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ETICA E TELEVISIONE

Popper: cattiva televisione

Nel suo articolo “Cattiva maestra televisione” del 1994, Karl Popper riflette criticamente sul

ruolo della televisione nella società contemporanea, con particolare attenzione alla sua

influenza educativa, soprattutto sui minori.

Secondo Popper, la televisione ha progressivamente abbandonato la sua funzione

informativa, assumendo sempre di più un ruolo educativo — spesso però in modo non

consapevole e non controllato. Questo è particolarmente preoccupante nel caso dei bambini

e degli adolescenti, che si trovano in una fase evolutiva delicata e che tendono ad assimilare

i contenuti televisivi come modelli di comportamento.

Uno dei principali rischi individuati da Popper riguarda la diffusione di contenuti violenti, che

possono avere effetti negativi sulla formazione etica e psicologica dei giovani spettatori. La

televisione, in questo senso, diventa una sorta di "maestra" pericolosa, che trasmette valori

distorti senza alcun controllo o responsabilità.

Tuttavia, Popper non propone la censura come soluzione, in quanto la ritiene incompatibile

con i principi di una società democratica. Piuttosto, suggerisce di rendere i produttori

televisivi più consapevoli e responsabili del loro ruolo educativo. Secondo lui, dovrebbe

esistere una forma di controllo etico e culturale, magari anche attraverso la formazione

specifica per chi lavora nei media, al fine di garantire contenuti rispettosi della dignità umana

e dello sviluppo dei cittadini, in particolare dei più giovani.

Postman: diversi da morire

Nel suo libro Divertirsi da morire (1985), Neil Postman traccia una lucida e critica analisi

della società degli anni '80, mettendo in evidenza come la crescente diffusione della

televisione abbia radicalmente cambiato il modo di pensare, interagire e vivere degli

individui. A partire dalla sua riflessione sulla società dei mass media, Postman esamina le

somiglianze tra il mondo descritto da George Orwell nel suo 1984 e quello in cui viviamo.

Tuttavia, la differenza principale risiede nel tipo di oppressione che caratterizza i due

contesti: mentre nel romanzo di Orwell l’oppressione è il risultato di un controllo autoritario e

coercitivo, nella società di Postman l’elemento che soffoca la libertà è il divertimento, la

continua ricerca di intrattenimento. In questo scenario, la televisione, che dovrebbe essere

un mezzo per informare, diventa un canale per distrarre le masse, sedandole attraverso un

flusso continuo di spettacolo e svago. Postman parla di una vera e propria "droga fittizia del

piacere" che offre un "nirvana mediatico", ovvero una sorta di stato di apatia collettiva che

annulla il pensiero critico, la riflessione e l’impegno civico. In questo contesto, la televisione

non è solo un semplice strumento di intrattenimento, ma si configura come un mezzo che

opprime i cittadini, anestetizzando la loro capacità di reagire e riflettere.

Sartori: homo videns

Nel suo saggio Homo videns (1999), Giovanni Sartori propone una riflessione critica

sull’impatto che la televisione ha avuto sulla società moderna, in particolare sul modo in cui

l’uomo comprende e interpreta la realtà. Secondo l'autore, l’avvento della televisione ha

modificato radicalmente il processo cognitivo dell’essere umano, spostando l’attenzione

dalla parola scritta all’immagine visiva. Questo cambiamento ha portato, secondo Sartori, a

un vero e proprio impoverimento culturale. Sartori definisce questo nuovo tipo di individuo

“homo videns”, in contrapposizione al precedente “homo sapiens”. L’homo videns è colui che

si forma principalmente attraverso ciò che vede, e non attraverso ciò che legge o comprende

in profondità. La cultura dell’immagine tende a semplificare tutto, riducendo la complessità

del pensiero a slogan, simboli e contenuti emotivi, spesso svuotati di significato. La sfida,

allora, è quella di recuperare l’equilibrio tra parola e immagine, tra riflessione e percezione,

affinché la tecnologia sia uno strumento di crescita, e non di regressione.

ETICA E COMUNICAZIONE POLITICA

Propaganda

La propaganda è una forma di comunicazione politica che ha l’obiettivo di convincere un

vasto pubblico della validità di un’idea, con lo scopo di influenzarne il comportamento. Essa

può essere interpretata da due punti di vista principali:

1.​ Come strumento di diffusione: in questo caso, la propaganda è vista come una

comunicazione pervasiva, che mira a far conoscere e circolare un’idea tra la

popolazione, rendendola familiare e condivisa.

2.​ Come strumento di manipolazione: qui la propaganda assume un carattere più

critico, in quanto rappresenta un insieme di tecniche comunicative e promozionali

volte a condizionare in modo mirato le opinioni e le scelte del pubblico, spesso

attraverso la distorsione della realtà, portando a una vera e propria estorsione del

consenso.

La propaganda può essere un mezzo neutro di diffusione di idee, ma anche un potente

strumento di controllo e manipolazione delle masse.

Nel 1950 Jacques Ellul e Jean-Marie Domenach analizzano in modo sistematico le strategie

principali della comunicazione politica propagandistica, individuando sei meccanismi

fondamentali attraverso cui la propaganda riesce a influenzare l’opinione pubblica in modo

efficace e duraturo.

