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CRISTO CAMALEONTE
La chiesa del monastero di Latomos o Della cava di pietra – detta ora di Hosios David, fu costruita nel V
sec, su collina sopra Salonicco. Piccola e cruciforme, più cappella che chiesa, con piccola abside.
Il mosaico presente secondo leggenda è stato voluto da mitica principessa Teodora, figlia di imperatore
pagano Massimiano (287-305). Volendo un luogo isolato dove pregare, fece ricavare cappella da sala da
bagno del suo palazzo. Ordinò al pittore di realizzare immagine di Maria su abside, ma giorno dopo pittore si
accorge che immagine si era tramutata in Gesù.
È unica leggenda che narra di cambiamento di sesso ed è legata ad identità sessuale di Cristo.
Mosaico rappresenta visione di Ezechiele: il profeta a sinistra distoglie lo sguardo abbagliato, al centro
nube luminosa con Cristo. 3 gradazioni luminose per disco luminoso: bianco, rosa e blu. All’interno Cristo su
arcobaleno luminoso, con aureola di luce in capo sembra uscire dalla nube, più grande del naturale: figure
dei profeti ai lati, seppur più vicine, appaiono più lontane di Cristo.
È il più antico esempio di “Maestà del Signore” in Oriente, metà V sec.
Non era chiamata “Maestà” in epoca antica ma immagine “teandrica” cioè del Dio - uomo. I sostenitori della
Mistica imperiale dicono che mandorla di luce deriva da “imago clipeata” (immagine racchiusa in uno
scudo) fig. 18, 97. Ma origine della mandorla di luce non è romana bensì buddhista. In quelle romane
inoltre, figura è tagliata a solo busto, in quelle cristiane è intera e libera rispetto a mandorla. In più
trasparenza della mandorla fa capire che non è contorno ma nube di luce, spesso con cerchi rossi, bianchi e
verdi. Tutte caratteristiche dei Buddha Asiatici e Indiani.
Alone e aureola furono anch’essi introdotti durante polemica antiariana del IV sec. e primo esempio è
in “Catacombe di Domitilla” a Roma di fine IV sec. (fig. 92): Cristo, Pietro e Paolo siedono su troni, ai
piedi di Cristo c’è contenitore per rotoli, per dirci che è filosofo. Alle sue spalle cerchio di luce verde. Questa
luce indica la divinità di Cristo, in polemica con Ariani: c’è scritto “tu che sei detto figlio sei scoperto padre.”
Anche concilio di Nicea era ricorso a metafora della luce: “luce da luce, Dio vero da..” per indicare divinità
del figlio ed equipararlo al Padre.
Ma Cristo è privo di vigore maschile e non è terribile Yahweh visto da Ezechiele: bianco, senza barba,
chioma lunga che ricade su spalle, spalle strette e fianchi larghi. Alcuni scopritori lo confusero per immagine
di Maria.
Cristo nell’arte paleocristiana ha spesso sembianze un po’ femminili, perché?
Capigliatura distingue sempre Cristo da altri, anche in sarcofago di S Apollinare in Classe (V sec.) fig. 94
Cristo ha capelli spartiti a metà che scendono ondulati lungo spalle, a differenza dei discepoli con classica
capigliatura romana del tempo, con capelli pettinati in avanti e intorno a formare un casco. Anche in famosa
statua del buon pastore in vaticano Cristo ha lunga e raffinata treccia, che non coincide con rudezza dei
pastori (fig. 95).
Capigliatura di Cristo non ha nulla di imperiale, nessun imperatore la porterebbe. Neppure i filosofi, che
nonostante avessero lunghi capelli, erano più curati e provvisti di barba.
Nel mondo greco e romano chioma lunga e sciolta era simbolo di divinità, così come a S. Prudenziana
barba derivava da Giove e acconciatura delle Terme da Asclepio, ora il volto giovane e imberbe con ciocche
lunghe viene da Apollo e Dioniso. (dio della giovinezza, eterno adolescente, chioma abbondante simbolo di
fertilità. Entrambe divinità avevano aspetto androgino, apollo spesso vestiva femminile).
In alcune sculture artisti oltre a volto femmineo aggiungono anche il seno, trasportando fattezze femminee di
Apollo e Dioniso in rappresentazione di Cristo:
Statuetta museo delle terme (fig. 96) inizialmente confusa con “poetessa seduta” a causa del seno di Cristo
seduto
serie di sarcofagi a Ravenna, V sec. (fig. 98) Cristo su altura porge a Pietro rotolo della Legge. Paolo su
lato opposto assiste e ai lati i due committenti, uomo e donna. Cristo è imberbe e con capelli lunghi e ha
seno. Suo busto somiglia più a quello della donna. Frequenti allusioni a fertilità, con alberi colmi di datteri.
Altro sarcofago di Ravenna, in S Francesco sempre del V sec. (fig. 100) Cristo in trono, sbilanciato, offre
rotolo a Paolo. Ha riccioli fino al collo con torso femminile, seni e fianchi larghi.
Immagine ravennate più importante è quella del Battistero degli ariani (fig. 102-103) voluto da
Teodorico (re degli Ostrogoti, che caccia dall’Italia Goto Odoacre). Mosaico con battesimo di Cristo da parte
di Giovanni (VI sec.) a sinistra personificazione del Giordano, a destra Giovanni Battista tocca testa di
Cristo. Le due figure ai lati sono pesantemente barbate, robuste e petto largo, Cristo invece è glabro, spalle
spioventi, seni da fanciulla e fianchi larghi. Tipo di Cristo femmineo va da IV a VI sec.
Come per antichi dei, aspetti femminei alludono alla fecondità che genera vita, Cristo è fertile fonte
che da nuova vita al mondo.
