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Sul verso della stessa carta autografa Leopardi annota una serie di appunti, singole parole o

espressioni brevissime. Queste sono molecole di scrittura, non solo a livello di concetti, ma anche

per le metafore e per i tasselli eruditi, e persino avvio di passaggi argomentativi. Queste “molecole”

ci danno prova del lento processo di scrittura a cui Leopardi fa rifermento in più occasioni: ideare,

schizzare, colorire e finire. In forma cifrata, accostando titoli e appunti, Leopardi mette in fila

materiali per la stesura o per l’ampliamento del libro; in questa chiave, le letture funzionali e

collegate alla composizione, andranno intesi gli autori e le opere registrati sullo stesso appunto 2

autografo. Non letture ancora da svolgere, ma piuttosto libri funzionali alla sequenza ancora aperta

delle prose.

2. “Il libro meglio scritto del secolo” (1824-1835)

I tempi dell’autografo napoletano:

Quando si arriva al 1824 i dati e le informazioni divengono abbondanti, grazie alla documentazione

offerta dal manoscritto napoletano. A ciascuna operetta Leopardi appuntò precisamente un

intervallo cronologico; una domanda da porsi è a cosa si riferisce la data sull’autografo delle

“Operette morali”? Il manoscritto napoletano può ritenersi frutto di una ripresa di fasi di lavoro

precedenti e insieme sede di un ulteriore percorso di revisione, anzitutto di ordine linguistico;

secondo un’ipotesi avanzata da Marti le date fanno riferimento non alla copia dei testi sul codice

napoletano, ma all’effettiva composizione delle diverse operette nel corso del 1824; composizione

avvenuto a partire da schede e appunti non pervenuti. Il manoscritto napoletano rappresenterebbe

dunque il perno di una lavorazione iniziata prima, poi raccolta in una copia unitaria, trasformatasi

presto da copia in bella a manoscritto di lavoro (tra il “colorire” e il “terminale”). Provando dunque

a schematizzare si possono individuare questi passaggi:

 Abbozzi e raccolta di materiali provvisori relativi alle singole operette (1823);

 Composizione delle operette, da gennaio a novembre 1824;

 Correzioni e aggiunte apportate alle operette in A, dopo il novembre del 1824;

 Copia successiva in un altro manoscritto destinato alla stampa.

Le ultime sei operette:

Sulla stesura dell’autografo napoletano alcuni anni fa è stata avanzato un’ipotesi, basata sull’indice

“Danno del conoscere la propria età” (la datazione proposta è del giugno-luglio 1824), che presenta

un lavoro di schedatura di alcune parti dello Zibaldone. Leopardi dunque tornerebbe sullo

Zibaldone con l’obiettivo di ricavare materia per la composizione di altre operette: proprio da quella

operazione di setaccio, ha sostenuto a Panizza, nascono le ultime sei operette presenti nel

l’autografo napoletano (nell’ordine “Parini”, “Ruysch e le mummie”, “Ottonieri”, “Colombo e

Gutierrez”, “Elogio degli uccelli”, “Cantico del gallo silvestre”). A sostegno di questa ricostruzione

vi sono molte coincidenze fra i titoli dell’indice dello Zibaldone e la materia delle operette.

L’ipotesi tuttavia lascia aperte alcune questioni: perché Leopardi avrebbe costruito l’ultima sezione

del testo con materiale in un certo senso più arretrata rispetto all’approdo di “Natura e Islandese”?

Perché cioè completare il disegno con i prelievi anche lontani e meno maturi o almeno

all’apparenza divergenti rispetto all’approdo materialistico e perché, ancora, anche ammettendo

questa scelta, posporre questi testi a “Natura e Islandese”, in una sorta di ritorno che attutirebbe la

portata di quella svolta? La questione del rapporto con l’indice dello Zibaldone invita in ogni caso

ad allargare lo sguardo e porsi la seconda domanda implicita nella sequenza di date offerte da A:

cosa accade nello Zibaldone durante il periodo di composizione? In questo periodo lo Zibaldone

registra un sensibile rallentamento e in alcuni passaggi il collegamento con la stesura delle cose è

molto evidente; al di là di approfondimenti (su Newton e Guicciardini), le note del 1824-25 sono

dedicate soprattutto a fenomeni linguistici. C’è un’ultima tessera da aggiungere al mosaico

fittissimo di questi mesi: alla fase centrale del 1824 viene assegnata anche la composizione del

“Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani”, un intervento di lucida diagnosi sulla

società in Italia, è un testo che tuttavia presenta numerosi punti di contatto con il “Parini” da un lato

3

e l’“Ottonieri” dall’altro, composti entrambi nel luglio e settembre 1824. Se il “Discorso” rimane

ancorato allo stadio di una diagnosi sui costumi, e dimidiato dallo stesso silenzioso abbandono da

parte di Leopardi, è nell’insieme delle Operette morali che va misurata l’ambizione di “giovare agli

uomini”, oltre che di “dilettarli durevolmente”.

