Riassunto economia degli intermediari finanziari, prof. Murè/La Torre
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Le Commissioni Nette sono determinate dalla differenza tra le Commissioni Attive,
applicate dalla Banca sulle Operazioni poste in essere dai clienti, e le Commissioni Passive,
corrisposte dalla Banca ad altri IF cui essa si appoggia per offrire servizi che altrimenti non
potrebbe erogare.
Detraendo le Commissioni Nette dal Margine di Intermediazioni, insieme ad altre poste
economiche, si ottiene il Margine di Intermediazione, che evidenzia il risultato realizzato
grazie all’attività di servizio e trading sui mercati.
Il Risultato Netto della Gestione Finanziaria, che risente dei Costi Operativi sostenuti e delle
rettifiche di valore per deterioramento di crediti e attività finanziarie.
I Costi Operativi, includenti tutte le voci di costo non legate alla tipica attività bancaria
(costi amministrativi, del personale, etc.).
Il Risultato Netto di Esercizio, espressione del Risultato Netto Complessivo ottenuto dalle
varie Aree della Gestione.
La Nota Integrativa contiene una serie di informazioni riguardanti aspetti critici dell’attività
bancaria. Esplicita dettagliatamente le diverse voci Patrimoniali ed Economiche, offrendo
informazioni riguardo l’andamento della gestione.
Gli Altri Intermediari Creditizi
Oltre alle Banche, che hanno l’esclusiva possibilità di effettuare la raccolta, esistono molti
altri intermediari che sono abilitati alla concessione di prestiti e ad altri servizi, in
particolare si parlerà di:
Società di Leasing
• Società di Factoring e Forfaiting
• Società di Credito al Consumo
•
Queste Società possono operare a seguito dell’autorizzazione della Banca d’Italia, una volta
soddisfatti determinati requisiti, quali:
Forma Societaria di S.p.A.
• Versamento di un Capitale Minimo (pari al vincolo imposto dalla Banca d’Italia
• in relazione all’attività svolta);
L’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di
• finanziamenti sotto qualsiasi forma, nella prestazione di servizi di pagamento,
nonché servizi di investimento ed attività connesse e strumentali.
Presenza di requisiti di Onorabilità per i maggiori azionisti, presenza di requisiti
• di Onorabilità, Professionalità e Indipendenza per membri svolgenti funzioni di
amministrazione, controllo e direzione.
Le Imprese autorizzate sono iscritte in un apposito Albo presso la Banca d’Italia stessa e
sottoposte alla sua vigilanza.
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Le Società di Leasing si occupano principalmente di locazione finanziaria, un contratto che
consente alle Imprese di utilizzare un bene strumentale contro il pagamento di canoni
periodici, con la possibilità (al termine del contratto) di acquistare il bene stesso ad un
Prezzo di Riscatto, generalmente più basso del valore di mercato. Queste società possono
operare indipendentemente sul mercato, nell’ambito di un gruppo bancario o come parte
integrante di una Banca. Il leasing finanziario coinvolge tre diversi soggetti: Fornitore,
Locatore (Società di Leasing) e Locatario (Utilizzatore). Il Locatore commissiona la
costruzione (o acquista) al Fornitore del bene richiesto dal Locatario. Il Locatario prende in
locazione il bene dal Locatore, contro pagamento periodico di canoni prefissati nel
contratto. Alla scadenza del contratto il Locatario può scegliere di acquistare il bene
mediante pagamento di un Prezzo di Riscatto. Ѐ importante specificare che, fino
all’eventuale acquisto da parte del Locatario a scadenza, la proprietà del bene resta alla
Società di Leasing. Il contratto di Leasing può avere ad oggetto sia beni mobili che
immobili.
Nel definire il contratto di leasing la Società di leasing deve tenere conto di alcuni fattori, in
particolare: un importo dei canoni periodici in modo che possano coprire i costi correlati
allo specifico, l’eventualità di un mancato riscatto a scadenza (minusvalenze da
alienazione), il rischio di insolvenza dei canoni periodici.
Un particolare tipo di leasing è il Sale and Lease Back. Attraverso questa tipologia di
contratto, un’impresa proprietaria di un bene strumentale (che necessita di risorse
finanziarie) può venderlo ad una Società di Leasing con l’impegno di riacquistarlo
immediatamente in leasing. In questo modo l’impresa reperisce risorse finanziare, dovendo
pagare dei canoni periodici, ma avendo la possibilità (a scadenza) di ricomprare il bene di
cui era proprietaria in principio.
Le Società di Factoring e Forfaiting operano indipendentemente, in un gruppo bancario o da
una Banca. Il contratto di Factoring offre alle Imprese una vasta gamma di servizi mirati alla
Gestione e all’Incasso dei Crediti Commerciali. Tali servizi includono:
gestione della fase di incasso dei crediti commerciali;
• valutazione dell’affidabilità dei clienti;
• assistenza legale in caso di problemi nella fase di recupero crediti;
• concessione di garanzie circa il buon esito dei crediti commerciali;
• anticipo dei crediti prima della scadenza.
•
Il contratto di Factoring prevede il coinvolgimento di un’Impresa che cede i propri crediti
commerciali presenti (e/o futuri) ad un Factor (Società di Factoring o Banca). In questo
modo l’Impresa smobilizza anticipatamente i crediti ceduti per l’intero importo, ridotto di
una somma a titolo di interessi sull’anticipo e di commissioni (rappresentante la
remunerazione del Factor). Alla scadenza del credito, l’Impresa pagherà l’intero importo
dello stesso al Factor. All’operazione di cessione si possono applicare due diverse clausole:
Pro-Soluto e Pro-Solvendo. La prima prevede il trasferimento del rischio di insolvenza del
debitore alla Società di Factoring, mentre con l’applicazione della seconda il rischio di
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insolvenza resta all’Impresa cedente. Naturalmente, visto il rischio, le Commissioni su
anticipo Pro-Soluto saranno più alte di quelle su anticipo Pro-Solvendo.
Il Forfaiting è un’operazione di sconto di titoli cambiari originati da operazioni di
esportazione di beni strumentali con pagamento dilazionato. La cessione può essere
effettuata con la sola clausola Pro-Soluto.
Le Società di Credito al Consumo concedono prestiti a persone fisiche secondo diverse
modalità come:
Prestito Finalizzato, avente lo scopo di finanziare l’acquisto di beni e servizi volti al
• soddisfacimento di bisogni personali (non imprenditoriali).
Cessione del Quinto dello Stipendio, con il quale un lavoratore cede alla Società di
• Credito al Consumo il suo diritto verso il datore di lavoro a percepire una quota del
proprio stipendio (fino a un massimo di un quinto dello stesso). A fronte della
cessione, il lavoratore ottiene un finanziamento non finalizzato da restituire in un
arco di tempo tra i due e i dieci anni.
Carta di Credito, mediante la quale, contro il pagamento di una tassa annuale, il
• cliente ha a disposizione un plafond di spesa mensile variabile in funzione
dell’affidabilità del cliente. La somma utilizzata nel corso del mese viene addebitata
sul c/c del cliente solo in un momento successivo, configurandosi come una vera e
propria operazione di finanziamento. Questo è possibile grazie a tre soggetti: la
Banca/Ente Finanziario emittente, l’Esercizio Commerciale aderente al circuito di
pagamento e l’Azienda che gestisce il circuito stesso.
La Struttura del Bilancio delle Società di Leasing, Factoring e Credito al Consumo
Le Società di Leasing, Factoring e Credito al Consumo devono attenersi, per la redazione
del Bilancio, agli IAS/IFRS, ricalcando di conseguenza il Bilancio Bancario.
Le Società di Leasing saranno caratterizzate da una forte presenza di queste voci
patrimoniali:
Crediti, generati da operazioni di locazioni finanziaria a favore dei clienti;
• Attività Materiali, costituite da beni strumentali funzionali all’esercizio dell’attività
• o da beni, precedentemente in leasing, non riscattati o ancora da beni per cui il
Locatario è risultato insolvente;
Debiti e Titoli in Circolazione, costituenti le principali fonti di finanziamento.
•
Inoltre compariranno per lo più queste voci economiche:
Interessi Attivi e Proventi Assimilati, nei quali confluiscono i Canoni di Leasing;
• Interessi Passivi e Oneri Assimilati, che includono gli interessi dovuti ai
• finanziatori;
Margine di Interesse, che sintetizza la strategia dell’Impresa e la sua capacità di
• fronteggiare i rischi tipici del leasing.
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Le Società di Factoring vengono caratterizzate, in Patrimonio da:
Crediti, in cui rientra sia la semplice acquisizione di crediti con il factoring, sia
• crediti acquisiti Pro-Solvendo per cui i cedenti sono stati insolventi, che vengono loro
riaddebitati;
Debiti, nei confronti del Sistema Bancario, costituente la maggiore fonte di
• finanziamento;
Titoli in Circolazione, che giungono alla clientela tramite il sistema bancario e
• permettono alla Società di finanziarsi.
Mentre per il Conto Economico:
Interessi Attivi e Commissioni Attive, derivanti dalla gestione e dall’anticipo dei
• crediti;
Interessi Passivi, derivanti dall’indebitamento verso terzi;
• Perdite su Crediti, legate all’insolvenza dei debitori;
• Margine di Interesse e Margine di Intermediazione, costituenti i risultati
• intermedi più significativi. Un elevato Margine di Interesse, infatti, segnala che
l’attività svolta è stata prevalentemente quella di acquisizione ed anticipazione dei
crediti commerciali (si generano Interessi Attivi). Al contrario, una maggiore
influenza del Margine di Intermediazione evidenzia una prevalente attività ad alto
contenuto di servizio verso la clientela (si generano Commissioni Attive).
Le Società di Credito al Consumo presenteranno uno Stato Patrimoniale caratterizzato
principalmente dalle voci Crediti (frutto dell’attività principale) e Debiti (con cui la Società
si finanzia). Per quanto riguarda il Conto Economico il valore più significativo è
rappresentato dal Margine di Interesse, dato che in esso confluiscono tutti gli Interessi Attivi
derivanti dall’attività svolta dalla Società nei confronti della clientela, in tutte le sue forme
possibili.
Le Imprese di Assicurazione e la Definizione di Attività Assicurativa
L’Impresa di Assicurazione è un’impresa che svolge Attività Assicurativa e, derivata da
questa, Attività di Investimento. Sostanzialmente l’Impresa di Assicurazione tutela i propri
clienti (individui, famiglie e imprese) da potenziali rischi da essi sopportati. Le Imprese di
Assicurazione sono le uniche abilitate a svolgere l’Attività Assicurativa.
