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Il coinvolgimento dei sovrani e dei funzionari statali nell'illuminismo
Il coinvolgimento dei sovrani e dei funzionari statali riguarda più l'area germanica, dove si sviluppa anche una sottodisciplina dell'illuminismo chiamata cameralistica e consistente nella scienza pubblica, e in generale in riflessioni che poi confluiscono nella legislazione.
Inoltre il diritto naturale viene imposto come disciplina accademica e scientifica all'interno delle università.
Se in Germania l'illuminismo riesce quindi ad influenzare il potere e la gestione dello stato, in Francia, al contrario, c'è un forte accentramento amministrativo: gli illuministi non sono nell'amministrazione, non sono burocrati; si occupano di diritto naturale, ma senza che questo entri nell'amministrazione o nell'università.
La conseguenza fondamentale è quella per cui se in area germanica gli illuministi, essendo nelle istituzioni, non le vogliono sovvertire, poiché le modificano da dentro, in Francia gli illuministi cominciano a sostenere...
forma di governo è fondamentale per garantire la stabilità e il buon funzionamento dello Stato. Montesquieu sostiene che il potere debba essere suddiviso in tre poteri distinti: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario. Questa separazione dei poteri è necessaria per evitare abusi di potere e garantire la libertà dei cittadini. Un altro importante pensatore dell'illuminismo giuridico è Rousseau. Egli critica il concetto di sovranità assoluta dei monarchi e sostiene che il potere debba risiedere nel popolo. Secondo Rousseau, il popolo deve essere sovrano e partecipare attivamente alla vita politica dello Stato. Egli propone il concetto di contratto sociale, secondo il quale i cittadini si impegnano a rispettare le leggi dello Stato in cambio della protezione dei propri diritti. In conclusione, l'illuminismo giuridico ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo delle idee democratiche e nella lotta per i diritti dei cittadini. I pensatori illuministi hanno contribuito a diffondere l'idea che il potere debba essere limitato e controllato, e che i cittadini debbano avere diritti e libertà garantiti dalla legge. Queste idee hanno avuto un impatto duraturo sulla storia e sulla politica dei paesi occidentali.strutturaistituzionale porta a dire che abbia un atteggiamento relativista piuttosto che giusrazionalista. Non è molto chiaro quale fosse in termini concreti la proposta operativa di Montesquieu; forse aveva ben presente la costituzione degli inglesi per come rimodellata dopo la gloriosa rivoluzione, quindi quell'assetto istituzionale che viene definito poi nel periodo successivo come governo misto e moderato dove appunto la struttura è impostata sul parlamento e sul monarca (che si spartiscono potere legislativo e potere esecutivo). Dunque Montesquieu attraverso questo modello anglosassone che si consolida anche in continente sostiene l'opinione della divisione dei poteri in tre settori (legislativo/esecutivo/giudiziario) fra loro indipendenti. La grande novità per il continente consiste nel rilievo dato al legislativo, e in particolare il ridimensionamento del ruolo del sovrano: la tradizione francese era fondata su consuetudini (non sul diritto legislativo) e in particolaresu una funzione giurisdizionale molto frammentata e non unitaria (vedi i parlamenti locali, in primis Parigi). Nella teoria di Montesquieu sulla divisione dei poteri fondamentali sono le considerazioni fatte sul giudiziario: deve trattarsi di un potere nullo e infatti anche dopo la rivoluzione il giudice sarà visto solo come un operatore meccanico, che fa un puro ragionamento sillogico (posta la norma, posti i fatti, c'è la soluzione). Il giudice altro non c'è che bocca della legge. (Anche se questa espressione non è sua). L'altro sostenitore di questa visione meccanicistica (sul versante italiano) è Beccaria: ed è anche per questo che la cultura giuridica italiana non lo ha ancora molto "digerito", perché parla di diritto senza essere un giurista e riprende il concetto (in campo penale) di giudice come mero operatore di un'attività sillogica, oggi concetto del tutto superato (vedi funzione nomofilattica della Cassazione). Cesare Beccaria, conLa sua opera “dei delitti e delle pene” fissa i principi cardine dell’illuminismo giuridico penale; ad esempio sostiene la razionalizzazione del sistema e l’abolizione della pena di morte. Espone inoltre la sua visione della legge e in particolare del diritto penale: “in ogni delitto si deve fare dal giudice un sillogismo perfetto: la premessa maggiore deve essere la legge in generale, la minore l’azione conforme o no alla legge, la conseguenza la libertà e la pena”. Sostiene infatti che la legge debba rispondere all’utilità sociale e provenire da un legislatore che rappresenta tutta la società; deve inoltre essere chiara, facilmente applicabile, scritta nella lingua delluogo e raccolta in un codice. Emerge inoltre come secondo lui il giudice debba compiere una attività meramente meccanica. Da Montesquieu in poi comincia ad affermarsi l’idea che il giudice non debba interpretare la legge: fonte del diritto è solo il legislatore.
Storicamente questa visione si realizzerà però solo dopo, con ipoteri: i giudici non hanno poteri interpretativi intema di diritto, così come non lo hanno i giuristi. E infatti dopo la codificazione, verrà confermataun’idea di scienza giuridica molto diversa dal passato: un’idea esegetica per cui il giurista deve sololeggere e spiegare quello che c’è scritto, per facilitare la comprensione del testo. (Anche CesareBeccaria ha un atteggiamento sospetto nei confronti dei giudici: i loro poteri devono essere infattilimitati ad applicare la legge, non ad interpretarla).
Originariamente questi illuministi che si occupano di diritto non erano rivoluzionari e non avevanointenzione di abbattere lo stato assoluto; c’erano visioni innovative ma non c’era l’idea dellerivoluzione, anche se è vero che le loro idee sfibrano le istituzioni di antico regime e ledelegittimano a livello culturale.