-​ La prima è la strategia di semplificazione, secondo la quale il discorso politico viene

ridotto a pochi concetti chiari e facilmente comprensibili da tutti. Questa riduzione

rende il messaggio accessibile anche a chi non ha gli strumenti per approfondire temi

complessi, aumentando così l'efficacia comunicativa.

-​ A questa si lega la strategia del nemico unico, una forma ancora più potente di

semplificazione: si identifica una sola figura come causa di tutti i mali, mentre un’altra

viene idealizzata come portatrice della verità e del bene. Un esempio storico è la

propaganda nazista, che costruiva la figura degli ebrei come capro espiatorio dei

problemi della Germania.

-​ La terza è la strategia dell’esagerazione e della deformazione, che consiste nel

presentare notizie minori come eventi fondamentali, o nel distorcere i fatti per attirare

l’attenzione e manipolare le emozioni del pubblico. Questo processo crea un senso

di urgenza e coinvolgimento anche quando non ve ne sarebbe motivo reale.

-​ Segue poi la strategia dell’orchestrazione, basata sulla ripetizione continua degli

stessi temi o messaggi. Tuttavia, per non annoiare l’uditorio, questi concetti vengono

proposti in forme diverse, con nuove parole, immagini o situazioni, pur mantenendo

invariato il contenuto di fondo.

-​ La strategia della trasfusione si fonda invece sull’uso di idee e credenze già presenti

nel pubblico. La propaganda non inventa ex novo, ma si innesta su paure, valori o

miti già radicati, rafforzandoli e creando una sensazione di appartenenza e

riconoscimento collettivo che stimola la partecipazione attiva, soprattutto in ambito

elettorale.

-​ Infine, la strategia di unanimità e contagio sfrutta il bisogno umano di sentirsi parte di

un gruppo. Mostrare che “tutti la pensano allo stesso modo” genera una pressione

sociale che spinge il singolo a conformarsi, temendo l’esclusione o il giudizio altrui.

Mediatizzazione delle campagne elettorali

Negli ultimi decenni si è assistito a un profondo cambiamento nel modo in cui la politica

viene comunicata e percepita dall’opinione pubblica. Un fenomeno sempre più evidente è

quello della mediatizzazione delle campagne elettorali, cioè l’influenza crescente dei media

sulla costruzione dell’immagine dei leader politici e sulla diffusione dei messaggi elettorali.

Questo fenomeno ha portato alla popolarizzazione della politica, cioè all’uso di linguaggi e

forme tipiche della cultura popolare nei messaggi politici. Da ciò derivano due tendenze

principali:

-​ Infotainment: si tratta di programmi ibridi, dove l'informazione politica viene

alleggerita attraverso l'inserimento di elementi di intrattenimento. In questi contesti, il

politico adotta i linguaggi dello spettacolo, apparendo in programmi leggeri o talk

show, cercando di risultare simpatico e familiare. Allo stesso tempo, i programmi di

intrattenimento si avvicinano all’informazione, affrontando anche temi politici e sociali

in modo più semplice e divulgativo.

-​ Politainment: è l’opposto dell’infotainment, e riguarda programmi di puro

intrattenimento che, però, ospitano personaggi politici. Qui, il politico non si presenta

più come rappresentante istituzionale, ma come una figura pop, spesso trattata alla

stregua di una celebrità, con l’obiettivo di conquistare consenso attraverso la

simpatia, l’ironia o l’emozione, piuttosto che attraverso contenuti e proposte concrete.

ETICA DEL GIORNALISMO

L’attività giornalistica non è solo una professione, ma una funzione sociale che mira

a garantire un flusso informativo che aiuti le persone a comprendere il mondo, a

prendere decisioni consapevoli e a partecipare attivamente alla vita democratica. Il

giornalista, quindi, è un mediatore culturale e intellettuale che facilita il dialogo tra i

fatti e la loro interpretazione nel contesto pubblico.

Diritti dell’informazione

L'articolo 51 del Codice penale è fondamentale per l'attività giornalistica. Esso dichiara che

“l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da

un ordine legittimo della pubblica autorità esclude la punibilità”. È un articolo a carattere

generale che vuole comunque inquadrare come e quali forme di garanzia il nostro

ordinamento riserva a coloro che esercitano il diritto di informare, quali i giornalisti. Tra i diritti

o riservati ai giornalisti troviamo il diritto di cronaca, diritto di critica, diritto di satira.

I diritti dell’informazione sono diritti sanciti dalla legislazione nazionale e internazionale e

sono fondamentali per assicurare una corretta attività giornalistica e per tutelare i cittadini

nel loro diritto di essere informati.

-​ Diritto di cronaca: Questo diritto, sancito dall’articolo 21 della Costituzione Italiana,

consente ai giornalisti di rendere pubbliche informazioni su fatti di interesse pubblico,

permettendo la libertà di espressione e il diritto di informare.

-​ Diritto all’informazione: È il diritto del pubblico di essere informato e di avere accesso

alle notizie necessarie per formarsi un'opinione critica. Questo diritto è cruciale

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Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher susannaprt di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Etica della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Guglielmo Marconi di Roma o del prof Mencacci Luca.
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