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DSM-IV

I vari processi di revisione messi in atto nelle varie versioni del DSM, così come in quella del DSM-IV, non

sono stati esenti da critiche: benché la revisione venga fatta per creare uno strumento più facile da usare e che

si basi su un approccio maggiormente scientifico, è pur vero che ogni revisione annulla la classificazione

nosografica presentata nella versione precedente a cui ormai i clinici si erano abituati, e inoltre non sempre i

cambiamenti effettuati hanno avuto basi scientifiche solide.

A parte questo discorso, le revisioni sono andate avanti. I cambiamenti presenti nel DSM-IV riguardano

l’introduzione di altri assi per ulteriori studi ed approfondimenti sul funzionamento difensivo, relazionale e

sociale lavorativo.

La Scala del Funzionamento Difensivo fa riferimento ai meccanismi di difesa e prevede che il clinico

individui fino a sette stili difensivi, indicando quello più rilevante e quello predominante. Un glossario unifica

la nomenclatura e la descrizione dei vari meccanismi di difesa qui elencai: 112

- Alto livello adattivo:adattamento ottimale nelle situazioni stressanti. Capacità di riconoscere i propri

sentimenti e trovare un equilibrio tra quelli in conflitto

- Livello delle inibizioni mentali: idee, sentimenti e ricordi dolorosi vengono esclusi dalla coscienza

- Livello di lieve distorsione del’immagine: distorsione dell’immagine di sé e degli altri al fine di

modulare la propria autostima

- Livello del disconoscimento: i fattori stressanti vengono esclusi dalla coscienza e spesso imputati a

cause esterne

- Livello grave di distorsione dell’immagine: aumenta il grado di distorsione e di attribuzione erronea

dell’immagine di sé e degli altri

- Livello dell’azione: il meccanismo difensivo agisce tramite l’azione o il ritiro da essa

- Livello della sregolatezza difensiva: fallimento dell’organizzazione difensiva comporta una frattura

con la realtà

La Scala di Valutazione Globale del Funzionamento Relazionale(GARF) , analogamente all’Asse V, valuta il

grado in cui la famiglia o un’unità sociale di riferimento è in grado di soddisfare i bisogni affettivi e

strumentali dei suoi membri in determinate aree relative a:

- Soluzione di problemi: concordare obiettivi, regole, adattabilità allo stress e soluzione dei conflitti

- Organizzazione: mantenimento ei ruoli interpersonali e dei confini, distribuzione del potere, del

controllo e delle responsabilità

- Atmosfera emozionale: tono e gamma dei sentimenti, qualità delle cure, empatia, coinvolgimento e

attaccamento

La Scala di Valutazione del Funzionamento Sociale e Lavorativo(SOFAS) guarda allo specifico funzionamento

psichico in questi specifici ambiti indagando se possa influire su una condizione di patologia generale o meno.

Sistemi N-D e il DSM-IV

La psichiatria è passata da un diagnosi clinica tradizione ad una diagnosi con criteri operazionali:

la diagnosi S deve essere applicata a tutti coloro, e solo a coloro, che manifestano la caratteristica del criterio

O, alla condizione che O sia obiettivo e verificabile, e non frutto della pura interpretazione intuitiva

dell’osservatore.

Tale obiettività si basa sull’individuazione di sintomi e comportamenti precisi e visibili, e dunque obiettivi.

Non tutti gli psichiatri, però, sono d’accordo: a loro favore portano la dimostrazione che categorie di sintomi e

comportamenti, così tanto obiettivi, in realtà possono essere frutto di patologie e cause molto diverse tra loro,

legate anche agli eventi e alle esperienze soggettivamente vissute.

Molti dei seguaci dei sistemi N-D sostenevano che un gran corpus di teorie psicogenetiche accettate dai

sistemi I-E non fosse ancora sufficientemente obiettivo per essere accettato dai propri sistemi. Questa

distinzione netta di saperi e di posizioni ha portato gli autori del DSM a sviluppare una posizione di

ateoreticità. Nel DSM-III si ricorda di come dei sintomi descritti non vi sia una eziologia psichica o fisiologica

precisa, eccetto per quei disturbi che sono stati discussi ed accettati da entrambe le parti. Ancora, nel DSM-IV

si sottolinea come la diagnosi fatta con il DSM non può essere la sola e definitiva, poiché essa deve essere

integrata da un buon lavoro del terapeuta che indagherà personalmente il vissuto e la storia del paziente,

confermando o modificando i dati oggettivi del DSM. 113

Lo psicologo e la sua formazione

Traccia: il candidato individui un approccio metodologico, evidenzi quali sono gli strumenti necessari alla

psicologo per attuare interventi efficaci rispetto ad una categoria di possibili clienti.

Uno degli ambiti professionali dello psicologo è quello clinico in cui si progettano interventi di prevenzione,

sostegno o cura per pazienti con disturbi di diversa natura, di solito distinguibili come disturbi o

funzionamento di tipo nevrotico, borderline o psicotico.

Una delle possibili categorie di utenza è quella dei soggetti con disturbi d’ansia che possono manifestarsi con

diversi gradi di compromissione del funzionamento cognitivo, sociale, affettivo e relazionale.

