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SALLUSTIO E LA RIVOLUZIONE ROMANA – ANTONIO LA PENNA
Nei proemi del Bellum Catilinae e del Bellum Iuguthinum ci sono interessi nuovi: c'è un nuovo
modo di concepire il mondo e ci sono legami vitali con la lotta intellettuale del tempo. Il proemio
acquista importanza perché indica lo sforzo che il ceto intellettuale compie per prendere coscienza
di sé.
1. Problema di natura retorica: quali funzioni e quale legame hanno nell'opera di Sallustio questi
proemi?
Quintiliano trovava strani i proemi di tipo storico e li avvicinava a quelli oratori epidittici.
Boissier ne sottolinea il tono personale.
Egermann sottolinea concordanze tra il pensiero platonico dei proemi e l'ispirazione etica della
narrazione storica.
Quintiliano ritiene inoltre che Sallustio ha affrontato il problema dell'attività storiografica: ovvero
come il mestiere dello storico trovi giustificazione all'interno dell'umanità e del mondo romano in
cui l'attività politica è negotium e quella letteraria otium. La storiografia è dunque attività dell'anima
e quindi esplicazione della virtus.
Il punto centrale dei proemi è la valorizzazione della storiografia.
Polibio: - storiografia come formatrice degli uomini politici
- storiografia come visione drammatica ma anche consolatrice
ISOCRATE: usa i proemi per difendere l'oratoria o parlare della sua vita (momento della lotta tra
cultura retorico-politica e quella platonico-peripatetica).
SALLUSTIO: in lui ritroviamo similitudini con Teofilatto, ovvero esaltazione dell'uomo in quanto
λόγος (logos). Nel proemio di Teofilatto sono utilizzati luoghi comuni filosofici; la scelta della
filosofia era ovvio perchè il proemio si proponeva di giustificare la scelta della storiografia.
La vita spesa negli studi storici ha una sua dignità.
Parte dei proemi di Sallustio è fatta derivare da Aristotele, prima si credeva che fosse influenzato da
Posidonio. C'è anche l'influenza della settima lettera di Platone.
L'anima è ritenuta superiore alla fortuna (ἀυτάρχεια – autàrcheia – per stoici, cinici ed epicurei).
La storiografia letteraria in prosa è legata all'attività politica, l'uomo politico però vi dedica solo
l'otium (ovvero il tempo per lo studio e la meditazione).
Differenze tra i due proemi:
Proemio del Bellum Catilinae: difende la dignità della storia con cautela, mostra le difficoltà
• che deve affrontare lo storico (equilibrio nel giudizio, stile adeguato).
Proemio Bellum Iuguthinum: polemica amara, non dà alla storia un valore pari a quello della
• politica. In una Roma moralisticamente idealizzata, la concezione dinamica della virtù come
forza trasformatrice non può conciliarsi col riconoscimento di un valore autonomo alla vita
degli studi.
C'è la consapevolezza della nascita di un valore autonomo, assoluto della cultura.
[Cicerone: prima della morte di Cesare ha dedicato tutto il suo tempo sia per consolarsi, sia per
giovare allo stato; ora che può tornare alla politica consacrerà alla filosofia solo il suo otium.]
Per Cicerone l'otium è forzato; per Sallustio l'otium è il rifiuto di un genere deteriore di politica, una
politica sana non esiste più.
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Il problema si pone quando la Repubblica romana ha portato gli intellettuali a partecipare entro una
certa misura al potere politico: se la direzione politica entra in crisi si apre la via della salvezza
interiore.
Avviene un passaggio da una cultura intesa come appendice della politica a una cultura intesa come
rifugio e salvezza interiore. Manca una concezione greca che vede la cultura come autonoma anche
se collegata alla prassi.
I proemi non ci danno tutti i criteri da cui è diretto il giudizio storico anche se, la mentalità che dà
frutto a narrazione e proemio, è la stessa. La crisi di Sallustio ha la sua unica ragione nella crisi
della società e dello stato che ha portato la politica romana alla corruzione.
Monografia: impostazione di un singolo problema storico. Nel Bellum Iuguthinum c'è, da una parte,
l'incpacità dei nobili corrotti a difendere lo stato e, dall'altra, la prima resistenza vittoriosa dei
populares. Dalla coscienza della crisi deriva l'impostazione e la pedagogia dell'opera.
2. Problema del platonismo di Sallustio
Il solo testo platonico presente in Sallustio è l' Epistola VII e richiamo al dualismo tra anima e
corpo. I contesti concettuali sono del tutto diversi tra i due autori, bisognerebbe mostrare concetti
che hanno veramente un'importanza platonica.
Ciò che vi è definito nella concezione sallustiana dei mutamenti dello stato romano è:
degenerazione della monarchia in tirannide;
• amore della gloria;
• parsimonia, religiosità, concordia come condizioni della grandezza di Roma;
• corruzione morale come causa della crisi.
•
Ci sono di sicuro due reminescenze platoniche all'inizio del Bellum Catilinae, questi due passi sono
uniti anche in Cassio Dione; Platone è passato in Sallustio attraverso un intermediario stoico, anche
se di stoico, in Sallustio, non è rimasto niente.
