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SVILUPPO EMOTIVO
Lo sviluppo emotivo è un percorso di acquisizione e cambiamento di modalità di espressione e di
regolazione delle emozioni e di ampliamento del repertorio di emozioni provate.
Il sistema emotivo è presente nei bambini fin dalla nascita poiché si basa su processi biologici
precodificati ed automatici.
Esistono tre principali teorie sullo sviluppo emotivo:
AUTORI DI RIFERIMENTO:
· Teoria della differenziazione. Il neonato non prova emozioni specifiche e distinguibili, ma
uno stato globale di malessere o benessere. Solo con lo sviluppo, le singole emozioni si
differenziano rispetto ad uno stato omogeneo.
· Approccio differenziale. Il neonato prova emozioni distinte e specifiche sin dalla nascita.
· Approccio funzionale. Costituisce una sintesi delle due teorie precedenti, e sostiene che il
neonato provi emozioni distinte sin dalla nascita, ma le configurazioni associate ad esse sono
imperfette e rudimentali; con lo sviluppo diventano più precise e differenziate.
Dagli anni '80 lo sviluppo emotivo è stato approfondito dall' Infant Research,
I TEORIA APPROFONDITA:
che ha analizzato lo sviluppo emotivo nei primi anni di vita ed ha sottolineato come le emozioni siano
centrali nello sviluppo del Sè.
Le esperienze affettive strutturano l'identità del bambino: egli tende ad interiorizzare le sensazioni
provate nella relazione con la madre, memorizzandole, tanto che il bambino durante il primo anno di
vita si forma dei prototipi di interazione caratterizzati da specifici temi affettivi; essi formano il nucleo
affettivo del Sè e saranno riutilizzati nelle successive esperienze di relazione. Tramite il
rispecchiamento e la condivisione emotiva, la madre valida le emozioni del bambino, soprattutto
quelle positive, le quali formano un sistema separato rispetto alle emozioni negative e si manifestano
spontaneamente già dalle prime settimane, ad esempio mediante il ''sorriso endogeno precoce''.
Anche secondo Stern, le emozioni positive guidano ed organizzano l'esperienza relazionale, poiché
la madre si sintonizza col bambino (attunement) e riecheggia le sue espressioni di gioia tramite canali
comunicativi diversi da quelli usati dal bambino: ella comunica la condivisione del suo stato d'animo
e la trasformazione degli stati emotivi negativi, che non vengono negati, ma accolti e rielaborati.
Le ricerche recenti, sempre all'interno dell'Infant Research, confermano che il bambino possiede una
duplice competenza, di espressione e riconoscimento delle emozioni, resa possibile dalla precoce
capacità di imitare il volto umano servendosi di uno schema corporeo trasmodale, basato su
informazioni provenienti da diversi canali sensoriali e sulla coordinazione tra propriocezione e
percezione del movimento altrui.
Sembra anche capace di riconoscere le emozioni della madre, distinguendo le sue espressioni,
rispondendo con una mimica facciale adeguata a quella mostrata in un dato momento dalla madre.
Anche la madre, a sua volta, imita le espressioni del figlio, evitando il rispecchiamento di quelle
negative e impegnandosi in un'operazione di selezione e monitoraggio degli stati mentali del
bambino.
Tuttavia lo sviluppo emotivo non riguarda solo il riconoscimento e l'espressione delle emozioni, ma
anche l'acquisizione della capacità di modularne l'intensità. Tronick evidenzia l'esistenza di condotte
autoregolatrici precoci nel bambino, che lo rendono capace di modulare la tensione causata da eventi
nuovi o stressanti. Una delle più precoci modalità di difesa consiste nel distogliere lo sguardo: quando
il bambino è stanco dell’interazione, gira lo sguardo, riuscendo a sottrarsi dall’eccesso di stimoli. Una
madre empatica rispetta il bisogno di riposarsi del bambino e aspetta che sia lui a decidere di rientrare
nel gioco, senza forzarlo. Altre modalità di difesa compaiono verso i 2-3 mesi e consistono in
comportamenti autoconsolatori come il succhiarsi il pollice o manipolare parti del corpo. Tramite
queste tecniche, il bimbo riesce ad essere in parte autonomo nella regolazione delle emozioni,
soprattutto con quelle negative. La madre lo aiuta nell'elaborarle, svolgendo una funzione
trasformativa oltre alla funzione di rispecchiamento, così da sostenere il bimbo nella gestione di
eventi stressanti. invece, il bambino non possiede un’innata competenza autoregolatoria delle
Secondo Stroufe,
emozioni, ma la acquisisce nel tempo attraverso specifiche fasi di sviluppo:
la madre regola l’omeostasi del bambino.
· Primi 2 mesi di vita:
· 3-6 mesi, regolazione guidata: il bambino e la madre collaborano secondo un sistema di
regolazione reciproca delle emozioni. In questa fase, sono impegnati a lungo nel gioco faccia
a faccia. Infine, nel secondo semestre di vita si presenta la fase della regolazione diadica con
il consolidamento del legame stabilito.
Ciò evidenzia come Stroufe consideri la relazione madre-bambino come una relazione
innanzitutto emozionale, che non provvede solo all’aspetto strumentale di soddisfazione dei
bisogni. paura dell’estraneo.
· 8-9 mesi: nel bambino compare una particolare paura, la Egli ha infatti
interiorizzato i volti familiari, per cui teme l’estraneo perché la sua presenza può significare
l’assenza delle figure conosciute.