Il Contratto di Assicurazione è definito come il “contratto con il quale l’assicuratore, contro
pagamento di un premio, si obbliga a risarcire l’assicurato, entro i limiti convenuti, per un
danno da egli subito o a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente
la vita umana” (Art. 1882 C.C.).
Si è già detto che l’assicurazione è un contratto tra due soggetti, assicuratore e assicurato.
Quest’ultimo può subire dei danni a causa di un sinistro (Assicurazione Danni) e può
stipulare un assicurazione solo vi è un legame tra esso stesso, il sinistro e l’assicuratore.
L’assicurazione ha una funzione risarcitoria del danno subito. Tra le Assicurazioni Danni si
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distinguono: Assicurazioni Danni ai Beni, Assicurazioni di Responsabilità Civile e
Assicurazioni Danni al Persone.
L’assicurazione può anche riguardare eventi attenenti la vita o la morte dell’assicurato
(Assicurazioni Vita). In tal caso l’assicuratore pagherà un capitale o una rendita nel caso in
cui si verifichi l’evento assicurato. Le tre forme tipiche delle Assicurazioni Vita sono le
Temporanee in caso di morte (pagamento di un capitale a seguito della morte
dell’assicurato), le Rendite Vitalizie (pagamento al beneficiario-assicurato di un somma
periodica fin quando è in vita) e le Assicurazioni Miste (pagamento di un capitale o di una
rendita all’assicurato o al beneficiario sia in caso di vita che di morte, con trattamenti
diversi). L’assicurazione non può prevedere un risarcimento superiore al danno subito
dall’assicurato, in modo da comportare un guadagno economico per esso.
Al momento della stipulazione del contratto, l’assicurato paga all’assicuratore un premio di
assicurazione, rappresentante il corrispettivo per i servizi assicurativi offerti
dall’assicuratore. Detto Premio è legato al valore delle prestazioni che l’assicuratore si
aspetta di dover effettuare nei confronti dell’assicurato (Premio Puro). Se l’assicuratore
prevede di dover pagare un capitale D a seguito di un sinistro che, per ipotesi, si verifica con
probabilità P, il Premio Puro sarà uguale a P * D. Esso viene incassato alla stipulazione del
contratto, mentre l’erogazione del capitale viene effettuata a sinistro avvenuto.
Il Premio pagato dall’assicurato comprende, oltre al Premio Puro, altre componenti. Una tra
le più rilevanti consiste nel Risk Margin, ovvero la remunerazione aggiuntiva al Premio
Puro che l’assicuratore richiede per l’aleatorietà della prestazione. Altri elementi compresi
nel Premio sono i Caricamenti per Spese, necessari per garantire all’assicuratore i costi di
acquisizione e gestione del contratto di assicurazione. Infine, il Margine di Profitto,
consistente nell’ulteriore remunerazione, oltre al Risk Margin, che l’assicuratore riesce a
trarre dal contratto assicurativo. La somma di queste componenti è detta Premio Tariffa,
che identifica il Ricavo dell’assicuratore.
Le Imprese di Assicurazione operano prevalentemente sul Mercato delle Assicurazioni
Dirette. Esso è il mercato in cui le Imprese di Assicurazione negoziano contratti assicurativi
con la propria clientela. L’Agente di Assicurazione è un intermediario che assume
stabilmente l’incarico di promuovere, in una determinata zona, contratti di assicurazione per
conto di una o più Imprese Assicurative.
La Gestione dell’Impresa di Assicurazione e le Condizioni di Equilibrio dell’Attività
Assicurativa
La gestione dell’Impresa Assicurativa può essere divisa in diverse macro-attività:
Attività Assicurativa;
• Attività di Investimento;
• Attività di Risk Management;
• Altre Attività di Supporto.
•
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La gestione delle Imprese di Assicurazione deve svolgersi separatamente per le
Assicurazioni Vita e le Assicurazioni Danni. L’Attività Assicurativa rappresenta il Core
Business dell’Impresa Assicurativa e può essere divisa in Attività Assuntiva e Attività di
Liquidazione.
Mediante l’Attività Assuntiva, l’Impresa definisce la sua offerta di prodotti assicurativi, le
modalità di fissazione dei Premi, stipula Contratti Assicurativi, incassa i Premi e remunera
gli intermediari che hanno contribuito alla stipulazione del contratto. In altri termini, questa
attività, permette di ottenere i ricavi derivanti dall’incasso dei Premi e determina il
sostenimento di costi di acquisizione (cioè legati all’attività assuntiva).
L’Attività di Liquidazione ha origine dalla denuncia del sinistro e termine con l’erogazione
della somma dovuta all’assicurato. In termini economici questa attività comporta il
sostenimento dei costi dovuti per i sinistri, oltre ai costi di liquidazione sostenuti
dall’assicuratore.
Una caratteristica presente solo nelle Imprese di Assicurazioni è l’Inversione del Ciclo
Monetario rispetto a tutte le altre tipologie di Imprese. Chi svolge Attività Assicurativa,
infatti, ottiene ricavi (dai Premi) prima di dover sostenere Costi per risarcimento, avendo
così a disposizione un surplus iniziale che può essere utilizzato per fare investimenti
finanziari. Dall’Attività Assicurativa derivano l’Attività di Investimento e quella di Risk
Management, entrambe fondamentali.
L’attività di Investimento viene effettuata utilizzando le risorse finanziarie disponibili a
seguito dell’incasso dei Premi, grazie al meccanismo inverso del Ciclo Monetario. Dal
punto di vista economico, essa permette di ottenere dei proventi sul surplus finanziario
investito, al netto dei costi necessari per svolgerla. L’Attività di Investimento è rivolta quasi
esclusivamente all’acquisto di strumenti finanziari, il quale comporta dei rischi dovuti
all’oscillazione di prezzo degli strumenti stessi. L’obiettivo degli Investimenti da parte di
un’Impresa Assicurativa è quello di ottenere Utili da Investimento, senza assumersi rischi
eccessivi. Per questo motivo, nonostante questa attività derivi da quella Assicurativa, il
profilo Rischio-Rendimento dovrebbe essere sufficientemente basso.
A supporto di questa attività (e di quelle che seguiranno), l’Impresa Assicurativa può
contare su diverse Attività di Supporto, spesso comuni alla maggior parte delle Imprese.
L’unica attività tipica dell’Impresa di Assicurazione è la Funzione Attuariale, che si occupa
di tutti i calcoli probabilistici riguardanti l’attività da svolgere.
Tutte le Imprese corrono dei Rischi, quindi tutte devono svolgere un’attività di Risk
Management, ma per le Imprese Assicurative questa attività è di fondamentale importanza.
In particolare, è molto importante la Gestione dei Rischi Assicurativi e di quelli Finanziari.
Mentre per i Rischi Finanziari si può ricorrere al Mercato Finanziario, per la gestione di
quelli Assicurativi si deve ricorrere al Mercato delle Assicurazioni Indirette, in particolare
alla Riassicurazione. In ogni caso la gestione dei Rischi Assicurativi avviene mediante il
rispetto di quattro condizioni di equilibrio, ovvero:
Condizione di Diversificazione
• 30
Condizione di Tariffazione
• Condizione di Riservazione
• Condizione di Solvibilità
•
La Condizione di Diversificazione consiste nella stipulazione di un numero sufficientemente
elevato di Contratti Assicurativi su Rischi tra loro Omogenei e Indipendenti. In questo
modo, per la legge dei “grandi numeri”, all’aumentare del numero di contratti si ridurrà
l’aleatorietà degli eventi, avvicinando sempre più il numero di sinistri che effettivamente si
verificheranno al numero di sinistri attesi, condizione che comporta una maggiore
possibilità di far fronte al risarcimento del numero di sinistri che si verificheranno.
La Condizione di Tariffazione è dovuta all’impossibilità dell’Impresa Assicurativa di
fronteggiare, oltre al costo dei sinistri avvenuti, anche le spese di gestione con i soli Premi
Puri. Detta condizione afferma, quindi, che il Premio fatto pagare all’assicurato deve
risultare almeno pari o superiore alla somma del Premio Puro, del Risk Margin e dei
Caricamenti per Spese. Il Premio Puro serve per far fronte ai costi attesi dai Sinistri, i
Caricamenti alle Spese di Acquisizione e alle altre Spese di Gestione. Il Risk Margin serve
per fronteggiare la normale aleatorietà dei sinistri e garantire un’equa remunerazione del
Capitale Investito.
Una parte dei Premi incassati deve essere accantonata per far fronte ai futuri costi per
sinistri e alle future spese di gestione. Questi accantonamenti sono denominati Riserve
Tecniche e, secondo la Condizione di Riservazione, esse devono essere sufficienti in ogni
momento a fronteggiare i futuri costi per sinistri e le future spese di gestione.
Le prime tre condizioni non sono, però, sufficienti. Ѐ vero, infatti, che con l’avanzare del
tempo, quasi certamente l’Impresa Assicurativa incorrerà in un sinistro particolarmente
“oneroso”. Per fronteggiare situazioni di questo genere è richiesto alle Imprese Assicurative
di disporre di risorse patrimoniali adeguate e sufficienti ad evitare l’insolvenza. Tale
condizione è detta di Solvibilità.
Il Bilancio delle Imprese di Assicurazione
Il Bilancio delle Imprese Assicurative è caratterizzato da peculiarità gestionali. Ad esso non
si applicano ancora gli IAS/IFRS, a meno che non si tratti di Gruppi Assicurativi obbligati a
redigere un Bilancio Consolidato. Il Bilancio di Esercizio si compone di tre documenti
fondamentali: lo Stato Patrimoniale, il Conto Economico e la Nota Integrativa. Esso è
preceduto dalla Relazione di Gestione degli Amministratori ed ha una struttura obbligatoria
rigidamente stabilita da un regolamento Isvap.
L’Attivo è quasi interamente costituito da Investimenti Finanziari, realizzati in parte con i
Premi incassati, in parte con le risorse patrimoniali degli azionisti. Il Passivo è in buona
parte costituito dagli accantonamenti necessari a far fronte agli impegni sui Contratti
Assicurativi (Riserve Tecniche) e, per la differenza tra Attività e Passività, dal Patrimonio
Netto. Gli Investimenti Finanziari che eccedono le Riserve Tecniche sono detti Investimenti
Liberi, mentre i rimanenti sono denominati Investimenti a Copertura delle Riserve
Tecniche.