Tutti i principi dell'illuminismo, infatti, li ritroveremo ripresi punto per punto nella dichiarazionedei diritti
fondamentali dell'uomo e del cittadino del 1789, testo di valore costituzionale che pone i diritti fondamentali dell'uomo (ma non la forma di governo). L'illuminismo pone quindi dei principi che saranno poi alla base della rivoluzione e dell'epoca successiva, fino alla codificazione di inizio ottocento; in particolare: - Se gli uomini hanno dei diritti fondamentali, da tutelare, garantire e le leggi li devono riconoscere e far conoscere in modo chiaro. - La legge deve quindi essere certa. - La legge deve essere espressione della volontà generale; solo che durante la rivoluzione si faticherà a dare un significato concreto a questa clausola; il problema verrà allora ricondotto al tema del suffragio e del suo ampliamento ma nessun illuminista a suo tempo riteneva che la volontà generale poi avrebbe coinciso con quello che oggi chiamiamo suffragio universale. Politiche del diritto e riforme legislative in Francia fino al termine del XVII secolo. Bisogna ora capire.Come si sviluppa l'attività di riforma legislativa in Francia nel 600, considerando che questa riforma legislativa è l'antenata diretta della codificazione; nel 700 ci sarà una frattura molto netta, ma gli antecedenti seicenteschi sono importanti. Al centro di questa riforma ci sono per esempio le ordinanze colbertine, emanate dal ministro delle finanze di Re Sole (Colbert) fra il 1667 e il 1681.
La Francia si connota, fin dall'età medievale, per una divisione molto netta fra zone di diritto consuetudinario (nord/ovest) e zone di diritto scritto (meridione). Dunque c'è una parte di forte influenza germanica, e un'altra dove vige il diritto romano scritto (ma diritto romano pregiustinianeo del codex teodosiano.
Il trecentoTradizionalmente i sovrani francesi, fin dal 300, si sono dimostrati molto interessati al problema delle fonti e dell'insegnamento giuridico, molto più di altri sovrani europei. Sul territorio si potevano distinguere i "pays"
de droit coutumier” ossia settentrione e occidente, in cui prevalgonousi di matrice germanica e “pays de droit écrit” ossia meridione, in cui prevale il diritto romano. Ilsovrano francese voleva evitare limitazioni della propria sovranità a favore dell’impero, e il dirittoromano giustinianeo poteva esserne un veicolo.
Di conseguenza, lungo la storia, il sovrano francese ostacola gli studi giuridici con una baseromanistica.Questa forte avversione nel 1312 si concretizza in un’ordinanza di Filippo il Bello, in cui affermache il regno di Francia è retto dalla consuetudine: questo in quanto secondo lui il diritto romanoaveva come base una consuetudine ed inoltre lo studio romanista derivava anche da unaconcessione del sovrano, che lo aveva autorizzato; di conseguenza si riaffermava il ruolopreponderante del diritto non scritto e la forza legittimante e autonoma del sovrano.
Il quattrocentoNel 400 la situazione francese è dominata da alcuni fatti
importanti.La monarchia francese si consolida con la guerra dei cent'anni, combattuta contro l'Inghilterra; lo stato francese si sviluppa, si rafforza e si formano una chiesa nazionale gallica e un esercito francese permanente con i proventi delle casse regie, una imposta diretta fondiaria e personale (anche se con l'esenzione per nobili, ecclesiastici e borghesi di alcune città). Con Carlo VII nel 1454 si comincia a porre il problema della scrittura delle consuetudini, al fine di controllare il territorio attraverso l'amministrazione della giustizia: i processi dovevano diventare più brevi e le lungaggini erano dovute anche al fatto che le parti talvolta allegavano consuetudini di difficile accertamento. Carlo VII quindi emana le "ordonnance di Montils-les-Tours", ossia una raccolta di consuetudini. Dopo Carlo VII non troveremo più ordinanze, e l'attività di riordinino comincia a interessare prima i giudici e poi i parlamants, le autorità.rama complesso e frammentato come quello del diritto. In questo periodo si assiste alla nascita di importanti raccolte di leggi e norme, come ad esempio il Corpus Iuris Civilis di Giustiniano, che raccoglieva le leggi romane e che avrebbe avuto un'influenza duratura nel mondo giuridico. Il Seicento Nel Seicento si sviluppa il concetto di sovranità assoluta dei monarchi, che si riflette anche nel campo del diritto. In questo periodo si afferma il concetto di diritto naturale, secondo il quale esistono dei principi di giustizia universali che sono validi per tutti gli individui. Questo concetto avrà un impatto significativo sulla filosofia del diritto e sulla teoria politica. Il Settecento Nel Settecento si assiste a un'importante evoluzione del diritto, con l'affermazione dei principi di uguaglianza e libertà. In questo periodo si sviluppa il concetto di diritti dell'uomo, che sancisce che ogni individuo ha dei diritti fondamentali che devono essere rispettati. Questo concetto avrà un'influenza profonda sulla storia del diritto e sulla lotta per i diritti civili. Il Novecento Nel Novecento si verificano importanti cambiamenti nel campo del diritto, con l'affermazione dei diritti umani come principi fondamentali del diritto internazionale. Si assiste anche all'evoluzione del diritto penale, con l'introduzione di nuove norme per la tutela dei diritti delle persone. Inoltre, si sviluppa il diritto internazionale, che regola le relazioni tra gli Stati e le organizzazioni internazionali. In conclusione, la storia del diritto è caratterizzata da continui cambiamenti e evoluzioni, che riflettono le trasformazioni della società e delle concezioni di giustizia.