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La "teoria classica dei concetti"

(anche detta "definizionista"), in voga fino all'ultimo quarto del Novecento, afferma che "un concetto rappresenta una categoria perché rappresenta le condizioni necessarie e sufficienti affinché qualcosa appartenga a quella categoria" (Lalumera 2009). Questo approccio è stato messo in crisi due mosse:

  • negli anni Settanta, la filosofia analitica ha virato dalla filosofia del linguaggio alla filosofia della mente (svolta cognitiva), rendendo cruciale il problema dei costituenti del pensiero.
  • nello stesso periodo, la psicologia cognitiva ha dimostrato che le definizioni non hanno alcuna realtà psicologica.

A partire da quel momento, la tematica dei concetti è diventata il centro di un dibattito tra filosofi, psicologi, neuroscienziati, studiosi di linguistica, informatici... Da ciò è emerso che ogni teoria filosofica dei concetti.

èinevitabilmente in contrapposizione con le indagini psicologiche sperimentali, ma non per questo la filosofia deve esimersi dal portare il suo contributo (anche perché oggi anche molti scienziati si pronunciano ormai contro a un mero riduzionismo biologico del mentale).

Capitolo 7. Dai concetti alle parole e viceversa

7.1. La filosofia e i concetti a scuola

Dati gli sviluppi del Par. 6.4, le affermazioni del Par. 6.2 sembrerebbero non tenere:

  • Sembra dato per assodato che il concetto sia la definizione di una parola, ma questo approccio definizionista è stato, come si è visto, messo in discussione.
  • Sembra che i concetti a cui ci si riferisce lì siano soltanto quelli “filosofici”, come vengono intesi nel senso comune, ossia quelli generali, problematici e ricchi di significato.

Poiché si è detto che la filosofia, in quanto sapere concettuale, si fonda proprio sulla messa in discussione di ogni presupposto, il Par. 6.4

vuole mettere appunto al corrente di tutte le problematicità sollevate nel dibattito contemporaneo. In questo libro, però, il tema principale è la filosofia che si vuole insegnare a scuola, pertanto non ci si occuperà tanto di "cosa sono i concetti", ma di come le parole di uso quotidiano abbiano a che fare con l'ambito concettuale. L'idea è che uno dei compiti della filosofia consista nel mettere in discussione le parole note, per passare dal livello della parola a quello del concetto che vi sta dietro. 7.2. Tra le parole e i concetti Per quanto possa essere difficile e opinabile, occorre delimitare precisamente quali siano i concetti filosoficamente rilevanti. Essi rimandano a un problema che non è un esercizio dialettico, ma che riguarda il nostro vivere (dunque, non solo la sfera etico-politica, come voleva Berlin) e che dunque dovrebbe sorgere spontaneo. Come conciliare ciò col fatto che gli studenti delle superiori

Non hanno scelto spontaneamente di studiare filosofia? L'insegnante deve predisporre i requisiti perché lo studente abbracci la filosofia come opzione esistenziale, ma senza aspettarsi che ciò avvenga necessariamente. Affrontare le questioni che abbiamo davanti da un punto di vista filosofico è una possibilità, non una necessità.

Per quanto "deassolutizzata" nelle Indicazioni nazionali del 2010, la prospettiva storica nell'insegnamento della filosofia si è talmente radicata nella mentalità di docenti e studenti che non sembrano esserci vere alternative ad essa (anche nell'università, gli insegnanti vengono formati prevalentemente secondo questa prospettiva). È possibile, allora, mettere insieme con questa dimensione storica anche quella concettuale, senza necessità di una riforma totale? L'autore sostiene di sì. Prima però si vedrà lo stato.

Dell'arte. Molta della discussione italiana del dopoguerra sull'insegnamento della filosofia si è concentrata sul metodo. Le due alternative proposte sono il metodo storico e quello problematico (o teoretico o sistematico), ma il primo ha sempre avuto un peso molto maggiore, anche nei programmi ministeriali. Come "campioni" delle due posizioni si possono prendere Piaia e Parrini:

