vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La cultura sportiva familiare purtroppo tende a portare, al momento dell’abbandono dello
sport, anche all’abbandono delle attività fisiche e motorie, perché il genitore non educa più
a compiere queste già dalla prima infanzia perché è occupato con il lavoro, è sempre più a
corto di risorse economiche e non è agevolato dall’ambiente in cui vive, spesso con pochi
spazi sicuri per il gioco libero. Per l’avvenire della società occorre cambiare in meglio
questo andamento, per favorire uno stile di vita improntato all’impegno, alla lealtà, al
rispetto delle regole e dell’avversario e all’assicurazione di una saluta migliore.
La “palestra” Europa: considerazioni pedagogiche
sull’attività motoria nell’infanzia
Il “Libro bianco sullo Sport” della Commissione Europea sottolinea come la scuola sia la
sede ideale per promuovere lo sport e gli atteggiamenti positivi nei confronti di attività
motorie regolari e a uno stile di vita sano. Purtroppo però nei curricoli scolastici
l’educazione fisica sta soffrendo di una drastica riduzione delle ore e viene sempre più
marginalizzata rispetto alle altre discipline. Gli sforzi compiuti dagli Stati membri per
cambiare questo andamento rappresentano un indicatore dell’atteggiamento lungimirante
o meno delle istituzioni in termini di voler migliorare la salute degli abitanti (e di risparmiare
sulla sanità) e di voler creare maggiori momenti di aggregazione tra pari in quelle che sono
ormai le società “del figlio unico”.
Il contrasto al fenomeno dell’obesità è una delle sfide dell’OMS: fino a trent’anni fa
muoversi, saltare, misurare le proprie abilità fisiche costituiva una peculiarità dell’età
infantile, che è andata perdendosi a seguito delle mutate condizioni di vita degli adulti
(mancano gli spazi aperti, manca il tempo, mancano le risorse) molti più bambini rispetto
a un tempo però fanno sport, ma due ore di sport settimanali non sono sufficienti a
colmare il fabbisogno di muoversi dei bambini e di avere tanti compagni di giocol’Europa
invita gli stati membri a sensibilizzare la popolazione in termini di protezione della salute e
integrazione sociale delle nuove generazioni, a partire dal più portante ente educativo che
è la scuola
L’educazione fisica nelle scuole europee: -Il tempo dedicatole è molto ridotto rispetto a
quello delle altre materie e gli insegnanti delle scuole primarie e dell’infanzia non vengono
adeguatamente formati. -Il curriculum scolastico prevede il raggiungimento di obiettivi (es.
sviluppo attività motorie, promozione della salute, sviluppo sociale..) che non s’incrociano
però con le attività proposte. -Sulla compensazione delle disuguaglianze e sulle pari
opportunità (di genere, di religione, le disabilità..) c’è ancora tanto da lavorare. -C’è un
generale esubero di insegnanti di educazione fisica e molti di questi non sono preparati ad
affrontare le difficoltà della società contemporanea (la loro formazione andrebbe ripensata
Alcuni paesi europei stanno provando ad integrare le attività fisiche svolte a scuola con
quelle dell’extra-scuola per promuovere le attività motorie e sportive. Un esempio è quello
della Svezia: durante le ore di educazione motoria a scuola si identificano i bambini carenti
nelle abilità motorie e nell’extra scuola questi bambini svolgono attività idonee alla
soluzione dei loro problemi, in collaborazione tra squadra sportiva e insegnanti. In
Inghilterra invece si creano partnership tra scuole e club sportivi che, a differenza di come
è sempre accaduto in passato in questo paese, incentrano il loro focus su attività fisiche
non competitive invece che sulla performance. In Olanda l’insegnante di educazione fisica
si occupa sia delle ore curricolari a scuola che delle ore di attività motorie pomeridiane: gli
studenti lo vedono sia come insegnante che come coach. Ciò dimostra come ci sia
bisogno della collaborazione di istruzione, istituzioni pubbliche, mass media per
promuovere l’”alfabetizzazione motoria” precoce.
Attività motoria e sportiva nell’infanzia: aspetti
psicosociali
Lo sviluppo psicomotorio dell’infanzia ha delle importanti ricadute anche su quello
cognitivo, sociale ed emozionale (es. la conquista della deambulazione fa prendere al
bambino coscienza della propria autonomia e lo avvicina all’esplorazione del mondo e da
quel momento diventa impossibile fermarlo).
