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Estratto del documento

EQUITY: NON EQUITY:

- legame di tipo patrimoniale; - non esiste legame patrimoniale;

- soggetto economico unitario; - differenti soggetti economici;

- maggiore stabilità del rapporto; - minore stabilità del rapporto;

- maggiore livello di criticità. - minore livello di criticità.

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5. Dalle aggregazioni alle reti d’imprese

In questa sede si cerca una chiave di lettura delle aggregazioni nell’ottica delle reti, abbandonando la

classificazione basata sulla dicotomia equity-non equity.

Secondo la “visione” a rete le aggregazioni vengono suddivise in 3 tipologie:

reti proprietarie: sono tipiche dei collegamenti d’imprese equity; pertanto rientrano in tale modalità

- classificatoria i gruppi di imprese con la “rete” costituita dalle aziende controllate e dalla holding che svolge

attività di coordinamento per l’intero gruppo.

È evidente, come all’interno delle reti proprietarie, esistano poi gradi differenti di “influsso”, sui partecipanti,

da parte del soggetto di riferimento della rete. Si distingueranno, pertanto, le reti proprietarie in base

all’intensità del coordinamento effettuato da tale soggetto (reti con forte, media o debole intensità di

coordinamento).

reti formali: possono essere “tradotte”, secondo le modalità di analisi più tradizionali, negli accordi non

- equity di tipo contrattuale distinguendole, in base al “criterio di accesso” alla rete, in reti ad accesso

specifico, ovverosia caratterizzate da modalità di entrata nella rete molto selettive, basate sulle competenze

specifiche dei partner ed in reti senza accesso specifico.

È poi possibile distinguere reti con struttura centrale o senza struttura centrale. Pertanto tali accordi possono

essere definiti reti formali a struttura centrale e accesso specifico.

reti sociali: sono correlabili alle aggregazioni non equity di tipo informale nelle quali manca un contratto, ma

- esistono, generalmente, rapporti interpersonali. Avremo quindi aggregazioni con differenti gradi di

coordinazione. 31

POSSIBILI DOMANDE

 Gli aggregati d’azienda/d’impresa

o Gli aggregati di aziende: definizione e loro classificazione.

o Le aggregazioni d’impresa.

o Uno schema di classificazione degli aggregati d’impresa, caratteristiche e caratteri distintivi.

CAP. 7 – LE FORME DI AGGREGAZIONE NON EQUITY

Si è cercato di classificare le aggregazioni non-equity in gruppi fondamentali:

A. a carattere informale B. su base contrattuale (o a carattere formale)

1. su base produttiva: 1. cartelli;

a) reti di subfornitura; 2. affitto d’azienda;

b) costellazioni; 3. associazioni in partecipazione;

c) distretti; 4. associazioni temporanee fra imprese;

2. su base finanziaria; 5. unioni volontarie e gruppi d’acquisto;

3. su base personale: 6. contratti di franchising;

a) city community of interests; 7. consorzi;

b) gentlemen’s agreement; 8. GEIE.

A. Le aggregazioni non equity di tipo informale

1. I collegamenti su base produttiva

Caratteristica comune a tutte queste forme (reti di subfornitura, costellazioni e distretti) è la rilevanza del numero

delle imprese coinvolte, le dimensioni contenute delle stesse e la loro fungibilità in quanto le aziende sono tra

loro sostituibili per la presenza di un numero rilevante di imprese interessate e la conseguente necessità di

un’elevata standardizzazione dei rapporti.

a) Le reti di subfornitura

Le reti di subfornitura sono date dalla presenza di una grande azienda che utilizza imprese esterne, di piccole-

medie dimensioni, per far svolgere loro determinate lavorazioni.

Un altro elemento caratterizzante il rapporto è dato dal fatto che l’attività delle imprese fornitrici è spesso

indirizzata quasi esclusivamente alla grande impresa-cliente con la creazione di vincoli di vera e propria

subordinazione che trasformano le piccole aziende in dipendenze della maggiore secondo un rapporto che è

molto vicino a quello del gruppo pur non avendone i necessari presupposti giuridici.

È solo in presenza di fattori strategici rilevanti in mano all’impresa fornitrice (tecnologia avanzata, design…) che il

rapporto tradizionale può spostarsi dando alla piccola impresa un “peso” considerevole e tale da presupporre un

tentativo, da parte dell’impresa principale, di un accordo di tipo equity.

32

TAVOLA 1 – Reti di subfornitura –

Aziende coinvolte: Impresa principale (di grandi dimensioni)

– Pluralità di imprese fornitrici (medio/piccole)

Peso delle aziende: Preponderante quello dell’impresa principale salvo competenze specifiche

delle imprese fornitrici.

Rapporto: Simile al gruppo d’imprese.

Importanza del singolo accordo: Modesta (i fornitori sono generalmente fungibili).

b) Le costellazioni

Le costellazioni sono caratterizzate dalla mancanza di una grande impresa di riferimento.

Tale schema di sviluppo, tipico della realtà economica italiana, è dato da un insieme di aziende, generalmente di

medio-piccole dimensioni, tutte interessate alla produzione o alla commercializzazione di beni inseriti in settori

maturi.

La genesi delle costellazioni è spesso la risultanza di una crisi di domanda e dei conseguenti licenziamenti o come

reazione al potere contrattuale del sindacato.

