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Estratto del documento

C

trovare la tangenza), Markovitz arriva dunque a questa formula:

E( r) −r

P F

w =

P 2

A σ P

3 commenti:

abbiamo trovato P* che è unico e uguale a tutti gli investitori;

• la differenza fra i vari investitori è la quantità di quel portafoglio che ciascuno di noi

• vorrà detenere, chi è avverso al rischio ne deterrà meno, chi è propenso ne terrà di più;

mette insieme i primi 2 commenti: proprietà di separazione: deriva dalla MPT.

Un allievo di Markovitz, tale Sharp nel ’64 prosegue lo studio di Markovitz e inventa il

CAPM (capital asset pricing model). Parte dal P* di Markovitz affermando che il rendimento

delle azioni nel P* dipende da: andamento generale del mercato azionario e da un beta, cioè

la sensibilità della singola azione al mercato azionario.

Sharp vuole ricavare il premio per il rischio delle singola azione in P*, in funzione di:

premio per l rischio di mercato: E(r ) – r

• azione risk-free

beta

• 36

Per tale modello formula delle ipotesi semplicistiche:

presenza di più investitori price takers (non possono influenzare il mercato);

• t = 1: orizzonte uniperiodale;

• tutti i crediti e i debiti sono contratti al tasso risk-free;

• non ci sono né tasse né costi di transazione;

• tutti gli investitori usano la MPT;

• tutti costruiscono la frontiera efficiente e trovano un unico P*.

Chiama P* = M (PORTAFOGLIO DI MERCATO, perché la conseguenza di tale ipotesi è

che dentro M ci sono tutte le azioni presenti sul mercato). La CAL di Markovitz lui la

chiama CML (capital market line).

Sharp parte dal portafoglio C composto dai due portafogli F (risk-free) e P (composto da M e

i, ma dato M comprende tutti i tioli sul mercato i è uguale a zero). Imposta anche lui un

problema di massimizzazione, ma lui massimizza il coefficiente angolare della CAL (ora

CML) e questo dato prende nome di indice di Sharp S :

r

[ ]

E(r) −r

P F

S E(r E(r w E

= ) =w ) + (r )

r P M M i i

σ P

Sostituisco E(r) nell’indice di Sharp, lo derivo e trovo il punto in cui vale zero, tenendo

P

conto che w = 0:

i 2 [ ]

[ ]

w : E(r) σ E r cov i , M

( ) ( )=0

−r − −r

i i F M M F

cov i , M

( )

[ ] [ ]

E r E r

( ) ( )

−r = −r

i F M F

2

σ M

cov i , M

( ) [ ]

β E β E r

( )

= (r ) =r + −r

i i F i M F

2

σ M

La frazione è il beta di i, cioè la sensibilità dell’azione rispetto al mercato. La seconda è

l’equazione di una retta la SML (security market line) e l’elemento in parentesi (cioè il

premio per il rischio) è il coefficiente angolare.

In condizioni di equilibrio di mercato (cioè con tutte le ipotesi soddisfatte) tutte le azioni

giacciono sulla retta SML. M2

Se proviamo a trovare il beta del mercato sarà 1 (cov. (M, M)/σ ; la cov. è sigma quadro),

ciò è sensato dato che dentro M ci sono tutte le azioni.

Si può invece confrontare il beta di un’azione (o anche portafoglio) con l’andamento del

mercato.

β = 1: beta = beta l’azione si comporta esattamente come il mercato, stessa

• i/p azione mercato

direzione e movimento;

β > 1: l’azione va nella stessa direzione, ma amplifica il movimento (aggressive);

• i/p

0 < β < 1: stessa direzione ma più piano (portafoglio difensivo);

• i/p 37

β = 0: il movimento dell’azione è indifferente all’andamento di mercato, è un ipotesi

• i/p

molto irrealistica (andamento simile agli hedge founds);

β < – 1: movimento di direzione opposta a quella di mercato in misura maggiore a

• i/p

quella di mercato (aggressive);

β = – 1: movimento di direzione opposta al mercato nella stessa misura in cui si

• i/p

muove il mercato;

0 < β < – 1: movimento di direzione opposta a quella di mercato in misura minore.

• i/p

APT di Ross (’76): era molto concreto, ha riscritto la relazione tra rendimento atteso e beta

del CAPM di Sharp, non utilizzando M, perché è poco reale, ma usando qualunque

portafoglio ben diversificato.

Abbiamo dunque due diverse definizioni del rendimento atteso:

1 1

E(P) E( D)

+

i i [ ]

E(r E r β E(r

( )

) = −1 =r + ) −r

i i F i M F

0

P i

Le due formule sono collegate? Sì.

T r r

−́ −́

(r )(r )

cov i , M

( ) i i M M

( )=

β → cov i , M

= t t

i T

2

σ t =1

M

r e r sono sono ricavati dalla prima formula, quella più semplice, che quindi entra nella

it Mt

seconda, perciò le 2 formule sono collegate: la seconda è un ampliamento della prima.

