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TRUTTURA DELL OSSO CORTICALE
A questo punto vogliamo osservare come le prove di
nanoindentazione possono rappresentare la microstruttura (o la
nanostruttura) dell’osso corticale a livello lamellare.
In ogni lamella ci sono fibre mineralizzate orientate in molteplici
direzioni, con una periodicità nella variazione di orientazione lungo
lo spessore delle lamelle.
Le prove di nanoindentazione verranno svolte lungo due direzioni:
assiale e trasversale.
Inizialmente si fa una prova di indentazione molto superficiale,
per aumentare in seguito la profondità massima da
raggiungere: 50, 100, 200 e 300 nm.
Dai primi risultati che si ottengono, osserviamo che per prove
superficiali abbiamo un modulo di indentazione M maggiore,
che diminuisce all’aumentare della profondità di penetrazione.
Quindi per penetrazioni elevate stiamo danneggiando il
materiale: lo rompiamo, quindi il modulo elastico diminuisce.
L’andamento del modulo di indentazione è ondulato. Con un’indentazione superficiale, si può avere un basso
valore agli estremi e un valore elevato al centro. Questo significa che sulla superficie troviamo le fibre
mineralizzate; quando ci muoviamo verso il centro della lamella, troviamo la sezione trasversale della stessa
fibra mineralizzata e poi, quando arriviamo sull’altra superficie della lamella, incontriamo nuovamente la
fibrilla, lateralmente. A questo punto risulta evidente anche la rotazione delle fibre nella lamella. 44
In direzione trasversale troviamo risultati
analoghi: c’è una maggiore dispersione ma
l’andamento è sempre ondulato, che si
m.
ripete ogni 5 Pertanto, lo spessore della
m.
lamella è di 5
Quando si fanno prove di indentazione
lungo due direzioni, vediamo che la sub
lamella presenta le stesse proprietà. Questo
perché si tratta della stessa struttura.
Nella seconda direzione di penetrazione,
ossia quella assiale, a livello superficiale
abbiamo un andamento periodico. Tuttavia,
quando la profondità della penetrazione
aumenta, la periodicità diminuisce.
Nella prova a 300 nm, per esempio, il valore
che vediamo è costante. La differenza è che
all’aumentare della profondità, vengono
raggiunte anche diverse sotto lamelle.
Infatti, quando facciamo una prova di
nanoindentazione di 300 nm, con una punta
piramidale, la profondità di contatto è di
m.
circa 3 – 4 Questo significa che stiamo
prendendo in considerazione quasi l’intera
lamella. Per questa ragione il valore ottenuto non è una proprietà locale ma è la media di tutte le proprietà
che il materiale presente in quella scala. Dal momento che stiamo facendo una media, abbiamo un
andamento all’incirca costante: ecco perché si perde la periodicità. Inoltre, in questo modo non siamo
nemmeno in grado di vedere la ripetizione e la rotazione delle sotto lamelle 45
Osso Trabecolare (lez. 8,9)
L’osso trabecolare è una sorta di tessuto poroso e spugnoso, presente nelle epifisi delle ossa lunghe. Si
m,
compone di trabecole, di dimensioni nell’ordine delle centinaia di mentre a livello nanometrico è ancora
possibile individuare fibre mineralizzate e strutture lamellari.
La trabecola è costituita da materiale lineare isotropo (anche se a livello nanometrico non lo è, lo
consideriamo tale per semplicità).
Se consideriamo un campione di osso trabecolare di circa 5 – 10 mm, ci troviamo nel macroscopico:
m),
all’interno si possono individuare strutture di dimensioni molto inferiori (nell’ordine delle centinaia di
che rappresentano le microstrutture della legge costitutiva.
Quando esaminiamo una testa di femore, invece, osserviamo che questa è composta da osso corticale e
trabecolare. Se consideriamo un campione di 5 mm nella zona dell’osso trabecolare, questo è abbastanza
piccolo da essere ritenuto un elemento rappresentativo del materiale.
Quindi si può concludere che esistono più scale geometriche che permettono di descrivere il medesimo
campione.
Il tessuto poroso è presente in molti materiali presenti in natura (balsa, sughero, osso trabecolare) perché si
tratta di una struttura molto leggera e dotata di elevate caratteristiche meccaniche (rigidezza). Esistono
anche materiali porosi realizzati dall’uomo per le stesse ragioni: rigidezza e resistenza elevate. Nel campo
delle applicazioni biomediche abbiamo 2 esempi:
1. Schiuma di Titanio (metallo che presenta dei pori al suo interno)
2. Composito a base di collagene (usato nella ricostruzione del tessuto cartilagineo).
A questi si aggiunge anche la categoria dei materiali ceramici (HA) porosi fragili, usati nell’ingegneria dei
tessuti, per la ricostruzione del tessuto osseo.
Si possono individuare numerosi parametri utili nella descrizione della microstruttura del materiale: porosità,
dimensione dei pori e spessore delle trabecole. Queste sono le variabili più importanti e sono tutte scalari.