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Nei Rami Danni vi sono due principali Riserve Tecniche: la Riserva Sinistri,
accantonamento che fronteggia il costo di sinistri già verificati e non ancora liquidati, e la
Riserva Premi, accantonamento dedicato a fronteggiare il costo di sinistri non ancora
avvenuti.
Nei Rami Vita la principale Riserva Tecnica è denominata Riserva Matematica ed esprime
il valore dei servizi assicurativi ancora da prestare all’assicurato (al netto dei Premi non
ancora ricevuti dallo stesso). Può essere assimilata ad una Riserva Premi.
Il Conto Economico determina l’Utile o la Perdita d’Esercizio come differenza tra Ricavi e
Costi. I tipici Ricavi di un’Impresa Assicurativa derivano dai Premi incassati e dagli Utili da
Investimenti, mentre i tipici Costi sono rappresentati da quelli sostenuti per il risarcimento
dei sinistri e dalle spese di gestione (divise tra spese di acquisizione e altre spese di
gestione). Il Conto Economico di un’Impresa Assicurativa si configura diversamente a
seconda che si tratti di Ramo Danni o di Ramo Vita. In definitiva, esso è composto da tre
prospetti in forma scalare: il Conto Tecnico dei Rami Danni, il Conto Tecnico dei Rami
Vita ed il Conto non Tecnico.
Il primo determina il Risultato Tecnico del Ramo Danni mediante somma algebrica tra
Premi di Competenza, Oneri per i sinistri, Spese di Gestione e Utili da Investimenti riferiti
ad Investimenti a Copertura delle Riserve Tecniche del Ramo Danni.
Il secondo determina il Risultato Tecnico del Ramo Vita mediante somma algebrica tra
Premi Contabilizzati, Utili da Investimenti riferiti ad Investimenti a Copertura delle Riserve
Tecniche del Ramo Vita, Oneri per i sinistri, variazione delle Riserve Matematiche e Spese
di Gestione.
I Risultati Tecnici dei due Rami si sommano algebricamente agli Utili da Investimenti
riferiti ad Investimenti Liberi e alle Imposte dell’Esercizio, determinando così l’Utile o la
Perdita d’Esercizio.
Capitolo 6 – La Regolamentazione degli Intermediari e dei
Mercati Finanziari
Obiettivi della Regolamentazione
Un malfunzionamento dei Mercati piuttosto che la crisi o il dissesto di uno o più
Intermediari Bancari, comporterebbe l’interruzione nell’offerta dei servizi finanziari e
genererebbe enormi costi a livello sociale e di impatto sull’economia. In particolare il
Market Failure può comportare il blocco delle transazioni con conseguente impossibilità di
scambiare i fondi. Il fallimento di un Intermediario Bancario, invece, determina la
contrazione (a causa dell’effetto moltiplicatore) del Credito disponibile alle Imprese e, per
quanto riguarda i risparmiatori, una perdita parziale o integrale dei depositi. L’eventuale
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coinvolgimento nel dissesto di più banche (Effetto Contagio) mina la fiducia dei
risparmiatori nella moneta bancaria e può portare ad una generalizzata corsa agli sportelli.
La Regolamentazione e la Vigilanza degli Intermediari mirano ad evitare il verificarsi di
queste situazioni, perseguendo la Stabilità degli operatori a tutela del pubblico Risparmio.
Questa difesa della pubblica fiducia nelle attività degli Intermediari e nella Moneta Bancaria
è la principale giustificazione alla regolamentazione degli Intermediari stessi. La Stabilità
viene perseguita sia a livello Micro (il singolo intermediario) che a livello Macro-
Economico (l’intero Sistema) definendo le regole prudenziali e il contesto strutturale per
una sana e prudente gestione. Tali regole vertono sulla valutazione del Profilo di Rischio
delle attività esercitabili e sulla definizione di un Capitale Minimo che gli Intermediari
devono detenere a fronte dei rischi sostenuti.
Cause del Malfunzionamento degli Intermediari
Le cause generanti un malfunzionamento degli Intermediari (con possibile rischio di crisi
del sistema finanziario) sono dovute alla combinazione di due fattori: Attività di Asset
Trasformer unita ad un alto Leverage e all’Opacità del Profilo di Rischio
dell’Intermediario in un contesto di Asimmetrie Informative. Il primo fattore nasce dal
fatto che l’Intermediario concede Prestiti a Lungo Termine, a fronte di Depositi richiamabili
a vista, provvedendo a generare intrinsecamente una situazione instabile. Come se non
bastasse, può capitare che dei clienti richiedano il rimborso di un prestito e la Banca non
abbia temporaneamente liquidità per soddisfarli. A causa delle Asimmetrie Informative, detti
clienti non sono orientati a pensare ad una temporanea illiquidità dell’Intermediario, quanto
piuttosto sono indirizzati al pensiero che lo stesso sia in una situazione di Insolvibilità. Se a
questo si aggiunge la presenza di Rumor (negativi) riguardanti l’Intermediario, complice il
meccanismo First-Come First-Served (secondo il quale i depositi vengono rimborsati in
ordine cronologico di richiesta), i depositanti daranno inizio ad una corsa agli sportelli, per
evitare di rimanere con un deposito che non ha valore. Tutto ciò comporterebbe, inoltre, la
dismissione anticipata di attività finanziare da parte dell’Intermediario (con annesso
Sconto), che andrebbe ad incidere ancor di più sulla solvibilità dello stesso.
I Modelli di Vigilanza
L’attività di Vigilanza si scinde in diversi tipi.
La Vigilanza Istituzionale, anche detta “per soggetti” o “per Istituzioni”, prevede la
presenza di un’Autorità Normativa per ciascuna categoria di Operatore Finanziario.
Utilizzando, quindi, la classica suddivisione del Sistema Finanziario vi saranno tre
Organismi Regolamentari: per gli Intermediari Bancari, per il Mercato Finanziario e per le
Assicurazioni. A queste, di solito, se ne aggiunge un quarto, cui vengono affidati compiti in
materia di Concorrenza (Antitrust).
La Vigilanza per Attività, con la quale si assegna ad ogni Attività di Intermediazione
un’Autorità Regolamentare e di Controllo. Questo tipo di Vigilanza garantisce condizioni di
parità concorrenziali, evitando il problema della Cattura del Regolatore che si può verifica
con la Vigilanza Istituzionale. Detto problema consiste nell’incapacità del Regolatore di
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evitare situazioni di Collusione con un Intermediario avente una ampia quota di mercato,
eventualità che porta l’azione del Regolatore ad essere guidata di interessi corporativi.
Questo tipo di Vigilanza può portare a duplicazione di controlli e a presenza di più
Organismi Regolamentari sullo stesso soggetto.
La Vigilanza per Finalità, mediante cui ad ogni Autorità viene assegnato un preciso
obiettivo da perseguire (stabilità, efficienza, trasparenza, concorrenza), e l’Attività
Normativa e di Controllo viene svolta in maniera trasversale su tutti gli Operatori. Uno dei
maggiori difetti di questo modello è la non sempre chiara attribuzione delle competenze, in
relazione alle finalità da perseguire. Ciò potrebbe causare dei Vuoti Normativi.
La Vigilanza per Funzioni non ha mai trovato applicazione nella realtà per le difficoltà
oggettive che presuppone. Essa assume che al Sistema Finanziario sono attribuite alcune
funzioni economiche meno suscettibili a modifiche rispetto agli Operatori e alle Autorità
Regolamentari. Sostiene, quindi, che si dovrebbero regolamentare queste Funzioni e non gli
Operatori.
Finalità della Norma di Vigilanza
La Vigilanza, in base alla finalità della norma che la dispone, si divide in Vigilanza
Strutturale e Vigilanza Prudenziale.
La Vigilanza Strutturale consiste nel complesso di norme che delineano la morfologia del
Sistema Finanziario, definendone estensione e numero di soggetti che vi operano.
I principali ambiti in campo strutturale sono:
le Condizioni di Entrata nel Mercato;
• le Tipologie di Attività che gli Intermediari possono svolgere;
• gli Assetti Organizzativi e Proprietari degli operatori;
• gli Interventi Amministrativi sulle Quantità e sui Prezzi praticati agli Intermediari.
•
La Vigilanza Prudenziale riguarda i principali criteri di gestione cui gli Operatori devono
attenersi, volti a limitare e monitorare i Rischi assunti nell’Esercizio della loro attività. Le
“regole del gioco” sono definite ex-ante e conosciute da tutti gli Operatori. Esse possono
rappresentare vincoli e/o opportunità per gli Intermediari nel raggiungimento del proprio
Equilibrio Economico, Patrimoniale e Finanziario. I controlli di matrice prudenziale
possono essere ricondotti a tre fattispecie:
le Norme in materia di Riduzione del Livello di Rischio Complessivo, applicate
• alle principali voci di Bilancio e, in primis, al Patrimonio.
l’Adeguatezza della Struttura Organizzativa e dei Controlli Interni.
• il Rispetto dei Requisiti in materia di Onorabilità, Professionalità ed Esperienza
• per coloro che svolgono Funzioni di Amministrazione e Direzione.
Gli interventi di Vigilanza si suddividono in Ex-Ante ed Ex-Post. I primi comprendono
tutte le norme di natura Strutturale e Prudenziale, mentre i secondi si riferiscono agli
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strumenti utilizzati al verificarsi di situazioni di crisi dell’Intermediario e coincidono
all’incirca con le disposizioni di Vigilanza Protettiva.
Attività Svolta dalle Autorità di Controllo
In base alle Azioni compiuta dagli Organismi di Controllo, la Vigilanza si divide in:
Vigilanza Regolamentare, complesso delle azioni di definizione dei principi
• fondamentali di vigilanza, recepiti dagli Organismi di Controllo e da essi trasformati
in Legislazione Secondaria rivolta a tutti gli Intermediari, che dovranno uniformarsi
ad essa;
Vigilanza Informativa, insieme dei provvedimenti volti a limitare le Asimmetrie
• Informative tra Intermediari e Organismi di Controllo. Attraverso le informazioni
fornite le Autorità di Vigilanza possono verificare la regolarità della gestione e il
contenimento del grado di rischio;
Vigilanza Ispettiva, complesso delle attività di controllo diretto nella sede
• dell’Intermediario, volte a reperire informazioni difficilmente estrapolabili dai
resoconti periodici inviati dagli Intermediari stessi alle Autorità di Controllo.
