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Interesse e razionalità nel comportamento deviante.
Dal paradigma illuministico alla teoria dell’attore sociale.
1.1 Introduzione
scuola classica
La teoria criminologica della del XVIII secolo, viene considerata come la
prima teoria che abbia interpretato il problema dell’ordine sociale. Questa teoria è
legata al contesto illuministico del Settecento, durante il quale ci fu il passaggio della
pena, intesa come strumento per ristabilire la “lesa maestà” del sovrano, dello Stato e
della religione, ad una visione razionale della pena retributiva e deterrente. L’assunto
del paradigma illuministico è quello della razionalità nella scelta di commettere il
reato. Ciò comporta la concezione dell’individuo libero da condizionamenti e capace di
scegliere deliberatamente l’osservanza o la trasgressione delle leggi, a seconda dei
suoi interessi. Le finalità e i principi riformatori della scuola classica, si basavano
sull’adesione ai diritti individuali naturali propri dell’Illuminismo: tutti gli individui sono
uguali. Il movimento per la riforma del diritto penale assunse reale importanza nel
corso della seconda metà del XVIII secolo. Di tale movimento, alla sociologia della
devianza interessano due componenti: la prima comprende la nuova concezione e
pratica della pena e del sistema carcerario; la seconda, l’interpretazione dell’individuo
di fronte alla legge. 1.2 Il delitto e la pena nel paradigma illuministico
Le radici del sistema carcerario affondano nell’epoca del mercantilismo, ma le sue
prime forme di elaborazione e di promozione avvennero soltanto con l’Illuminismo. Il
movimento riformatore reagì alla pratica carceraria che procedeva all’internamento di
individui senza alcuna distinzione tra folli, condannati, vagabondi e anziani. La
richiesta di abolizione di queste arretrate condizioni carcerarie e delle varie teorie
Dei
medioevali della pena, trovò la sua più nota formulazione nell’opera di Beccaria,
delitti e delle pene. Il fine delle pene non avrebbe più dovuto essere altro che quello di
impedire al reo di fare nuovi danni ai suoi concittadini e di dissuadere gli altri dal farne
uguali. Uno degli obiettivi fondamentali degli esponenti della scuola classica, fu la
formulazione di una definizione puramente legale del delitto. Ogni delitto è tale
soltanto perché la legge lo definisce così. Per la scuola classica ogni trattamento
arbitrario sarebbe cessato, una volta che la pena fosse stata determinata sulla base
della natura del particolare reato e il trionfo della giustizia sarebbe consistito nel fatto
che le pene non sarebbero più dipese dalla volontà del legislatore, ma dalla natura
delle cose. La pena inflitta a un reo si giustifica solo sulla base del danno che egli ha
arrecato direttamente a un altro individuo e indirettamente alla collettività. Perché sia
retributiva e deterrente essa dovrà colpire i diritti del reo nella stessa misura in cui il
reo ha colpito i diritti altrui. 1.3 Gli interessi dell’homo economicus
La scuola classica era rivolta soprattutto alla riforma del sistema delle pene e delle
procedure del diritto; meno allo studio del singolo delinquente. Nel saggio di Beccaria,
comunque, troviamo elementi che compongono una concezione del crimine non come
reazione azione
a fattori e influenze esterne, ma come dell’individuo diretta ad
ottenere benefici. Gli uomini rinunciano all’originario isolamento in stato di natura e
all’originaria indipendenza per una nuova condizione più sicura e tranquilla. A questa
assunzione di Rousseau, si accompagna l’idea di Hobbes dello “scambio vantaggioso”.
Beccaria ribadisce più volte il principio della fondazione utilitaristica del diritto penale
e dell’egoismo razionale dei singoli che scambiano una condizione di incertezza con
una nuova condizione più sicura e tranquilla. Altro tema dell’utilitarismo di Beccaria, è
quello della felicità. Gli uomini, esseri sensibili, sono mossi dalla ricerca del piacere,
dalla felicità e dalla paura del dolore. Ed è da qui che deriva un modello nel quale il
costi-benefici
calcolo dei introdotto dalle pene, dalle sanzioni e dal controllo sociale,
scoraggiano ogni forma di criminalità e di devianza. Essenziale in questo momento, è il
principio della proporzionalità tra delitto e pena, e della “pena minima necessaria”.
Nella discussione delle modalità di applicazione delle pene, è ricorrente la discussione
delle quattro dimensioni della prontezza, della proporzionalità, dell’infallibilità e della
“dolcezza della pena”. Una pena per essere giusta e utile, deve essere pronta e celere.
Una pena è giusta se risparmia all’imputato inutili sofferenze e se non precede la
sentenza per il minimo tempo necessario. È utile, inoltre, allorché riesca a produrre
nell’animo umano, l’associazione del rapporto tra delitto e pena. Tale rapporto è tanto
maggiore e duraturo quanto più è ravvicinato il tempo della pena al misfatto. I principi
di riforma, di razionalizzazione e di utilità dell’intervento dello Stato, trovarono
un’analoga formulazione nel Panopticon di Jeremy Bentham, il quale diede forma al
principio dell’utilitarismo di riforma morale e di rendimento economico nelle prigioni,
ospedali, ecc. Da qui in poi, le teorie del sistema penale, non trattano più le funzioni di
repressione indiscriminata, ma in quelle di controllo razionale.
