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Il gioco è un atto comunicativo e relazionale con sé stessi e con gli altri: i giochi che il bambino
mette in atto con la madre nei primi mesi di vita rappresentano l’instaurarsi di relazioni e di
comunicazioni. Secondo Beatson, il gioco attiva la capacità metacomunicativa. La
metacomunicazione ludica è quell’insieme di messaggi comunicativi interni al gioco che i giocatori
si scambiano. E’ comunicazione quando passano emozioni, affetti, sensazioni…. Il giocatore deve
essere in grado di comprendere e rispondere a tale comunicazione, svolgendo continuamente un
lavoro di tipo interpretativo. Il mondo fantastico condiviso all’interno della cornice ludica sviluppa
la capacità immaginativa, che appartiene a tutti gli uomini. La fantasia è, secondo Munari, una
facoltà dello spirito capace di inventare immagini mentali diverse dalla realtà nei particolari o
nell’insieme. Rodari fu creatore e promotore dei giochi fantastici perché credeva fermamente nella
funzione formativa in senso morale, etico e sociale del gioco. Con i giochi di fantasia, il bambino
costruisce storie e sviluppa la capacità creativa fuori dagli schemi della realtà così da renderlo
capace di pensare e riflettere. Il gioco intrattiene uno stretto rapporto anche con la narrazione. La
narrazione è una delle capacità peculiari dell’uomo attraverso la quale il soggetto può interpretare,
comprendere e riorganizzare la realtà sociale e culturale che lo circonda. La capacità narrativa si
sviluppa piuttosto precocemente, è legata con lo sviluppo del linguaggio e permette al bambino di
costruire la propria identità. La capacità del bambino e nell’adulto di narrare trova spazio proprio
nel gioco. Possiamo affermare che ogni gioco è narrazione solitaria o condivisa. Per incoraggiare
la capacità narrativa per la costruzione di un’identità personale e sociale è importante:
1. dare al bambino la possibilità di creare i propri mondi attraverso il gioco libero;
2. offrire al bambino l’accesso ad una vasta gamma di attività ludiche più o meno strutturate che
gli permettono di esercitare e accrescere tale capacità.
Per comprendere il valore estetico del gioco, dobbiamo ritornare all’origine del concetto di
estetica: l’approccio estetico al mondo passa attraverso l’emozione e l’esercizio dei sensi. Il gioco,
nel suo essere fine a sé stesso, permette la conoscenza estetica e l’armonicità tra la parte
razionale e la parte sensibile dell’uomo. Secondo Shiller, l’uomo è diviso tra due istinti: quello della
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materia relativo ai sensi e quello della forma relativo alla ragione. Il gioco riesce ad unire questi
due istinti, permettendo al soggetto la sua più piena formazione e realizzazione. Arte e gioco si
incontrano grazie alla loro capacità di dar vita a mondi che stanno tra realtà e irrealtà e dunque alla
loro capacità creativa e alla loro forza liberatrice. Gioco e arte sono rappresentazioni di sé, della
propria interiorità ed entrambi danno vita a mondi fantastici. Entrambi provocano stupore,
meraviglia, sconvolgono e muovono l’equilibrio emotivo e producono stati d’animo. Gli artisti
dell’Ottocento e del Novecento saranno quelli più sensibili al tema del gioco e proprio le
avanguardie saranno i movimenti più sensibili al riconoscimento del rapporto fra gioco ed arte. Il
gioco si fa oggetto di creazioni artistiche, gli artisti utilizzano giochi e giocattoli per esprimere sé
stessi e le proprie idee in campo artistico, poetico, letterario, pittorico…. Dal punto di vista
pedagogico ed educativo, è stato John Dewey a dar vita ad una teoria dell’arte. Dewey vede l’arte
come un’esperienza integrale che permette al soggetto di elevarsi sopra i bisogni materiali
dell’esistenza per farsi creatrice. L’arte, vista da Dewey come esperienza totale, conduce il
soggetto a riconnettersi alla realtà e a ritrovare sé stesso. La produzione artistica infantile non
deve essere mai sottoposta a giudizio. L’arte tiene ferma nell’esperienza infantile la capacità
creativa, innovativa, immaginativa, fruitiva, gratificante e promuove “pienezza” e “felicità”, come il
gioco. Gioco e arte rappresentano la continua aspirazione alla ricerca, non essendo mai dati,
definiti o definitivi ed entrambi si incontrano nel laboratorio, cioè il luogo protetto, predisposto e
pensato per poter meglio esprimere sé stessi.
Capitolo3: Il meraviglioso mondo dei giocattoli
Il giocattolo è un oggetto ambiguo ed è difficile dargli una definizione. Ciò che determina il
giocattolo è l’uso che il giocatore ne fa e l’intenzionalità di chi ha pensato e progettato tale oggetto.
Come sostiene Agamben, la definizione di giocattolo ha necessariamente un carattere storico-
temporale. I maggiori contributi che hanno permesso di rintracciare una storia del giocattolo ci
provengono dall’archeologia, che, attraverso scavi in varie parti del mondo, ha portato alla luce
oggetti catalogabili come giocattoli. Sono fondamentali i ritrovamenti di questi oggetti nelle tombe
dei bambini. La storia del giocattolo si intreccia con la storia dell’infanzia. Il giocattolo è stato uno
strumento ritenuto poco importante, dove la precarietà dei materiali con cui veniva costruito ne
hanno determinato la scomparsa o impedito la conoscenza. I giocattoli appartenevano a ceti
sociali ben precisi, come quelli aristocratici o borghesi.