Autorità di Regolamentazione Nazionale
L’ordinamento italiano in materia economica si fonda su quattro testi legislativi principali:
TUB (Testo Unico Bancario d. lgs. 385/1993), che regolamenta l’Attività di
• Intermediazione svolta da Banche ed altri Intermediari Creditizi non Bancari;
TUF (Testo Unico della Finanza d. lgs. 58/1998), che detta disposizioni in materia
• di Attività di Intermediazione Mobiliare, prestazione dei servizi di investimento e
funzionamento dei Mercati Mobiliari;
CAP (Codice delle Assicurazioni Private d. lgs. 209/2005), che disciplina l’Attività
• Assicurativa sia nel Ramo Vita, sia nel Ramo Danni;
la Normativa in materia di Forme Pensionistiche Complementari (d. lgs.
• 252/2005), che regolamenta i fondi pensione.
Vi sono inoltre due Organismi che svolgono una funzione di raccordo tra gli Organi
Legislativi: il CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio) e il MEF
(Ministero dell’Economia e delle Finanze).
Le Autorità di Vigilanza vere e proprie sono cinque:
Banca d’Italia, cui compete principalmente la stabilità e il buon funzionamento del
• Sistema Finanziario, assicurando una “sana e prudente gestione” da parte degli
Intermediari, una stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del Sistema
Finanziario. Per “sana” si intende in grado di raggiungere obiettivi di redditività,
mentre per “prudente” si intende comprensiva di misure di contenimento del rischio
complessivo assunto e di sistemi di monitoraggio dello stesso.
35 CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa), che si occupa di
• assicurare trasparenza, completezza delle informazioni da parte di tutti i soggetti
emittenti strumenti finanziari rivolti al pubblico, correttezza degli Operatori nella
prestazione dei servizi di Investimento, nonché un corretto ed efficiente
funzionamento dei Mercati Mobiliari.
AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), cui è affidato il
• compito di garantire un adeguato livello di Concorrenza nel Mercato, in modo da
assicurare condizioni più favorevoli (in termini di prezzi e quantità) per gli utenti dei
servizi finanziari. Ha anche l’incarico di garantire Libertà di Impresa e di Accesso al
Mercato.
ISVAP (Istituto per la Vigilanza delle Assicurazioni Private), cui sono assegnati
• compiti analoghi a quelli di Banca d’Italia e CONSOB, ma solo per quanto riguarda
le Imprese di Assicurazione.
COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), che ha la funzione di
• autorizzare i fondi pensione all’esercizio dell’attività e di garantirne la correttezza
nella gestione e nell’amministrazione, oltre ad assicurare la trasparenza tra detti fondi
pensione e i soggetti aderenti.
Capitolo 7 – Profili di Vigilanza: l’Esperienza Italiana
Le Autorità Regolamentari e di Vigilanza in Italia
Nello Stato Italiano la Vigilanza del Sistema Finanziario è affidata ai suddetti Organismi,
che ricevono la normativa destinata agli Intermediari da due Istituzioni: il CICR e il MEF.
Il CICR si vede attribuire, dal TUB, l’Alta Vigilanza in materia di Credito e tutela del
Risparmio. Le delibere del CICR riguardano la regolamentazione dell’Attività Bancaria e
degli altri Intermediari Finanziari, oltre alla trasparenza delle condizioni contrattuali delle
operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Esso è composto dal Ministro dell’Economia,
che lo presiede, e da altri Ministri con competenze economiche. Alle riunione partecipa,
senza diritto di voto, il Governatore della Banca d’Italia. 36
Il MEF ha competenze autonome, principalmente di carattere normativo, sia nel mercato
bancario e finanziario, sia in quello mobiliare. A titolo di esempio, definisce i requisiti di
onorabilità dei partecipanti al Capitale degli Intermediari e i requisiti di onorabilità,
professionalità e indipendenza degli esponenti aziendali dei soggetti vigilati. Può, inoltre,
identificare nuove categorie di strumenti finanziari, servizi di investimento e servizi
accessori da disciplinare.
Per gli Organismi di Vigilanza (Banca d’Italia, CONSOB, AGCM, ISVAP e COVIP) fare
riferimento al Cap. 6.
Gli Interventi di Vigilanza Strutturale
Gli Interventi di Vigilanza Strutturale trovano applicazione in alcuni specifici ambiti, quali:
la Definizione di Attività Bancaria e le Condizioni per il suo Esercizio;
• il Controllo degli Aspetti Proprietari e Organizzativi degli Intermediari;
• le Modifiche dello Statuto e le Operazioni Straordinarie sul Capitale;
• lo Svolgimento dell’Attività Bancaria Fuori Sede e all’Esterno dei Confini
• Nazionali.
Il primo ambito riguarda semplicemente il dovere della Banca d’Italia di accertare i requisiti
minimi richiesti per la costituzione di una Banca che abbia una sana e prudente gestione. A
seguito di questa verifica, se ha esito positivo, la Banca d’Italia concede all’Intermediario
l’autorizzazione ad operare come “Banca”.
Il secondo ambito riguarda la prevenzione di conflitti di interessi tra gli azionisti della
Banca e la Banca stessa. Per evitare questa eventualità le Autorità di Vigilanza dettano
disposizioni che garantiscano autonomia di giudizio e assicurino una sana e prudente
gestione dell’Intermediario, regolamentando, da un lato, l’assunzione di partecipazioni nel
capitale delle Banche e, dall’altro, disciplinando le partecipazioni che le Banche possono
assumere.
Il terzo ambito fa riferimento al compito di accertamento, assegnato alla Banca d’Italia,
sullo Statuto degli Intermediari Finanziari (strumento che disciplina i rapporti tra soci e
terzi), atto ad evitare comportamenti lesivi della sana e prudente gestione. Per assolvere a
questo dovere, la Banca d’Italia ha il potere di richiedere la rimozione o la riformulazione di
norme statutarie che possono ostacolare i suoi controlli. Lo stesso discorso vale per le
Operazioni Straordinarie sul Capitale, come Fusioni, Scissioni, etc. L’intervento
dell’Autorità di Vigilanza avviene prima dell’avvio del procedimento civilistico, in modo da
poter evitare, di fatto, delle situazioni di gestione instabile.
L’ultimo ambito ha come punto centrale l’Attività Bancaria Fuori Sede o all’Esterno dei
Confini Nazionali. Il TUB accoglie la possibilità per le Banche di stabilire liberamente le
proprie filiali nei paesi dell’Unione Europea. Per quanto riguarda l’apertura di filiali in Paesi
esterni all’UE, si necessita di un’autorizzazione speciale della Banca d’Italia. Essa ha,
inoltre, la facoltà di vietare o sospendere l’operazione per ragioni riconducibili
37
all’adeguatezza delle strutture organizzative o alla situazione finanziaria, economica e
patrimoniale della Banca e/o del Gruppo Bancario di appartenenza.
Gli Interventi di Vigilanza Prudenziale
La variabile chiave di tutta la normativa prudenziale è costituita dal Patrimonio di
Vigilanza, costituente il primo presidio a fronte dei molteplici rischi dell’Attività Bancaria.
Ѐ proprio il Patrimonio di Vigilanza il punto di riferimento per tutte le valutazioni poste in
essere dall’Organo di Vigilanza in merito alla stabilità dei singoli Intermediari Creditizi.
Tuttavia, detto Patrimonio (introdotto con Basilea 1) non è sufficiente a garantire stabilità
ed efficienza. Si è pensato, quindi, di migliorare la gestione del Rischio da parte degli
Intermediari Creditizi, formulando Tre Pilastri (Basilea 2).
Il Primo Pilastro conferma la necessità del Patrimonio di Vigilanza, ma riconosce l’esistenza
di altri Rischi, non riconosciuti da Basilea 1 (come il Rischio Operativo) e prevede
metodologie di calcolo alternative per i requisiti patrimoniali.
Il Secondo Pilastro impone alle Banche di dotarsi di una strategia e di un processo di
controllo dell’adeguatezza patrimoniale attuale e prospettica (ICAAP). Inoltre affida
all’Autorità di Vigilanza il compito di riesaminare e valutare i risultati ottenuti dall’ICAAP
(SREP), applicando le dovute manovre correttive, se necessario.
Il Terzo ed ultimo Pilastro introduce obblighi di Informativa al Pubblico per quanto riguarda
l’adeguatezza patrimoniale, l’esposizione ai rischi, etc.
La recente crisi finanziaria ha portato a dover rivisitare gli argomenti di Basilea 2. Gli
accordi di Basilea 3 introducono azioni di miglioramento della qualità del Patrimonio di
Vigilanza e riconoscono ulteriori rischi, fino a quel momento non ancora considerati. La
qualità del Patrimonio di Vigilanza viene migliorata ricomponendo il Capitale delle Banche
a favore di Azioni Ordinarie e Riserve di Utili (Common Equity) e adottando criteri più
stringenti per la computabilità di altri strumenti di Capitale.
Il Patrimonio di Vigilanza è composto dal Patrimonio di Base, ammesso nel calcolo senza
limitazioni, e dal Patrimonio Supplementare, ammesso nel limite massimo del Patrimonio
di Base. Dalle rispettive somme vengono detratte, per il 50% da una e per il 50% dall’altra,
le Partecipazioni, gli Strumenti Innovativi e non Innovativi di Capitale, gli Strumenti Ibridi
di Patrimonializzazione, le Passività Subordinate, etc. Inoltre vi sono dei Limiti di
Computabilità, in particolare:
gli Strumenti Innovativi e non Innovativi di Capitale con scadenza contrattuale non
• possono superare il 15% del Patrimonio Base al lordo delle deduzioni;
fermo restando il punto precedente, gli Strumenti Innovativi e non Innovativi di
• Capitale non possono eccedere il 35% del Patrimonio di Base al lordo delle
deduzioni.
Fermo restando i punti precedenti, gli Strumenti Innovativi e non Innovativi di
• Capitale per i quali sia contrattualmente prevista la conversione in azioni in via
automatica o su richiesta della Banca d’Italia, sono computabili fino al 50% del
Patrimonio di Base al Lordo delle deduzioni. 38
le Passività Subordinate sono computate nel Patrimonio Supplementare entro un
• limite massimo pari al 50% del Patrimonio di Base al lordo delle deduzioni.