1.4 Scelta razionale e teoria situazionale della devianza
La prima teoria sociologica recente ha inteso analizzare comportamenti criminali quali
teoria della scelta
effetti di scelte deliberate, è la Rational Choice Perspective (
razionale ). La teoria della scelta razionale presuppone che gli individui adottino delle
strategie individuali libere nel compiere azioni criminali e valutino i benefici nel
trasgredire una legge. Nella formula Rational Choice Perspective, il primo termine
definisce il pensiero strategico, l’elaborazione delle informazioni, la valutazione delle
opportunità e delle alternative. Il secondo rileva la decisionalità del deviante. Il
Perspective
termine sottolinea, anziché il concetto di struttura di teoria finita quello di
Rational
ricerca, in modo tale da rimettere in discussione le posizioni tradizionali. Il
Offender l’homo oeconomicus,
richiama in quanto anch’egli i è libero e indipendente
da condizionamenti sociali esteriori. L’individuo caratterizzato da una mentalità
criminale è quello che calcola la possibilità di avere dei vantaggi con l’infrazione della
Reasoning Criminal
legge. La nozione di implica una natura essenzialmente ordinaria,
non patologica, di attività criminali. All'idea secondo cui esistono grandi differenze tra
il gruppo omogeneo dei criminali e il resto della società, è contrapposta l’ipotesi che
tra i due gruppi esistano alcune analogie e similarità. Sono individuati due presupposti
dal riproporsi della scelta razionale nella sociologia della devianza. Secondo Travis
Hirschi, tali presupposti sono rappresentati dal formarsi dei concetti di
disorganizzazione sociale e di controllo sociale. Il concetto di disorganizzazione sociale,
contribuì a togliere gli individui dalla loro posizione naturale o normale dentro la
società. La prospettiva della disorganizzazione sociale presuppose, inoltre, che i
bisogni degli individui potessero essere soddisfatti con mezzi illegali e che questi ultimi
sarebbero stati scelti ogni qualvolta si fosse valutato qualche beneficio superiore al
costo. Il secondo presupposto è costituito dalle teorie del controllo sociale formatesi
attorno agli anni 1960. Hirschi afferma che il processo di formazione della devianza è
da porre in relazione, prima che con la posizione del deviante nella società, con la
forza del “legame sociale”. Un adolescente ha tanto più probabilità di percorrere una
carriera deviante, quanto minore è il suo legame con i genitori, educatori, ecc. I
sostenitori della scelta razionale giungono a due conclusioni riguardanti le somiglianze
e le differenze fra le due teorie.
1) La teoria della scelta razionale e quella del controllo sociale condividono la
stessa immagine dell’uomo, quale animale razionale, un’immagine diversa da
quella del positivismo sociologico dell’uomo come animale sociale. Entrambe
rifiutano la trasformazione operata dai positivisti del criminale in un organismo
che reagisce irrazionalmente alle spinte dell’ambiente.
2) La differenziazione tra le due teorie si vede quando una tende a focalizzare i
crimini specifici, la decisione di rapinare o di uccidere, mentre l’altra tende ad
ignorare qualunque distinzione all’interno del crimine. La teoria della scelta
evento
razionale si concentra su ciò che Clarke e Cornish definiscono come ,
mentre la teoria del controllo sociale si concentra su ciò che definiscono come
coinvolgimento .
L’approccio della scelta razionale è basata sulla correlazione tra decisione di
commettere un crimine e particolare condizione favorevole. Una ricerca di Dermot
Walsh ha rilevato che nel caso di crimini quali il furto, solo una minoranza di ladri è
rappresentata da “specialisti”. La maggior parte è costituita da individui che agiscono
in base a scelte “situazionali” e ad opportunità che si presentano di volta in volta. La
teoria della scelta razionale considera per ogni crimine e criminale un insieme di
fattori background, quali esistenti alla radice del crimine. L’età, la costituzione fisica, il
sesso, l’appartenenza a bande, sono variabili situazionali, cioè correlate al crimine
piuttosto che alla criminalità. Le cause del crimine possono essere interpretate come
fattori che influenzano le decisioni di impegnarsi in atti criminali. Consideriamo il furto
nei sobborghi di classe media, con due schemi di Cornish e Clarke:
Il PRIMO SCHEMA, riguarda il modello di coinvolgimento iniziale. Ci sono due punti
focali di decisionalità. Il primo punto (punto 7) riguarda la presa di coscienza
dell’individuo di commettere il furto per soddisfare bisogni di denaro, beni e
divertimento. I punti precedenti indicano la molteplicità di fattori che portano
l’individuo a questo stadio. Possiamo individuare fattori di tipo psicologico
(intelligenza, temperamento), sociale (sesso, classe, educazione, ambiente
circostante) e ambientale (famiglia disunita o criminale, cresciuti in istituti). Questi
fattori sono considerati fondamentali nel determinare i valori e le attitudini che
predispongono l’individuo alla devia