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Arriviamo così al cuore dello scritto, ovvero nel del (scelta numerologica

non casuale, in quanto 3 è il numero perfetto, della trinità, e 9 è suo multiplo). Nella parte

perfettamente centrale del testo e del serrato dialogo, Boezio raggiunge, assieme a Filoso a, la

capacità di riprendere la propria ragione, di riportarsi all’umanità del suo essere e, a questo punto,

ritornare al principio del

di riuscire a vedere questa felicità che si con gura nel desiderio di

bene. Vediamo il passo (ha la parola Filoso a):

“Dal momento, dunque, che hai capito quale sia la vera felicità, e quali siano, invece, le forme di

felicità che imitano la vera, non rimane altro da fare che conoscere dove tu possa ottenere la vera

felicità». «Questa», risposi, «è una cosa che aspetto da un pezzo, e con ansia». «Ma dal momento

che, come piace al nostro Platone nel Timeo», ella riprese, «anche per le più piccole cose si deve

implorare l’aiuto di Dio, che cosa pensi che dobbiamo fare adesso, per meritare di trovare la sede

padre di tutte le cose:

di quel sommo bene?» «Io penso che si debba invocare il se non lo

facciamo, nessun inizio avrà le sue giuste fondamenta». «Hai ragione», rispose, e così dicendo

intonò il suo canto:

«Oh tu che con eterna ragione il mondo governi,

creatore della terra e del cielo; tu che ordini al tempo

immoto rimanendo il tutto

di procedere dall’eternità e

muovi;

tu, che non cause a te esterne spinsero a creare

l’opera della materia che uttuava, ma del sommo bene

l’idea, priva di invidia, in te insita; tu ogni cosa derivi

dall’esempio superno; tu, bellezza suprema, porti nella

mente

il mondo, che è bello, e formandolo con immagine a te simile;

ordini alle parti di esso, perfette, di renderlo perfetto.

Tu con i numeri colleghi gli elementi, sì che i freddi con

le amme,

il secco convenga con il liquido, il fuoco, più puro,

non voli in alto o il peso non porti in basso e sprofondi la

terra.

Tu metti insieme e di ondi per membra a lei uguali

l’anima che sta nel mezzo e muove ogni cosa, triplice

natura;

allorquando, divisa in due, ha racchiuso entro due cerchi

il moto,

procede per tornare in se stessa e corre intorno alla mente

profonda e con analoga immagine il cielo essa muove.

Tu da uguali cause produci le anime e le vite minori,

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carri

e, unendole in alto a leggeri

le spargi nel cielo e nella terra: con legge d’amore

esse si volgono a te e tu le fai tornare con reduce fuoco.

Da’, o Padre, alla mia mente di ascendere all’augusta

sede,

concedi di vedere la fonte del bene, concedi di trovare la

luce, e di fìggere in te, ben chiari, gli sguardi dell’animo.

Sgombra le nebbie e i pesi della massa terrena

e brilla nel tuo splendore: ché tu sei il sereno,

tu sei il riposo, la pace dei pii; veder te è il ne;

tu sei principio, motore, guida, via e termine insieme»”.

Il nono metro è il cuore del ragionamento loso co che no ad ora è stato portato avanti da

Boezio e Filoso a ed è un inno al principio platonico loso co-cristiano del sommo bene. Filoso a

chiama Platone “nostro” perché, appunto, sta parlando di un losofo. Boezio risponde che si

debba invocare il padre di tutte le cose; dà, cioè, una sfumatura cristiana alla stessa cosa di cui

sta parlando la donna, ovvero l’idea platonica del bene.

Boezio si riferisce a Dio come “padre di tutte le cose”. In questo passaggio c’è una sottigliezza

linguistica e concettuale che si perde nella traduzione italiana. L’autore, infatti, per dire creatore,

utilizza il termine “sator”, anziché “creator”. Sator signi ca letteralmente “colui che ara la terra”,

ovvero colui che semina e ordina. Boezio sceglie quindi questo preciso vocabolo per tingere

ancora Dio di quella connotazione platonica, avvicinandolo ad un principio ordinatore, quindi

Timeo, demiurgo artigiano

demiurgico, piuttosto che creatore. Nel Platone descrive il come un

divino, una sorta di creatore cosmico che modella l’universo sensibile utilizzando come modello

il mondo delle idee, regno delle forme perfette e immutabili. Questo artigiano non è un dio

creatore nel senso monoteistico, ma piuttosto un’entità che organizza la materia preesistente per

dare vita a un universo ordinato e armonico. La materia, prima dell’intervento del demiurgo, si

trova in uno stato di caos, priva di forma e struttura. Il demiurgo osserva il mondo delle idee e,

mosso da un desiderio di creare qualcosa di bello e buono, decide di modellare l’universo

demiurgo non crea ex nihilo,

a nché assomigli il più possibile a questo regno perfetto. Il cioè

ma plasma e ordina la materia

dal nulla, informe per darle una struttura comprensibile e

armoniosa. L’universo che ne risulta è un cosmo, termine greco che signi ca “ordine”, e ri ette la

bellezza e la perfezione del mondo delle idee. Platone descrive il demiurgo come una

gura benevola e razionale, che agisce secondo criteri di bontà. Egli desidera che tutto ciò che

crea sia buono e, per questo motivo, utilizza come modello il mondo delle idee, che è il massimo

esempio di perfezione e bellezza. Questo crea un forte contrasto tra il caos primordiale,

caratterizzato dall’assenza di ordine, e il cosmo, che è il risultato di una razionalità ordinatrice.

