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2. IL GIOCO NEI PRIMI DUE ANNI DI VITA
2.1 Le origini del gioco
Secondo J. Piaget il criterio dell’attività disinteressata, in base al quale si distingue il gioco dal
non gioco, è troppo generico. Egli opera quindi una delimitazione definendolo un’assimilazione
pura, un processo cognitivo attraverso il quale l’esperienza viene inglobata entro schemi
mentali già acquisiti (assimilazione); ma il vero gioco per lui inizia quando non si ha più la
necessità di apprendere ma soltanto si ha solo il piacere funzionale di esercitare un’abilità
acquisita.
Alle origini il gioco è puro esercizio di schemi, messi in atto per il piacere funzionale connesso.
Tra il secondo ed il terzo mese di vita appaiono le prime attività ludiche, messe in atto
attraverso il proprio corpo; il bambino impara la coordinazione, alla base delle funzioni manuali
più complesse. 2
L’ultima fase è quella che coinvolge la voce; attraverso i vocalizzi infatti i bambini giocano con
la capacità di ripetere, produrre e differenziare i suoni.
2.2 Le interazioni ludiche faccia a faccia
Nel primo semestre di vita gli scambi sociali più frequenti sono le interazioni faccia a faccia
con l’adulto, che avvengono in modo ciclico e ripetitivo; la figura prevalente è la madre. Le
interazioni madre-figlio sono per Stern uno dei primi momenti ludici nei quali il bambino è
coinvolto.
La struttura regolare e ripetitiva di tali interazioni è fondamentale per tenere viva l’attenzione;
alcune variazioni, purché contenute, sono necessarie per mantenere attivo l’interesse del
bambino e non essere prevedibili. Inoltre il ritmo ridondante consente la formazione di
aspettative e lascia al bambino la possibilità di verificarle.
Tali interazioni avvengono a partire dal secondo mese, quando il bambino acquista
consapevolezza delle proprie capacità sociali, così l’attenzione dei genitori si concentra sulla
stimolazione al gioco e sul suo coinvolgimento sociale. La fase successiva a questa parte dai
5-6 mesi, quando il bambino inizia spontaneamente le interazioni con gli adulti, includendo
anche alcuni oggetti.
2.3 Il gioco sociale nel primo anno di vita
Dai 6 mesi in poi inizia a svilupparsi quello che Bruner definiva il GIOCO SOCIALE, il quale
coinvolge due persone, è caratterizzato da una struttura convenzionale tipica e prevede la
presenza di regole. In questo caso il gioco si differenzia dalla realtà perché l’azione è
decontestualizzata ed assume un interesse non strumentale e intrinseco.
Lo sviluppo di tali giochi, secondo Bruner, preparava il terreno allo sviluppo del linguaggio.
L’organizzazione in sequenza di tali giochi è inoltre fondamentale per lo sviluppo
dell’autonomia del bambino, perché gli consente di riconosce e anticipare gli eventi. Se
inizialmente il ruolo della madre era esclusivo per la creazione del gioco, rapidamente il ruolo
del bambino si modifica rendendolo protagonista in grado di prendere iniziative
autonomamente.
Tra gli 8 e i 9 mesi, dopo che la madre inizia a lasciargli maggiore iniziativa, il bambino inizia a
contrattare i ruoli del gioco; questo favorisce l’acquisizione delle regole di interazione
(alternanza dei turni e ruoli) e delle convenzioni linguistiche. Tali giochi danno quindi la
possibilità al bambino di esplorare il confine tra realtà e finzione, in particolare nella fase di
separazione della madre.
2.4 Il gioco sociale nel secondo anno di vita
Una fase di riorganizzazione delle modalità di gioco si verifica tra i 9 e i 12 mesi, quando il
bambino inizia a sviluppare notevoli abilità sociali ed il suo vocabolario comunicativo si amplia.
Il bambino sviluppa gesti comunicativi volti ad attirare l’attenzione dell’adulto e sono volti alla
realizzazione di un unico compito evolutivo: L’AUTONOMIA.
In questa fase i genitori stimolano comunque i bambini, ma in modo diverso rispetto a prima;
comunque il gioco sociale nella forma madre/padre-bambino pone le basi per gli scambi
sociali bambino-bambino, che avranno luogo dal 2° anno di vita. Interessante in questa fase è
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osservare le differenze tra gli stimoli del padre (esplorazione/azione) e quelli della madre
(didattica/stimolazione tranquilla).
2.5 Le origini del gioco tra bambini
Già nel corso del primo anno i bambini sono aperti al contatto sociale con il coetaneo, in
particolare con una modalità imitativa. Dal secondo anno a questa modalità si aggiunge quella
complementare, che prevede come risposta alle iniziative del compagno un’azione diversa ma
coerente.
Alla base dei giochi sociali però vi deve essere la capacità di rendere le proprie azioni
indipendenti da quelle altrui (CONTINGENZA INTERPERSONALE), che porterà poi al secondo
e terzo anno di vita ad un aumento consistente della capacità di condividere il tema del gioco
e di coordinare le azioni in modo coerente.
2.6 Le funzioni del gioco sociale
Il gioco rappresenta un contesto di sviluppo nel quale madre e piccoli (non solo della specie
umana) si conoscono reciprocamente, consolidando il legame che li unisce e creando un
sistema di conoscenze e di significati comuni.