Ad esse possono essere aggiunti altri parametri riguardanti l’orientazione: i pori non sono perfettamente
sferici ma hanno una forma leggermente allungata quindi possiamo avere una sorta di direzione preferenziale
del materiale data dall’orientazione dei pori. Si possono quindi considerare altri parametri, dipendenti
dall’orientazione, che descrivono la direzione lungo la quale i pori sono più/meno lunghi. Tuttavia, per
semplicità considereremo materiali isotropi.
Dei parametri nominati, la porosità è la più importante e la più facilmente misurabile in un materiale.
In questo specifico caso, è possibile osservare che l’età (e anche
malattie come l’osteoporosi) influenza la microstruttura dell’osso.
a,
Confrontando le 2 immagini, è facile dedurre che la prima, è più
b.
rigida e più resistente della seconda,
Di conseguenza, a parità di carico, la seconda si frattura più
*/
a. a
facilmente rispetto ad La densità relativa, , è 0.17 in e
s
b.
0.07 in Questo significa che dell’intero campione la parte solida
a b.
è pari al 17% in e 7% in 46
Se consideriamo un campione di materiale poro-ceramico, una schiuma di Titanio e un materiale elastico e li
sottoponiamo a compressione, otteniamo tre diversi legami perché i tre materiali hanno comportamenti
totalmente differenti. Inoltre, dal momento che presentano una microstruttura piuttosto esile, ci si aspetta
che la risposta vari anche a seconda che si applichi un carico di trazione o di compressione.
Consideriamo un (scaffold a base di collagene).
MATERIALE ELASTOMERICO
Il comportamento a è questo:
COMPRESSIONE
Se è sufficientemente piccolo, si ha una risposta elastica, ossia
un legame lineare, fino ad un determinato livello. Quando
viene raggiunto un determinato valore critico di compressione,
si assiste ad una diminuzione improvvisa della rigidezza, che
corrisponde ad una pendenza inferiore della curva e quindi
ad un valore inferiore della tangente.
Il tratto lineare indica che sul materiale vengono applicati
semplici carichi assiali o flettenti; quando si sottopone il
campione a compressione, ad un determinato livello si potrebbe
assistere a fenomeni di instabilità (buckling phenomena).
Dal punto di vista pratico, quando vengono applicate forze di compressione a campioni
aventi struttura sottile, se il carico è piccolo, i componenti microscopici del materiale si
mantengono allineati; se, invece, viene raggiunto un livello critico di forza di
compressione, il campione si curva. Quindi, in un esperimento in cui viene misurata la variazione della
lunghezza in funzione della forza applicata, si ottiene un grafico
in cui il tratto iniziale è lineare e indica che i componenti si
accorciano ma il campione è ancora rettilineo; ad un certo punto,
però, lo spostamento aumenterà molto più velocemente rispetto
alla forza: si parla di instabilità delle aste compresse (buckling).
Quando si hanno tanti microcomponenti sottili (nel campione di osso trabecolare o materiale espanso),
sottoposti a compressione, ad un certo punto si assiste ad un’improvvisa diminuzione di E. Inoltre, dal
momento che si tratta di un materiale espanso, sotto compressione si compatta: avviene così la
densificazione del materiale, che diventa più rigido. Questo è il motivo per cui si ha un aumento della rigidezza
del materiale alla fine dell’esperimento.
Per quanto riguarda il comportamento a , invece, la situazione è più semplice:
TRAZIONE
Tutti i microelementi del materiale sono sottoposti a trazione
perciò, anche se sono sottili, presentano soltanto una relazione
lineare, senza fenomeni di instabilità. Quindi, considerando
il materiale espanso di prima, non ci sarà una caduta del valore
di E, dal momento che non si verificano più fenomeni di
instabilità, ma si può osservare solo un aumento della rigidezza:
la pendenza del grafico aumenta al crescere dello sforzo perché
le microstrutture si stanno allineando lungo la direzione di carico
e per questa ragione il materiale sembra essere più rigido. 47
Considerando un (per esempio un metallo, come la schiuma di Titanio), invece:
MATERIALE ELASTOPLASTICO
Durante un test di , considerando un microelemento della struttura, otteniamo:
COMPRESSIONE L’andamento è simile a quello del materiale elastomerico.
Abbiamo ancora qualche fenomeno di instabilità (buckling) ma
soprattutto il cedimento (yielding) del materiale: si tratta di un
fenomeno per cui lo sforzo non aumenta in modo lineare e la
deformazione aumenta (anche notevolmente) mantenendo
costante (o quasi).
Nel caso del test di :
TRAZIONE
Abbiamo elasticità lineare finché in tutti gli elementi.
critico
Quando si arriva allo snervamento (yield strength), si ha
un’improvvisa diminuzione di E e, allo stesso tempo, un
secondo meccanismo di irrigidimento dovuto all’allineamento
delle microstrutture lungo la direzione di carico (cell wall
allignment). Questo fenomeno dipende dal tipo di materiale
considerato perché il materiale costituente presenta il tipico
legame con il fenomeno di cedimento, mentre
l’irrigidimento è legato alla geometria, dal momento che le
pareti dei microelementi sono allineati con la direzione di
carico del materiale.
Esistono modelli molto semplici, 2D, che sono accettabili per studiare
questi fenomeni. Tra questi consideriamo il poligono esagonale come
rappresentazione della singola c