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ETICA DELLA COMUNICAZIONE
(Adriano Fabris)
1. Etica e comunicazione
- Che cosa significa etica?
L'etica è la riflessione filosofica che riguarda i nostri atti, il nostro agire e i nostri atteggiamenti.
Il termine etica deriva dal greco ethos che significa "comportamento, consuetudine, costume"
- Le domande dell'etica
Riguardo all'agire ci si può chiedere in primo luogo che cos'è quello che stiamo facendo e in che modo; che
cosa dobbiamo fare e perché.
- La descrizione dell'agire
Che cos'è l'agire? Il bene è scopo dell'azione umana: l'agire dell'uomo infatti è realizzare uno scopo. Ma
ogni uomo persegue ciò che è bene per lui. Nascono quindi dei conflitti causati da concezioni differenti di
ciò che è bene. Ciò viene risolto con un chiarimento filosofico che individua un bene supremo al quale ogni
essere razionale per natura tende.
- Che cosa debbo fare?
Nella tradizione ebraico-cristiana nasce una distinzione fra ciò che voglio fare e ciò che debbo fare.
C'è quindi una netta distinzione tra l'etica aristotelica (greca) che poggia sulla natura dell'uomo e l'etica
ebraico-cristiana (contesto biblico) che so fonda sulla religione e cioè sul legame che si crea tra uomo e il
divino. Ciò che Dio richiede all'uomo è in contrasto con ciò che l'uomo è portato per natura a perseguire:
l'essere umano si configura come una sorta di campo di battaglia fra tendenze e comandi in lotta fra loro.
Alla fine è Dio a stabilire che cosa è bene fare e che cosa si deve fare per realizzare il bene. Una cosa
simile accade nel cristianesimo l'unica differenza sta che qui il comandamento principale e quello
dell'amore : non solo nei confronti di dio ma anche nei confronti del prossimo. Di conseguenza ciò che
deve essere contrastato e l'egoismo.
Nella tradizione ebraico-cristiana emerge una concezione dinamica dell'uomo: al centro dell'etica viene
posta l'idea di libertà riguardante la decisione di ubbidire o meno ai comandi divini. Una libertà che si
trasforma in responsabilità. Ed ecco quindi che si parla di etica del dovere nella quale l'azione è pensata
come risposta libera a un comando che viene considerato vincolante per le azioni che sono di volta in volta
compiute. Ciò lo spiega Kant: per lui il dovere non è giustificato a partire da una rivelazione divina. Si
presenta alla coscienza morale come principio dell'agire. Se il principio del dovere non poggia affatto su
una rivelazione divina allora la morale non è più fondata sulla religione.
- Il senso dell'azione
Il problema che l'etica si trova ad affrontare è quello di giustificare il perché bisogna ubbidire a ciò che si
presenta in maniera assoluta.
Entra in campo la figura di Nietzsche che avanza il problema del senso che un principio morale deve avere
e mostra che un tale senso non può essere giustificato a partire da qualcosa che semplicemente s'impone,
come la rivelazione divina o l'imperativo categorico. Il senso delle nostre azioni risiede nel nostro stesso
valore.
- L'etica nell'età della tecnica
Oggi viviamo in un epoca dove gli strumenti tecnologici facilitano enormemente la nostra vita. Siamo
arrivati ad un punto dove poco importa se non riusciamo più a stupirci di fronte alle novità, perché per ogni
fatto c'è una spiegazione plausibile per tutto e quasi tutto si può prevedere. Lo scopo della tecnica è
rendere questo mondo ancora più comodo. A questo punto sorge spontaneo domandarsi sul che cosa, sul
come, sul perché dobbiamo fare qualcosa riguardo all'agire che si compie nell'età della tecnica. Di fronte a
questi problemi sono nate le etiche applicate.
- Etica generale ed etiche applicate
Sono stati messi in discussione i modelli di etica elaborati nella filosofia dunque sono emersi 3 principali
limiti:
1˚ limite relativo al potere dell'uomo di incidere sul mondo: oggi grazie alla tecnologia siamo in grado di
trasformare radicalmente la vita sulla terra;
2˚ limite relativo all'impossibilità di poter distinguere tra ciò che è naturale e ciò che è artificiale: non c'è più
una netta differenza tra ciò che è naturale e ciò che e artificiale;
3˚ limite relativo all'ubbidienza alla voce della conoscenza: l'agire risponderà solo a se stesso.
Con il venir meno di questi limiti confluisce il tutto in una situazione dove i modelli di etica del passato non
bastano più. Ed ecco dunque che entrano in campo le etiche applicate : il loro scopo è quello di dare una
risposta alle questioni reali che gli sviluppi della tecnica e le loro conseguenze pongono ai comportamenti
dell'uomo.
Sono nate così la bioetica, l'etica ambientale, l'etica economica, l'etica sociale e l'etica della
comunicazione.
Nel campo delle etica applicate non si ha a che fare con il meccanico utilizzo di criteri generali di
comportamento: si opera essendo consapevoli che solo in certi casi può emergere qualche questione
capace di mettere in crisi i principi validi universalmente.
