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Il Centre d'Etude de la Famille di Losanna è sia un modello sistemico che una terapia familiare, che concentra

l'attenzione sull'organizzazione dei comportamenti interarrivi dei membri della famiglia nucleare. Il primo passo della

terapia consiste nel creare un'alleanza terapeutica positiva che permetta alla famiglia di avere fiducia nel setting e nel

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trattamento. Mentre si sta formando, il terapeuta osserva la configurazione delle interazioni tra i membri della

famiglia e il proprio Sé in quanto terapeuta. La seconda fase consiste nel creare una cornice fisica per le interazioni in

cui i genitori interagiscano sia singolarmente che insieme con il bambino (gioco triadico). Questa struttura triangolare

permette al terapeuta si osservare sistematicamente e in modo comparativo la configurazione dei tre membri della

famiglia durante tutte le interazioni ma anche gli schemi che essi utilizzano per operare le transizioni da una fase

all'altra. La modalità di transizione dice molto sui livelli di cooperazione o competizione esistenti tra i genitori per

l'interazione esclusiva con il figlio. La situazione triadica creata dal centro di Losanna è un paradigma per esplorare i

primi schemi interattivi della famiglia nucleare in quanto triade e, in particolare, il modo in cui le molte configurazioni

possibili si formano e si modificano. Il ruolo e la posizione del terapeuta come quarto membro del gruppo sono un

aspetto clinico importante; egli diventa consapevole dei desideri e delle paure della famiglia rispetto al suo ruolo e al

suo posto in questo contesto. Il transfert della famiglia e il controtransfert del terapeuta svolgono ruoli importanti in

questo modello, in quanto il terapeuta non può agire senza sapere da quale posizione o in che ruolo agisce. Una volta

creata l'alleanza e osservate le particolari configurazioni interattive predominanti dei membri, il terapeuta può iniziare

a modificare queste interazioni; l'obiettivo è la modificazione delle interazioni, non dei membri (Vd. esempio). Il lavoro

del gruppo di Losanna indica che gli schemi di interazione che comprendo madre, padre e bambino, compreso il

passaggio da coppia più uno a triade, sono piuttosto ritualizzati già a età precoci. Il bambino, così come individua le

costanti che raffigurano la diade, lo fa anche per gli schemi di interazione triadica.

Quando prendiamo in considerazione la triade si devono fare le stesse distinzioni tra dimensione comportamentale e

intrapsichica come nella coppia: si definisce triadificazione il processo comportamentale nel quale si struttura la triade

e triangolazione il processo intrapsichico in cui si sperimenta la triade. Questi due processi devono essere esaminati in

tutti i cambiamenti che è più probabile avvengano dopo la nascita dell'intersoggettività, della capacità verbale e

simbolica.

10. Elementi comuni ai diversi modelli terapeutici

Tutti i modelli descritti sembrano funzionare. L'efficacia di una terapia dipende dagli aspetti non specifici comuni a

tutte le terapie. Queste sono le caratteristiche non specifiche della terapia genitore-bambino che ne possono spiegare

l'efficacia.

La natura del sistema clinico.

Il sistema clinico è composto da diversi elementi che sono interdipendenti e che si influenzano reciprocamente tra

loro. Se la terapia modifica un qualunque elemento, modificherà tutti gli altri elementi all'interno del sistema, a causa

della loro interdipendenza dinamica. Quindi, la natura stessa del sistema è tale da distribuire in tutte le sue parti

qualsiasi elementi interferisca in un qualunque punto, a prescindere da dove si trovi quel punto.

Studio condotto da Cramer, Tissot e Stern a Ginevra in cui vengono confrontati due modelli diametralmente opposti di

terapia genitore-bambino per valutarne l'efficacia; i modelli usati sono quello di psicoterapia breve del gruppo di

Ginevra e l'orientamento interazionale di Ann Arbor e MacDonough. Il primo ha radici nella tradizione psicoanalitica e

ha come bersaglio e chiave d'ingresso le rappresentazioni materne, non ha interesse nei comportamenti manifesti; il

secondo ha un orientamento comportamentale, indaga e vuole modificare le interazioni, ignorando le

rappresentazioni. Per confrontare i due modelli sono stati assegnati gruppi omogenei di pazienti ai diversi specialisti e

si sono eseguite delle valutazioni prima e dopo un settimana e sei mesi. Le valutazioni sono state fatte usando misure

convergenti per misurare Mrep (due strumenti), Bact (il sintomo) e Mact (videoregistrazione e 3 strumenti). I risultati

mostrarono che entrambi i trattamenti funzionano e senza differenze significative; entrambi modificarono in ugual

misura le rappresentazioni e i comportamenti della madre. Tutti gli indici misurati presentavano un miglioramento

dopo la terapia. Questo dimostra che se il trattamento raggiunge il suo obiettivo dichiarato, allo stesse tempo

modifica anche tutti gli elementi del sistema. Il sistema stesso distribuisce al proprio interno tutti gli effetti locali, e il

risultato finale dei due modelli è il medesimo. Così, si tentò di stabilire se ci fossero determinate sottopopolazioni

cliniche per le quali funzionasse meglio un trattamento invece che un altro. Ma neanche questa indagine mostrò una

differenza. Le differenze dei trattamenti sono troppo lievi e spiegano solo una parte piccola dell'effetto complessivo.

Trattamento breve seriale.