Sicuramente importante è la funzione della cosiddetta impresa capofila avente il compito di coordinare l’attività

delle singole imprese.

La disintegrazione verticale comporta quindi un cambiamento nella struttura dei costi dell’impresa capofila, che

trasforma i suoi costi fissi in costi variabili.

TAVOLA 2 – Costellazioni

Aziende coinvolte: – Azienda “guida” (non necessariamente di grandi dimensioni) e una pluralità di

imprese esterne fornitrici (medio/piccole).

Peso delle aziende: – Dipende dagli specifici fattori strategici posseduti.

– È generalmente influenzato dal ruolo dell’azienda guida.

Rapporto: – Interattivo.

Importanza del singolo accordo: – Modesta salvo competenze specifiche.

c) I distretti industriali

Lo studio del fenomeno dei distretti industriali prende avvio dall’osservazione dello sviluppo industriale nel corso

del XIX secolo, quando ci si accorse che da un parte si stava affermando la produzione di massa, mentre dall’altra

parte rimanevano zone in cui sopravvivevano piccole aziende che sviluppavano nuove tecnologie senza però

ingrandirsi.

La dinamicità di queste piccole aziende stava a dimostrare che vi era un’alternativa artigianale alla produzione di

massa e, quindi, alla grande impresa.

Tale impostazione portò alla teoria del “dualismo industriale” basata sull’idea che le grandi imprese costruivano il

1

cuore della struttura produttiva e le piccole imprese occupavano un settore periferico.

1 L’idea centrale era che il macchinario specializzato per la produzione in serie non poteva essere a sua volta prodotto in

serie. L’industrializzazione rivitalizzava quindi il settore artigianale (almeno in parte), rendendolo un complemento

necessario alla produzione di massa, anche se marginale. 33

Fu Marshall a coniare il termine “distretto industriale” inteso come concezione di industrie specializzate in

particolari località.

Marshall sottolineò inoltre come i vantaggi della produzione su larga scala si possono conseguire sia

raggruppando in uno stesso distretto un gran numero di piccoli produttori, sia costruendo poche grandi officine.

Nel distretto si finisce per suddividere la produzione di beni tra differenti piccole entità specializzate in

determinate fasi.

TAVOLA 3 – Le caratteristiche fondamentali dei distretti industriali

Aziende coinvolte: – Numero considerevole ed elevata specializzazione delle stesse concentrate in

un medesimo ambito territoriale.

Peso delle aziende: – Sono tutte di modeste dimensioni senza un’impresa “leader”.

Rapporto: – Vario:

- sia di complementarietà;

- sia di concorrenza.

Importanza del singolo accordo: – Modesta salvo accentuata integrazione fra le aziende stesse.

Occorre dedicare alcune riflessioni all’aspetto territoriale e ai connessi rapporti fra le aziende del distretto; si

forma un “mercato locale” competitivo (si pensi ai mobili della Brianza), ma caratterizzato dalla presenza di un

unico “ambiente sociale” degli imprenditori, quindi con regole culturali e comportamentali di comune

accettazione, di cooperazione reciproca.

Marshall considera il distretto industriale come una forma organizzativa di un ambiente sociale e non tanto del

processo produttivo di determinati beni con la conseguenza di uno stretto legame fra aziende e comunica che

tendono a “interpeneretarsi”.

Le economie di scala sono quindi ottenibili anche in un distretto; tali riduzioni dei costi unitari di produzione sono

state definite come economie esterne di agglomerazione.

2. Le aggregazioni su base finanziaria

Legami e collegamenti fra imprese di tipo finanziario presuppongono uno stretto rapporto banca-impresa.

Tali rapporti possono ricondursi a due fattispecie; la prima propria della formazione di aggregazioni di venture

capital nelle quali si vengono a creare vincoli simili a quelli presenti in un gruppo di aziende di produzione, ma con

strategie proprie della banca d’affari (o società finanziaria) capogruppo.

La seconda modalità, certamente più centrata sulle aggregazioni non equity, è propria dei rapporti che si vengono

a creare fra finanziatore e impresa finanziata.

Affinché si possa parlare di aggregazioni di tipo finanziario occorre non solo l’esistenza di rapporti di tale tipo, ma

sono necessari, per far sì che le direttive aziendali siano, in mano agli enti finanziari, almeno due condizioni:

l’entità dei finanziamenti concessi sia nell’ottica del finanziatore sia in rapporto alle dimensioni dell’impresa

- finanziata;

i finanziamenti sono stati concessi da un unico ente, o da un gruppo ristretto di enti.

-

Se esistono le sopraesposte premesse, per il finanziatore risulta di vitale importanza conoscere e seguire lo “stato

di salute” dell’impresa finanziata; ne consegue la richiesta e l’usuale ottenimento, ai fini d un attento controllo di

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gestione da parte dei finanziatori, di un certo numero di posti nel consiglio di amministrazione della società

affidata.

TAVOLA 4 – Le aggregazioni non equity su base finanziaria

Aziende coinvolte: – L’impresa finanziata e un numero generalmente ridotto di finanziatori.

Peso delle aziende: – È importante sia nell’ottica dell’impresa finanziata sia per i finanziatori.

Rapporto – Il

Dettagli
A.A. 2014-2015
56 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ilaria.possenti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia aziendale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Fasana Giuseppe.