[L'idea di applicazione rimanda a problemi che devono essere affrontati con il possesso di ben precise
tecniche e per una loro soluzione deve essere previsto il rinvio ad un piano generale di elaborazione.]
2. Che cos'è l'etica della comunicazione?
- Perché un'etica della comunicazione?
Rientra nell'ambito delle etiche applicate ed è una disciplina che è sorta a metà del Novecento. Si è
sviluppata principalmente in queste aree geografiche:
_ anglo-americana, per questioni deontologiche;
_ tedesca, dove la filosofia ha avuto successo;
_ francese, per quanto riguarda il campo sociologico;
_ italiana, dove si sono tenute indagini settoriali di grande interesse.
Ma perché questo interesse per l'etica? Perché si sono diffusi uno scarso rispetto per l'ascoltatore, un
insufficiente attenzione per le esigenze di varie fasce di utenti, e un abuso dei mezzi d'informazione.
Nasce dunque un bisogno di etica che definisca specifici doveri e che stabilisca sanzioni per chi
trasgredisce le regole. Nella Situazione attuale si parla di deregulation bisogna porre limiti e sanzioni e
legittimarli con principi condivisibili validi in generale.
Il compito dell'etica della comunicazione è quello di fondare in termini filosofici ciò che può essere detto
"buono" in un senso morale; ed è anche quello di farci riappropriare della nostra responsabilità.
- L'ambiguità dell'etica della comunicazione come etica applicata
L'etica della comunicazione è la disciplina che individua, approfondisce e giustifica quelle nozioni morali e
quei principi di comportamento che sono all'opera nell'agire comunicativo, e che motiva all'assunzione dei
comportamenti da essa stabiliti.
L'etica della comunicazione si configura in due modi: come deontologia professionale e come etica della
comunicazione propriamente detta cioè che indaga i modi in cui i paradigmi elaborati nella storia del
pensiero vengono trasposti sul piano del concreto agire comunicativo.
Nel corso del Novecento si da avanti il concetto di agire comunicativo: quando si parla di comunicazione si
parla di un atto, di un qualcosa di dinamico. Il comunicare appartiene alla sfera delle possibilità , non nella
nostra natura. La comunicazione stessa è un agire. Vi è poi una svolta comunicativa: il riconoscimento
della funzione paradigmatica che gli studi assumono sulla comunicazione nei confronti delle altre discipline
che si occupano del linguaggio. Ne è conseguita una inversione del rapporto tra etica generale e etica della
comunicazione: quest'ultima infatti fornisce le condizioni che consentono di giustificare comportamenti
universalmente riconosciuti come morali.
- I significati del "comunicare" e i loro risvolti etici
Che cosa significa comunicare? A seconda della maniera in cui rispondiamo muta l'ambito di ciò che
possiamo indagare e il modo in cui può configurarsi un etica della comunicazione. Cambia ciò che
consideriamo rilevante nell'agire comunicativo.
- Il modello comunicativo standard
È quello per il quale comunicare significa trasmettere pensieri, idee, notizie, informazioni, dati, nonché dei
Messaggi. Comunicare significa originariamente trasmettere(es. Lettera\pacco postale)
Per comunicare bisogna che ci sia un rapporto unilaterale tra un emittente e un destinatario che riceve un
messaggio che è trasmesso tramite un canale e che si configura secondo un codice e si riferisce ad un
certo contesto. Questa è la teoria standard definita dal praghese Roman Jakobson(linguista). Questa teoria
fa riferimento a quella sviluppata da Shannon (matematico americano): il suo scopo era quello di
massimizzare il rendimento informazionale , cioè di trovare un modo più efficiente per trasmettere i segnali
evitando disturbi o rumori. Comunicare bene infatti significa trasmettere informazioni in maniera efficiente.
Quali sono i modelli di comunicazione oggi dominanti? Sono quelli che riguardano il mondo della pubblicità:
la comunicazione pubblicitaria è divenuta un esempio paradigmatico di comunicazione. Una pubblicità è
buona quando risulta efficacie ed efficiente, cioè quando raggiunge il bersaglio con il minor numero di errori
e con il minor spreco di risorse. La comunicazione pubblicitaria è un esemplificazione del modello standard.
- La comunicazione come creazione di uno spazio comune
Alla base della teoria standard c'è il modello per il quale comunicare significa dischiudere uno spazio
comune di relazione fra interlocutori.
Comunicare non è informare, vi è dunque una differenza:
informare significa trasmettere contenuti, recapitare messaggi; quando informiamo il passaggio tra
emittente e ricevente non è quasi mai immediato e diretto e l'iniziativa risulta sempre dall'emittente.
Quando invece comunichiamo avviene qualcosa in più, vi è un enorme coinvolgimento e l'interazione deve
essere sempre possibile. Nella comunicazione è in gioco un effettivo coinvolgimento nel quale ogni locutore
è appunto considerato interlocutore cioè colui che sempre coopera all'apertura di un contesto comunicativo
ed è quindi creatore di comunicazione.
Sorge un ulteriore differenza fra comunicazione e linguaggio: comunicazione non è linguaggio: di certo
grazie al linguaggio si svolge l'attività comunicativa ma il linguaggio è un fenomeno ambiguo in quanto esso
è aia or