I giocattoli più vecchi e più longevi sono la palla, la trottola e la bambola. Questi tre oggetti sono
stati modificati nelle forme e nei materiali e sono stati ritrovati in tutte le epoche. La loro
particolarità consiste nel mostrare il rapporto tra gioco, sacro e rito, perché tutti e tre nascono
all’interno di funzioni religiose per poi calarsi nella quotidianità del ludico. E’ difficile stabilire la loro
vera origine. Le prime testimonianze relative ai giochi di palla ci provengono dalle fonti letterarie
del mondo greco e negli antichi popoli dell’America la palla rappresentava il sole e il gioco era
inserito all’interno di cerimonie religiose. La trottola è altrettanto antica, forse più della palla, come
ci dimostrano gli ancora più antichi ritrovamenti archeologici in Mesopotamia. Anche in questo
caso la loro origine è rintracciabile nel mito e nel rito come ci dimostra l’uso della trottola per
pratiche divinatorie. La bambola, inizialmente idolo e simulacro legato ai riti rivolti alla madre terra
e a quelli relativi alla fertilità, passa poi ad essere il gioco prediletto delle bambine di tutti i tempi e
di tutti i luoghi.
In epoca greca e romana i giocattoli dei bambini erano molto presenti e risentivano di una certa
importanza educativa: venivano loro regalati in occasioni di feste pubbliche e private ed erano
simbolo dell’età infantile, come ci portano a pensare i ritrovamenti dei giocattoli nelle tombe dei
bambini dell’epoca.
Solo pochi giocattoli tipici del mondo medioevale sono arrivati fino a noi a causa della deperibilità
dei materiali utilizzati per costruirli e a causa del forte influsso della chiesa nella cultura del tempo
che condannava buona parte dei divertimenti. Ma i bambini dell’epoca giocavano con la palla,
bambole, soldatini, armi giocattolo, sonagli, dadi, trottole e cavallucci.
Durante il Rinascimento, le migliori condizioni economiche, le riaperture dei mercati e il
riconoscimento dell’infanzia contribuiscono alla creazione di nuovi giocattoli. Inoltre oggetti
sofisticati mostrano le nuove innovazioni tecnologiche, come le scatole magiche, i primi automi,
bambole sempre più dettagliate e sofisticate con le loro case e corredi. Si inizia anche a svilupparsi
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una produzione artigianale dei giocattoli dando vita ad un loro primitivo commercio e ad entrare in
modo sempre più determinante nella vita e nelle case dei bambini.
L’età d’oro del giocattolo durerà fino alla prima guerra mondiale che pone un freno alla possibilità
d’acquisto e di costruzione del giocattolo. La produzione riprenderà più forte che mai dopo la
seconda guerra mondiale che vedrà l’utilizzo di materiali nuovi come la plastica e la produzione di
oggetti nuovi, come macchine, aerei, treni in latta fino ai robot. La plastica permetterà ai giocattoli
di scendere dalle vetrine dei salotti per arrivare nelle mani dei bambini che non si devono più
preoccupare di giocare con materiali fragilissimi come la porcellana e che possono finalmente
maneggiare, trascinare e sbatacchiare i balocchi senza paura di romperli. Si assiste alla definitiva
affermazione dell’industria del giocattolo e la produzione si fa in serie. Nasce la pubblicità del
giocattolo, come il celebre Teddy Bear, l’orsacchiotto che apre al mondo dei peluche e che sarà il
primo vero e proprio giocattolo di massa. Vengono prodotti giocattoli di latta chiamati robot e le
bambole sono costruite con forme e materiali diversi.
Esiste un significato sociale del giocattolo: la società veicola i propri valori, cioè ciò che reputa
importante, attraverso il giocattolo, il quale a sua volta si fa rappresentante della società. Il
giocattolo svolge dunque un ruolo “educativo-trasmissivo” nei confronti delle nuove generazioni.
Secondo Caillois, tutti gli strumenti che erano parte degli ambiti religiosi, sacri e rituali “scadono”
nel gioco, cioè sono poi apparsi nelle mani dei bambini divenendo parte integrante del loro mondo
ludico. Il processo di “miniaturizzazione” consiste nella riduzione e semplificazione degli oggetti
appartenenti alla vita quotidiana e lavorativa degli adulti per diventare oggetti di gioco. Questo
processo rafforza e incoraggia l’imitazione del bambino, conducendolo a comprendere la società e
la cultura di appartenenza, e concorre alla creazione e allo sviluppo dell’immaginario infantile e
adulto. L’immaginario è inteso come un fenomeno collettivo che si tramanda e si arricchisce nelle
generazioni e come forma di comunicazione che forma l’identità collettiva e personale. La bambola
e il soldatino sono due esempi significativi di miniaturizzazione: oltre a preparare l’infanzia a vari
ruoli sociali, mostra stereotipi e pregiudizi che la società veicola, come la differenziazione e la
stereotipizzazione dei generi sessuali. Infatti rimane forte la stereotipizzazione di genere che
propone ai maschi giocattoli intrisi di valori quali la forza, la competizione, l’azione, il movimento,
l’aggressività, la velocità e l’intelligenza e alle femmine valori che richiamano alla vita domesti