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ELISABETTIANO

3.1 Il parlare, lo sguardo, la vita: fonti non scritte del teatro di Shakespeare

Shakespeare visse a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, nel passaggio dalla società

medievale a quella moderna. Nel 1558 era salita al trono d'Inghilterra Elisabetta I, che

dà avvio a un periodo di fioritura culurale che prenderà il suo nome.

Per quanto riguarda la biografia di Shakespeare, c'è poco di scritto:

• Figlio di John Shakespeare e Mary Arden, sposati tra il 1556 e il 1558 (figlia di un

ricco agricoltore, Robert);

• John era un calzolaio e William probabilmente lavorò con il padre (riferimenti a

pelle di animale nelle sue opere);

• John prende prima in affito un ala della casa in cui sarebbe vissuto il poeta, in

Henley Strret, poi la acquista insieme ad altri possedimenti.

• John presta giuramento come uno dei quattro connestabili, poi fu aldermanno e

infine baglivo; chiese uno stemma per la sua famiglia che non li venne concesso.

• Williamo, terzo di otto, nasce probabilmente il 23 Aprile 1564, dal momento che

sappiamo che fu battezzato il 26 a Stratford-upon-Avon;

• Shakespeare, frequentò la King new school, aveva dimestichezza con la lingua

latina e meno con il greco; conosceva i classici della letteratura;

• Non frequentò l'università per problemi finanziari (il padre, opresso dai debiti tra il

1570 e il 1590 cedette gran parte dei possedimenti). Ma bisogna considerare il

matrimonio a diciotto anni (27 Settembre 1582) con Anne Hataway e la nascita

della prima figlia Susannah l'anno dopo; ebbe nel 1598 due gemelli Hamnet e

Judith ( come i vicini /amici);

Solitamente erano gli ingegni universitari ad approcciare poi con la drammaturgia e con

il teatro (Marlowe, Nashe, Greene, Middleton). Per Shakespeare fu invece un percorso

contrario, partì dalla pratica, dal basso, come anche Jonson. I due vengono paragonati

da Fuller in Worthies, rispettivamente a una nave inglese e un galeone spagnolo:

Jonson, erudito, improvvisava il discorso ma non i concetti che gli derivano appunto dai

libri, dagli studi. Shakespeare studiava per esebire il pensiero in atto attraverso

collegamenti, rielaborazioni.

Erano gli anni della Commedia dell'Arte, di una drammaturgia che si intensificava in tutta

Europa sulla base del principio dell'improvvisazione: ci si basava su modelli e repertori

tastuali ma l'attore aveva una certa libertà verbale, che rendevano una performance

diversa dall'altra, anche in base al pubblico.

Da un lato quindi Jonson, dall'altra Shakespeare; eppure contemporanei. Jonson ha una

concezione aristotelica del dramma, regolare, normativa. Shakespeare, troppo

"ingegnoso" ma poco "disciplinato", secondo lo stesso Jonson, dovrà attendere il

romanticismo per vedersi apprezzato nel suo furore poetico, irrazionale, inconsapevo,

quasi ispirato dalle Muse. Il primo ricava dalle letture i canoni di scritura, le

sovrastrutture, la ricerca di euilibrio secondo un'acculturazione che antepone la

conoscenza all' ingegno. Per Shakespeare è esattamente il contrario, anche se non si

sa precisamente cosa leggesse e quale fosse la sua cultura.

Attraverso alcuni personaggi come Berowne e Mercuzio, Shakespeare però, ci informa

sull'utilizzo delle fonti e sulla loro natura, si a espedienti quali:

• l'evocazione fantasmica (Mercuzio)

• l'osservazione di altri personaggi (Berowne)

• il rapport fra le parole e le cose

• il rapporto fra poesia e realtà

• i limiti e i poteri del linguaggio

Importante per individuare i rapporti del poeta con i sistemi di apprendimento culturale, il

personaggio di Berowne in Pene d'amor perduto in cui troviamo la rinuncia all'amore e

agli impegni sociale da parte del Re di Navarra e dei suoi cortigiani Berowne, Longaville,

Dumaine per fare del regno un'accademia e dedicarsi agli studi. Ma vengono meno al

giuramento fatto a inizio del secondo ato quando si innamorano della principessa di

Francia e delle sue tre damigelle. Berowne/Shakespeare si mostra insofferente al

giuramento e definendo sterili tutti i doveri di quella vita accademica fatta di "Non una

donna vista, studio, digiuno, veglia.."; si popone così di studiare come venir meno al

giuramento senza mancare di parola. Lo studio diviene una forma di ribellione allo studio

stesso, dieviene studio di metodi per venire meno agli obblighi( Esempio: studiare ove

concedermi una bella cenetta, quando mi è espressamente vietato di fare bisboccia). Al

re che gli obbietta questi comportamenti Berowne risponde "La luce che cerca la luce,

priva di luce la luce".

Vi sono evidenti affinità tra Berowne/Shakespeare e il sistema empirico di Bacone. In

entrambi appare preminente l'esperienza, l'indagine diretta delle cose piuttosto che la

cieca letura di libri. Ne deriva una critica al concetto di Autorità, di ispe dixit, che aveva

spesso celato la verità. Ma questa è l'epoca delle scoperte geografiche e naturali, della

riforma che porta a un'assimilazione dinamica della Bibbia e dell'oscuramento dei

dettami umanistici a cui Shkespeare e Bacone prendono parte attivamente con le dovute

differenze. Quest'ultimo indaga il particolare per giungere ad assiomi, a verità assolute.