Apprendimenti insiti nelle attività motorie e sportive: l’educazione al movimento, cioè il
prendere padronanza del proprio corpo e delle norme per mantenerlo in salute, ma senza
cadere nell’agonismo precoce; l’impegno, cioè il capire che nella vita nulla si ottiene senza
sforzo e dedizione, sempre senza esagerare con gli obblighi nelle attività sportive per non
creare demotivazione, è comprovato che esiste una correlazione tra pratica sportiva e
raggiungimento di buoni risultati scolastici; le relazioni sociali, cioè il sentirsi appartenenti
a un gruppo, interagire con i pari, superare i limiti della “società del figlio unico”, saper
modulare il proprio comportamento a seconda di chi ci si trova di fronte; la competizione,
cioè il confrontarsi con gli altri rispettando regole condivise e norme deontologiche, in
quanto l’educazione al rispetto delle regole fa capire al bambino che esiste un’alternanza
fra lavoro e riposo, fra momenti formali e informali; i processi motivazionali, cioè il divertirsi
ma anche il saper perdere e non pensare sempre e solo al sé, al primeggiare sugli altri,
ma pensare misurarsi con sé stesso. Genitori, insegnanti e allenatori sono gli adulti che
devono accompagnare i bambini all’educazione sportiva e quindi al raggiungimento di tutti
questi apprendimentigli allenatori non devono solo preparare atleti di alto livello, ma porre
l’accento sul loro ruolo educativo: non serve a nulla nel mondo avere migliaia di atleti di
altissimo livello, ma serve formare persone laboriose, equilibrate, impegnate, in grado di
migliorarsi continuamente, cooperanti, in grado di riconoscere i propri limiti e le proprie
capacità, in grado di tessere legami, non prevaricanti.
Tra scuola e sport: criticità, potenzialità inespresse e
prospettive future
Ognuno di noi ha talento in qualcosa; il talento sportivo è colui che ha presupporti fisici e
psichici che potrebbero portarlo a raggiungere risultati sportivi soddisfacenti. Con ricerca
del talento si intende la selezione e l’individuazione dei talenti sportivi, con promozione del
talento si intende il far sviluppare maggiormente le capacità fisiche dei giovani di talento
per valorizzarli: le politiche sportive si sono sempre mosse in questo sensodagli anni ’70
in Germania si è abbassato il tasso di età per accedere alle attività agonistiche (già a 6
anni i bambini cominciavano a fare calcio agonistico) e ciò ha portato negli anni ’80 ad
osservare: aumento del tasso di abbandono, risultati e performance distanti dalle
aspettative. La specializzazione sportiva (lo specializzarsi unicamente in uno sport) e la
specializzazione precoce si sono rilevate fallimentari circa gli aspetti sopracitati e dal punto
di vista dello stress, dei danni fisici e psicologici. La distorsione più grossa che sia mai
stata fatta sullo sport è il pensare che l’importante sia vincere, a tutti i costi, e non
parteciparela conseguenza di ciò è il condurre i giovani atleti nella triade sport-
aggressività-violenza, che produce un’alterazione dei comportamenti anche al di fuori
dell’ambito sportivo: i codici etici sembrano scomparsi e sono stati sostituiti (basti guardare
all’atteggiamento tenuto dai genitori sugli spalti, dai tifosi, dai giocatori contro gli arbitri…)
da disvalori. Un esempio di conseguenza di questa etica sportiva distorta, che pensa solo
al guadagno e alla vittoria, è il doping.
A scuola c’è una gerarchia dei saperi: esistono saperi considerati più importanti di altri,
l’educazione motoria è tra questi ultimi, ma le indicazioni nazionali riconoscono un ruolo
fondamentale a questa materia, che sulla pratica non gli viene però riconosciutogli
insegnanti di scuola primaria e dell’infanzia non si sentono sufficientemente preparati a
svolgere le lezioni di educazione motoria a causa della loro mancata formazione in questo
ambito: la facoltà di scienze della formazione oggi dà loro una prima formazione e una
sensibilizzazione all’importanza dell’attività fisica, ma non è sufficiente per fargli acquisire
autonomia sul piano metodologico e didattico
La scuola primaria dovrebbe avvicinare i bambini al giocosport, che permetta libera
espressione e divertimento nel rispetto delle regole, dei compagni e degli avversari… in
realtà il giocosport è diventato un minisport (minivolley, minibasket…) che avvia a una
specializzazione dello sport in età precoce
I giochi della gioventù e i giochi sportivi studenteschi in generale spesso emarginano i non
tesserati nelle società di determinati sport, perdendo così la loro valenza. Molte scuole
inoltre non sono dotate di adeguati spazi per le attività motorie, ma alcuni (rari) insegnanti
si fanno bastare il corridoio, il cortile e le aule per garantire esperienze motorie minime!
Il CONI ha fondato i Centri di Avviamento Sportivo (CAS) e i centri Olimpia: i primi hanno
l’obiettivo di preparare a una disciplina sportiva specifica, gli altri di dare una formazione
motoria polisportiva hanno prevalso i primi
Nella scuola primaria l’educazione fisica, prima dell’avvento delle Indicazioni Nazionali del
2004, era da programma prevista per due ore settimanali: da quando le scuole hanno
diritto all’autonomia per definire il tetto di ore delle varie materie l’educazione motoria
viene, quando va bene, ridotta a un’ora a settimana i diritti dei bambini alla motricità e al
gioco motorio, all’espressione corporea, alla salute e allo sport sono così palesemente
negati
Il cambiamento vero non può che partire dalla scuola: la scuola come luogo di democrazia
e diritti e delle pari opportunità, come l’educazione motoria per tutti, anche per i disabili;
docenti formati e competenti anche all’infanzia e alla primaria, cioè laureati in scienze
motorie e sportive; la scuola come luogo di prevenzione per il bullismo, il doping, il disagio
sociale, la sedentarietà, i disturbi alimenta