Le psicoterapie genitore-bambino solitamente sono brevi, 2-10 sedute; se il problema iniziale non migliora nelle prime

10 sedute la terapia assume la forma di una psicoterapia per la madre o una terapia di copia. A causa della durata

limitata del trattamento molti hanno descritto la psicoterapia genitore-bambino come una forma derivata di

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psicoterapia breve per adulti concentrata sul problema, anche se in verità le due terapie sono molto differenti. Nella

terapia breve per adulti la breve durata è una strategia che si impone al processo terapeutico, mentre per i bambini è

il risultato naturale del non imporre alcuna strategia.

Solitamente nelle terapie con i bambini è molto diffusa la situazione per cui, dopo un primo periodo di trattamento

(fase di apertura), viene applicata una nuova forma di terapia dopo 3-6 mesi (seconda fase). Questa seconda fase può

essere un semplice follow-up o una nuova terapia, a cui può succedere anche una terza fase. Quando, dopo la

conclusione di ciascuna fase, si lascia la porta aperta, la famiglia spesso tende a tornare spontaneamente dopo

qualche mese. Questa tecnica di trattamenti brevi periodici è stata spesso criticata dagli specialisti, in quanto viene

sentita come un fallimento della terapia. Se questo può essere vero con gli adulti, non lo è necessariamente con i

bambini; speso questa struttura di terapia è la forma migliore per la pratica con i genitori e i bambini. È il formato di

terapia che meglio si adatta a una psicoterapia che riguarda un organismo (bambino) e un sistema (famiglia) in rapida

evoluzione, come naturale che sia nello sviluppo.

In psicoanalisi l'elaborazione è una caratteristica fondamentale del processo terapeutico; per elaborazione si intende

trattare e risolvere una questione fondamentale in tutti gli ambiti in cui si manifesta, lavorando in maniera simultanea.

Con la relazione genitore-bambino non si può elaborare trasversalmente nel tempo, a causa delle caratteristiche dello

sviluppo: in ogni determinato periodo il bambino e il genitore hanno campi nuovi di convivenza da sperimentare.

Finché il bambino non sviluppa la capacità di operare in un campo, non si può elaborarla. Per questo, spesso le

famiglie arrivano in consultazione con un problema e mesi dopo tornano perché quello stesso problema si ripresenta

in un ambito che ancora non era stato sviluppato. Quindi, in un sistema a rapida evoluzione l'elaborazione deve essere

longitudinale nel tempo (Vd. finestre cliniche cap. 4). Con l'avvento di nuove capacità, il bambino entra o crea nuovi

modi di relazione che lui stesso e i genitori non avrebbero potuto prevedere del tutto e per cui non sono preparati.

Per queste ragioni è meglio concepire queste terapie come interventi periodici a breve termine, ciascuno con effetti a

breve termine che durano quanto la fase evolutiva in corso. Riformulati in questo modo, gli interventi periodici

otterranno la generalizzazione (elaborazione) massima che in quel momento la diade è in grado di portare avanti.

Quel che sembra un fallimento del trattamento è, in effetti, la procedura ottimale in un contesto a veloce evoluzione.

Nel caso in cui ci siano stati cronici del bambino, vengono usati contemporaneamente due diversi formati temporali di

trattamento: ci sono gli incontri regolari e sovrapposti a questa struttura una forma di trattamento breve periodico

che affronta le sfide e le crisi causate dagli scatti evolutivi.

Nei programmi di prevenzione per le popolazioni a rischio questo formato di intervento è più difficile da usare.

Dovrebbero comunque tener conto della generalizzazione/elaborazione e considerarle separatamente dalla semplice

durata dell'intervento.

L'uso dell'alleanza terapeutica positiva, del transfert positivo e dello sguardo terapeutico positivo.

Questi processi positivi vengono incoraggiati e usati a livello terapeutico in tutti i modelli. Questa tecnica ha avuto

abbastanza critiche ("cure transferali", superficiali o come tecnica per tenere i pazienti in terapia), che non prendono,

però, in considerazione la particolare situazione clinica delle terapie genitore-bambino. Questi processi positivi,

secondo Stern, sono parte integrante e indispensabile di queste terapie.

Innanzi tutto, è necessario trasformare il concetto di transfert e la sua applicazione in vista di una nuova popolazione

particolare, quella delle madri. Le madri, in questa situazione, hanno un reazione predominante peculiare rispetto al

terapeuta, cioè la paura di essere giudicate madri incapaci. Vogliono e hanno bisogno di essere sostenute e

accompagnate in questa fase della loro vita. Un transfert o controtransfert negativo rischiano di inficiare la terapia. In

tutti o quasi gli approcci si accentua la necessità della creazione di una buona alleanza e di mantenere uno sguardo

positivo, soprattutto se si lavora con madri a rischio. Vi è la necessità di un nuovo atteggiamento terapeutico per la

questa popolazione particolare di pazienti.

Inoltre, l'alleanza terapeutica positiva e il transfert positivo sono essenziali per le psicoterapie genitore-bambino in

quanto permettono i trattamenti brevi periodici. Essa fornisce l'impulso che spinge il processo di trattamento

attraverso quei periodi di non trattamento. In un certo senso, la famiglia se ne va alla fine della terapia mantenendo

vivo il ricordo del terapeuta e della relazione terapeutica; il terapeuta viene interiorizzato dal genitore. La sua

presenza mentale crea uno spazio per la possibile fase successiva e

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Publisher
A.A. 2015-2016
25 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/07 Psicologia dinamica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vers.13 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicodinamica e assessment della genitorialità e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Carli Lucia.