  • Gregorio Piaia, Sull'utilità dell'approccio storico nell'insegnamento della filosofia (2007): si deve seguire il metodo storico, anche se è ammissibile un'integrazione con il metodo problematico, per tre motivi:
    • porta a confrontarsi con "ciò che è diverso e altro dal nostro attuale modo di sentire, pensare ed agire"
    • risponde meglio alla "conformazione peculiare" della filosofia, che è un sapere storico per sua natura
    • non impedisce la nascita di un pensiero personale dello studente, ma anzi, evita
che si abbandoni del tutto la storia della filosofia e ci si concentri solo sull'insegnamento dei problemi. Secondo Paolo Parrini, questo approccio permette di far emergere la ragion d'essere della filosofia, ossia il suo essere "attività" che viene perso nel metodo storico. Inoltre, favorisce la discussione critico-razionale, trascurata nel metodo storico, e promuove il dialogo tra la filosofia e altre forme di cultura. Infine, produce effetti benefici sull'educazione civile. Tuttavia, l'autore riconosce che entrambi gli approcci hanno buone ragioni e che la scelta di un metodo esclude l'altro. Pertanto, chi insegna filosofia dovrebbe cercare di conciliare entrambi gli aspetti.l'insegnamento per parole come un'alternativa.7.4. I concetti e la storia È possibile una mediazione tra i due metodi? Bernard Williams, nella prefazione a Descartes. The project of pure enquiry (1978), spiega che il suo studio è una storia della filosofia e non una storia delle idee. La storia delle idee è prima di tutto storia, ossia si chiede "quale era il significato di quest'opera?" (premesse, influenza sull'autore, clima culturale dell'epoca, finalità...), cercando, inutilmente, di pensare con la testa degli autori. La storia della filosofia, invece, nega che sia possibile rendersi contemporanei agli autori del passato e (come spiega Williams in Descartes and historiography of philosophy, 1994) mira piuttosto a porre in relazione la concezione di un filosofo con i problemi attuali, il suo influsso sulla filosofia successiva. Ciascuno dei due approcci ha i suoi problemi: il primo crea una distanza irriducibile.rispetto agli autori del passato, il secondo rischia di creare un appiattimento sulla contemporaneità. Ciò che bisognerebbe sottolineare è come ciò che del passato è più inattuale sia in grado di innescare riflessioni su ciò che oggi ci sembra scontato (es. le parole di uso comune di cui si diceva prima): la storia della filosofia, per Williams, è innanzitutto un serbatoio di "concetti strani". Il rapporto tra concetti e storia è stato illustrato anche da Reinhardt Koselleck in Storia dei concetti e storia sociale (1979): la sua Begriffsgeschichte (storia concettuale) è orientata alla comprensione degli eventi storici e mette in discussione i tentativi di estendere al passato le chiavi interpretative del presente ("decolonizzazione del passato"). Con questo, non vuole far rivivere il passato, né musealizzarlo: l'intento è quello di far acquisire maggiore consapevolezza sul.significato dei concetti per noi contemporanei. Un punto cruciale della teoria di Koselleck, che si lega al discorso di questo libro, è il legame di mutua dipendenza tra storia e concetti: i concetti possono essere conosciuti solo nelle parole utilizzate nei diversi contesti storici, quindi attraverso la storia; ma sono essi stessi a permettere lo studio della storia, concettualizzando le diverse situazioni e rendendole pensabili e comunicabili. Capitolo 8. Una didattica per parole 8.1. Insegnare filosofia a partire dalle parole La didattica per parole mette a tema alcuni concetti filosoficamente problematici che si celano dietro alcune parole del linguaggio ordinario. Pertanto, quando affronta un qualsiasi argomento del programma di filosofia e si imbatte in parole dense di significato, l'insegnante che segua questo metodo non le ignora, ma ci si sofferma: raccoglie prima le idee degli studenti, poi propone la lettura di testi di autori che hanno trattato il problema. La scelta di

Questi può seguire la scansione cronologica dei programmi ministeriali, oppure estendersi a tutte le epoche storiche, in maniera ugualmente valida. In ogni caso, comunque, è chiaro che il manuale non basta per esaurire l'insegnamento. La lettura dei testi, accompagnata anche da verifiche intermedie e discussioni guidate, dovrebbe poi concludersi con la stesura di un breve saggio o comunque di un mezzo di verifica che riprenda il lavoro complessivo sul tema problematico.

Questo modello di didattica può essere applicato in maniera esclusiva, a livello di programma ministeriale, oppure può essere inserito nella misura di un paio di percorsi all'anno, accanto ai moduli di impianto storico. In questo libro si privilegia la seconda strada.

8.2. Approccio generale

La didattica per parole, infatti, non vuole eliminare tutti gli altri modelli, ma piuttosto vuole mettere insieme i loro aspetti migliori. Vuole ad esempio superare l'idea di una filosofia come

materia umanistica secondo il significato che la scuola italiana dà alle materie umanistiche: a differenza di quelle scientifiche, esse studiano in una prospettiva storica; esse riguardano la sensibilità poetica e letteraria, il senso estetico, l'interiorità, il pensiero libero). L'insegnamento della filosofia non deve musealizzare i contributi degli autori del passato (prospettiva esclusivamente storica), e neanche consistere unicamente in un esercizio del libero pensiero (l'apporto dei filosofi è una base indispensabile). La filosofia può essere considerata umanistica al massimo perché ha a che fare con una struttura discorsiva.

Una domanda che gli insegnanti di filosofia si trovano spesso a dover affrontare è "a che cosa serve la filosofia?". Si può rispondere con gli argomenti visti in precedenza (imparare a pensare; filosofia inutile perché regina...), ma agli studenti spesso interessa

m'è spesso risponde che in filosofia non si "fa", si pensa, ma sarebbe in realtà più utile mostrare che la spaccatura tra astratto e concreto non è così profonda, come si potrebbe pensare.
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
17 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/06 Storia della filosofia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gringoire8 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Didattica della filosofia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Panti Cecilia.