Il mosaico di Hosios David è pieno di fiumi brulicanti di pesci, a Cristo qui si viene per bere e ristorarsi:
aspetto femmineo riflette ruolo di nutritore di anime. In più in epoca paleocristiana unione dei sessi è
simbolo di salvezza: si neutralizza la sessualità e si riunificano i due lati della persona umana. Era
condivisa l’idea che Cristo fosse polimorfo e differenti sembianze dipendevano da chi lo percepiva.
Cristo possiede la magica chiave del tempo, bambino, giovane, adulto, vecchio, uomo, donna: ha potere
dell’eternità. Come un giovane lo vede giovane e vecchio lo vede vecchio, donna lo vede donna. E infatti
secondo leggenda principessa Teodora ha commissionato mosaico
CONVERGENZA
Come era espresso l’ordine universale nella chiesa paleocristiana?
A Bisanzio l’immagine usata era il Cristo Pantokrator “colui che governa il tutto” che si protendeva dal
cerchio al centro della cupola guardando dall’alto i fedeli (fig. 114). Più in basso i messaggeri angelici e
Maria. Sotto travagli terreni di Cristo e ancora sotto i santi. Il genere umano vi aderiva tramite il rituale.
Tutto era gerarchizzato, molto mistico.
L’arte paleocristiana era in grado di creare un sistema altrettanto unitario?
L’archeologo classico Karl Lehman tentò di rispondere studiando le immagini delle cupole pagane e
vedendovi una contaminazione di quelle nelle successive decorazioni cristiane. Insomma, le divinità
astronomiche cambiarono solo nome. Collegò a sua volta le cupole pagane nelle sale degli imperatori. Esso
avrebbe identificato l’imperatore come parte di un sistema universale di leggi.
Peccato che la tesi di Lehman non stia in piedi perché mancano documentazioni su cupole di età precristiana
con decorazioni simili, non sono rimaste tracce di cupole con immagini cosmologiche e divinità astrali
(insomma lui cercava: cielo stellato, pianeti e divinità degli astri).
A prova di ciò una incisione del 1700 ritrae un soffitto di villa Adriana contenente tutti questi elementi.
Peccato che sia quasi assodato il fatto che si tratti di una contaminazione rinascimentale, il soffitto non era
così decorato (fig. 110).
Oltre a non esistere nell’arte classica, nemmeno in quella paleocristiana esistono volte con temi
astrologici, come dimostra ad es la cupola di S. Vitale a Ravenna (fig. 111-112): al centro c’è Agnello,
dentro corona con fondo stellato, corona retta da 4 angeli alati in equilibrio su globi. Tutti i temi restanti
alludono a temi terrestri, non astrali: frutti, fiori, uccelli, animali di terra e d’aria. Insomma, i cristiani
rivedono completamente la loro visione dell’universo, rigettano le immagini e le divinità astrali come pagane
e quindi le escludono dalle decorazioni. Il pensiero cristiano si basa sul libero arbitrio, per questo
l’astrologia è rigettata. Il cielo per il cristiano era diverso da quello del pagano. I pianeti erranti sono legati
ai vecchi dei, Dio li supera ed è fisso, così come le stelle.
L’universo cristiano è rappresentato con la convergenza di figure verso il fine dell’universo: Cristo.
È un tema frequente in catacombe e sarcofagi quello della processione e ricopre il 60% delle decorazioni
absidali (molte a Ravenna).
Cristo con le sue forme camaleontiche appare in diversi modi ma è sempre il fine, il centro dell’universo.
Queste rappresentazioni proliferano tra V e VI sec. assieme alla nascita delle processioni pubbliche.
Le processioni erano sacre anche per i pagani, dai Mitrei (fig. 121) con immagini processionali alle ville
pagane di Cartagine (processioni a tempio di Diana).
A Dura Europos ambiente battesimale (IV sec.) affrescato su entrambi i lati con processione di vergini stolte
e sagge (fig. 124). Vestite di bianco, portano ceri accesi e si dirigono a sepolcro di Cristo. I battezzati
sfilavano a fianco delle vergini seguendo esempio di quelle sagge.
Esempi anche in catacombe di Domitilla, cubicolo dei “Sei santi” (fig. 125): processione di santi lungo 3
pareti: donne a sinistra e uomini a destra convergono verso Cristo in trono, immagine simicissima a quelle
dei mitrei (fig. 121).
Ma nella decorazione delle chiese del V e VI sec processione raggiunge massima espansione: cupole,
pareti, absidi. Presente nei 2 battisteri di Ravenna: degli Ortodossi e degli Ariani.
In entrambi al centro della cupola c’è Cristo (fig. 102 e 108): è sempre punto di arrivo di tutto. In quello
Ariano Cristo è quello femmineo nel quale uomini e donne potevano identificarsi. In entrambi ci sono
processioni di apostoli che portano corone a Cristo. In quello Ariano sfilano in senso opposto verso un trono
con croce simbolo di Cristo.
Figure con corone ci sono in 4 delle 5 chiese di Ravenna e a differenza di quanto si crede non sono
collegate a cerimonia imperiale, infatti sono foglie d’oro, non diademi. Esse non sono prerogativa di
imperatori ma anche di occasioni sportive e rituali religiosi.
Coronare la statua del dio era obbligatorio per fare un sacrificio tra i pagani, inoltre erano appese negli altari
e nei templi. Si pensava che i rami con foglie recassero con sé la forza vitale e purificatrice degli alberi da
cui erano tagliati.
Per pagani la vita era un agone e il defunto era il vincitore: coronavano quindi i morti. Cristiani si rifiutano
ma ne prendono la metafora.
Le corone portate dagli apostoli nelle processioni dei battisteri sono la ricompensa per una vita retta, erano
simbolo di una vita giusta offerta a Dio.
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