I Coefficienti di Rischiosità
Le Banche e i Gruppi Bancari sono tenuti a rispettare un Requisito Patrimoniale Minimo
Complessivo, a presidio dei Rischi Operativi e di Immobilizzazione Finanziaria: esso è dato
dalla somma dei Requisiti Patrimoniali a fronte del Rischio di Solvibilità, dei Rischi di
Mercato e di quelli relativi a immobili e partecipazioni assunti per il recupero crediti.
Il Rischio di Solvibilità rappresenta il “Rischio Tipico” dell’Attività Creditizia, essendo
riferito alla possibilità che la controparte non onori il debito che ha contratto. Basilea 1 ha
introdotto il calcolo del Requisito Patrimoniale a fronte del Rischio di Credito. Esso
prevedeva che il rapporto tra Patrimonio di Vigilanza e il complesso delle Attività (in
Bilancio e Fuori Bilancio) ponderate con il Rischio di Insolvenza del debitore fosse almeno
dell’8%. Tuttavia, con Basilea 2, vengono introdotte due nuove metodologie di
valorizzazione dell’Attivo ponderato: il Metodo Standard e il Metodo basato sui Rating
Interni (IRB).
Il Primo metodo prevede l’applicazione di coefficienti di ponderazione sulla base di
parametri stabiliti da soggetti esterni all’Intermediario, come Agenzie Esterne di Valutazione
del Merito Creditizio o Agenzie di Credito alle Esportazioni. Tali soggetti vengono
riconosciuti dalla Banca d’Italia, previa verifica dei requisiti riguardanti sia la metodologia
per la definizione dei giudizi, sia le valutazioni che ne conseguono.
Mediante il secondo metodo, invece, le Banche elaborano una propria strategia che permetta
loro di stimare la Probabilità di Insolvenza (Default) di un determinato soggetto in un dato
orizzonte temporale, in modo da assegnare a ciascuno un Rating. Tale metodo può essere
applicato mediante due approcci: Approccio di Base e Approccio Avanzato. L’utilizzo del
metodo IRB deve sempre essere sottoposto a verifica e validazione della Banca d’Italia. Gli
elementi importanti nella definizione dei Rating sono:
Probabilità di Default (PD), ossia la probabilità che il debitore passi allo stato di
• Default entro un anno;
Tasso di Perdita in caso di Default (LGD), ossia il valore atteso del rapporto tra la
• perdita a causa del Default e l’importo dell’esposizione al momento del Default, in
termini percentuali;
Esposizione al momento del Default (EAD), ossia il valore delle Attività di Rischio
• e per Cassa Fuori Bilancio;
Scadenza (M), ossia la Media delle durate residue contrattuali dei pagamenti,
• ciascuna ponderata per il relativo importo.
Per quanto riguarda i metodi IRB, nell’Approccio di Base le Banche utilizzano proprie
stime di PD, lasciando all’Autorità di Vigilanza le stime degli altri parametri, mentre
nell’Approccio Avanzato, esse utilizzano stime proprie per tutti i parametri suddetti.
39
Il Rischio di Mercato e il Rischio Operativo
Il Rischio di Credito è senza dubbio fondamentale per la misurazione della solvibilità
bancaria, tuttavia altri tipi di Rischio minacciano l’attività Creditizia, in particolare: il
Rischio di Mercato e il Rischio Operativo.
I seguenti Rischi rientrano nel Rischio di Mercato e sono identificati (e il loro trattamento
disciplinato) dalla normativa:
Rischio di Posizione, che consiste nel rischio di oscillazioni di valore degli strumenti
• finanziari negoziati a causa dell’andamento generale del Mercato (Rischio Generico)
o della particolare situazione dell’emittente (Rischio Specifico);
Rischio di Regolamento, legato alla transazione in Titoli, si manifesta quando alla
• scadenza del contratto la controparte non adempie l’obbligazione contrattuale.
Rischio di Concentrazione, rischio in cui possono incorrere le Banche superano il
• limiti individuale di fido.
Rischio di Cambio, ovvero rischio di subire Perdite a causa di variazioni negative
• dei corsi delle Valute.
Rischio di Posizione su Merci, riguardante le posizioni su merci connesse ad attività
• e passività in Bilancio e Fuori Bilancio.
Il Rischio Operativo rappresenta il rischio di subire perdite derivanti dall’inadeguatezza o
dal malfunzionamento di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi
esogeni.
La Vigilanza Informativa
La Vigilanza Informativa consiste nel monitoraggio, da parte della Banca d’Italia,
dell’attività di gestione delle Banche mediante Segnalazioni Periodiche. Esse
rappresentano un rilevante e costante flusso di informazioni che le banche trasmettono
all’Autorità di Vigilanza, allo scopo di identificare tempestivamente eventuali situazioni di
difficoltà e prevenirle. Il nucleo centrale della Vigilanza Informativa è rappresentato dalla
Matrice dei Conti, un sistema di segnalazioni periodiche di tipo statistico-contabile,
utilizzate per realizzare analisi di natura patrimoniale, reddituale, di controllo della liquidità,
della rischiosità etc. Un ruolo fondamentale è ricoperto dall’invio del Bilancio d’Esercizio
completo in tutte le sue parti.
La Vigilanza Ispettiva
La Vigilanza Ispettiva integra e completa quella Informativa, consentendo la verifica e
l’approfondimento dei dati segnalati. Le ispezioni vengono condotte periodicamente, per
verificare le modifiche subite nelle strategie e nei processi decisionali nel corso del tempo.
In caso le circostanze lo richiedano, ovviamente, accertamenti straordinari possono essere
disposti in ogni momento. Le ispezioni possono avere carattere generale, se orientate alla
verifica delle gestione complessiva dell’Ente Creditizio, o settoriale, se mira ad accertamenti
su determinate Aree Operative. 40
Capitolo 8 – I Mercati
La Natura dei Mercati e il loro Efficiente Funzionamento
Il Mercato Finanziario è il luogo in cui avviene il trasferimento di mezzi finanziari da UiS a
UiD. Tale trasferimento può avvenire in maniera diretta o in maniera indiretta, tramite un
intermediario. I mercati per poter funzionare necessitano di strutture operative più o meno
complesse e di Intermediari che agevolano l’emissione e la futura negoziazione di strumenti
finanziari. Gli Intermediari intervengono, quindi, sia nel Mercato Primario, mercato dove si
negoziano strumenti finanziari di prima emissione, sia nel Mercato Secondario, mercato
dove vengono negoziati strumenti finanziari emessi in precedenza. A questo punto è
evidente la funzione di Finanziamento del Mercato Primario nei confronti degli Emittenti di
strumenti finanziari, e quella di favorire la Liquidità di tali strumenti da parte del Mercato
Secondario. Le modalità più frequenti di emissione sono rappresentate da Aste,
Collocamento dei Titoli mediante Consorzi Finanziari appositamente Costituiti e Aumento
di Capitale Sociale per emissione di nuove Azioni. Per quanto riguarda il Mercato
41
Secondario, invece, si può effettuare fin da subito una macro-divisione tra Mercati
Regolamentati e Mercati non Regolamentati. Concentrandosi sulla struttura operativa e
sull’organizzazione dei Mercati Secondari, si nota come la teoria economica tenda a
valutare un Mercato in termini di Perfezione ed Efficienza.
Un Mercato si definisce “Perfetto” quando tutti i soggetti che vi operano dispongono di
informazioni omogenee, ovvero quando nessun soggetto ha a disposizione più informazioni
di un qualsiasi altro soggetto. L’informazione costituisce, quindi, il presupposto
fondamentale sul quale si basa l’attivazione delle negoziazioni. Tuttavia, nella realtà, è
pressoché impossibile parlare di Mercati Perfetti, in quanto esiste una distribuzione non
uniforme delle informazioni, detta Asimmetria delle Informazioni. Ciò avviene perché
non tutti i soggetti sono disposti a sostenere determinati costi al fine di ottenere il complesso
delle informazioni disponibili. Il mancato presupposto per la perfezione del Mercato porta a
valutare quest’ultimo in termini di Efficienza, a sua volta distinta in Efficienza Valutativa
ed Efficienza Informativa.
Un Mercato dispone di Efficienza Valutativa se i Prezzi degli strumenti finanziari che in
esso si formano corrispondono al valore intrinseco degli strumenti stessi, ovvero al loro
rendimento nel lungo periodo.
Per quanto riguarda l’Efficienza Informativa, invece, essa non viene raggiunta quando i
Prezzi degli strumenti finanziari negoziati corrispondono al valore intrinseco dello
strumento in questione, ma piuttosto quando i Prezzi si formano sulla base delle
informazioni possedute in riferimento agli strumenti stessi, quindi sulle aspettative che gli
operatori hanno sull’evoluzione futura di detti strumenti. Pertanto, al variare delle
informazioni, varieranno anche le aspettative degli operatori e, di conseguenza, i Prezzi. Il
Mercato risulta perfettamente Efficiente dal punto di vista Informativo quando per un
investitore, a parità di informazioni, è impossibile conseguire dal proprio investimento
performance superiore a quelle degli altri operatori.
Si distinguono tre diverse forme di Efficienza Informativa sul Mercato: Efficienza in forma
Debole, Efficienza in forma Semi-Forte, Efficienza in forma Forte.
La prima riguarda l’impossibilità di un investitore di ottenere performance migliori degli
altri operatori con la sola conoscenza delle informazioni passate sui Prezzi e sul Volume
degli Scambi in quel Mercato.
La seconda si manifesta quando il livello di informazione in base al quale gli investitori
formulano le proprie aspettative è dato dalla somma di tutte le informazioni di dominio
pubblico, ovvero quando i Prezzi degli strumenti finanziari tengono conto anche delle
informazioni sul quadro macroeconomico generale e/o sulla situazione di ciascun singolo
Emittente.
L’ultima presuppone che gli investitori tengano conto, nella formulazione delle proprie
aspettative, di tutte le informazioni possibili, anche di quelle a disposizione di coloro che
conoscono maggiormente l’effettiva situazione economico-finanziaria dell’Emittente
(Insiders). In tale concetto il Set di informazioni deve essere il più ampio possibile e
nessuno deve avere informazioni in quantità o di qualità superiore agli altri. 42
Requisiti di Efficienza di un Mercato
Il perseguimento delle condizioni di efficienza richiede la presenza di due elementi
fondamentali, quali: Requisiti di Efficiente Funzionamento Organizzativo del Mercato e
Struttura Organizzativa che Massimizzi il suo Efficiente Funzionamento. In riferimento
ai primi, la letteratura li identifica nei concetti di Spessore, Ampiezza ed Elasticità.
