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CAPITOLO 1- PER UNA STORIA DEL GIOCO

(

1.La dimensione ludica della società romana antica Rosella Frasca)

Premessa

La storia dei modi, degli spazi, e dei tempi del gioco nell'antica Roma comporta un'analisi rigorosa del

concetto di ludus, esso va assai oltre l' ambito del gioco infantile o quello di istruzione prettamente scolastico, è

apprendistato sociale: passaggio obbligato delle relazioni e dei dispositivi privati e civici.

Il ludus come gioco sociale

La figura del Romanus civis era il degno coronamento di insegnamenti che incoraggiavano, attraverso

l'apprendistato dei ruoli sociali, certezze di appartenenza e arroganza di esclusioni: segnava e insegnava il senso

di rango. E' noto che Marco Porcio Catone il Censore (243-149 a.C.) pienamente consapevole delle aspettative

del contesto sociale a cui apparteneva, quello di un gentiluomo di campagna, nei confronti della figura di pater

ideale, si impegnò a organizzare l' educazione del figlio in un coinvolgimento diretto per renderlo istruito “de

omni re scibili” alla sua epoca. Egli rivendicava il diritto/dovere del pater di occuparsi dell'educazione 'ludica'

del figlio: la legittimità del ludus come dispositivo pedagogico all'interno della complicità della Familia

dispensatrice di educazione, non veniva concessa, invece, agli schiavi poiché poco dignitoso questa la

mentalità (immutata per secoli) del Romanus civis propria di quell'epoca e cultura, ma già così radicata da

consentirle di difendersi dai modi di educare alla greca inaugurati a Roma, in quel periodo, dalla gens degli

Scipioni.

Il ludus appare dunque il luogo e lo strumento di legame tra la trasmissione di teorizzazioni e la loro

messa in atto, le regole erano insegnate, apprese ed esercitate nel ludus. Appare chiaro quanto la definizione di

ludus come “ un'azione mirante al divertimento, al diletto, alla ricreazione” sia assai riduttiva; per dare un'idea

della sua polisemia all'interno del contesto socio-culturale romano, occorrerà dare una lettura contestualizzata

del suo uso.

Gli usi nelle questioni pubbliche

Essi riguardano soprattutto spettacoli celebrati con rito solenne. Qui il ludus prescinde dal pur presente

divertimento per contestualizzarsi in una dimensione liturgica, sia in senso religioso che laico, che coinvolge

tutti i presenti. Diviene così l'espressione e lo strumento di un meccanismo capace di trasformare la gente in

corpo sociale.

Panem et circenses:

Giochi pubblici e spettacolari denominati scaenici ac circenses, si distinguono in tre tipologie: scaenici (danze,

rappresentazioni, esibizioni musicali), circenses (spettacoli da circo di varia natura), e venatorii (cacce); vi sono

poi i ludi athletici (salto, corsa, lancio del disco,pugilato e il pancrazio). Testimonianze cospicue portano a

ritenerli giochi di origine antichissima nel periodo precedente all'età repubblicana, se non addirittura al tempo

di Romolo. Nacquero come manifestazione religiosa, legata a divinità autoctone: il Sole, la Luna, Ercole (ludi

circensi), Conso e Marte (ludi equestri). In seguito vennero usati anche in caso di vittoria militare, pericoli

scongiurati, morti, nascite e matrimoni l'incremento dell'interesse pubblico comportò sfarzo, ricchezza e

varietà di specialità. La posizione di spicco che questi ludi ebbero si mantenne assai alta durante l' età

repubblicana e per buona parte di quella imperiale. Colpi duri e graduali furono loro inferti con l'avvento del

cristianesimo fino alla proibizione definitiva da Onorio (404).

Gli usi nelle questioni private

E' in questo ambito che il ludus sfoggia la propria polisemia prestandosi agli usi più vari. E' nella

commedia che troviamo le più ricche testimonianze, soprattutto in quella di Plauto (III-II sec. a.C.), dove la

comicità delle situazioni rappresentate si avvalgono del gioco e del mezzo espressivo verbale. Ludus è qui

scherzo (nugae), prendersi gioco di qualcuno (ludus facere) con bonomia, accettata di buon grado dalla vittima,

ma anche con cattiveria quando degenera nel ludibrium o nel deludere. Mentre l'alludere e l'illudere

coinvolgono gli spettatori che nel gioco si trovano a colludere (giocare insieme): tra di loro, con i personaggi,

con le situazioni.

Amando luditur

Per Ovidio è un gioco insegnare e dettare le leggi dell'amore; Plauto, molto prima di lui, annoverava il

gioco accanto al piacere, allo scherzo, alla garbata conversazione, per costituire l'unione sapiente dei corpi

nell'amplesso d'amore.

Corpore movendo luditur

Il gioco produce un'alta performance nell'ars dell'espressività motoria, e in attività che affidano alle

potenzialità corporee la loro ragion d'essere→ ecco che il ludus diventa ars psallendi, ars saltandi (balli), ars

gladiatoria. sono situazioni sociali e socializzanti in cui viene esibita e testata la capacità e la liceità del

singolo di 'mettersi in gioco' all'interno di meccanismi societari.

Il ludus Troiae si impone dopo la sua ri-proposta da parte dell'imperatore Augusto nell'intento di dare

caratterizzazione etnica anche all'attività fisica giovanile, un tentativo lodevole d'interpretazione tutta romana

dei sistemi e delle ideologie greche in fatto di agonistica educativa, assume una connotazione simbolica

d'impronta elitaria assai forte. I ragazzetti si giocavano il prestigio delle cospicue famiglie di appartenenza, si

trattava di un gioco assai serio, al suo interno ritroviamo due aspetti che caratterizzano la dimensione ludica

nella mentalità romana: come gioco di ruoli, quello di essere giovani e quello egemone dei genitori a cui

tendere; inoltre come ambito simbolico, di assimilazioni e rispetto delle regole sociali.

