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La diffusione della responsabilità

Infine un ultimo fattore della produzione del male è rappresentato dalla diffusione della responsabilità. Assistere a una scena drammatica, violenta, in presenza di altre persone fa diminuire in ciascuno la pressione ad agire. La responsabilità viene cioè divisa tra tutti i presenti e in simili casi nessuno interviene. A fare da differenza tra chi interviene e chi no non è la personalità ma il numero di persone che si ritiene stia assistendo l'emergenza: minore il numero, maggiori le probabilità per la persona di soccorrere che si trova in pericolo e di non restare passiva.

Capitolo 11 - Il comportamento altruistico

Comportamento di aiuto = un'azione che ha lo scopo di migliorare il benessere del destinatario o fornirgli un beneficio (Dovidio, 2006).

Comportamento prosociale = non include nella sua definizione le azioni motivate da obblighi di tipo professionale (Bierhoff, 2002).

Altruismo = comportamento a beneficio degli altri.

messo in atto in assenza di anticipazione di ricompense e in assenza di vantaggio personale (Piliavin, 2009). Altruismo ed evoluzione: dal darwinismo moderno all'evoluzione culturale Qualunque forma di comportamento altruistico sembra in contrasto con le teorie Darwiniane sulla selezione naturale visto che chi lo attua viene penalizzato nelle proprie possibilità di sopravvivenza. Come mai allora l'altruismo si è affermato come strategia comportamentale? Darwin non riusciva risolvere questa contraddizione. Oggi sappiamo che nelle specie sociali il vantaggio competitivo per la trasmissione del proprio corredo cromosomico non dipende esclusivamente dal singolo individuo, ma è legato alla sopravvivenza dell'intero branco. Negli anni '60 e '70 si è affermata la sociobiologia, la cui idea fondamentale è che la maggior parte degli atteggiamenti solidali è in realtà originata non dall'amore per il prossimo, quanto piuttosto da una

Qualche forma di interesse del supporto altruista.

Selezione di gruppo (Wynne-Edwards, 1962) = afferma che nessun comportamento andrebbe a far parte del corredo genetico ereditabile se non favorisse in qualche modo l'esemplare altruista o il suo gruppo di appartenenza; Il suo limite è il concepire la disponibilità sacrificio ugualmente distribuita tra tutti soggetti, quando in realtà ci saranno sempre individui inclini a sfruttare la bontà dei propri simili che avranno perciò una maggiore probabilità di riprodursi: nel corso delle generazioni questo fenomeno porterebbe a un drastico ridimensionamento del numero di esemplari altruisti di una specie.

Selezione parentale (Hamilton, 1964) = si tratta di una sorta di altruismo verso i consanguinei, constatando che più frequentemente un individuo è attrista verso figli, nipoti e cugini poiché così facendo aumenta la probabilità di sopravvivenza dei suoi geni; in

corso della loro vita. L'altruismo familiare (Hamilton, 1964) = un individuo mette in atto un comportamento altruistico nei riguardi dei membri della sua famiglia perché condivide una parte significativa del suo patrimonio genetico con loro. Questo tipo di altruismo si basa sulla teoria della selezione parentale, secondo cui un individuo può aumentare la sua fitness (successo riproduttivo) aiutando i suoi parenti a sopravvivere e riprodursi. L'altruismo di gruppo (Wilson, 1975) = un individuo mette in atto un comportamento altruistico nei riguardi di un gruppo di individui con cui condivide un'identità comune. Questo tipo di altruismo si basa sulla teoria della selezione di gruppo, secondo cui i gruppi che includono individui altruisti hanno maggiori probabilità di sopravvivere e prosperare rispetto ai gruppi che non lo fanno. In conclusione, l'altruismo può essere spiegato da una combinazione di fattori genetici e sociali. Mentre l'altruismo reciproco e l'altruismo di gruppo possono essere considerati come meccanismi che favoriscono la sopravvivenza e la prosperità dei singoli individui e dei gruppi sociali, l'altruismo familiare si basa sulla condivisione di un patrimonio genetico comune.

futuro.Nel tentativo di definire le basi neurali dell'altruismo reciproco si è scoperto che quando si attua la collaborazione, rispetto all'interesse personale, si attivano due vaste aree del cervello ricche di neuroni reattivi alla dopamina. La conclusione è dunque che l'impulso a collaborare è innato negli esseri umani e rafforzato dalla piacevole sensazione cerebrale.

Un ampliamento degli analisi degli evoluzionisti si trova in autori che studiano il comportamento in relazione alla selezione naturale. L'evoluzionismo culturale assegna all'altruismo un ruolo essenzialmente sociale; attraverso la messa in atto di comportamenti altruistici i membri di gruppi e categorie sociali sviluppano e mantengono una rete di relazioni che costituisce un requisito perché si possa sviluppare un senso di appartenenza al gruppo e ciascuno dei membri sviluppi forme di identità sociale.

L'assunto fondamentale di questa classe di modelli è

che gli individui, vivendo all'interno della società e sviluppando il senso di appartenenza a gruppi sociali, sono influenzati dai valori e dalle norme che condividono con gli altri membri del loro gruppo. Viene quindi trasmessa, oltre che un'eredità genetica, anche un'eredità culturale che è modificabile e che viene appresa nel corso dell'interazione sociale. Docilità (Simon, 1991) = tendenza innata ad apprendere dagli altri che emerge evolutivamente poiché è legata all'apprendimento di comportamenti che accrescono le opportunità produttive di chi impara; tale tendenza, una volta introdotta nel genotipo della specie, permette anche l'acquisizione di schemi di comportamento che non hanno una diretta rilevanza per le opportunità riproduttive, quali appunto i comportamenti altruistici: la docilità è quindi una predisposizione psicologica che favorisce il meccanismo imitativo attraverso.