Lo Spessore è un requisito che prevede la presenza di ordini di Acquisto o Vendita di
strumenti finanziari a Prezzi prossimi a quelli negoziati in un determinato istante. Un
Mercato dotato di Spessore garantisce a tutti gli investitori la conoscenza immediata delle
condizioni di Domanda e Offerta di strumenti finanziari, oltre alla possibilità di operare
altrettanto istantaneamente.
Il requisito di Ampiezza è presente in un Mercato se, fermo restando lo Spessore, gli importi
negoziati sono consistenti.
Un Mercato si definisce “Elastico” se, al manifestarsi di fluttuazioni di Prezzi, causanti
squilibri temporanei tra Domanda ed Offerta , esso riesce ad attirare un gran numero di
nuovi ordini, che siano di Acquisto o di Vendita.
Modalità di Organizzazione di un Mercato per lo Scambio
Sono identificabili quattro modalità di Organizzazione di un Mercato per lo Scambio:
Mercato a Ricerca Autonoma
• Mercato di Broker
• Mercato di Dealer
• Mercato ad Asta
•
Il Mercato a Ricerca Autonoma è la forma organizzativa più elementare in quanto sono i
singoli investitori ad andare in cerca della controparte, sostenendo tutti i costi (Informativi e
di Transazione). Data l’assenza di un Intermediario, in caso la negoziazione dovesse andare
a buon fine, queste quasi certamente non verrebbe effettuata a condizioni di Prezzo ottimali.
Ѐ vero, infatti, che i costi in termini di Tempo e Risorse Monetarie sostenuti dall’investitore,
potrebbero portarlo a scegliere la controparte che gli offre il Prezzo migliore tra quelli da lui
conosciuti, che spesso non coincide (anzi dista molto) con il miglior Prezzo disponibile sul
Mercato.
Nel Mercato dei Broker intervengono determinati Intermediari (i Broker, appunto) che,
dietro pagamento di una Commissione, si occupano di ricercare la controparte in vece
dell’investitore. I Broker incassano la propria remunerazione soltanto a investimento
concluso, fatto che li porta ad operare soltanto in Mercati con rilevante presenza del Volume
delle Negoziazioni, in modo da poter ottenere con più facilità un flusso di Commissioni che
copra i costi sostenuti per la loro attività di ricerca. I Broker, inoltre, non garantiscono
l’esecuzione dell’ordine, ma solo la ricerca dell’eventuale controparte. Questa circostanza
rende incerto, per i Broker stessi, l’incasso delle Commissioni, mentre per gli Investitori, la
conclusione della negoziazione. Tutto questo porta alla conclusione che i Broker sono
incentivati ad operare in Mercati con ampi flussi di ordini di Compravendita, per coprire i
43
costi, e in cui è possibile predisporre strutture organizzative e modalità operative in grado di
raggiungere il maggior numero di potenziali controparti. La qualità dei Prezzi è migliore
rispetto al Mercato a Ricerca Autonoma, ma ancora non è ottimale in quanto si tratta di una
trattazione bilaterale.
Il Mercato dei Dealer è caratterizzato da Intermediari (appunto, Dealer) che si pongono
come contropartita diretta del soggetto acquirente/venditore. Il Dealer acquista da chi
intende vendere Titoli, per poi rivendere a chi intende comprarli. Esso propone due
differenti Prezzi: uno, più basso, al quale è disposto ad acquistare ed uno, più alto al quale è
disposto a vendere. La differenza tra i due Prezzi prende il nome di Spread Denaro-Lettera
e rappresenta la remunerazione per il Rischio connesso al mantenimento degli strumenti
finanziari, nonché il Ricavo del Dealer. In caso di aumento del Rischio degli strumenti
finanziari detenuti, il Dealer ha la facoltà di incrementare lo Spread Denaro-Lettera,
evidenziando, però, una sua maggiore incertezza circa la futura negoziabilità dello
strumento stesso. In un Mercato di Dealer, di solito, i Prezzi sono proposti da più Dealer in
concorrenza, mettendo l’acquirente/venditore nella posizione di scegliere quello con le
condizioni migliori. Accanto al Dealer, di solito, è presente un’altra figura, il Market
Maker, al quale viene affidato l’ulteriore compito di garantire continuativamente la
negoziabilità di determinati strumenti finanziari.
Il Mercato ad Asta si caratterizza per la sua attitudine a concentrare tutti gli ordini
provenienti dagli investitori permettendo la fissazione di un Prezzo espressione della
Domanda e dell’Offerta di Mercato in un determinato momento. Tale concentrazione può
avvenire sia fisicamente (in tal caso è necessario che gli operatori si riuniscano in un unico
luogo), sia telematicamente (in tal caso non è necessario un incontro fisico degli operatori).
Si possono individuare due tecniche d’Asta: l’Asta a Chiamata l’Asta Continua.
Con la prima, la fissazione del Prezzo avviene “chiamando” uno per uno i Titoli da
negoziare. Mediante questa procedure si ha una fissazione di un unico Prezzo in grado di
soddisfare quanta più Domanda e Offerta possibili. Il Prezzo così fissato si avvicina molto al
Prezzo Perfetto. L’Asta a Chiamata presenta due principali difetti, ovvero: la sua scarsa
attitudine a soddisfare gli ordini provenienti continuativamente dai soggetti intenzionati ad
acquistare o vendere, a causa del suo svolgimento in un unico momento, e la sua difficoltà
nel creare reali interazioni tra i partecipanti e tutti gli altri operatori, per cui non è agevole (o
addirittura impossibile), reagire con tempestività alle informazioni provenienti dal processo
di formazione del Prezzo in corso d’asta.
Con il meccanismo dell’Asta Continua vengono parzialmente rimossi tali difetti.
Svolgendosi in maniera continuativa (e non istantaneamente), infatti, la formazione del
Prezzo avviene ogniqualvolta si incrocino ordini di Acquisto e di Vendita. Tale
favoreggiamento dell’interazione tra partecipanti all’asta ed altri operatori viene accentuato
in caso di disponibilità di supporti telematici, che velocizzerebbero ulteriormente il tutto.
Tra gli svantaggi caratterizzanti questa modalità, il più rilevante è senza dubbio la mancanza
di un Prezzo unico che soddisfi per intero Domanda ed Offerta. Si hanno, infatti, più Prezzi
per ciascuno strumento finanziario, situazione che peggiora la qualità dei Prezzi ottenuti. 44
Trattandosi di un’evoluzione del Mercato dei Broker, anche il Mercato ad Asta non
garantisce la totale coincidenza tra Domanda ed Offerta degli strumenti finanziari ai relativi
Prezzi, cosa che invece avviene nel Mercato dei Dealer.
Il Mercato Regolamentato ed i Mercati Alternativi
Il Legislatore comunitario ha definito i concetti di Mercato Regolamentato e dei Mercati ad
esso Alternativi. In particolare, la direttiva Mifid ha definito da un lato il concetto di
Mercato Regolamentato, dall’altro due categorie di Mercati Alternativi: i Sistemi
Multilaterali di Negoziazione e gli Internalizzatori Sistematici.
Il Mercato Regolamentato si definisce un sistema multilaterale amministrato e/o gestito dal
Gestore di Mercato, che consente o facilita l’incontro, in base alle sue regole non
discrezionali, di interessi multipli di Acquisto o Vendita di Terzi di strumenti finanziari.
Esso deve dar luogo a Contratti giuridicamente vincolanti, aventi per oggetto lo scambio di
strumenti finanziari ammessi dalle negoziazioni (il Listino), e deve funzionare
regolarmente.
Il Sistema Multilaterale di Negoziazione (MTF) presenta molte caratteristiche in comune
con il Mercato Regolamentato. Le differenze si riscontrano nella possibilità degli MTF di
essere gestiti da Imprese di Investimento (cosa non possibile nei Mercati Regolamentati) e
nella definizione dei requisiti minimi necessari al loro funzionamento.
Gli Internalizzatori Sistematici sono piattaforme di negoziazione gestite da Intermediari
abilitati. A questi ultimi viene riconosciuta la possibilità di “internalizzare” gli ordini di
compravendita della clientela, eseguendoli in contropartita diretta senza indirizzarli verso gli
altri Mercati.
Principali Mercati Secondari in Italia
Diversi tipi di Mercati Regolamentati sono stati originati da due Società di Gestione del
Mercato: Borsa Italiana S.p.A. e MTS S.p.A.
La prima ha istituito e gestisce esclusivamente Mercati di strumenti finanziari al Dettaglio,
mentre la seconda ha istituito e gestisce tre Mercati di strumenti di debito all’ingrosso.
Per quanto riguarda i Mercati non Regolamentati, la differenza sostanziale riguarda la forma
di MTF o di Internalizzatori Sistematici.
Tra i principali Mercati Regolamentati italiani, istituiti da Borsa Italiana S.p.A. troviamo il
MTA e il MOT.
Il Mercato Azionario Telematico (MTA) accoglie negoziazioni di Azioni, Obbligazioni
Convertibili, Diritti di Opzione e Warrant di società italiane ed estere, con modalità
prevalentemente Order Driven (ovvero in cui i Prezzi degli strumenti negoziati
scaturiscono dai flussi di ordini di Compravendita). La seduta è organizzata secondo fasi di
Asta di Apertura, Negoziazione Continua e Asta di Chiusura. L’ammissione alla quotazione
sul MTA è disposta da Borsa Italiana S.p.A. sulla base di requisiti sia formali, che
sostanziali. All’interno del MTA è presente MTA International, un segmento dedicato ad
azioni di Emittenti di diritto estero dell’area Euro già negoziate in altri Mercati
Regolamentati.
45
Il Mercato Telematico delle Obbligazioni (MOT) è l’unico Mercato Regolamentato
italiano dedicato alla negoziazione aperta al pubblico retail di Titoli di Stato italiani ed
esteri, Obbligazioni Private, Titoli sovranazionali e Titoli originati da attività di
cartolarizzazione. Le negoziazioni avvengono prevalentemente con modalità Order Driven e
la seduta è organizzata secondo fasi di Asta di Apertura, Negoziazione Continua e Asta di
Chiusura. Il MOT si suddivide in due comparti:
DomesticMOT, sul quale sono negoziati i Titoli di Stato italiani, le Obbligazioni di
• Emittenti privati e Titoli di Enti Sovranazionali;
EuroMOT, sul quale sono negoziati Titoli di Stato Esteri, Prestiti di Enti
• Sovranazionali e Rare Obbligazioni emesse all’Estero da Società Italiane.