Per Shakespeare lo suardo rivolto alle cose matura saperi che mutano di personaggio in

personaggio; si rigenera se si esprime poeticamente ciò che si vede; approda a una

percezione creaturale dell'esistenza che ha bisogno della parola per sussistere nelle

relazioni interpersonali.

Tra parodie e virtuosistiche rappresentazioni dell'arte della parola Berowne/Shakespeare

mostra la sua poetica, una dialettica tra letteratura e vita che è concecizione della

composizione drammatica e vita dell'autore: la parole eloquente nasce, secondo

Shakespeare, dala realtà osservata, non da opere scritte studiate.

Shakespeare ama sedurre lo spettatore con metafore e figure guida che fa crescere e

germogliare all'interno dell'opera, come quella degli "occhi di donna": lo spettatore trova

semplicemente conferma nelle parole di Berowne di un impressione già avuta.

Il poeta, guarda a quel libro/natura, non per leggerne ma per parlarne e ricavarne

sentimenti e oggetti d'espressione che possano essere validi per la collettività che

esigeva dal teatro azioni concrete, effetive, in cui immedesimarsi; mentre l'autore

elisabettiano, dal canto suo, usava per queste un linguaggio poetico, espressioni

ricercate. A differenza del teatro di autore che corrisponde all'idea che il testo sia più

importante delle funzioni spettacolari, Shakespeare agì in modo di fare della scena il

luogo privilegiato di confronto fra le tensioni che agitavano il mondo delle conoscnze e

l'espressivita linguistica. Le nuove scoperte, l'ascesa di nuove classi davano l'idea di una

realtà dinamica, inquieta, relativa che l'autore si prestava a rappresentare stimolando,

attraverso il linguaggio poetico, il pubblico ad adeguarsi a quel sentire. Vi sono

nell'opera di Shakespeare bambini che giocano col linguaggio e le parole eleborando

conoscenze immediate (Mote e il figlio di Lady Macduff). Quest'ultimo non avrà un ruolo

nella vicenda, ma Shakespeare ce lo presenta attraverso la sua acutezza per farci

avvertire come tragica la sua morte (dialogo con la madre sulla morte del padre).

All'ingegno di formazione universitaria, Shakespeare fa corrispondere un livello

spontaneo e ingenuo di conoscenza, overo quello infantile. Secondo S. ciò che viene

memorizzato e non pensato in prima persona non può produrre cultura nè animare la

conoscenza. La poetica Shakespeariana che emerge dal testo su vari livelli, ci fa

pensare un rapporto articolato con le fonti:

• le retoriche e i linguaggi praticati nei diversi mondi sociali, sono contenuti da

imitare e non a cui adattarsi;

• le opere dell'età umanistica non impongono dei canoni a cui adattarsi ma si

pongono a disposizione dell'autore come fonti;

• il processo di composizione coinvolge fonti tanto scritte che orali;

• il processo compositivo rientra tra gli elementi dell'opera le cui fonti sono tanto

mobili da far rientrare nella composizione la logica secondo la quale se ne si è

serviti (Pene d'amor perdute in cui ci si esprime nelle varie articolazioni del

mondo sociale, si conclude con la messa in scena di tre spettacoli caratteristici di

tre classi sociali: masque artistocratico, pageant borghese, il contrasto popolare);

• Le realtà osservate alimentano la composizione;

(pg.110-116, la vita di Shakespeare entra nelle sue opere, non per diventare essa

stessa dramma, ma per alimentare quest'ultimo).

OVIDIO E SHAKESPEARE

Le Metamorfosi nella drammaturgia shakespeariana

Diversi i debiti shakespeariani verso Ovidio, come verso i classici latini che entravano a

pieno titolo nell’istruzione dei giovani inglesi, indotti dapprima a studiare le parti del

discorso latino poi a studiare e imitare i grandi autori secondo i testi “Short introduction

of Grammar” di William Lilly e in un secondo momento su Sententiae puerilis in si

allenava appunto la tecnica dell’imitatio. C’è da considerare che imitare non era un

“reato”, non era considerata mancanza di originalità quanto, invece prova di erudizione.

21. Shakespeare, come scrittore drammatico, nasce nel 1593 quando l’editore

compaesano Richard Field stampa un poemetto intitolato Venus and Adonis.

Contenuto del poemetto era, con qualche modifica irrilevante, lo stesso

dell’opera ovidiana. Un po’ per moda, il poema ebbe paradossalmente più

successo, all’epoca, delle altre rappresentazioni teatrali.

22. Tito Andronico (prima tragedia di S.): tra le fonti oltre alla Metamorfosi anche The

spanish tragedy di Thomas Kyd e Tieste di Seneca. Qui viene messa in scena le

vendette reciproche tra il generale romano Tito e la regina dei goti Tamara, sposa

dell’imperatore romano Saturnino. Al personaggio ovidiano Philomena (sorella di

Procne, cognata di Tereo, zia di Iti) è ispirato quella di Lavinia (privata anche

delle mani) , entrambe stuprate e private della lingua. L’una trova vendetta

raccontando la sua disgrazia attraverso una tela, l’altra scrivendo i nomi dei

colpevoli del sopruso (Demetrio e Chirone, figli di Tito, serviti a lui da Tamara)

sulla sabbia (ricorda Io nel primo libro delle Metamorfosi trasformata in mucca da

Zeus).

23. In Sogno di una notte di mezz’estate troviamo altri riferimenti alle Metamorfosi.

L’ambientazione ateniese, sicuramente, durante il governo di Teso e Ippolita;

mentre l’effettivo episodio della metamorfosi ricorda L’asino d’oro di Apuleio. “La

molto tragica stor

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A.A. 2014-2015
17 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gtafuro di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Drammaturgia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Guccini Gerardo.