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La storia di L'avventuriero

Dresda nel 1921 dove rimase finché non venne rimosso dai nazisti nel 1933. Venne visto per l'ultima volta durante la mostra Arte degenerata, itinerante tra Germania, Austria e Polonia fino al 1941. Mentre la tournée della mostra era ancora in corso il quadro, insieme ad altre opere, arrivò nelle mani di Bernhard Böhmer, artista e mercante con importanti conoscenze all'interno delle autista nazionalsocialiste che vendeva all'estero opere sequestrate dal regime. Tra questa doveva esserci anche L'avventuriero, del quale non si sa più nulla dopo il suicidio di Böhmer nel 1945. Del dipinto oggi sono rimaste solo alcune fotografie che suggeriscono le misure (forse 150X120), mentre è sconosciuta la tecnica di realizzazione e i colori. Il primo attento lettore dell'opera fu Wilson Wolfradt, scrittore e critico d'arte. Egli descrive il personaggio come un tipo risoluto e insolente, pazziato al centro della scena a gambe larghe.

fucile in spalla e braccia minacciosamente alzate, muscolose, con un revolver per parte, secondo una simmetria compositiva da manifesto. La testa, di profilo, è di un giovane senza scrupoli del selvaggio West, con denti di animale che stringono una pipa decorata con un teschio e naso aquilino affilato. Il personaggio vuole rappresentare l'americanismo, l'idea di un mondo avventuroso, di assoluta libertà e modernità. Lo sfondo sul quale si staglia racconta l'America attraverso una composizione ricca di un enorme quantità di cose, tra cui una bandiera a stelle e strisce che chiarisce subito dove ci troviamo. Si tratta di una scena urbana che unisce modernità, selvaggio West, naturalità ed esotismo. In alto a destra un cielo scuro sovrasta un labirinto di grattacieli e impalcature, la ferrovia sopraelevata, manifesti e scritte pubblicitarie che si intersecano tra finestre. Dall'altra parte, sotto un paesaggio primordiale con

Vulcani in eruzione dove si intravede una figura a cavallo, ci sono un trio di ballerini di colore in frac e cilindro che si esibiscono. Vi è anche un nudo femminile con una bottiglia di liquore mezza vuota. Wolfradt interpreta tutto ciò come la rappresentazione di un mondo industriale impazzito e frenetico, senza più controllo. Stilisticamente il quadro può essere collocato in ambito cubo-futurista, considerando la sua formazione berlinese, ma con aggiunte ed elaborazioni specifiche e personali. La complessità compositiva, con tutte quelle linee di forza che si incrociano, deve molto alla pittura di Boccioni e degli altri futuristi ed è da ricondurre all'ambito avanguardistico ma trova ulteriori e più profonde ragioni nelle inclinazioni di Grosz per le complesse composizioni caratteristiche della pittura di storia. Durante i suoi primi studi d'arte infatti la sua ispirazione era quella di diventare un pittore di grandi avvenimenti storici.

con l'idea di trasporre secondo un modello compositivo storico il mondo contemporaneo. Rilevanti furono, infine, anche le influenze di disegnatori e illustratori, caricaturisti o satirici, di riviste e libri. Analisi di Il marinaio francese di Filippo de Pisis (1930, Torino, collezione privata) Il dipinto, un olio su tela 69x50, rappresenta la figura di un marinaio, soggetto che aveva molto affascinato de Pisis durante la sua permanenza parigina a partire dal 1925. L'artista venne subito travolto dalla frenetica vita culturale e mondana della capitale; scopre l'umanità varia della metropoli e ne rimane affascinato, sviluppando una serie di ritratti di tipi corrispondenti ad una determinata categoria sociale, che da un lato denunciano lo stato degradato dal soggetto e d'altro lo nobilitano. Molti dei ritratti di de Pisis di questi anni hanno infatti come soggetto personaggi di basso ceto sociale per i quali l'artista sembra provare compassione. Il dipinto

è firmata e datato il basso a sinistra “Pisis Paris 1930” e la prima pubblicazione risalea corredo di un articolo apparso su “L’Italia letteraria” nel 1931, in cui al testo viene integrata unariproduzione del dipinto priva di alcuna datazione. È verosimile pensare che in realtà fosse stato realizzatonel 1931 e post-datato successivamente dall’artista intorno agli anni 40-50 (periodo in cui sembra utilizzarepiù speso tale firma discostandosi dal “de Pisis” più diffuso in precedenza) che non ricordandosi esattamenteesattamente il periodo di realizzazione mise arbitrariamente la data 1930 al posto di 1931. Il protagonista deldipinto indossa una divisa della marina nazionale francese, portata da marinai e sottoufficiali della fanteriamarina e caratterizzata da un cappello simile ad un basco con un pompon rosso e il nastro recante la scrittadorata “Marine Nationale”. De Pisis nobilita il marinaio

ritraendolo elegante in divisa all'interno del prioritario studio. Vi è un accentuato naturalismo con il volto efebico roseo e giallo che risalta sulla divisa blu, le grandi orecchie, gli occhi sgranati un po' strabici con un'espressione fissa. Il marinaio presenta sullo sfondo oggetti decontestualizzati, secondo un'usanza tipicamente metafisica e di evidente ispirazione dechirichiana, tra cui un guanto rosso, un porta fiammiferi da muro e una faretra, che sembrano galleggiare sullo sfondo come fossero ricordi o sogni. Un oggetto simile alla faretra qui riprodotta è visibile anche in altra opera del 1926 di de Pisis intitolata Colonnina con colomba, in cui sembra essere rappresentato lo stesso angolo in cui viene ritratto il marinaio: un armadio o una porta con accanto una colonna (di cui nel ritratto del marinaio è visibile solo il fusto) dietro alla quale viene incastrata una faretra contenente delle frecce. Ad avvalorare ulteriormente questa