Tra i principali Mercati Regolamentati italiani, istituiti da MTS S.p.A. abbiamo il MTS e il
Mercato BondVision.
Il Mercato Telematico all’Ingrosso dei Titoli di Stato (MTS) è un mercato Quote Driven
(ovvero in cui i Prezzi degli strumenti negoziati vengono fissati dagli Intermediari ed,
eventualmente, accettati dai soggetti interessati alla Compravendita), sul quale sono
negoziati Titoli di Stato italiani ed esteri ad iniziativa dei cosiddetti Operatori Principali o
Primary Dealer (Banche italiane, comunitarie o extracomunitarie) che, su loro richiesta, si
impegnano a quotare in conto proprio continuativamente nella giornata Prezzi Denaro-
Lettera per importi minimi unitari di 2,5-5 milioni di Euro a valere su un certo numero di
Titoli. A questo mercato possono partecipare, in veste di utilizzatori finali, Banche italiane,
comunitarie, extracomunitarie nonché Imprese di Investimento, la Banca d’Italia e il MEF.
Il Mercato BondVision per la negoziazione via Internet all’Ingrosso di Titoli di Stato
(italiani ed esteri) ammette ad operare gli Intermediari autorizzati al servizio di
negoziazione in conto proprio, ma anche Imprese, Banca d’Italia, MEF, BCE, e altre Banche
Centrali dell’UE. 46
Capitolo 9 – Strumenti Finanziari ed Altre Attività di
Investimento
Gli Elementi Morfologici degli Strumenti di Debito
I Titoli di Debito (o Titoli Obbligazionari) sono espressione del Credito vantato dal loro
possessore nei confronti dell’Emittente, il quale si impegna ad erogare un Interesse a
cadenza periodica e a rimborsare il Debito ad una o più scadenze prefissate. Il Codice Civile
consente l’emissione di Prestiti Obbligazionari alle Società per Azioni e in Accomandita per
Azioni, alle Società Cooperative e a responsabilità Limitata. Per le S.p.A. è previsto un
limite all’emissione di Obbligazioni pari al doppio del Capitale Sociale, della Riserva
Legale e delle Riserve Disponibili, limite che può essere oltrepassato con la quotazione
della Società nel Mercato Regolamentato.
Il Regolamento di Emissione del Prestito è il documento dal quale è possibile venire a
conoscenza di tutte le informazioni riguardanti le caratteristiche del Prestito stesso. Se in
base al Regolamento le caratteristiche tecniche del Prestito risultano fisse si avrà un Prestito
ad Elementi Fissi, se invece il Regolamento detta i criteri sui quali basare la modifica di
dette caratteristiche si avrà un Prestito ad Elementi Variabili. In particolare, nel secondo
caso, si distinguono: Prestiti a Tasso Variabile, Prestiti a Prezzo di Rimborso Variabile e
Prestiti a Tasso e Prezzo di Rimborso Variabile.
Le caratteristiche comuni a tutti i Prestiti sono: Tasso Nominale, Modalità di Estinzione,
Durata e Prezzo di Rimborso.
Il Tasso di Interesse Nominale indica, in termini percentuali del Valore Nominale del Titolo,
il flusso di Interessi erogati dall’Emittente nel corso della vita del Prestito. L’adozione di
clausole di variabilità del Tasso Nominale, che permettono alla cedola di mutare senza limiti
(Variabilità Pura), o entro valori determinati ex-ante (Variabilità Limitata), concilia le
opposte esigenze di Investitori ed Emittenti, permettendo loro di seguire da vicino
l’andamento del Mercato, con l’effetto di limitare i Rischi cui sono soggetti. In caso il Titolo
non preveda flussi di Interessi prende il nome di Zero Coupon Bond, ovvero Titoli a Tasso
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Zero, il cui rendimento è rappresentato unicamente dalla differenza tra il suo Prezzo di
Rimborso e il suo Prezzo di Emissione.
Le Modalità di Estinzione di un Prestito sono diversificate. Ѐ possibile distinguere tra
Modalità ordinarie e Modalità Straordinarie. Le Modalità Ordinarie prevedono il
rimborso ad epoche predeterminate dal Regolamento del Prestito. Dette Modalità si
dividono a loro volta in due categorie, a seconda che il Rimborso sia in un’unica soluzione o
progressivo. Le Modalità Straordinarie di Rimborso vengono poste in essere mediante il
Rimborso Anticipato e l’Acquisto sul Mercato.
Il concetto più comune di “Durata” è quello di Durata Massima, che va dall’Emissione del
Titolo alla Scadenza Finale dello stesso. In termini di Rimborso Progressivo, però, la durata
più rilevante è la Durata Media, ottenuta ponderando le quote in via d’estinzione con il
rispettivo periodo di maturazione. Il Piano di Ammortamento rappresenta un programma
di estinzione del Debito (o del Credito). Detto “Piano” è costruito attraverso colonne
contenenti il Periodo di Pagamento, le Rate (composte da Quota Capitale e Quota Interessi),
il Debito Residuo e il Debito Estinto. Esistono tre tipologie di Piano d’Ammortamento: a
Rata Costante, a Rata Decrescente e a Rata Crescente. A seconda di quale tipologia si
adotta risulterà differente la Durata Media. Infine, si nota che nei Prestiti Rimborsabili in
un’Unica Soluzione e nel caso di Titoli a Tasso Zero, la Durata Minima, Media e Massima
coincidono.
Il Prezzo di Rimborso di un Titolo rappresenta il flusso monetario che verrà erogato a
scadenza a chi ha sottoscritto il Titolo stesso. Il Prezzo di Emissione può essere fissato Alla
Pari o Sotto la Pari. In caso esso venga fissato Sotto la Pari, la differenza tra Prezzo di
Rimborso e Prezzo di Emissione prende il nome di Scarto di Emissione. Può accadere che
il Prezzo di Rimborso sia fissato Sopra la Pari: in questo caso la differenza tra Prezzo di
Rimborso e Prezzo di Emissione prenderà il nome di Premio di Rimborso.
I Titoli di Stato
I Titoli di Stato sono rappresentati da un ristretto numero di strumenti, che si dividono in
Titoli a Breve Termine e in Titoli a Medio-Lungo Termine. In quelli a Breve Termine
rientrano i BOT, mentre in quelli a Medio-Lungo si hanno CTZ, BTP, CCT e BTP€i.
I BOT (Buoni Ordinari del Tesoro) sono Titoli senza cedola al portatore, con Durata di 3,
6 o 12 mesi espressa in giorni, emessi Sotto la Pari ad un Prezzo determinato mediante
un’Asta Competitiva. Vengono rimborsati Alla Pari, ciò vuol dire che il loro rendimento è
rappresentato dallo Scarto d’Emissione rapportato alla Durata.
I CTZ (Certificati del Tesoro Zero Coupon) sono Titoli privi di cedola di Durata biennale
emessi Sotto la Pari, mediante Asta Marginale, e rimborsati Alla Pari. Il loro rendimento è
rappresentato dallo Scarto d’Emissione.
I BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) sono gli strumenti di debito più diffusi. Sono Titoli
emessi Alla Pari o Sotto la Pari, rimborsabili in un’Unica Soluzione a Scadenza e dotati di
un Tasso Nominale Fisso, pagabile a cadenza semestrale. L’emissione avviene, di solito,
mediante Asta Marginale e il Prezzo di Rimborso è pari al Valore Nominale. I BTP vengono
emessi a cadenza regolare, per scadenze a 3, 5, 10, 15 o 30 anni. 48
I CCT (Certificati di Credito del Tesoro) sono Titoli di Durata settennale, emessi con il
meccanismo dell’Asta Marginale, ad un Prezzo prossimo alla Pari. Sono caratterizzati da
una cedola semestrale variabile sulla base di parametri di variabilità di natura finanziaria e
vengono rimborsati Alla Pari in un’Unica Soluzione.
I BTP€i (Buoni del Tesoro Indicizzati al’Inflazione Europea) sono Titoli ad
Indicizzazione Reale, emessi di solito Sotto la Pari, con il sistema dell’Asta Marginale, per
una Durata di 5, 10, 15 e 30 anni. Gli Interessi cedolari sono determinati, semestralmente,
moltiplicando la misura delle cedola rispetto al Valore Nominale per il Coefficiente di
Indicizzazione (CI), pari al rapporto tra il Valore Indice dell’Inflazione osservato di volta in
volta nel periodo di pagamento e l’Indice osservato all’emissione. Alla scadenza il Prezzo di
Rimborso viene calcolato moltiplicando il Valore Nominale del Titolo per il rapporto tra il
CI osservato alla scadenza e quello all’emissione.
Asta Competitiva ed Asta Marginale
Tranne rarissime eccezioni, per le quali si ricorre all’attività di un Consorzio, tutte le
emissioni di Titoli di Stato si svolgono attraverso Sistemi d’Asta, in particolare per i BOT
si ricorre all’Asta Competitiva, mentre per tutti gli altri Titoli all’Asta Marginale.
Mediante l’Asta Competitiva, ogni soggetto partecipante formula le proprie proposte
(massimo 5) in termini di Tasso. Dette proposte vengono soddisfatte a partire da quella al
Tasso più Basso. In caso si esaurisse l’Offerta ad un determinato Tasso per cui la Domanda
risulta superiore, si procederà ad assegnare le quantità disponibili proporzionalmente o con
riparto.
Con l’Asta Marginale, invece, i soggetti formulano proposte (massimo 3 per ciascuno) in
termini di Prezzo, che vengono disposte in ordine decrescente e accolte sino ad esaurimento
dell’Offerta. In caso si esaurisca l’Offerta ad un determinato Prezzo per cui risulta una
Domanda superiore, si procederà ad assegnare le quantità disponibili proporzionalmente o
con riparto.
Gli Strumenti di Debito di Emittenti Private
Gli Strumenti di Debito di Emittenti Privati si dividono in Strumenti a Breve Termine e
Strumenti a Medio-Lungo Termine. Ai primi appartengono le Cambiali Finanziarie.
Le Cambiali Finanziarie possono essere emesse soltanto da Società che rispettino
determinati requisiti dettati dalla legge, purchè il loro ammontare sommato ad eventuali
altre Obbligazioni e Certificati di Investimento non superi il doppio del Capitale Sociale,
della Riserva Legale e delle Riserve Disponibili. Assumono la fattispecie di Pagherò
Cambiario e sono emesse Sotto la Pari per essere rimborsate, a scadenza, al Valore
Nominale. La loro Durata deve essere compresa tra i 3 e 12 mesi e devono avere un taglio
minimo non inferiore ai 50.000 Euro.
