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EORIA FUNZIONALE
privilegiare un approccio di tipo contenutistico-funzionale, secondo cui all’origine di
quest’obbligo ci sarebbe sempre una particolare posizione di garanzia, attribuita a certi
soggetti e preesistente all’insorgere di una concreta situazione di pericolo per il bene
protetto. Può trattarsi di:
posizione di protezione : il garante è chiamato a un compito di tutela di certi beni
o giuridici, nei confronti di tutti i pericoli ai quali sono esposti, stante l’incapacità dei
rispettivi titolari di proteggerli da sé stessi; si fondano su uno stato di minorata
difesa del bene per l’incapacità del suo titolare di proteggerlo da sé adeguatamente
(vigente sui genitori nei confronti dei figli minori, può essere temporaneamente
trasferita mediante contratto -posizione di protezione derivata - e cessa solo nel
momento in cui i figli fuoriescono definitivamente dalla sfera di protezione); va
altresì considerato che vi può essere un obbligo di assunzione volontaria di una
posizione di protezione. Non è escluso, peraltro, che la posizione di protezione
possa assumersi anche unilateralmente in modo illecito: pensiamo al sequestro di
persona di un bambino cardiopatico che giornalmente deve assumere farmaci, non
vi è dubbio che i sequestratori divengono garanti della salute e della vita del piccolo
sequestrato.
posizione di controllo : egli è chiamato a un compito di controllo di determinate fonti
o di pericolo, che possono minacciare una pluralità di beni e di soggetti diversi; vanno
poste in relazione con determinate fonti di pericolo che rientrano nella sfera di
dominio di certi soggetti, i quali sono tenuti a compiere le azioni necessarie ad
impedire che il pericolo si traduca in un evento lesivo per i beni giuridici di terze
persone; può trattarsi di cose mobili, immobili oppure dello svolgimento di attività
pericolose. Vi sono, inoltre, casi in cui la posizione di controllo deriva dal fatto
illecito di terze persone: ciò accade innanzi tutto allorché queste persone siano
incapaci, in toto o solo parzialmente, di agire in modo responsabile. Anche le
posizioni di controllo, al pari di quelle di protezione, potrebbero derivare da un atto
di assunzione volontaria, unilaterale o consensuale.
Responsabilità omissiva all’interno delle organizzazioni complesse.
La tematica della responsabilità omissiva e delle posizioni di garanzia assume una
particolare rilevanza in relazione all’attività di impresa, che può essere fonte di svariati
pericoli per una molteplicità di beni.
Nel contesto di un’organizzazione complessa, è possibile individuare una fitta rete di
posizioni di garanzia cui fa capo il garante primario, ossia colui che è posto al vertice
dell’azienda. Tuttavia pretendere che possa ricadere in capo ad un solo soggetto ogni
omissione dell’organizzazione, pare eccessivo; è stato così introdotto l’istituto della
delega, con cui il delegante attribuisce ad altri (i delegati), lo svolgimento di compiti
specifici.
Condizioni perché sia ammessa la delega sono che l’impresa sia di notevoli dimensioni e
che la delega risponda a reali necessità organizzative dell’impresa stessa.
Per quanto riguarda la rilevanza della delega sul versante della responsabilità penale, le
opinioni non sono concordi. Sono state formulate due teorie in proposito:
teoria formale-civilistica: si ritiene che la delega esaurisca la sua rilevanza sul piano
- soggettivo perché è un atto di autonomia privata e non potrebbe avere l’effetto di
trasferire da un soggetto (delegante) ad un altro (delegato) la titolarità dell’obbligo
penalmente sanzionato;
teoria funzionalistica: al delegato verrebbe trasferita la qualifica soggettiva, per cui
- egli sarebbe legittimato in prima persona al compimento del reato proprio mentre
non lo sarebbe più il delegante.
Capitolo XV — Dolo
Il delitto doloso rappresenta il modello fondamentale dell’illecito penale. Il concetto
classico di dolo, che esprime un legame psicologico più intenso tra il fatto e il suo autore,
ha assunto un ruolo centrale nello sviluppo della cultura della responsabilità colpevole.
art. 42,2 «Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se
non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo
espressamente preveduti dalla legge». Nei delitti il criterio ordinario di imputazione è il
dolo. Quando, invece, le disposizioni incriminatrici contemplano anche la condotta colposa
e quella preterintenzionale, si ritiene necessaria, di volta in volta, una previsione espressa;
di conseguenza, se la norma incriminatrice non indica la natura dell’elemento soggettivo
richiesto, si può rispondere esclusivamente per dolo.
art. 43,1 «Il delitto è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o
pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere
l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria
azione od omissione». Da questa definizione si desume che la struttura del dolo
contempla due requisiti soggettivi – la previsione e la volontà dell’agente – e un
requisito oggettivo – l’evento dannoso o pericoloso. L’oggetto del dolo non abbraccia
però soltanto l’evento ma tutti gli elementi del fatto che costituisce reato.