Pantzerhielm – Thomas non identifica con Posidonio l'intermediario stoico. A Posidonio si giunge
attraverso il confronto dei proemi sallustiani con i passi di Manilio e Seneca e a altri autori
(tradizione di luoghi comuni).
Altheim torna a Posidonio partendo da coincidenze generalistiche: la degenerazione della
monarchia in tirannide e la decadenza degli imperi. C'è un parallelo tra l'archeologia sallustiana e
quella giudaica di Posidonio: la causa dell'ascesa nella sanità morale, la causa della decadenza della
corruzione morale. Si è fatta risalire a Posidionio l'idea che la caduta di Cartagine abbia dato inizio
alla decadenza di Roma, viene infatti a mancare il metus hostilis causa della concordia dei cittadini;
nel Bellum Catilinae il metus hostilis manca del tutto e la causa prima della svolta è la fortuna. La
mancanza di πρόνοια (prònoia) non è quindi posidoniana.
Il parallelo più importante è quello con Teofilatto Simocatta: l'uomo eccelle sugli animali per il
λόγος (lògos) e al λόγος (lògos) deve le molteplici arti ed invenzioni; anche la storia è
un'invenzione del λόγος (lògos).
Posidonio faceva del λόγος (lògos) il creatore della civiltà e delle arti, questo concetto però è molto
più antico.
In Isocrate il λόγος (lògos), inteso come parola oltre che ragione, indica che parola e ragione sono
unite in quanto innalzano l'uomo al di sopra degli animali rendendogli così possibile il progresso.
Bellum Catilinae: alle origini non si poneva ancora il problema della superiorità dell'anima sul
corpo, questa diviene chiara con il formarsi di un grande impero: solo l'ingenium può frenare la
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lubido dominandi. Quando subentrano i vizi l'impero passa a un popolo ancora di moralità integra.
L'influsso platonico si limita solo ad alcune reminescenze.
Forte è l'impronta romana dei proemi: c'è il primato dell'attività politica; alternativa alla vita bestiale
è la gloria conquistabile con un'inquieta energia che è caratteristica della virtus. È estraneo in
Sallustio quell'ideale di ἀυτάρχεια (autàrcheia) dell'anima, anche se influenza alcuni punti dei
proemi.
Filosofia greca: l'anima è superiore alla fortuna e non ne ha bisogno perché l'uomo trova nel suo
mondo interiore valori che il mondo esterno non può intaccare.
In Sallustio l'animo, se conserva intatta la sua virtus, può piegare ai suoi fini il mondo esterno
invece di lasciarsene travolgere. Egli è il romano per cui il destino dell'uomo si gioca nell'azione ed
è per questo che lascia ampio spazio alla fortuna.
Ceppo romano presente in Tacito: osserva gli uomini, i loro vizi e le virtù; la filosofia è signe otium
se non viene esplicata nell'attività politica. La rivolta interiore è condannata, una vita dignitosa e
operosa sotto un regime tirannico vale più dell' ambitiosa mors che nulla giova allo stato. Virtus e
gloria sono i valori più alti.
In Sallustio è elemento di dualismo platonico il moralismo catoniano: è sul piano del moralismo che
la visione organica della storia si lega all'impostazione drammatico-psicologica del racconto.
La storia ha una complessa unità: è un dramma di anime, virtù e vizi; i personaggi sono sentiti come
tipi di una società, come espressioni di determinate tendenze dello sviluppo storico che Sallustio sa
concatenare ed equilibrare.
Talvolta nella concezione di Sallustio, l'equilibrio di sviluppo etico-politico collettivo e individualità
è rotto: nel B. Catilinae la potenza di Roma è spiegata con i boni mores, con l'amore della gloria e la
sanità morale della città.
Sallustio si lamenta che, nel periodo in cui vive, la civitas, a causa della corruzione morale, non
genera più personalità virtuose.
Antinomia nello stesso concetto di virtus:
nei proemi è l'energia indomabile degli uomini che agiscono sulla realtà e la piegano ai
• propri fini (questa conduce alla virtù);
virtus è anche vittoria sulle passioni, sulla voluptas e sulla bestialità (dal platonismo e dallo
• stoicismo si giunge alla virtù cristiana della purezza).
La lotta contro la voluptas serve a conservare e preservare quell'energia che serve all'uomo per
dominare il mondo esterno. C'è una grande ammirazione per i personaggi perversi.
Il dissidio dei due aspetti della virtus è alla base del confronto fra Cesare e Catone: opposizione tra
volontà di potenza e fanatismo moralistico, la loro unione avrebbe potuto salvare lo stato romano
dalla crisi.
Incertezza dei valori etico-politici di un'età: la virtus romana era stata contaminata con l' ἀρετή
(aretè) che tendeva all'εὐδαιμονία (eudaimonìa) e si staccava dall'azione.
Chi insiste sui proemi in Sallustio ne deduce una salda fiducia dello storico nella natura umana. La
natura umana è corrotta fin dalle origini? Forse il vitium humani ingenii non indica una corruzione
radicale della natura umana. Nelle Historiae la visio