ipotesi ci sono una serie di segni grafici analoghi (una griglia e undisegno sul muro) che in entrambi i dipinti sovrastano la faretra. La differenza temporale che intercorre tra ledue opere sembra però mettere in dubbio che si tratti dello stesso atelier perché de Pisis, nel momento in cuidipinge la prima opera, non si trova ancora nel luogo dove dipingerà il marinaio. Si può ipotizzare dunqueche lo sfondo del marinaio fosse solo frutto del ricordo di una precedente abitazione oppure che l’artistacercasse di riprodurre in tutti i suoi atelier la stessa ambientazione.

Giorgio Morandi, Natura morta (1935, collezione privata, già Raccolta Pietro Feroldi)

Il quadro fu realizzato nel 1935, quando Morandi decise di interrompere una lunga ricerca pittorica dedicataal tema esclusivo del paesaggio per dedicarsi alla realizzazione di un ciclo di quattro nature morterappresentanti un sobrio repertorio di oggetti in disordine dai colori bruni (bottiglie, vasetti,

bricchi, lucerne, fruttiere), diventato il soggetto onnipresente, e sempre diverso, delle sue tele. La più singolare e meno affollata delle quattro è chiamata Natura morta Feroldi, dal nome del suo primo proprietario, Pietro Feroldi.

L'opera fu subito individuata dal pittore come destinata all'esposizione e appare al pubblico la prima volta alla mostra "L'art italien des XIXs et XXs siecles" tenuta a Parigi nel 1935. Ma la sua seconda apparizione fu particolarmente significativa: Morandi la scelse personalmente per la sala antologica da lui allestita alla Terza Quadriennale Romana nel 1939. La mostra fu da lui attentamente selezionata con un percorso che ripercorreva la sua attività dal 1913. In questo dipinto, a partire dalla sinistra, sul secondo piano della ribalta, si riconosce una scatola metallica da tè con un'etichetta rettangolare (presenza costante nei quadri del periodo); davanti a questa è appoggiata la porzione

estrema di un tubo di gomma; più a destra di scorcio una bottiglia rosso mattone dalla strana forma (forse un oliatore metallico per oggetti meccanici); contro si staglia un flacone piramidale a base triangolare isolato da uno spesso profilo chiaro; al centro, con uno scorcio opposto e simmetrico alla bottiglia rossa, è posto un vasetto a righe bianche e azzurre (tipico oggetto morandiano solitamente però collocato da solo e mai così assorbito nel corpo della pittura); dopo un vuoto, all’estrema destra, vi è una massa indistinta (forse una porzione di base di vaso liberty che Morandi utilizza molto spesso). Per la prima qui volta l’artista dipinge gli oggetti in modo così monumentale, rendendoli quasi irriconoscibili: l’inedito avvicinamento dello sguardo non gli arrochisce di dettagli ma anzi li trasfigura. Le pennellate sono estremamente libere e differenti tra di loro, non suggeriscono le superfici degli oggetti anzi le nascondono.

In alcune parti però è possibile ritrovare degli elementi di realtà come la fascia luminosa dell'interno del vaso a righe che rende l'illusione della cavità. A differenza delle altre opere del ciclo pittorico, nella Natura Morta Feroldi le caratteristiche si discostano dai modelli della tradizione pittorica italiana tre-quattrocentesca (scomparsa del chiaroscuro sostituito da zone cromatiche uniformi, primato dell'impianto architettonico, visione monumentale). Qui Morandi sembra aver capito che alla sintesi astratta dei volumi poteva accompagnarsi un'attenzione chiaroscurale, che restituisse una visione familiare e allo stesso tempo allucinata. Convivono da un lato dettagli raffinati e d'altro elementi di tale sintesi da generare ambiguità in chi li guarda. La Natura morta Feroldi dimostra che un'unione tras rigorosa architettura e visione più naturalistica e armonica.

Renato Guttuso, La battaglia di ponte

dell'Ammiraglio (1951-52, Firenze, Uffizi) Si tratta di un grande olio su tela (circa 3x5 m) realizzato tra il 1951-52, presentato per la prima volta alla XXVI Biennale di Venezia, nella sala interamente riservata all'artista. Il dipinto fu subito riconosciuto come un importante esempio di realismo italiano e appartiene al genere della pittura di storia (ancora intentato da Guttuso), che rappresenta un episodio risorgimentale: lo scontro tra borbonici e garibaldini alle porte di Palermo nel 1860. Si tratta di un'opera a cui Guttuso si dedicò per molto tempo e per realizzarlo svolse degli studi molto approfonditi, per conoscere a pieno l'età risorgimentale, e realizzò un'enorme quantità di studi preparatori. Non si trattava solo della rappresentazione di un evento storico ma anche di un orgoglioso tributo alle proprie vicende familiari, infatti il nonno Ciro aveva combattuto proprio in quella battaglia. Tutte le varie fasi di creazionedel dipinto furono rese note e pubblicate nel corso del tempo su giornali, riviste e settimanali (il bozzetto iniziale, il disegno in lavorazione, l'opera già parzialmente dipinta...). Tutte queste fotografie pubblicate non attestano solo il prestigio raggiunto a Guttuso ma permettono anche di conoscere
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Publisher
A.A. 2017-2018
11 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher c.sara di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Zanchetti Giorgio.