Convivando luditur

Nell'occasione del pasto serale, la ricerca dell'atmosfera gioiosa era affidata oltre alla conversazione,

alla presenza di donnine di piacere, mimi, lectores e lectrices, musici, abbondanti libagioni adatti al relax. Ecco

che allora il convivio è un gioco di suo.

Pila luditur

E' vero: i romani giocavano eccome a palla! E ci si divertivano parecchio, praticando i diversi giochi

che la tipologia consentiva, rendendosi adatto a tutte le età, e a persone di ambo i sessi. Terme, ma anche

piazzole e porticati dove bambini, giovinette, abitanti delle campagne, vecchi utilizzano la Pila che riesce ad

essere occasione di svago anche in momenti particolari della politica romana.

Pueri ludunt

Nessun adulto di condizione elevata sarebbe stato ritenuto assennato se si fosse dedicato ai giochi

considerati di pertinenza esclusivamente infantile, del resto neanche i genitori avevano l'abitudine di giocare

con i propri figli, al loro posto a volte lo facevano i famigliari. Astragali, carrettini, noci, dadi, cavallini di legno

per i maschi, mentre per le femmine ci sono bambole e oggetti relativi alle mansioni donnesche; comuni ad

entrambi gli animali, di gran lunga i preferiti e presenti in numerose testimonianze iconografiche. Gli adulti

incoraggiavano il gioco infantile, nei limiti e nella misura in cui essi erano predisposti per interiorizzare piccoli

compiti o doveri della futura vita da adulti ovvero della loro appartenenza di genere e di status.

Conclusione

Discendo non luditur

Ludus come corso scolastico, come istituzione scuola, come locale e struttura scolastica. La scuola a

Roma era tutt'altro che divertente, era l'esatto opposto: sistemi coercitivi e repressivi, esercizi mnemonici

noiosissimi, chiasso e promiscuità. La sua denominazione si deve piuttosto all'idea di apprendistato giornaliero

di ruoli e regole previste.

2.Tra Medioevo e Rinascimento: storia sociale del gioco ( Angela Giallongo)

Homo faber o ludens?

Soltanto dopo il 1938 con J. Huizinga, l'uomo ludens non è stato più escluso dal suo passato, il gioco è

diventato costante antropologica e si è trasformato in uno strumento di interpretazione del processo di

civilizzazione e delle attività umane. Senza una cultura del loisir, come spiegherà N. Elias, sarebbe stata tradita

la riflessione sui comportamenti umani di fronte ad occupazioni gradevoli seguendo, così, le ferree regole che

avevano difeso la superiorità intellettuale e civile dell' uomo faber. Il motto, poi, “prima il dovere, poi il

piacere”, ha funzionato come cesoia di supporto sforbiciando il gioco dal lavoro sottolineando il primato

dell'utilità. Eppure per centinaia di anni l'aristocrazia aveva celebrato non tanto il fare ma il non-fare. La ferma

convinzione della superiorità del dovere sul piacere ha finito per influenzare il pensiero degli studiosi che si

tenevano ben lontani dalla storia del gioco. Esso poteva, tutto al più, ispirare i dilettanti ma non i professionisti

conquistati dalla rigorosa serietà della storiografia del lavoro. Bisogna aggiungere che l'attenzione degli

studiosi dell'ambito storico-educativo, è stata catturata da particolari epoche storiche: dall'età classica (civiltà

dell'otium e delle attività fisiche); dalle teorie educative di Locke; e dall'ottocento, secolo che considera il gioco

impegno principale dell'infanzia. Senza l'eredità di Huizinga e Bachtin, che hanno stigmatizzato la visione

dominante del medioevo come secolo buio, rigido, senza senso ludico non sarebbero state riportate alla luce le

abitudini e divertimenti, preziosi sia per la loro conoscenza intrinseca che per l'interpretazione dei secoli a

venire. Grazie all'indagine di Bachtin (metà anni 60) si è scoperto che nella tradizione popolare medievale e

rinascimentale, nella vita quotidiana si mescolava il mondo ufficiale con il “mondo alla rovescia” nel quale

ogni ordine sociale, ogni valore venivano sospesi e ribaltati. Questo fece sì che i partecipanti alle attività

mimetiche le sentissero come vita vissuta sotto la speciale veste del gioco. Grazie a Huizinga è stata finalmente

chiarita la presenza di aspirazioni giocose nelle elités del medioevo che hanno ispirato gli ideali ludici delle

ricche famiglie rinascimentali.

Far buon viso a cattivo gioco: complessità del concetto di gioco

Filosofi, matematici, linguisti, psicologi, antropologi, sociologi, etologi e pedagogisti hanno studiato,

con approcci disciplinari diversi, le attività ludiche, senza però trovar un vero e proprio filo conduttore poiché

quando si parla di gioco non ci si trova di fronte a qualcosa di isolato ma ad un termine che evoca idee e

concetti molteplici. Per Caillois, ad esempio, la ricerca storica non riusciva a superare questo ostacolo che ha

finito per relegare il gioco fino a trent'anni fa nell'ambito della petite histoire, della storia aneddotica, nelle

occasionali cur

Dettagli
A.A. 2010-2011
29 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cristina.luiza di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologie del gioco e dell'animazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Nesti Romina.