Il passaggio sull’idea del sommo benne che è la mente divina priva di invidia, ci fa capire tutta la

componente cristiana della visione platonica, poiché quest’idea di bene non è altro che il logos

divino (cioè la parola di Dio).

Verso la ne di quest’inno al sommo bene dice che così come l’anima lega insieme tutte le cose e

ne da ordine, allo stesso modo si generano le anime di tutte le cose, cioè la vita. Le vite non sono

altro che manifestazione di questo spirito che lega insieme tutte le cose. mito della

A tal proposito, anche l’espressione “carri leggeri” è un chiaro rimando al platonico

biga alata. Il mito del carro e dell’auriga (cioè il cocchiere), contenuto nel Fedro, serve a spiegare

la teoria platonica della reminiscenza dell’anima, per cui le anime incarnatesi nei corpi hanno una

vaga rimembranza dell’iperuranio; cosa che gli permette di riconoscere il sensibile. Racconta di

una biga su cui si trova un auriga, personi cazione della ragione, che viene trainata da una coppia

di cavalli: uno bianco e uno nero. Quello bianco ra gura la parte dell'anima dotata di sentimenti

di carattere spirituale e si dirige verso il mondo delle Idee, mentre quello nero, ribelle e impetuoso,

rappresentante delle passioni e dei desideri irrazionali si dirige verso il mondo sensibile. I due

cavalli sono tenuti per le briglie dall'auriga che, come detto, rappresenta la ragione: essa non si

muove in modo autonomo ma ha solo il compito di guidare.

Negli ultimi versi, Boezio si lascia un po’ andare mettendo in bocca a Filoso a quello che egli

stesso aveva detto. Quindi è una loso a di matrice platonica che connota il sommo bene come

principio creatore. Da “oh padre […]” Filoso a si rivolge al sommo bene come padre.

Assimilazione profonda che Boezio vuole darci della loso a di matrice platonica connotando il

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sommo bene come principio creatore, il padre, la prima persona trinitaria. Nella conclusione si

apre ancora di più verso contenuti cristiani e toni poetici

quarto libro

Quando nel parla del fato e del destino, Boezio non accusa più nessuno, perché chi

lo accusa si sta praticamente accusando da solo, avendo perso la loro ragione, formulando

accuse infondate e provocando dolore immotivato negli altri, hanno perso la loro umanità. E come

accusare un cadavere, un non più uomo - si potrebbe dire che sia un perdonali perché non sanno

quello che fanno ma Boezio non vuole ripeter le parole cristiane, che conosce benissimo. Vuole

proporre una soluzione loso ca, che quindi sia scienti ca e universalizzabile. Cioè tu puoi essere

razionale anche non essendo cristiano.

quinto libro,

Nel ed ultimo Filoso a tratta della libertà e dell’arbitrio e della conciliazione della

libertà con la prescienza di Dio.

In questo testo, che poi è un inno al principio del bene, sono spiegati tutti i motivi che fanno

capire come l’in usso platonico si sommi ad alcuni principi aristotelici (abbiamo visto il motore

immobile) e soprattutto ad una visione cristiana, non declamata, ma comunque presente.

Boezio è importante anche come logico e per tutto il suo grande progetto di traduzione e

commento. Non riesce, però, a tradurre gli analitici secondi appartenenti all’Organon aristotelico,

libro importantissimo perché tratta il sillogismo scienti co. Quindi, la logica che caratterizzerà il

medioevo e l’età moderna sarà quella di Boezio, detta anche Logica Vetus, i cui testi fondamentali

sono le Categorie e il De interpretatione (contiene anche la traduzione degli Analitici Primi e di

parte dei Topici, mentre manca quella degli Analitici Secondi delle Confutazioni so stiche).

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Pseudo-Dionigi Areopagita (Siria, circa ne V secolo d.C. - circa inizio VI secolo d.C.)

Contesto - Lo Pseudo-Dionigi si colloca storicamente tra la ne del V e l’inizio del VI secolo d.C.

nasce il Regno Ostrogoto

Dal punto di vista politico, in questo periodo (439-553) e, con questi

regni cosiddetti romanobarbarici, si apre una nuova stagione politica. Tuttavia, non c’è solo la

cultura latina e il mondo occidentale nello scenario culturale del tempo, ma c’è anche la parte

orientale dell’impero che continua la propria vita fatta di organizzazione imperiale della politica e

della religione. L’imperatore romano d’oriente era insieme capo della chiesa e dello stato.

Giustiniano

A tal proposito, l’imperatore più noto e importante è il bizantino (482-565), che

a ermò il cristianesimo, tanto come fatto religioso, quanto come realtà politica. Il regno di

chiusura dell’accademia di Atene

Giustiniano inizia con un atto molto forte, ovvero la (526),

evento che rappresenta l’ordine regale di far tacere della loso a pagana. La morte di Boezio

(525) e la chiusura della scuola d’Atene sanciscono la ne della loso a antica. È, dunque, un

anno davvero di svolta per la loso a, poiché chiude il mondo tardoantico e con esso, almeno

formalmente, l’idea che la lo

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Publisher
A.A. 2024-2025
61 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/08 Storia della filosofia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Matteo_777 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della filosofia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Panti Cecilia.