Rischio della singola azione può essere diviso in:

rischio specifico: relativo alla singola situazione aziendale, si può eliminare;

• rischio sistematico: relativo all’andamento dell’economia generale. Da che cosa è

• misurata la sensibilità dell’azione al rischio sistematico? Il beta. Si può eliminare solo

se si mette il beta = 0, ma è poco realizzabile quindi in linea di massima il rischio

sistematico c’è sempre. 2

σ

Eliminazione del rischio specifico di portafoglio : formato da unione tra rischio

P

specifico e di mercato:

2 2 2 2

σ σ σ 2 β cov.(mercato , specifico)

=β + +

P P MK spec. P

La cov. è uguale a zero, definiamo ora il rischio specifico: wi è il peso delle azioni nel

portafoglio, i sono il numero di azioni.

n n 2

1

∑ ∑

2 2 2 2 2

σ w σ σ , n→ ∞ : σ

= = =0

spec. i i i spec.

n

i=1 i=1

Assumiamo che le azioni abbiano tutte lo stesso peso e che il numero di azioni in portafoglio

tenda ad infinito, allora avremo uno fratto infinito che è uguale a zero e quindi il rischio

specifico si può annullare all’aumentare di n, il numero di azioni, cioè la diversificazione.

E quindi il nostro rischio di portafoglio sarà uguale a:

38

2 2 2

σ σ

P P MK

RAP ratio (risk adjusted performance): sono i tassi che ci spiegano la redditività corretta

2

per il rischio, cioè la connessione tra E(r) e σ . È indifferente usare la redditività attesa E(r) o

storica, basta che se uso un metodo lo applico per tutto il caso.

1) Sharp ratio S :

r

r −r

P F

S =

r σ P

Maggiore è S , più il portafoglio sarà appetibile, dato che questo indice evidenzia quanto il

r

rischio in più viene remunerato, quindi non bisogna farsi ingannare se è molto alto (si usa

solo per le azioni e viene spesso usato per gli hedge founds).

2) Indice di Trainor T :

R

r −r

P F

T =

R β P

Limiti: si usa solo per titoli azionari, il rischio descritto non è completo, si descrive solo il

rischio di mercato e non quello specifico; quindi va bene se viene applicato ad un portafoglio

diversificato che comprende già quindi un basso rischio specifico, altrimenti non va bene.

3) Indice di Jensen: riprende la teoria di Sharp della SML, dove si afferma che in condizioni

di equilibrio di mercato tutte le azioni esistenti giacciono sulla retta SML; questa teoria e

quindi formula non è veritiera, l’uguaglianza non è verificata e quindi il rendimento del

portafoglio è o maggiore o minore al resto dell’equazione.

[ ]

E r oppure> r β E r

( ) ( )

< + −r

P F i M F

Introduce quindi un termine che aggiunto all’equazione, rende l’uguaglianza verificata:

l’alfa di Jemsen α.

[ ]

E(r β E r

( )

) =α +r + −r

i F i M F

Se α > 0: il rendimento sarà superiore a quello dei titoli sulla SML.

Se α < 0: il rendimento sarà inferiore a quello dei titoli sulla SML.

È un indice che indica la bravura del gestore, dice se il portafoglio da lui progettato ha un

rendimento maggiore o minore del rendimento dei titoli sulla SML che hanno la peculiarità

di avere la massimizzazione del rischio in base al rendimento.

4) Information ratio I : B = benchmark del portafoglio

r

r −r √

p B 2 2

I σ è il tracking error= σ σ p , B)

= + −2cov.(

r p−B p B

( )

σ p

( )

−B

L’Ir è apprezzabile più degli altri indicatori perché confronta il rendimento del portafoglio

non con il rendimento risk-free che è pressoché nullo ma con il rendimento di un dato

benchmark. 39

È un indice abbastanza completo, il numeratore ci dice se il gestore ha lavorato bene o no,

mentre il denominatore come, seguendo o no il benchmark.

Numeratore: se è minore o maggiore il gestore ha effettuato una gestione attiva:

r −r ≅ 0: il gestore ha fatto una gestione passiva, ha emulato il benchmark (

• p B

r =r ).

p B

r >r : il gestore ha lavorato bene perché ha superato il benchmark, cliente contento;

• p B

r <r : il gestore ha lavorato male, non ha superato il benchmark, cliente scontento.

• p B

Denominatore: per commentarlo analizziamo la cov. contenuta nel tracking error:

cov.(p, B) 0: il benchmark e il portafoglio non sono collegati, il gestore ha fatto

• gestione attiva svincolandosi di seguire il benchmark;

cov.(p, B) > 0: gestione passiva, il benchmark e il portafoglio si muovono nella stessa

• direzione, il gestore emula il benchmark;

cov.(p, B) < 0: ipotesi irrealistica, il gestore fa gestione attiva andando nel senso

• opposto al benchmark.

2

5) Indice di Modigliani M :

:

2

M σ

=r −r ¿ =σ

¿

p p B

Il portafoglio P in questione è un portafoglio che contiene tutti i titoli, in particolare è

composto da una parte F risk-free e da una parte A che è più pericolosa (è più realistico),

sotto l’ipotesi P ≠ A; calcoliamo rendimento e rischio di P.

r r 1−w r r

( ) ( )

=w + =r +w −r

p A A A F F A A F σ

2 2 2 2 2 2 2 2 p

σ σ w σ w w cov. A , F ,σ → σ σ w

( )

=w + +2 =0 =w =

p A A F F A F F p A A A σ A

Ragionament

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
54 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/11 Economia degli intermediari finanziari

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher albi94r di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e gestione della banca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Rovera Cristina.