· 2 anni: comparsa delle emozioni sociali, che variano da cultura a cultura, e sono risposte a
stimoli sociali piuttosto che biologici. Il bambino è ora in grado di capire le aspettative dei
familiari e dell’ambiente, e valutare l’adeguatezza del proprio comportamento.
Un emozione sociale particolare è l’empatia, che costituisce la capacità di decentrarsi ed
immedesimarsi negli altri, comprendendone le emozioni. Essa è alla base dei comportamenti
prosociali, cioè dei comportamenti di aiuto e condivisione. l’osservazione dell’interazione
Lo sviluppo emotivo può essere valutato attraverso
STRUMENTI:
madre-bambino. Conoscere le tappe dello sviluppo emotivo è utile per promuovere il benessere del
AMBITI APPLICATIVI:
bambino dei diversi contesti di vita, per progetti di sostegno alla genitorialità, per interventi di
inserimento in asili o in gruppi di bambini.
Lo sviluppo emotivo è importante anche per interventi di sostegno agli adulti, poiché possono non
aver sviluppato competenze di regolazione delle emozioni, dunque alcune difficoltà relazionali
potrebbero risalire a queste carenze.
SVILUPPO COMUNICATIVO E LINGUISTICO
La comunicazione e il linguaggio sono funzioni cognitive che si sviluppano sin dalla nascita: sebbene
siano strettamente connesse, avendo in comune lo scopo di mandar un messaggio verso l'esterno, si
differenziano per il loro ruolo.
La comunicazione consiste nella trasmissione di informazioni da un emittente ad un ricevente
attraverso vari canali (“medium”), verbali e non verbali. Essa si configura, pertanto, come un processo
più ampio del linguaggio, che rappresenta una forma di comunicazione più specifica, di tipo verbale,
nonostante sia costituito anche da caratteristiche prosodiche.
Il neonato emette suoni vegetativi (gorgoglii, deglutizioni, eruttazioni, lamenti, pianti) che esprimono
uno stato generale di benessere o disagio, ma che non sono intenzionali, benché suscitino risposte
nella madre, che interviene per soddisfarne i bisogni.
Quando il bambino inizia ad associare un comportamento al proprio pianto, inizierà ad utilizzarlo
intenzionalmente per richiamare la madre. A 2 mesi inizia a sperimentare vocalizzazioni più
cioè l’eco dei suoni vocali pronunciati dagli adulti. Nel
specifiche. Nel 3° mese compare il cooing,
4° mese i suoni vocali vengono associati a quelli consonantici, producendo sillabe come «ma», «pa»,
«ta» (fase del balbettio), per poi ripeterle in sequenza: «ma-ma-ma», «pa-pa-pa», «ta-ta-ta»
(lallazione).
La comunicazione intenzionale inizia generalmente verso gli 8 mesi, formulando una richiesta
all’adulto o coinvolgendolo nelle proprie attività. Il periodo linguistico inizia generalmente verso gli
8-9 mesi con la comparsa delle prime parole: si tratta di parole elementari, che sintetizzano una
richiesta più ampia. In questa fase l’adulto svolge un ruolo di scaffolding (sostegno) rispondendo alle
richieste del bambino ed offrendogli ulteriori stimoli per progredire nello sviluppo.
Lo scaffolding incide sull’età di sviluppo del linguaggio: se l’adulto esegue scrupolosamente i
desideri che il bambino esprime a gesti, questi non avrà bisogno di comunicare in modo diverso; se,
invece, vive in un ambiente stimolante sarà più motivato ad acquisire ed utilizzare il linguaggio,
altrimenti persisterà il primato gestuale su quello linguistico.
parola (olofrasi).
Ad 1 anno il bambino utilizza frasi formate da un’unica A 1 anno e mezzo/2 utilizza
frasi telegrafiche, formate da due o più parole, prive di articoli e congiunzioni («gioco-palla», ad
esempio). Verso i 2 anni e mezzo si verifica un’esplosione del vocabolario: dunque, oltre un
dato dall’insieme di parole comprese, si amplia il
linguaggio recettivo, linguaggio produttivo, dato
dal numero delle parole utilizzate.
Attraverso il linguaggio, il bambino impara a comunicare secondo significati condivisi, a percepire
l’ambiente, a differenziare gli oggetti, a comprendere associazioni, a svincolarsi dal contesti
rievocando un oggetto o persona assente mediante il nome corrispondente. Ciò gli consente di
accedere alla dimensione simbolica. In proposito, Bruner definisce il linguaggio un amplificatore del
pensiero, in quanto strumento che regola e struttura il ragionamento. Un esempio di questa funzione
è rappresentata dal linguaggio normativo, delineato d Vygotskij: linguaggio parlato dai bambini
impegnati in giochi o attività autonome, che descrivono le azioni compiute e non ha funzione di
comunicazione, quanto di strutturazione del pensiero e dell’azione.
Verso la fine del periodo prelinguistico (12-14 mesi), il bambino inizia ad utilizzare particolari gesti:
di un oggetto o l’avvenuta comprensione di una frase
per indicare il desiderio di impossessarsi
pronunciata dall’adulto, il bambino si serve del cosiddetto gesto deittico, che consiste nel mostrare
con l’indice l’oggetto desiderato; il gesto referenziale è invece svincolato dal contesto, e consiste in
un gesto collegato ad un’azione (ad esempio, fare ciao con la mano).
Un ulteriore forma di comunicazione e interazione è rappresentata dall’attenzione condivisa: il
bambino indica e guarda alternativamente l’oggetto e l’adulto, come se volesse comunicargli
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