Tra gli strumenti a Medio-Lungo Termine, invece, si hanno le Obbligazioni Ordinarie, le
Obbligazioni Convertibili e le Obbligazioni Subordinate.
Le prime sono caratterizzate da un rendimento periodico, generalmente determinato da un
Tasso Fisso oppure da un Tasso Variabile legato ad un parametro di natura finanziaria,
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valutaria o reale. Il loro rimborso avviene secondo le ordinarie (o straordinarie) modalità già
illustrate.
Le seconde possiedono tutti gli elementi delle Obbligazioni Ordinarie, con l’aggiunta della
facoltà del possessore di convertirle in Azioni, in base a modalità e tempi indicati
dall’Emittente. Questi strumenti non possono essere emessi Sotto la Pari e hanno un
rendimento inferiore a quello degli altri strumenti analoghi. In caso di nuova emissione,
dette Obbligazioni devono essere offerte con precedenza ai Soci (Diritto d’Opzione), in
proporzione al numero di Azioni da loro posseduto.
Le Obbligazioni Convertibili possono dividersi in Totalmente Convertibili o in
Parzialmente Convertibili. Nel primo caso, al momento della conversione, l’intero Valore
Nominale delle Obbligazioni viene trasformato in Azioni (dette Azioni di Compendio),
mentre nel secondo caso una parte del Valore Nominale viene convertita e la restante viene
rimborsata. In ogni caso, al momento della conversione, il possessore cessa di essere
Creditore, divenendo Socio dell’Emittente, e il Titolo di Debito si estingue. Per quanto
riguarda l’emissione si distinguono il Metodo Diretto e il Metodo Indiretto. Se emesse con il
Metodo Diretto, al momento della conversione, le Obbligazioni vengono sostituite con
Azioni emesse dalla stessa Società emittente le prime. Attraverso il Metodo Indiretto,
invece, le Azioni di Compendio vengono emessa da una Società Terza. Due elementi
caratterizzano le Obbligazioni Convertibili: il Rapporto di Conversione e i Tempi di
Esercizio. Il primo indica il numero di Azioni di Compendio ottenibili dalla conversione di
ciascuna Obbligazione, è indicato sul Regolamento di Emissione e resta invariato per tutta
la Durata del Prestito. Nello stesso Regolamento sono indicati i Tempi di Esercizio della
facoltà di conversione. Detti tempi di solito sono rappresentati da intervalli temporali, ma al
limite possono coincidere con l’intera Durata del Prestito.
La terza ed ultima categoria, le Obbligazioni Subordinate, è caratterizzata da Titoli di Debito
il cui rimborso è Postergato rispetto alle altre categorie di Obbligazioni emesse dalla
Società. Per tali ragioni presentano un rendimento maggiore rispetto alle obbligazioni
Ordinarie. Esse si dividono in tre categorie: Tier3, Tier2 e Tier1 in relazione al grado con
cui tali strumenti si avvicinano sempre di più alle Azioni, allontanandosi dai Titoli di
Debito.
Le Azioni
Le Azioni sono Titoli rappresentativi della partecipazione al Capitale della S.p.A. Ad ogni
Azione viene attribuito un Valore Nominale, uguale per tutte le Azioni emesse. Il
rendimento di questi strumenti dipende dall’entità degli Utili conseguiti nell’Esercizio e
dalle scelte degli amministratori, in termini di entità di Utili da distribuire ai Soci, ciò vuol
dire che non esiste una certezza a priori dei Soci di veder remunerato il proprio
investimento. Con la qualifica di “Socio”, il possessore della Azioni acquisisce il Diritto di
Voto in Assemblea per quanti voti quante sono le Azioni possedute. In generale, i diritti del
Socio possono essere Amministrativi e/o Patrimoniali. Tra i primi, i più importanti sono il
Diritto di Voto e il Diritto di Intervenire in Assemblea. Per quanto riguarda i secondi, essi
consistono in larga parte nel Diritto agli Utili e al Rimborso di Capitale in caso di
liquidazione della società. Ad essi si unisce il Diritto di Opzione, mediante il quale ai Soci
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è offerta la possibilità di acquistare Azioni di nuova emissione nella misura della loro
partecipazione percentuale al Capitale Sociale, in via prioritaria. In caso un Socio non si
voglia avvalere del Diritto d’Opzione può vendere la quota di nuove Azioni che gli
spetterebbe, incassandone il corrispettivo. Le Azioni non hanno né Scadenza, né Valore di
Rimborso. Quest’ultimo può manifestarsi solo in caso di scioglimento della Società e sarà
proporzionale alla quota di partecipazione di ciascun Socio residuata dopo il pagamento di
tutti i Debiti.
Esistono diverse categorie di Azioni che non presentano tutte le stesse caratteristiche, ma
variano in base alla concessione di maggiori o minori Diritti Amministrativi/Patrimoniali,
fermo restando il limite minimo di Azioni Ordinarie pari al 50% del Capitale.
Con riferimento al voto, che per le Azioni Ordinarie è Pieno, si distinguono Azioni:
totalmente prive di Voto;
• con Diritto di Voto limitato a particolari fattispecie/tematiche;
• con Diritto di Voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni.
•
Con riguardo ai Diritti Patrimoniali, invece, la Società può emettere Azioni remunerate:
in base ad una quota fissa degli Utili o ad una percentuale sul Valore Nominale
• dell’Azione;
sulla base dei Risultati ottenuti in un determinato settore di attività;
• sulla base di un privilegio rispetto alle Azioni Ordinarie.
•
Inoltre, possono essere previsti altri privilegi quali la Postergazione rispetto ad eventuali
perdite e il diverso trattamento in caso di rimborso per recesso o liquidazione della Società.
I possessori di Azioni Ordinarie partecipano direttamente alla gestione della Società poiché
dispongono del Diritto Pieno di Voto, che consento loro di intervenire e votare sia in
Assemblea Ordinaria, che in Assemblea Straordinaria. La partecipazione in Assemblea può
essere Diretta o per Delega. Le Azioni Ordinarie sono Nominative e la loro remunerazione è
detta Dividendo, rappresentante una frazione dell’Utile d’Esercizio. In ogni caso può
capitare che gli amministratori deliberino di non distribuire gli Utili alle Azioni Ordinarie o
che tale distribuzione sia subordinata a quella di Azioni Speciale con privilegio di priorità
nella distribuzione, caso che si può verificare anche in fase di rimborso per liquidazione
della Società.
Le Azioni di Risparmio sono Titoli al portatore emesse da Società Quotate, prive del
Diritto di Voto nell’Assemblea Ordinaria e Straordinaria (anche se un portavoce eletto dagli
Azionisti di Rimborso potrà presenziare ad entrambe ed impugnarne le delibere, se
necessario). Tale mancanza è compensata da particolari privilegi patrimoniali definiti
nell’Atto Costitutivo (come una priorità nella distribuzione degli Utili o una maggiorazione
del Dividendo rispetto alle Azioni Ordinarie). In fase di Aumento di Capitale, gli Azionisti
di Risparmio hanno diritto a ricevere in opzione Azioni di Risparmio o, per la differenza,
Azioni Ordinarie. In caso di Perdite, le Azioni di Risparmio vedranno intaccato il loro
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Valore Nominale soltanto dopo che si sia azzerato il Valore Nominale delle Azioni
Ordinarie. Allo stesso modo, in caso di rimborso per la liquidazione della Società le Azioni
di Risparmio hanno precedenza fino all’intero Valore Nominale rispetto alle altre.
Esistono anche delle Azioni definite Azioni Privilegiate, che si differenziano dalle Azioni
di Risparmio per la possibilità di emissione anche da parte delle Società non Quotate. Sono
Titoli nominativi con priorità nella distribuzione degli Utili e nella liquidazione del Capitale,
che consentono il Diritto di Voto nelle sole Assemblee Straordinarie.
Gli Strumenti di Gestione del Risparmio
L’offerta dei servizi di gestione del Risparmio consiste nella:
vendita dei Fondi Comuni (OICR);
• gestione di portafogli su base individuale;
• consulenza in materia di investimenti.
•
Secondo il TUF gli OICR sono identificati dai Fondi Comuni di Investimento e dalle
SICAV.
I Fondi Comuni di Investimento sono Istituti di Intermediazione Finanziaria, privi di
personalità giuridica, che utilizzano strumenti finanziari detti "quote di fondi
d'investimento" e che raccolgono il denaro di risparmiatori i quali affidano la gestione dei
propri risparmi a Società di Gestione del Risparmio (SGR), con Capitale distinto da quello
del Fondo, allo scopo di investire i capitali sul mercato mobiliare diversificando
l'investimento e riducendo il rischio. Il Patrimonio del Fondo risulta essere totalmente
indipendente da quello degli Investitori e da quello della SGR. Per effetto della
sottoscrizione, gli aderenti acquisiscono delle Quote in proporzione al conferimento
effettuato. Così facendo essi possono beneficiare della rivalutazione del Patrimonio
autonomo, ma anche subire il depauperamento dello stesso a causa delle fluttuazioni di
valore degli strumenti finanziari che lo compongono. Le Quote di un Fondo Comune sono
tutte di uguale valore ed incorporanti gli stessi diritti, e possono essere rappresentate sia da
Certificati Fisici, sia da Certificati Cumulativi (comprendenti più Quote). Nel caso del
Fondo Comune si esclude ogni possibilità di intervento del partecipante nelle scelte della
SGR, in quanto tale assenza di Diritto, si giustifica con la competenza professionale della
SGR stessa.
Sia i Fondi Comuni che le SICAV sono disciplinati da appositi documenti rappresentati,
rispettivamente, dal Regolamento di Gestione e dallo Statuto. La documentazione
dell’OICR ha un contenuto minimale che fa riferimento a: Denominazione, Durata,
Modalità di Partecipazione, Termini e Modalità di Emissione e Rimborso di Quote o Azioni,
Ipotesi e Modalità di Liquidazione dell’OICR. Inoltre, altri elementi essenziali presenti nel
Regolamento sono l’identificazione degli organi competenti per la scelta degli investimenti,
l’identità e il ruolo della Banca Depositaria. La struttura e il contenuto di questi documenti
sono ormai Standardizzati e soggetti a controlli dall’Autorità di Vigilanza. 52
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alessandro.Carattoli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia degli intermediari finanziari e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università La Sapienza - Uniroma1 o del prof Muré Giuseppina.
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