Allora la corretta definizione del dolo è la seguente: il dolo sussiste se vi è conoscenza e
volontà nei riguardi di tutti gli aspetti del fatto storico congruenti con le figure di reato
descritte dalle norme incriminatrici, insomma è rappresentazione e volontà del fatto di
reato.
Struttura del dolo.
Il dolo ha una triplice struttura:
rappresentazione del soggetto agente : consiste nella conoscenza dei fattori
precedenti e concomitanti alla condotta del soggetto agente, nonché nella
previsione di quelli futuri laddove contemplati dalla fattispecie incriminatrice;
la rappresentazione dei requisiti deve essere attuale nel senso che
l’elemento intellettivo del dolo non può fondarsi su una conoscenza passata
o potenziale.
elemento volitivo : per la sussistenza del dolo è necessario che il risultato
della condotta sia riconducibile al volere del soggetto agente e in questi
termini il dolo può essere definito come decisione a favore della violazione
del bene giuridico; esso non deve essere identificato col motivo o movente
dell’azione ma si deve tradurre in realizzazione almeno dello stadio del
tentativo punibile, ciò significa che i semplici desideri o speranze non sono
sufficienti.
oggetto del dolo : i requisiti del fatto tipico che rilevano come oggetto del dolo
sono:
i. presupposti della condotta : possono costituire solo oggetto di
rappresentazione;
ii. condotta : è bene distinguere tra le fattispecie a forma libera o
vincolata
forma libera: oggetto sarà di regola l’ultimo degli atti necessari
per attivare il processo causale.
forma vincolata: oggetto è il comportamento descritto nella
norma (es: delitto di truffa);
iii. evento : risultato materiale della condotta;
iv. nesso di causalità :
forma libera: il soggetto agente si deve prefigurare lo
svolgimento causale soltanto nei suoi profili essenziali
forma vincolata: le modalità di causazione sono investite dal
dolo.
Forma del dolo.
Le forme che può assumere il dolo, in rapporto agli elementi della volizione e della
rappresentazione, sono molteplici ma lo schema principale è quello della tripartizione:
ricorre nelle ipotesi in cui la causazione dell’evento
DOLO INTENZIONALE
oppure la realizzazione dell’illecito, sono prese direttamente di mira dal
soggetto agente. È evidente la rilevante accentuazione del momento volitivo
e di conseguenza il ruolo residuale che svolge la componente conoscitiva;
ciò implica che questo tipo di dolo si configura anche quando l’autore
considera come soltanto possibile la verificazione del fatto tipico (es: Tizio
punta una pistola a Caio e spara uccidendolo).
ricorre quando l’agente conosce come certi gli elementi del
DOLO DIRETTO
fatto tipico e prevede come sicuro, o altamente probabile, che il suo
comportamento realizzerà la fattispecie incriminatrice. La componente
cognitiva assume un ruolo rilevante difatti l’offesa non può ritenersi voluta ma
soltanto perché considerata necessariamente connessa al risultato che il reo
aveva di mira (es: il terrorista sequestra un uomo politico prevedendo come
sicura l’uccisione degli uomini della sua scorta).
o secondo il c.d. criterio dell’accettazione del
DOLO EVENTUALE INDIRETTO
rischio, il soggetto agente non persegue direttamente l’evento lesivo ma si
rappresenta la possibilità concreta della realizzazione del fatto e ne accetta il
rischio (es: Tizio colloca un ordigno esplosivo in una piazza allo scopo di
provocare panico, pur prevedendo la possibilità che l’esplosione possa ferire
un passante).
Sono state elaborate alcune teorie in relazione al concetto di dolo eventuale:
teoria della probabilità : pone l’accento sull’elemento rappresentativo, negando la
necessità della presenza di un requisito volitivo; secondo tale concezione, si
configura dolo eventuale quando l’agente considera l’evento come conseguenza
probabile della condotta.
teoria della possibilità : si ritiene che la punibilità a titolo di dolo eventuale sia già
motivata dalla semplice rappresentazione della possibilità dell’avverarsi dell’evento.
teoria dell’approvazione o del consenso dell’evento : si integra l’elemento volitivo del
dolo eventuale in relazione alla conseguenza lesiva prevista qualora quest’ultima
sia stata approvata (“approvazione” intesa come rifiuto emozionale dell’evento); in
assenza di questa adesione interiore, si configura una colpa cosciente.
formula di Frank : il dolo eventuale si configura quando si può affermare che il
soggetto avrebbe agito ugualmente anche se gli fosse risultato certo il verificarsi
dell’evento lesivo.
Crisi del criterio dell’accettazione del rischio ciò dipende particolarmente dal
progressivo diffondersi in questo periodo storico di condotte pericolose che il soggetto
compie nonostante l’effettiva percezione dei rischi. Allora è giunto il momento di
riconoscere al dolo eventuale una struttura più complessa che