Uno dei possibili approcci è quello cognitivo - comportamentale che si pone l’obiettivo di analizzare e poi

modificare i pensieri e i comportamento disfunzionali grazie all’utilizzo di specifiche tecniche. Si tratta di un

approccio che prende le sue origini dal comportamentismo watsoniano e dalla riflessologia pavloviana, dallo

studio dei processi di apprendimento umano e del modo in cui è possibile modificare, condizionare e

rinforzare l'apprendimento e l'uso di specifici comportamenti e strategie cognitive. Se inizialmente in ambito

comportamentista ci si focalizzava solo sullo studio del comportamento manifesto, grazie agli studi di Tolman,

tra gli altri, si è osservato come ci possa essere apprendimento anche senza una manifestazione esterna di tale

apprendimento, e che dunque vi è anche una componente mentale cognitiva non direttamente osservabile che

deve però essere studiata poiché implicata nei processi di pensiero.

In particolare, si ritiene che i soggetti con disturbi d’ansia abbiano pensieri irrazionali, catastrofici e assoluti

che possano ridurre le loro prestazione, condizionare il comportamento, rinforzare e sostenere condotte di

evitamento, compromettendo dunque la dimensione sociale e relazionale.

Di solito tali pazienti vengono inviati allo psicologico dal medico di base che rileva la natura psicologica del

disturbo o poiché il trattamento farmacologico fino ad allora provato non ha ottenuto risultati soddisfacenti.

Lo psicologo dovrà dunque iniziare il suo lavoro raccogliendo le informazioni anamnestiche sul paziente

iniziando così una conoscenza reciproca che favorisca la costruzione di una relazione e alleanza di lavoro che

spinga il soggetto ad essere attivo nel percorso di sostegno, venendo un po’ fuori dalla dinamica relazionale

medico-paziente in cui ci si aspetta di ricevere passivamente una prestazione, prescrizione o cura.

È anche possibile che il paziente arrivi direttamente e spontaneamente dallo psicologo e in questo caso molto

spesso chiede con urgenza di essere sollevato dai sintomi. Sebbene il ridurre l’impatto dei sintomi sia

sicuramente uno degli obiettivi, il lavoro dello psicologo va oltre questa richiesta poiché agire solo sui sintomi

non sarebbe sufficiente a garantire la guarigione. Per questo motivo è necessario lavorare insieme al paziente

per rintracciare le cause psicologiche che sottendono e provocano i sintomi. Primo strumento dello psicologo

è dunque la relazione che permette di creare un’alleanza, di motivare il soggetto e predisporre un percorso

condiviso che vada oltre l’obiettivo immediato del sollievo transitorio dai sintomi.

Ogni approccio teorico prevede una specifica tipologia di ragionamento valutativo e diagnostico, ed è

necessario che anche eventuali strumenti utilizzati e l’intervento scelto siano coerenti con tali approccio.

Lo psicologo che scelga di utilizzare un approccio cognitivo - comportamentale ha a sua disposizione un

repertorio di tecniche di intervento che si basano sull’idea di agire direttamente sui comportamenti sintomatici

ma anche sui pensieri che li producono; si ritiene, infatti, che la patologia nasce da pensieri irrazionali e

catastrofici che si concretizzano in comportamenti impulsivi disfunzionali o in sensazioni di perdita di

controllo di sé o della realtà che provocano reazioni di carattere fisiologico quali palpitazioni tremori,

secchezza delle fauci fino agli attacchi di panico e alla profonda sensazione di morte imminente.

Può per esempio essere applicato il modello A-B-C Antecedenti-Comportamento-Conseguenze: si esplorano i

pensieri che precedono la comparsa dei sintomi ansiosi, le strategie attuate per gestirli e le conseguenze che

producono. Si attueranno delle metodologie atte alla ristrutturazione cognitiva, che consiste nel modificare tali

pensieri sostituendoli con altri maggiormente razionali e funzionali interrompendo la catena di pensieri e 114

comportamenti disfunzionali promuovendo l’acquisizione di coping e strategie efficaci per fronteggiare le

diverse esperienze.

Tali strategie possono essere pian piano apprese dal paziente grazie ad un percorso di training che prevede la

rielaborazione degli stili di attribuzione causale; si può poi intervenire sulle componente della risposta

fisiologica con l’acquisizione di tecniche di respiro e rilassamento muscolare, e l’acquisizione di tecniche di

pianificazione di azioni efficaci per fronteggiare in modo nuovo le situazioni ansiogene per il soggetto.

I comportamenti e le acquisizioni positive devo essere di volta in volta rinforzate in modo da essere mantenute

dal soggetto, tanto da arricchire e rendere più flessibile il suo repertorio di pensiero e di comportamento.

Potrebbe essere utile somministrare dei test di valutazione, all’inizio, in itinere e poi alla fine del processo di

sostegno in modo da valutare l’effettiva efficacia del trattamento.

A tale proposito, è stato creato, in ambito cognitivo - comportamentale, il BAI Beck Anxiety Inventory, un test

che valuta la sintomatologia ansiosa con 21 item relativi ai sintomi d’ansia somatica, soggettiva o correlata a

fobie. Ogni item viene valutato con un punteggio da 0-3. Vi è una parte autosomministrata in cui il soggetto

attribuisce un punteggio ai vari item, e una parte riservata all’esaminatore relativa alla trasformazione dei

punteggi grezzi.

In conclusione, possiamo dire che le competenze fondamentali dello psicologo devono essere:

- Conoscere le diverse teorie e modelli di riferimento per organizzare le informazioni raccolte sul paziente e

stabilire il tipo di intervento più adeguato allo specifico caso

- Saper entrare in relazione con il pazienze, mostrandosi empatico e sviluppando una relazione basata sulla

fiducia, la coerenza e la relazio

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Publisher
A.A. 2014-2015
150 pagine
9 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/01 Psicologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Atreyu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Volpato Chiara.