle scelte dei contenuti e concetti da proporre, sulle modalità comunicative più efficaci.
Già cinquant'anni fa Bruner sosteneva che in una società complessa la cultura produce conoscenze e abilità che superano le possibilità conoscitive di ciascun individuo, quindi si sviluppa una tecnica economica di istruzione basata sull'esposizione orale, al di fuori del concreto contesto.
è il luogo dove tale pratica viene istituzionalizzata e l'insegnante ne è l'emblemascuolain qualità di rappresentante e trasmettitore della cultura al di là delle condizioni di vita,formando all'uso dei linguaggi come strumenti di comprensione e trasformazione tipici diuna società dell'informazione, della conoscenza e della tecnica.individua quattro problemi essenziali oggetto di indagine delleBruner prassi scolastiche:
- la psicologia della materia di studio;
- la stimolazione del pensiero nella scuola;
- la personalizzazione della conoscenza;
- la valutazione del lavoro che si svolge.
Negli anni '80 si sono delinate due grandi correnti in seno allla didattica interessate allostudio delle situazioni didattiche: i lavori che si muovono nella prospettiva delle didattichecome la scienza, la matematica, e quelli relativi allodelle discipline in senso stretto, studiodelle pratiche di insegnamento in senso
lato.Entrambe queste prospettive hanno come oggetto le situazioni didattiche, di insegnamentoe apprendimento, nel loro svolgersi in contesti naturali e mirando a formare un corpus diconoscenze teoricamente ed empiricamente fondate.Negli ultimi anni si sta sviluppando una nuova area di ricerca che presuppone la necessitàdi un confronto stretto e costruttivo fra questi due ambiti di riflessione, i quali sonoentrambi necessari per illuminare sia i processi che conducono i soggetti nelle diverse etàdella vita verso la conoscenza della realtà, sia per individuare strategie di insegnamento chepossano facilitare e sostenere questi percorsi di apprendimento.Uno degli snodi concettuali essenziale nel confronto tra le due prospettive è l'ipotesi diuna lettura e interpretazione delle in e in vista diepistemologie dei saperi chiave pedagogicauna loro trasmissione. La consente a insegnanti e allievi il superamentochiave pedagogicadella logica trasmissiva.focalizzando l'attenzione sull'intenzionalità che dà pedagogica risposta a bisogni formativi e apre la strada alla progettazione di percorsi di senso per la formazione scolastica ed extrascolastica. La sfida consiste nel coniugare gli aspetti connessi a obiettivi formativi con quelli relativi alla trasmissione dei saperi e con le dimensioni pedagogiche di un fenomeno educativo. Tale sfida può essere raccolta se si prende come oggetto di studio la situazione di articolando l'analisi intorno ai tre poli: insegnamento insegnante, allievo, sapere. Secondo le situazioni di insegnamento includono aspetti metodologici, aspetti Marchi relationali-affettivi, forme interattive e comunicative, organizzazione sociale degli allievi, regole e rituali, e costituiscono le unità di base per l'analisi delle pratiche. Le situazioni di insegnamento possono essere studiate da un triplice punto di vista: i saperi in gioco e le condizioni di trasmissione (logicadidattiche. Questi saperi disciplinari sono fondamentali per la formazione degli studenti e devono essere trasferiti in modo efficace e significativo. Le pratiche didattiche devono tener conto delle diverse prospettive pedagogiche, come ad esempio l'approccio didattico (logica didattica), le relazioni interpersonali e l'organizzazione della classe (logica pedagogica) e l'appartenenza culturale (logica antropologica). Queste prospettive sono interrelate e si manifestano attraverso azioni situate, cioè azioni che si sviluppano nel contesto specifico. Il mandato della scuola riguardo all'acquisizione dei saperi disciplinari è di fornire un ruolo formativo forte e aggiornato. Per fare ciò, è necessario riflettere attentamente sulla natura dei diversi saperi e sull'intenzionalità pedagogica con cui li consideriamo. I saperi disciplinari sono conoscenze codificate e trasmissibili, che possono essere formati come saperi disciplinari consolidati o emergenti dalle interazioni interdisciplinari e dalle pratiche didattiche. Questi saperi sono essenziali per la formazione degli studenti e devono essere trasferiti in modo efficace e significativo.ma con l'avvento dell'Illuminismo e il progresso della conoscenza scientifica, i saperi si sono organizzati in discipline specifiche. Queste discipline sono state accettate e codificate all'interno della comunità degli esperti, che in un determinato periodo storico e contesto socio-politico hanno costituito il pensiero dominante. Secondo Foucault, ogni disciplina riconosce che il discorso è un principio di controllo nella produzione del sapere. Il discorso può essere concepito come una forma di violenza che imponiamo alle cose, o come una pratica che impone regole agli eventi del discorso stesso. L'ordine di controllo e la regolarità del discorso possono variare a seconda dei periodi storici, delle epistemologie condivise e del pensiero dominante all'interno di una determinata comunità scientifica, ma anche della società nel suo complesso. Per lungo tempo, l'organizzazione dei saperi e dei discorsi è stata considerata frammentaria. Tuttavia, con l'avanzare dell'Illuminismo, si è cercato di creare un'organizzazione enciclopedica dei saperi e dei discorsi.richiamandosi a un'idea della conoscenza lineare, statica e cumulativa. Tale suddivisione spesso impedisce un'analisi completa della realtà, che si presenta nella sua multidisciplinarietà e interdisciplinarietà intrinseca. Come sostengono Callari, Galli e Londei, l'interdisciplinarietà fa interagire più discipline, con lo studio di un oggetto, di un campo o di un obiettivo; la transdisciplinarietà, invece, tenta di estrarre da questa collaborazione un filo conduttore, fino a pervenire ad una filosofia epistemologica nuova rispetto alle epistemologie delle singole discipline. Se studiamo il sistema di sistemazione agraria messo a punto dai monaci cistercensi nel Medioevo, dovremmo prendere in considerazione e integrare conoscenze storico-geografiche con quelle biologiche, fisiche e matematiche. Così come se affrontiamo il tema delle cartine geografiche dovremmo integrare la conoscenza geografica con quella matematica, relativa aimodelli con cui vengono costruite le rappresentazioni, con quella filosofica che ci aiuta a inquadrare il concetto di rappresentazione, e con quella storico-geografica. Un altro esempio viene dalle ricerche sulla percezione visiva: intrecciano le conoscenze acquisite nel campo della fisica con quelle biologico-anatomiche sulla conformazione dell'occhio con teorie psicologiche. La formazione ai saperi, che adotta un modello organizzativo di separazione disciplinare, è funzionale all'accumolazione di conoscenze, che sottende un approccio considerare invece l'interconnessione del cumulativo-informativo della conoscenza; diversi saperi può condurre a quella che definisce la in quanto si Morin testa ben fatta, devono analizzare criticamente i limiti e le potenzialità, in modo che il soggetto diventi in grado di contestualizzare i saperi e assegnarvi un senso. Morin individua nella separazione.