Il quale si attua la trasmissione culturale di un comportamento altruista. La coesione di gruppo (Boyd e Richerson, 1985) = gli autori sostengono che gli individui possiedono degli istinti tribali prosociali innati, meccanismi emotivi e cognitivi che danno origine alla coesione di gruppo e a una sorta di legame e impegno soggettivo nei confronti del gruppo sociale; l'altruismo sarebbe diretto al mantenimento della coesione tra i membri di un qualsiasi gruppo di individui. Boyd e Richerson chiamano trasmissione conformista il meccanismo mediante il quale le persone apprendono il patrimonio culturale della società in cui vivono: quando più credenze, tra loro inconciliabili, vengono trasmesse il meccanismo della trasmissione conformista fa sì che l'individuo tenda a far proprie le opinioni della maggioranza; ciò dà luogo a una selezione preferenziale dei comportamenti in cui gli individui si imbattono più di frequente e rappresenta, per l'individuo,

Un espediente efficace nell'apprendimento di comportamenti adattivi. Nella competizione fra gruppi, quelli che hanno sviluppato forme di altruismo hanno una struttura più coesa e possono attingere a quote maggiori di risorse dai propri membri e quindi, nell'evoluzione dei sistemi sociali, tendono a prevalere.

L'ottica di selezione culturale di gruppo fornisce pertanto una spiegazione del persistere di manifestazioni di altruismo nonostante i diretti e immediati vantaggi legati alla messa in atto di comportamenti di disegno opposto. Il modello però nulla ci dice dei processi di pensiero, delle motivazioni, dei dubbi e delle emozioni di chi decide di aiutare un'altra persona, sono pertanto modelli prettamente sociologici.

Le teorie classiche sull'altruismo

Oggi esiste una letteratura molto ampia che mette a fuoco il ruolo delle emozioni, di fatto l'analisi degli stati emotivi che danno vita al comportamento altruistico fa da filo conduttore in queste.

teorie. Gli psicologi trovano nell'attivazione fisiologica un elemento fondamentale nell'altruismo: le condizioni in cui qualcuno è in difficoltà ed ha bisogno di aiuto generalmente suscitano delle emozioni su chi potrebbe aiutare dal momento in cui quest'ultimi avvertono l'attivazione emotiva che deriva dalla vista della sofferenza altrui. Alcuni ricercatori trovano nell'attivazione empatica una base biologica, vale a dire che gli esseri umani potrebbero essere per natura creature empatiche. Tuttavia vi è dibattito su come questa emozione muova le persone ad agire altruisticamente. In generale, le emozioni che i soggetti avvertono dipendono dall'interpretazione dell'attivazione fisiologica che stanno provando. Ma cosa determina l'emozione specifica che una persona prova come risposta al problema di un'altra persona? Vi sono essenzialmente due fattori: la natura dell'evento stesso e l'interpretazione dei bisogni.con la situazione. Le emozioni possono anche influenzare la percezione delle situazioni di bisogno degli altri. Ad esempio, quando si è arrabbiati o frustrati, si può essere meno inclini ad aiutare gli altri. Le attribuzioni causali interne ed esterne possono anche influenzare le emozioni e la motivazione ad aiutare. Se si attribuisce la causa di una situazione di bisogno a fattori interni e controllabili, si può provare più empatia e sentirsi più motivati ad aiutare. Al contrario, se si attribuisce la causa a fattori esterni e non controllabili, si può provare meno empatia e sentirsi meno motivati ad aiutare. Le emozioni negative come la paura o l'avversione possono frenare il comportamento di aiuto, mentre emozioni spiacevoli come il senso di colpa possono favorirlo. Il senso di colpa può spingere le persone a fare ammenda per un'ingiustizia commessa verso qualcuno, anche se non ha nulla a che fare con la situazione in questione. In conclusione, le emozioni svolgono un ruolo importante nel comportamento di aiuto. Possono influenzare la percezione delle situazioni di bisogno degli altri, le attribuzioni causali e la motivazione ad aiutare. Tuttavia, è importante considerare anche altri fattori come la situazione specifica e le norme sociali per comprendere appieno il comportamento di aiuto.fare con la situazione. Attraverso il comportamento altruistico hanno la possibilità di vedere "risanata" la propria autostima (ipotesi della riparazione dell'immagine). Il modello del sollievo dello stato d'animo (Cialdini et al., 1973) = essere testimoni di una situazione in cui qualcuno subisce un danno può provocare sentimenti negativi, come la tristezza, che generano una motivazione a ridurli; le persone hanno appreso che aiutare può servire come rinforzo per sentirsi meglio e allentare la spiacevole sensazione dell'emozione negativa. Lo stato d'animo negativo motiva un comportamento d'aiuto perché questo viene avvertito come un comportamento strumentale teso a migliorare il tono dell'umore. Vi sono perciò tre assunti fondamentali alla base di questa ipotesi: 1. Lo stato d'animo negativo che spinge una persona ad aiutare può avere origine
Dettagli
A.A. 2019-2020
99 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher hadesprincess99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Scaffidi Abbate Costanza.