3. DALL’ESPLORAZIONE AL GIOCO
A mano a mano che il piccolo prende confidenza con le cose, la sua azione progredisce
dall’esplorazione, alla manipolazione e infine al gioco. Quest’ultimo inizia quando il bambino
acquista familiarità con i nuovi oggetti.
Sia esplorazione che gioco servono per acquisire familiarità con gli oggetti e rappresentano
entrambe la relazione tra bambino e mondo fisico; l’unica differenza è che l’esplorazione è volta
alla scoperta delle proprietà fisiche degli oggetti, il gioco alle informazioni su quello che si può
fare con essi.
L’ESPLORAZIONE è caratterizzata da una maggiore concentrazione del bambino, il quale
resiste meglio alle interruzioni; con l’età però il tempo dedicato a quest’attività diminuisce e
cambiano le modalità di esplorazione degli oggetti.
3.1 Linee di sviluppo dell’attività esplorativa
L’attività esplorativa, inizialmente indifferenziata, diventa sistematica e orientata.
Nella prima fase (che riguarda il primo semestre di vita) gli oggetti sono manipolati uno alla
volta e l’osservazione è rivota ad un solo particolare; con il passare dei mesi però
l’esplorazione diventa sistematica, gli oggetti sono combinati tra loro e l’osservazione è volta
all’esplorazione di tutte le caratteristiche dell’oggetto.
Dei progressi importanti si hanno con lo sviluppo della presa bimanuale e della coordinazione
occhio-mano per portare le cose alla bocca. Questo consente di prendere e di trattenere
l’oggetto per ispezionarlo.
Nella seconda fase l’attenzione si sposta dall’azione all’oggetto, che viene scelto attraverso
una manipolazione selettiva, in precedenza invece tutto ciò che passava per le loro mani era
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oggetto di esplorazione. È in questo momento che si sviluppa il GIOCO DI PADRONANZA,
volto alla scoperta delle funzioni di un oggetto.
Lo sviluppo dell’attività esplorativa ed il passaggio da un uso generico ad un uso appropriato
dell’oggetto è descritto da Benelli e si compone di 2 categorie:
• Schemi generici (applicabili a qualsiasi oggetto), che a loro volta possono essere di
due tipologie Schemi analitici (esplorazione di singole parti)
- Schemi massivi (esplorazione globale)
-
• Schemi specifici (collegati a proprietà intrinseche dell’oggetto)
L’ultima fase è quella prescolare, studiata in particolare da Hutt, egli osserva che
l’esplorazione può condurre al gioco ma si tratta comunque di sistemi comportamentali
differenti; in particolare l’esplorazione è considerata seria, il gioco è invece più flessibile e
piacevole.
3.2 Fattori che influenzano il comportamento esplorativo
L’attività di esplorazione e manipolazione degli oggetti è influenzata da numerosi fattori:
1. COMPLESSITÀ DELLO STIMOLO
2. QUALITÀ E QUANTITÀ DEI MATERIALI: il primo passo è quello di acquisire familiarità
con gli oggetti, infatti lo scopo dell’esplorazione è quello di ricondurre il nuovo al
familiare, quello del gioco invece di portare il familiare al nuovo. Il materiale deve
favorire la manipolazione e la condivisione (possibile attraverso una limitata quantità).
3. CONTESTO: può essere ampio o limitato, favorendo quindi attività di tipo collettivo o
individuale; la caratteristica fondamentale però è la sua organizzazione, la quale
influenza fortemente le azioni dei bambini.
4. DIFFERENZE INDIVIDUALI: capacità di attenzione, maturità cognitiva, stile di
comportamento esplorativo, capacità di problem solving sono tutti elementi
fondamentali che, se ben sviluppati favoriscono la ricerca attiva.
3.3 Dall’esplorazione al gioco con gli oggetti
Alla fine del primo anno (11-12 mesi) il gioco diventa COMBINATORIO CON GLI OGGETTI,
esplorando e manipolando il bambino fa esperienza della FORMA e delle DIMENSIONI degli
oggetti, iniziano a cogliere i principi di somiglianza, differenza e corrispondenza.
Le attività combinatorie stanno alla base sia delle operazioni logiche, sia del gioco simbolico.
L’organizzazione in modo combinato degli oggetti e l’acquisizione dell’uso convenzionale degli
oggetti di vita apre la strada all’imitazione, alla base de gioco del far finta.
Tale passaggio (dall’esplorazione al gioco) è stato descritto in modo analitico da Belsky e
Most, i quali hanno identificato tale passaggio attraverso 12 livelli, che avvengono tra i 7 ed i
21 mesi.
3.4 Il cestino dei tesori e il Gioco euristico
Due proposte di attività ideate da Goldschmied per bambini al di sotto dei 3 anni sono: 5
IL GIOCO DEI TESORI: all’interno del cestino sono inseriti oggetti di uso comune dalle
caratteristiche eterogenee volti a stimolare il i sensi e a motricità del bambino, lo porta ad
interrogarsi su di esso, attraverso un processo attivo.
IL GIOCO EURISTICO: in questo tipo di attività, più adatta a bambini più grandi, consiste nel
presentare al bambino vari oggetti e diversi contenitori, così da stimolare i bambini nella
ricerca del funzionamento degli oggetti e le relazioni tra di essi.
In entrambe le attività il ruolo dell’adulto è quello di facilitatore e di dispositore. La motivazione
è interna ed associata al bisogno di scoperta.
4. IL GIOCO SIMBOLICO
4.1 Far finta che…
Il gioco simbolico o di finzione o immaginativo si riconosce perché il bambino mette in