Interventi sulla sequenza dei testi:

L’ultimo ma decisivo elemento da cogliere è rappresentato dagli interventi di Leopardi sull’indice

conclusivo: lo spostamento del “Timandro e Eleandro” dalla quattordicesima all’ultima posizione;

l’arretramento di “Tasso e genio” rispetto a “Natura e Islandese”. Pochi dubbi, da un lato, che lo

spostamento del “Timandro e Eleandro” valga a dare una chiusura meno solenne e luttuosa alle

Operette, un congedo piuttosto piacevole e ambiguo. Molto meno nitida l’inversione riguardante

“Tasso e genio” e “Natura e Islandese”; l’ipotesi più conveniente è che Leopardi abbia voluto

evitare la contiguità di “Tasso e genio” – “Parini” determinata dalla posposizione di “Timandro e

Eleandro”: in ossequio al principio di variatio, Leopardi sceglie dunque di interporre alle due

operette sugli scrittori lo scambio decisivo di “Natura e Islandese”.

Verso la “princeps” del 1827:

È probabile che tutta la stesura delle Operette sia stata svolta nei mesi precedenti in un regime di

relativa segretezza. Sull’ondata di un’accoglienza positiva, e nel corso di una stagione di intensa

attività di stampa (vengono pubblicate sul “Nuovo ricoglitore” la “Presentazione” delle canzoni e

poi, nel 1826, la raccolta dei “Versi”), Leopardi affida a Giordani il manoscritto delle Operette per

la pubblicazione, l’amico avvia i contatti con Vieusseux: tre testi prelevati dal manoscritto appaiono

nel fascicolo del gennaio 1826 dell’“Antologia”, la scelta si deve a Giordani (nell’ordine “Timandro

ed Eleandro” – “Colombo e Gutierrez” – “Tasso e Genio”). Presa visione del fascicolo

dell’Antologia, all’impazienza in Leopardi subentra la rabbia, per gli errori occorsi nei testi andati a

stampa e per la selezione compiuta da Giordani; in una lettera scrive a Vieusseux per ringraziarlo

della restituzione del manoscritto e insieme per accertarsi che dal manoscritto non siano state

ricavate altre copie, motivo del rifiuto di Leopardi è anche la volontà di far uscire le Operette a

puntate. Dopo quest’evento si ha la virata delle Operette da Firenze a Milano presso l’editore Stella.

Nelle lettere che si scambiano emerge anche il progetto di Leopardi di una serie di volgarizzamenti

di Moralisti greci. Ma le lettere più importanti riguardano le proposte di pubblicazione dello Stella;

egli prima propone di pubblicare le Operette frammentate su fascicoli di rivista (per evitare

l’intervento della censura), poi di far uscire le Operette all’interno di una collana dedicata ad un

pubblico femminile. Le risposte di Leopardi sono negative in entrambi i casi: “un libro di

argomento profondo e tutto filosofico e metafisico, trovandosi in una Biblioteca per Dame, non può

che scadere infinitamente nell’opinione, […] Finalmente l’uscir fuori a pezzi di 108 pagine l’uno,

nuocerà sommamente ad un’opera che vorrebb’esser giudicata dall’insieme e dal complesso

sistematico, come accade di ogni cosa filosofica, benché scritta con leggerezza apparente”. A fronte

di questa schiera di ragioni avanzate da Leopardi, Stella rinuncia all’ipotesi della “Biblioteca

amena”, indirizzando il libro a un’uscita autonoma. Ai timori della censura si deve con ogni

probabilità l’assenza del “Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco”, nato quasi come costola

dell’ultima sezione del “Cantico del gallo silvestre”, esso delinea con una limpida argomentazione

la prospettiva meccanicistica dell’operetta precedente. In un’altra lettera allo Stella sulla necessità

di una prefazione Leopardi risponde: “Escluda assolutamente un preambolo; […] Nondimeno ho

voluto Dialogo di Timandro e Eleandro, già stampato nel Saggio, il qual Dialogo è nel tempo stesso

una specie di prefazione, ed un’apologia dell’opera contro i filosofi moderni”. 4

La prima edizione e le operette escluse:

Le Operette morali escono a stampa quasi perfettamente in contemporanea con i “Promessi sposi”.

Per le “Operette morali” importa la reazione contro le critiche di Tommaseo, che sono articolate su

due punti: primo, il basarsi dell’opera non su fondamenti di ragione ma “su qualche osservazione

parziale”, con rilievo inteso a ridimensionare i contenuti del libro, a ridurli da posizioni filosofiche a

ragionamenti viziati dalla prospettiva tutta individuale; secondo, l’essere un libro fondato su

principi soltanto “negativi”. A questo doppio attacco Leopardi risponde appena, non entrando di

fatto nel merito di una smentita. Lungo il 1827 sullo scrittoio di Leopardi le Operette si

arricchiscono di altri due titoli: “Plotino e Porfirio” e “Copernico”, i due testi hanno in realtà un

lungo antefatto; l’esclusione delle due operette dalla prima edizione si deve probabilmente anche in

questo caso al timore della censura “Esse non potrebbero facilmente pubblicarsi in Italia”. Nei mesi

successivi all’edizione milanese le reazioni non sono quelle sperate. Incoraggiato dagli amici

fiorentini, e sperando nel premio in denaro, Leopardi invia il testo al concorso per il premio bandito

dall’Accademia della Crusca, che però non gli assegnerà il premio.

Tristano e almanacchi da Firenze a Napoli:

Il cantiere delle Operette riprende a muoversi nel 1832, nel mutato contesto del periodo fiorentino

di rapporti con il gruppo dell’“Antologia”, con la stesura del “Venditore di almanacchi e

passeggere” e del

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A.A. 2017-2018
12 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/13 Filologia della letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Paolot97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Pancheri Alessandro.